Temi di «La convenienza umana della fede» -1a parte

Clicca sull’iniziale del tema che cerchi

ABCDFGILM NOPRSUV


Lettera «I»


Ideale

59ss – Noi camminiamo secondo una convenienza umana, mentre la convenienza umana è una provvisoria indicazione, che è giusto prendere sul serio, ma deve essere tutta attraversata dalla affermazione, dalla ricerca, o meglio, dalla devozione al valore, cioè all’ideale.

60 – L‘ideale non c’entra normalmente con la valutazione delle cose concrete, sembra non c’entrare: noi dobbiamo vivere la convenienza umana con una stima che superi i termini della pura convenienza.

62 – Affrontando il tuo impegno umano alla luce dell’ideale, attraversandolo nella stima per qualcosa di più grande, in funzione del quale tutto è, in funzione del quale tutto tu fai, diventa possibile.

Insomma, qualunque strada sia stato chiamato a compiere, tu appartieni, e devi affrontarla con la coscienza di questa appartenenza, e questa appartenenza al valore più grande può implicare una sacrificio anche della vita.

Perciò quello che fai è amore, anche se imposti un tuo progetto economico, un tuo progetto di carriera, perché nulla in sé è decifrabile, come male, nulla; la malignità o la bontà stanno solo nella coscienza ideale con cui uno porta avanti le cose, qualsiasi cosa.

63 – Certo, devi usare i calcoli per fare andare avanti la tua misera o potente azienda, devi calcolare per fare andare avanti la tua famiglia, per avere un gusto nella vita, per avere una pacificità, una tranquillità, per quello che vuoi; devi usare tutti i calcoli, ma l’anima di questo calcolo è qualcosa di più grande, che non si riduce a nessun calcolo: è l’amore all’ideale.

«L’ideale» significa la totalità di cui è funzione quello che fai.

Perciò la fedeltà alla legge non è nient’altro che l’affermazione dell’amore come supremo dinamismo della vita: nell’affermare me stesso, affermo te.

È la gratuità come anima strana di tutto ciò che si fa.

64 – Il lavoro è il luogo dove normalmente questa gratuità, o questo amore all’ideale, questa stima di qualcosa che attraversa tutto, si afferma.

Non solo Cristo ci rende fedeli alla legge, ma ci rende liberi dall’esito: vi è cioè la redenzione della fiducia nelle nostre cose, partendo dalla coscienza di appartenenza e quindi partendo dalla coscienza dell’ideale, che diventa come l’anima di tutto ciò che facciamo, anche mangiare e bere.

66 – Nell’ardore e nell’impeto dell’istante abbracciare il mondo, vivendo il limite del momento nel rapporto infinito, e allora tutto si salva, uno abbraccia il mondo, cioè salva il mondo, lo trascina con sé.

93-94 – Il problema è come entrare in rapporto o come possedere le cose.

Ecco, la nostra difficoltà è accogliere l’ideale dentro ai rapporti, dentro questo possesso.

È che noi, nel nostro modo di possedere, nel nostro modo di entrare in rapporto con tutto, nel possesso o nel rapporto con le cose, seguiamo una convenienza che consegue una valutazione e a una stima che facciamo nascere da uno sguardo “concluso” dentro l’orizzonte della nostra umanità e della sua reattività.

La difficoltà è che questa convenienza umana senta il brivido dell’ideale, venga attraversata da esso, venga ultimamente vinta e perciò determinata da esso.

Invece che possesso, e quindi violenza, deve subentrare, come per i passi di un cammino, una provvisorietà, anche se destinata all’eterno, e quindi una gratuità e un amore.

Non diamo per scontato che l’ideale ci sia perché ci crediamo, lo ricordiamo qualche volta, ma tutto il tessuto della nostra esistenza è come sprovveduto da esso. .

94 – Questa difficoltà ad accogliere l’ideale dentro la convenienza umana trova il suo aiuto nel fenomeno che riflette maggiormente la presenza di Dio, del Dio vivo, nel mondo: si chiama autorità.

99 – C’è una caratteristica sintomatica della nostra compagnia, della verità e della bontà della nostra Fraternità, ed è la gratuità del motivo ultimo: si può entrarvi per qualunque convenienza da cui ci si sia sentiti spinti, anche la più equivoca, ma non vi si può restare se non per uno scopo profondamente gratuito.

La gratuità del motivo ultimo è l’affermazione, nella contingenza, nel momento umano che viviamo, dell’ideale, cioè di Cristo.

175 -176 – La grandezza della immagine di Matisse, che per noi non è una fiaba o un mito, ma è il mito realizzato, l’ideale realizzato, deve diventare lo spazio quotidiano.

242-243 – Ciò che compiamo ha una funzione ideale. Che cosa vuol dire? Vuol dire che tutto ciò che compiamo, anche l’oscuro gesto che non ‘è bisogno di approvare tanto è normale l’esigenza che abbiamo di esso, tanto è doveroso ai nostri occhi che avvenga, è in funzione di qualcosa di più grande, è in funzione del tutto.

Ma il tutto è la volontà di Dio, il tutto è disegno di Dio.

Se è in funzione del grande disegno diventa valore.

Il valore è nella funzionalità all‘ideale, intendendo per “ideale” il volto splendente e ordinato del tutto, dove non c’è più nulla senza felicità e gioia.

Il valore con l’ideale della cosa si chiama valore. Esso è il rapporto fra quello che compiamo e la totalità; e la totalità è la volontà di Dio, il suo disegno, che ha un nome.

243 – […] la cosa caduta, che tu raccogli curvandoti prima dell’altro, se accade ed è vissuto dentro la memoria della grande Presenza, allora questo nesso con l’ultimo, col destino, lo fa esplodere come un’alba dopo la notte, fa esplodere l’inizio della fine, l’inizio della perfezione finale: e l’ideale si incarna, Cristo si incarna di nuovo nella tua azione, piccola o grande che sia.

250 – Così nello stipendio (del tranviere) al 27 del mese è implicato un altro bisogno: quello della moglie, dei figli o del proprio sopravvivere, ma esso è come surclassato da un ideale che accomuna il proprio interesse alla necessità di colore che la mattina salgono presto sulla carrozza.

Allora «opera» è innanzitutto il lavoro quotidiano, se esso è visto nella prospettiva del suo nesso con il disegno totale, se è vissuto per pietà degli uomini, per stupore, gratitudine e amore a Cristo vissuto nella pazienza.

Incontro

44-47 – Solo dopo un incontro, l’incontro del roveto ardente, solo dopo quell’incontro con Dio e dopo che quella voce gli disse: «Va’ in Egitto e libera il mio popolo», solo dopo un incontro e un mandato, cioè solo per obbedienza, iniziò la sua epopea di liberazione. Il che vuol dire che l’uomo appartiene.

Qual è l’incontro che rende possibile la liberazione nostra, che può redimere il senso del nostro nulla, del nostro male, può rendere organico quel centro di gravità che è il cuore nostro, il cuore della natura che pulsa nell’uomo?

45 – Qual è questo incontro? «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. […] Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne tra la sua gente, ma i suoi non lo hanno accolto. Ma a quanti lo hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio. […] E il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,1-14)

46 – «Tu sei Simone, figlio di Giovanni; ci chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)». (Gv 1,35-42)

Anche ognuno di noi, poiché questo è incominciato ad accadere, dovrà sentire il suo nome mutato.

Il tempo ci è dato per questo, avendo quell’incontro toccato la nostra vita. Si chiama «nuova creatura» si chiama rigenerazione.

«Se uno non nasce di nuovo, non capirà nulla della realtà» diceva Gesù a Nicodemo.

Per ognuno di noi, essendo avvenuto questo incontro, deve accadere la grande novità in cui tutto lentamente, pazientemente, umilmente, ma inesorabilmente si organizza: tutto diventa un corpo, il Suo: tutto acquista un significato, il Suo; tutto porta un nome, il Suo.

(Lunga descrizione dell’incontro di Gesù con Zaccheo).

47 – È Cristo l’incontro che può rendere organico il senso del destino, redimere il senso del nulla e del peccato.

«Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

76 – Perciò capisco benissimo che della gente sia stata ai margini fino alla fine dell’università, poniamo, fino a un certo punto, ma a quel punto afferra, capisce, vale a dire, l‘incontro diventa operativo, diventa commovente, muove e allora incomincia il cammino.

108 – Quando la compagnia, comunque sia, ti rende questo servizio? Quando il tuo desiderio di Cristo, la coscienza dello scopo, ti fa diventare “incontro” tutte le volte che hai rapporto con i tuoi compagni di Fraternità.

Che cosa rende incontro tutte le volte che vi vedete, tutte le volte che vi telefonate? Che cosa rende incontro e non una cosa ovvia tutto questo? Ciò che lo rende incontro è la coscienza dello scopo.

Se c’è questo incontro, allora il desiderio di cambiamento viene continuamente messo sotto pressione.

incontro con Cristo

47 – È Cristo l’incontro che può rendere organico il senso del destino, redimere il senso del nulla e del peccato.

«Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

50-51 – Solo l‘incontro con Cristo con Cristo, solo la comunione di questo incontro, il legame di questo incontro, può liberare l’uomo, «redimendo il tempo», dice san Paolo con una frase bellissima.

Ma ricordiamoci che questo incontro è l’incontro di una libertà suprema con una libertà creata: è con la mia libertà che la Sua scelta si misura.

51 – L’incontro con Cristo inizia un movimento che subito ha il sapore della gioia, la gioia profonda di Pasqua

53 – «Ma se il tuo occhio è malato tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tua tenebra».

Mt 6,22

Cristo è venuto a dissipare di schianto queste tenebre, l’incontro con Cristo le dissipa di schianto.

infinito/Infinito

48 – «Ma comprendere / Il punto di intersezione del senza tempo / Col tempo è una occupazione da sant

T.S.Eliot – «I Dry Salvages»

Con questa intersezione è l’istante che acquista la dignità dell’essere, dell’infinito: non c’è nulla infatti che possa dare all’istante un diritto di rispetto o una dignità di contenuto, nulla, perché tutto è vano; vano l’istante passato perché è passato e vano quello futuro, perché non c’è ancora.

L’istante è reso vero solo – solo! – dal suo rapporto con l’infinito.

Amore e ardore, altruismo e dedizione hanno solo questa sorgente, nell’istante reso pieno dal rapporto con l’infinito: Cristo!

66 – Questa è la giustizia: non è grande, se non chi nell’istante vive la coscienza del rapporto eterno, del rapporto con l’infinito che si è rivelato in Cristo, del rapporto con Cristo

Amare Cristo e nell’impeto dell’istante abbracciare il mondo, vivendo il limite del momento nel rapporto infinito, e allora tutto si salva, uno abbraccia il mondo, cioè salva il mondo, lo trascina con sé, proietta sul mondo la sua libertà e la sua verità.

80 – Non è infinito quello che non si trova nell'istante: è un ente del pensiero

157-159 -Solo nell’ipotesi che nell’uomo ci sia qualcosa che non deriva dai genitori, ma direttamente dall’infinito, solo in questo caso l’uomo è libero, anche se è reso schiavo e fatto abitatore dei lager.

La regola della tua azione, anche piccola, è l’infinito, è la direzione dell’infinito, è la funzionalità al grande ordine di Dio. Allora, anche mentre sei lì a lavare i piatti, è l’universo che hai in mano, è l’amore all’infinito che hai in mano.

158 – Infatti c’è pace.

«Perché la pace, chi la conosce, sa che in parti uguali di dolore e di gioia è fatta»:

P. Claudel – L’annuncio a Maria

di gioia, per il possesso del rapporto con l’infinito; di dolore, per la fatica, appunto, dello strappo. Uno deve strapparsi alla misura della sua spanna.

159 – Ma quella gioia non è il rapporto con l’infinito astratto, perché nell’amore alla donna questo strappo vuol dire verità: l’amore alla donna diventa veritiero.

La pace è quello strappo alla tua misura breve, per cui seguendo la prospettiva dell’infinito, il parametro di Cristo, fai diventare pieno di gioia il tuo momento, che rimane momento, ma diventa più vero, finalmente vero.

171ss – (titolo: «Icaro, il rapporto con l’infinito)

176 – L’Icaro del mito antico, così come Ulisse dell’antico mito pagano, rappresenta dolorosamente e affascinantemente l’impeto che è il cuore umano, l’impeto con cui il cuore umano tende alla verità, alla giustizia, alla bellezza e alla felicità, al possesso di tutto. Ma la condizione umana, rende incapaci di raggiungere ciò cui aspira.

Questa è la tragedia che sottende alla vita.

174 – La moralità di un’azione è misurata dal rapporto tra quella azione e il disegno di Dio. Non per nulla la moralità suprema è l’offerta, nell’offerta; stessi anche pulendo un bicchiere, io stabilisco un nesso infinito: quel gesto assolutamente effimero ha un valore infinito, perché è rapporto con il disegno, è compiuto in funzione del grande disegno di Dio.

175 – Omnis gloria filiae regis ab intus: mi ha fatto colpo questa frase che vuol dire: «Tutta la gloria della figlia del re», dell’uomo, figlio di Dio, fatto a immagine di Dio, è «ab intus», è dentro, cioè nella coscienza di sé come rapporto con l’infinito.

176 – Ogni nostro gesto, ogni nostra azione, ogni nostro comportamento è una prigione o è un sepolcro, se non ha questo spazio, se non è rapporto con l’infinito, se non cerchiamo di vivere le cose, le nostre espressioni, nella coscienza del rapporto con l’infinito, come rapporto con il grande disegno di Dio, in funzione del suo disegno: «Sia fatta la tua volontà».

177 – «Forse che il fine della vita è vivere? [...] Non vivere, ma morire, e dare in letizia ciò che abbiamo. Qui sta la gioia, la libertà, la grazia, la giovinezza eterna!»

P. claudel, L’Annuncio a Maria

243 – […] o la cosa caduta che tu raccogli, curvandoti prima dell’altro, se tutto ciò accade ed è vissuto dentro la memoria della grande Presenza, allora questo nesso con l’ultimo, col destino lo fa esplodere come un’alba dopo la notte, fa esplodere l’inizio della fine, l’inizio della perfezione finale. E l’ideale si incarna, Cristo si incarna di nuovo nella tua azione, piccola o grande che sia.

È solo il respiro del rapporto con l'infinito che può rendere ragionevole per l'uomo l'azione.

aspirazione all’Infinito

69 – Come ci ha lanciati nella vita? Come aspirazione all’infinito, come rapporto con l’infinito.

Intelligenza

80 – La fede in Cristo impegna la totalità di me stesso. Perciò il movimento è innanzitutto totalizzante. Se è totalizzante, ogni preoccupazione di salvare qualcosa di proprio non è scaltrezza, ma è perdere qualcosa.

Soltanto la sequela profonda rende più intelligente e più gustosa la vita.

Perciò la sequela è la cosa più intelligente, anche perché la sequela esige intelligenza e affezione, esige la personalità, mentre ogni «ma», ogni «se», ogni delimitazione alla sequela è affermare una reattività che nasce dal temperamento, dal sesso, dalla nazionalità, dalla professione, da quello che volete.

99-100 – Se tu fai l’analisi di questo tuo muoverti, di questo tuo rapporto, in questo tuo progetto, Cristo, per sé, non c’entra, non viene fuori dall’analisi delle cose fatta con il tuo occhio e con la tua intelligenza naturale: è un’altra cosa che penetra dentro la convenienza umana e la sconvolge, cioè la converte.

220 – Il tempo ci è dato per generare la nostra vita vera.

Appena diciamo queste parole, noi percepiamo quanto la nostra vita possa essere carica di purità, cioè carica di intelligenza e di verità nei suoi gesti, nelle sue opere.

261 – Intelligenza, cioè luce e forza, sicurezza. Perché se uno cammina nella luce, sa dove mettere i piedi e cammina con sicurezza.

intelligenza nuova

262 – Intelligenza nuova significa un criterio nuovo.

Oltre alla intelligenza, la personalità nuova ha una energia che si chiama libertà o volontà o affettività.

Istante

41ss – (Titolo: vivere l’ideale nell’istante)

48 – Non c’è nulla che possa dare all’istante un diritto di rispetto o una dignità di contenuto, nulla, perché tutto è vano; vano l’istante passato perché è passato e vano quello futuro perché non c’è ancora. L’istante è reso vero solo – solo! – dal suo rapporto con il Destino, con ciò da cui fluisce, vale a dire da ciò cui appartiene.

«La curiosità degli uomini indaga il passato e il futuro / E s’attiene a quella dimensione, ma comprendere / Il punto di intersezione del senza tempo / Col tempo, è una occupazione da santi…»

T.S.Eliot – «I Dry Salvages»

Riconoscere Cristo, il punto di intersezione del senza tempo con il tempo, è una occupazione da santi.

Di fronte alla presenza di Cristo si gioca tutta la nostra libertà.

Dio si è fatto uomo e qui ti chiama

64-66 – Il valore dell’istante sta proprio in questo soprassalto o in questa vibrazione al pensiero del rapporto che mi lega al tutto, all’ideale, a te o Cristo.

65 – Vivere il momento: forse è questa la formula che racchiude più potentemente la capacità redentivo di Cristo, liberatrice dell’uomo, ciò chela comunione con Cristo fa realizzare. L’impeto di abbracciare il mondo caratterizza il cuore dell’uomo. Ma ciò avviene se uno vive il limite del momento.

Se uno non abbraccia il mondo nell’istante piccolo e breve, nella contingenza del suo momento, non solo non abbraccerà mai il mondo, ma oblitererà, perderà d vista anche questo spazio nel cuore e vivrà con il respiro di quelli che sono sotto la tenda a ossigeno, anzi, che avrebbero bisogno di entrarci.

65 – Perché questo sussista e resista bisogna che l’istante, momento, viva in quella compagnia cui siamo destinati e in cui sta il nostro compimento, la felicità, che è la compagnia per cui esistiamo, in quanto essa ci crea: in questo momento io sono fatto da essa.

66 – Vivere l’istante e e il momento nel grande progetto pieno di avventura o nella banalità della vita quotidiana in casa, chiusi tra quattro mura per una ricerca da premio Nobel o chiusi tra quattro mura per lavare i piatti, è identico.

Non è grande, se non chi nell’istante vive la coscienza del rapporto eterno, del rapporto con l’infinito che si è rivelato in Cristo, del rapporto con Cristo.

Allora uno salva il mondo, cioè ama il mondo e lo porta, lo trascina con sé.

Altrimenti uno, nel momento, nell’istante, ama se stesso e si corrompe, rompe cioè l’unità del disegno totale e tutto si frammenta.

Questa è dunque l’alternativa: o amare Cristo «in un annientamento di tutta la vita nell’amore, / Nell’ardore, altruismo e dedizione» (T.S. Eliot – I Dry Salvages, Quattro quartetti), e nell’impeto dell’istante abbracciare il mondo, vivendo il limite del momento nel rapporto infinito, e allora tutto si salva, uno abbraccia il mondo, cioè salva il mondo, lo trascina con sé, proietta sul mondo la sua libertà e la sua verità; o altrimenti uno, nell’istante effimero, ama se stesso e si corrompe, e l’effimero non ha più storia, non edifica, non genera, è inutile. E nella coscienza della inutilità non è più possibile la letizia. La letizia è possibile nel dolore fino alla morte, ma non è possibile nella percezione di un’ultima inutilità.

80 – Questa sequela profonda si incarna nelle circostanze, tutte, perché la vita è una cosa grande, in cui c’è qualcosa di grande, di incommensurabile.

Questo incommensurabile si incontra nella banalità del lavare i piatti, nella banalità delle circostanze.

Non è infinito quello che non si trova nell'istante: è un ente di pensiero.

88 – La fede rende positivo in modo assoluto l’istante, che è niente, che è come niente.

93 – È che noi, nel nostro modo di possedere, nel nostro modo di entrare in rapporto con tutto – sto parlando dell’istante, del momento, più che delle cose, qualunque sia il tipo di cosa che si pigia dentro quel momento – , nel possesso e nel rapporto con le cose, seguiamo una convenienza umana, vale a dire seguiamo una convenienza che consegue a una valutazione e a una stima che facciamo nascere da uno sguardo “concluso” dentro l’orizzonte della nostra umanità e della sua reattività.

146 – Potrebbe essere così grande e nobile il nostro vivere quotidiano! Non l’occasione eccezionale, non le circostanze anormali, ma il nostro vivere quotidiano, perché ciò che non tocca l’istante non è redentore, ciò che non tocca l’istante banale non è veramente umano. Solo ciò che tocca l’istante può diventare veramente parola.

234-235 – Come diceva la frase di Kierkegaard (a pagina 215-216):

«Ecco l’importante nella vita: aver visto una volta, aver sentito una cosa tanto grande, tanto magnifica che ogni altra sia un nulla al suo confronto e anche se si dimenticasse tutto il resto, quella non la si dimenticherebbe mai più».

S. KiegegaardDiario

È questa la fede che domanda a Cristo – con l’umiltà del bambino e con la coscienza dell’uomo maturo, senza misurare gli istanti, ma riempiendo l’istante della propria domanda -, è questa mendicanza a Cristo l’espressione più alta dell’uomo, l’unica espressione vera dell’uomo.

E si ci trattassimo dalla trasparenza di questa verità, come diversamente ci tratteremmo anche noi!

istante/ora/presente

40 – Ma noi ci inchiniamo all’infinitamente grande nella giornata della nostra vita? Altrimenti la giornata è un soffio, è un nulla.

Ma noi ci inchiniamo di ora in ora, all’infinitamente grande? Altrimenti l’ora è un nulla, è un soffio.

157-158 – Ciò che caratterizza l’uomo, immediatamente e clamorosamente, di fronte alla realtà animale, è il senso del passato, che è il segno che tu sei capace di uscire, di essere libero dal presente e di abbracciare ciò che stava prima.

Quello che diciamo è ciò che recuperiamo e che giochiamo e e foggiamo secondo la misteriosa azione della libertà, che è essenzialmente presente; è nell’istante presente, che sembra così niente, eppure è nell’istante presente che si gioca la rivalutazione di tutto il passato, ma la ricchezza, il contenuto, il materiale della rivalutazione, il materiale della libertà viene dal passato, perché se uno nascesse nell’istante – ora, ora! – on avrebbe niente da dire

La regola della tua azione, anche piccola, è l'infinito, è la direzione dell'infinito, è là la grande funzionalità al grande ordine di Dio.

175 – L’uomo è tutto se stesso nell’istante, nell’azione, ora, perché l’istante prima non c’è più e l’istante dopo non c’è ancora e non sappiamo come sarà.

Noi dobbiamo vivere ora, noi dobbiamo vivere il presente in modo tale da poter rispondere bene a questa domanda: se tra un’ora o domani finisse il mondo, da che cosa sarà giudicato? Da oraora! -, dalla grandezza dell’ora: non se lavo un bicchiere oppure se conduco un esercito alla conquista del mondo, no, ma alla grandezza dell’animo!

210-211 – Allora il distacco dal male, il desistere dall’ingiustizia, l’allontanarsi dalla colpa commessa può essere come un soffio, esattamente come il presente. È un presente, e il presente è come un soffio.

Ecco, tutto il male che ho commesso […], in un soffio, nel presente, nell’istante presente può essere distrutto. «Tu sei liberato, e vivrai, non morrai!».

Questo presente, questo soffio in cui uno si libera dalla colpa commessa anche poco prima, e da tutte le sue colpe, in cui è stato liberato, si libera da tutto il peso del suo limite, da tutta la tristezza della sua inadeguatezza, da tutta la malinconia, dall’umore nero che la nostra imperfezione continuamente secerne in noi, il soffio che ci libera da questo istante è la domanda di Dio.

211 – Questo presente, questo presente veloce, questo istante fuggevole in cui dico: «Signore, abbi pietà di me!», può vincere mille e mille volte tutta la mia fragilità e la mia debolezza.

226 – Ora: questa è la storia. Tutta la storia è questo “ora” in cui Dio, il Mistero che fa tutte le cose, fa riconoscere Cristo all’uomo, dall’uomo.

243 – Scrive P. Claudel: «È ora! Per il compito assegnatomi può bastare l’eternità soltanto. / E so di essere responsabile e credo nel mio maestro, come egli crede in me». È ora. È l’ora greve del mattino quando ti svegli, l’ora intensa del culmine del tuo lavoro, l’ora stanca del pomeriggio, l’ora senza appoggio – quasi della sera – È l’ora qualsiasi.

È solo il respiro del rapporto con l’infinito che può rendere ragionevole per un uomo l ‘azione.

[…] perché in ogni azione rispondo a Colui che mi corrisponde, immediatamente ne sento l’eco, e credo nel mio maestro come egli crede in me.

Istintivo /istintività

153 Se l’ideale della vita è la riuscita, ciò significa che tutto c’è come pretesto della tua affermazione, dell’affermazione di te. La seconda caratteristica della mentalità moderna, atea nel senso pratico del termine, è quindi l’istinto, la moralità resa uguale a istinto e spontaneità.

Lo spontaneo e l’istintivo coincidono con il bene.

160-161 – Nel rapporto con la donna, o nel rapporto con i soldi, o nel rapporto del tempo del lavoro e col lavoro, o nel rapporto con noi stessi, c’è una convenienza istintiva, breve come una spanna, che è la convenienza immediata, e c’è una misura più grande, che ti viene dall’Altro, trasparente attraverso l’opera del tuo cuore e del mondo.

161 – La lotta è fra la concezione dell’uomo e della donna come istintività, secondo «la veduta corta di un spanna», o come servizio al regno di Dio.

217-218 – «Zaccheo, vengo a casa tua». Ma era la faccia, era lo sguardo, era tutta la persona di quell’uomo che investiva la povertà, la meschinità di Zaccheo, quella smemoratezza infinita che aveva squalificato tutta la sua vita, riempiendola di istintività, di ingordigia: e in un istante, in quella parola «Zaccheo» egli si è sentito totalmente liberato, liberato dal giogo del male.


Clicca sull’iniziale del tema che cerchi

ABCDFGILM NOPRSUV




Temi degli ESERCIZI – Collana “Cristianesimo alla prova”


Iscrivendoti riceverei gratis ogni nuova pubblicazione