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Lettera «L»
Legge
20 – Per ogni giornata e ora e istante della nostra vita, la risurrezione, la ripresa, il ricominciare devono dettare il cammino, debbono essere la legge.
Abbiamo una sola legge: riprendere, ricominciare, risorgere
40 – «Tutta la legge della umana esistenza sta solo in ciò: che l'uomo possa sempre inchinarsi all'infinitamente grande»
Dostoevskij – I demoni
62-65 – Qualunque strada tu sia chiamato a compiere, tu appartieni, e devi affrontarla con la coscienza di questa appartenenza, e questa appartenenza al valore più grande può implicare anche un sacrificio anche della vita.
Fedeli, dunque, alla legge, nel fare le nostre cose: ecco che cosa Cristo produce, richiamandoci al fatto che l’ideale deve determinare la stima ultima in base alla quale facciamo tutto; Cristo produce una inclinazione potente di fedeltà alla legge, perché la legge è il riverbero dell’ideale sulle circostanze, è il riverbero dell’ideale ultimo, della stima ultima, sulle circostanze, è il riverbero della coscienza del nesso fra le circostanze e la totalità del disegno.
63 -La legge è il riverbero dell’ideale sulle circostanze e, perciò, è l’esaltazione nel lavoro dell’affermazione di qualcosa di più grande, dicevo prima, che non i calcoli che ci fanno lavorare.
«L’ideale» significa la totalità di cui è funzione quello che fai.
Perciò la fedeltà alla legge, come la descrivo, non è niente altro che l’affermazione dell’amore come supremo dinamismo della vita: nell’affermare me stesso, affermo te. È la gratuità come anima strana.
C’è una gratuità che rende umana l’osservanza della legge, e prima ancora la rende possibile.
64 – «Fedeli alla legge», come riverbero dell’ideale sulle circostanze; quindi affermazione dell’amore o della gratuità; e il lavoro come il luogo comune e ordinario dove questa gratuità si esercita.
Non solo Cristo ci rende fedeli alla legge, ma ci rende liberi dall’esito: vi è cioè la redenzione della fiducia nelle nostre cose, partendo dalla coscienza della appartenenza e quindi partendo dalla coscienza dell’ideale, che diventa come l’anima di tutto ciò che facciamo, anche mangiare e bere.
65 – Cristo rende fedeli alla legge, che declina il modo di lavorare; ma rende anche liberi dall’esito.
88 – Dobbiamo dirlo, scientificamente una ipotesi di lavoro diventa legge quando risolve meglio, quando risolve i fenomeni secondo tutti i loro fattori.
Questa fede, che ha creato la nostra compagnia, che la nostra compagnia vive, questa fede è l’ipotesi di lavoro per la vita, è l’ipotesi di lavoro che diventa legge della vita perché tutto diventa positivo.
169-170 – Che tutto, anche il nostro dolore, come la nostra gioia, anche l’ingiustizia nostra, come la giustizia nostra, la malattia e la salute, la vita o la morte, tutto sia in funzione di Lui, di qualcosa di più grande, e perciò che la vita, non di Santa Teresina del Bambin Gesù o di santa Teresa d’Avila, o di Giovanni, Simone, Andrea, Paolo, ma la mia e la tua, che la nostra vita abbia come legge l’amare, vale a dire Affermare Qualcuno, affermare una Presenza più grande di noi! Questo è per tutti.
190 – «I carismi dello Spirito sempre creano delle affinità» – uno si sente attratto, vicino – «destinate ad essere per ciascuno il sostegno per il suo compito nella Chiesa», cioè nella vita.
Questo è il sostegno per il tuo compito oggettivo nel mondo. «È legge universale il crearsi di tale comunione», questa compagnia, è una legge universale.
231 – «Io ho abbandonato tutto al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in lui, non con una mia giustizia derivante da una mia moralità [la legge], ma con quella che deriva dalla fede in Cristo, cioè con la giustizia che deriva da Dio, basata sulla fede […]»
Fil 3,8-21
237 – Voglio innanzitutto, dunque, dire che la memoria non può non diventare norma o, usiamo la parola più intimidamente, legge.
Ma la memoria diventa norma, diventa legge, con una certa emozione, quando il cuore è toccato da una verità nel rapporto: la propria moglie, il proprio marito, i propri figli, o l’amico, o l’uomo in cui si imbatte, rappresentano qualcosa di diverso, e il gesto si fa più prudente, il cuore si fa più generoso, la volontà si fa più capace di sacrificio, l’ordine è più accuratamente osservato, il rinnegamento di sé o il superamento della propria reattività diventa possibile, e un progetto di utilità più grande s’affaccia sul nostro orizzonte. Insomma, si sente più buono.
legge perfetta
223 – […] La legge perfetta è ciò che dà consistenza stabile alla realtà e a tutto il suo dinamismo finalizzato, cioè è Cristo la legge, la legge della libertà; «Chi fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come ascoltatore smemorato, ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua gioia nel praticarla» (Gc 1,23-25)
Letizia
66 – Questa dunque è l’alternativa: o amare Cristo «in un annientamento di tutta la vita nell’amore, / Nell’ardore, altruismo e dedizione» (T.S. Eliot, Quattro quartetti), e nell’impeto dell’istante abbracciare il mondo, vivendo il limite del rapporto del momento nel rapporto infinito, e allora tutto si salva, uno abbraccia il mondo, cioè salva il mondo, lo trascina con sé, proietta sul mondo la sua libertà e la sua verità; o altrimenti uno, nell’istante effimero, ama se stesso, e si corrompe, e l’effimero non ha più storia, non edifica, non genera.
E nella coscienza della inutilità non è più possibile la letizia.
La letizia è possibile nel dolore fino alla morte, ma non è possibile nella percezione di un’ultima inutilità.
93-94 – Noi diamo per scontato che l’ideale ci sia perché crediamo, lo ricordiamo qualche volta, ma tutto il tessuto della nostra vita è come sprovveduto di esso.
94 – Così, il livello drammatico della vita, che è la convenienza umana in tutti i campi e in tutti i sensi, come la sentiamo naturalmente, non ha pace e non ha ultimamente letizia; non ha pace perché non ha la sicurezza di ciò per cui tutto fa e vive, e non ha letizia perché non è riverberata in anticipo sul presente la felicità del futuro, dell’ultimo futuro.
C’è una difficolta ad accogliere l’ideale dentro la convenienza umana. E guardate che questo accogliere non implica di per sé lasciare nulla di quello che compone il nostro vestito umano, ma è una rivoluzione pacifica e piena di letizia, che avviene dentro il soggetto stesso che fa le cose, dal di dentro di noi stessi.
Questa difficoltà ad accogliere l’ideale dentro la convenienza umana trova il suo aiuto nel fenomeno che riflette maggiormente la presenza di Dio, del Dio vivo, nel mondo: si chiama autorità.
138 – L’altro sentimento che vibrava in Cristo era la passione perché la gente fosse più felice. Non si capisce il cristianesimo se non si arriva a questo punto.
Noi parliamo di queste cose, diciamo queste cose, e vogliamo dirle ai figli, e vogliamo dirle agli amici, ai compagni, perché la gente sia più felice; perché con questa coscienza la vita diventa più umana, cioè più lieta.
È per una letizia della vita, è per una vita più umana, che le diciamo.
La pace, infatti, non può nascere, se non da una letizia.
177 – «Forse che fine della vita è vivere? […] Non vivere, ma morire, ma morire, e dare in letizia ciò che abbiamo. Qui sta la gioia, la libertà, la grazia, la giovinezza eterna!»
P. Claudel, L’Annuncio a Maria
265 – Allora Cristo deve diventare una fissazione? Poiché Dio diventato uomo è tutto, ciò vuol dire che deve diventare una fissazione? No, deve diventare una letizia.
Libertà / liberazione
51 – Ricordiamoci che questo incontro è l’incontro di una libertà suprema con una libertà creata: è con la mia libertà che la Sua scelta si misura.
Perciò uno resta tale, con il suo temperamento, e quindi con tutti i suoi limiti e con tutti i suoi difetti, con la sua libertà, e quindi con tutti i suoi peccati, eppure muta, cambia. È come passare dalla morte alla vita.
99 – Siamo profondamente grati perché la Chiesa ci ha riconosciuti, perché la Chiesa ha riconosciuto la nostra appartenenza ad essa. Questa è la libertà e questa è la sorgente della gioia per noi, sicurezza e gioia.
140 – Come mai uno è così e l’altro è cosà? Come mai? È la libertà. La libertà si gioca proprio nella scelta tra la paura, l’insabbiarsi nel peccato, e il senza timore, il non aver paura.
La libertà: questo è veramente il mistero più grande, insieme al mistero di Cristo.
Il mistero di Dio che muore in croce ha un solo paragone come grandezza di mistero: la libertà dell’uomo, che l’uomo possa odiare la verità, cioè odiare se stesso, che l’uomo possa essere così impudentemente presuntuoso. Trovare così qualcuno che fa così nel rapporto con te, ti fa venire il vomito. Ecco, tu fai così tranquillamente e sempre con Dio.
156-158 – Noi abbiamo individuato nella perdita totale della libertà la conseguenza della dimenticanza di Dio nella vita.
Si può arrivare a una scelta totale della libertà perché, quanto più la scienza va avanti e quanto più la tecnica si scaltrisce, tanto più il potere ha la capacità di sorprendere i tuoi pensieri e i tuoi sentimenti dalla nascita: “ti decide lui”, mentre sei persuaso di decidere tu!
Dicevo a scuola, quando insegnavo al liceo Berchet, che Spartaco era schiavo, ma era talmente libero che ha spezzato le catene e ha fatto la guerra ai suoi padroni.
Il soprassalto malinconico – ripugnante per la menzogna inerente, ma malinconico per lo spunto che poteva essere buon – del sessantotto, con la sua fine nefanda, conferma quello che stiamo dicendo: l’abolizione della libertà.
157 – La libertà, infatti, non può essere concepita se l’uomo è pensato come totalmente derivante dalla biologia dei genitori, perché allora è parte di un ritmo meccanico.
Solo nell’ipotesi che nell’uomo ci sia qualcosa che non deriva dai genitori, ma direttamente dall’infinito, solo in questo caso l’uomo è libero, anche se è reso schiavo e fatto abitatore dei lager.
Alla perdita della libertà concorre l’abolizione del passato, la rottura col passato.
158 – Abolizione della libertà, abolizione del senso del passato e, perciò, una solitudine.
183 – È come uomo battezzato che, nella libertà, io mi decido a vivere la mia vita per Cristo.
Perciò siate liberi, per quello scopo. La vostra libertà si deve realizzare nel desiderio di essere aiutati a raggiungere quello scopo, di attuare quello scopo.
186-187 – Ogni compagnia, ogni gruppo fissi una regola di preghiera, non sovrabbondante; o meglio, si può far tutto, nella libertà, e la libertà è quella espressione di noi che anche nel sacrificio più grande salva una spontaneità originale, una freschezza originale, una verità dell’io.
195 – La povertà che intendo richiamare è la condizione per dilatare il regno di Dio nel mondo, perciò è molto più definita dal modo con cui tu concepisci in funzione del regno di Dio quello che hai secondo la libertà del tuo cuore.
208-209 – La giustizia sembra un’ombra sopra questa luce di gioia, Ma la giustizia non può essere un’ombra: Dio, che è la gioia, è l giustizia. Dunque debbono avere, queste due parole, una radice comune. E infatti la giustizia è nella libertà.
Che cosa tremenda è che in noi esista questa intoccabile, impalpabile, e terribile libertà. Perché possiamo scegliere la morte invece che la vita.
209 – Ma questo potere tremendo costituisce pure il dono più grande che di se stesso Dio fa all’uomo, perché è nella libertà che l’uomo può dire: «Signore!».
Quello che ci unisce è il desiderio e la volontà di aiuto, di un aiuto decisivo, per quella cosa seria che è la vita, per quella cosa che rende la vita una realtà tremenda: che la nostra libertà scelga la vita e non la morte, scelga Dio e non la menzogna, scelga ciò che sta e non la fugace illusione.
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