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Lettera «V»
Valore
43 – Ma se siamo destinati vuol dire che la nostra consistenza, il nostro valore, il nostro esserci è «di», «s’appoggia a», appartiene a un Altro.
90 – La cosa principale è questa: che la vittoria di Cristo sul male diventa una evidenza definitiva quando cambia qualcosa di significativo nella nostra vita: per uno può essere l’accoglienza, la capacità di accoglienza, che è un fenomeno di gratuità certamente impressionante; per altro può essere qualunque cosa. Ma la vittoria di Cristo, cioè la risurrezione di Cristo, tocca la nostra vita, diventa evidenza definitiva, nel cambiamento reale in qualche cosa, in qualche cosa di sostanziale dal punto di vista del valore.
100 – La verità non è la convenienza umana, è quella conversione.
È questo, quindi, il valore della comunità: perché l’autorità agisce nella comunità.
142-144 – Percepire il proprio peccato è l’inizio della verità, ed è il contrario del peso soffocante di cui non sappiamo l’origine e il valore e che subiamo normalmente, essendo schiavi di un ritmo e di un meccanismo senza ragioni, cioè che non h a ragioni. Il peccato è la dimenticanza di Dio nella nostra vita.
143 – «Il mio merito è la Tua misericordia». (San Bernardo). Il mio merito non è quel che faccio io, è la Tua misericordia; il mio merito, il mio valore e nel fatto che Tu mi ami, e mi ami perché mi fai.
Gesù, Dio, che si curva a lavare i piedi dei suoi apostoli, è l’affermazione della dignità, del valore, della stima, del rispetto di questa gente.
158 – Strappato via il valore del tuo presente, perché ti è dettato dal potere, strappata via la ricchezza del passato, rimani vuoto come un sacco.
172 – Bisogna sapere amare se stessi. Per avere il desiderio di vivere quello che abbiamo detto ieri, bisogna voler bene a sé: tu non sei tu, sei di un Altro, perciò tratta bene la “cosa” di un Altro.
Veramente questo desiderio si realizza? Come? Camminando insieme. Per cui, camminare insieme è un crescendo, o altrimenti non è camminare. Questo è il valore incomparabile della nostra compagnia. Essa non è una cascata di pretesti per essere d’accordo o per non essere d’accordo.
175 – State attenti, nella Scuola di comunità su Il senso religioso, a questo richiamo al valore del presente, perché è il presente il luogo della responsabilità, in cui emerge quello che l’uomo è.
222-223 – Che cos’è la misericordia, ricorda il Papa, se non il fatto che Dio afferma sempre, da ultimo, il valore che permane, il valore permanente, in mezzo a tutte le circostanze possibili e immaginabili, quindi anche le più cattive,, come appunto è stata la sequenza cattiva – quante ne ha commesse! – della vita del Figliol prodigo?
Tutte le circostanze possibili e immaginabili, anche le più avverse, lasciano intatto il valore permanente: «Egli è mio figlio», «Tu sei mio padre».
223 – Il Mistero, di cui l’uomo non può parlare, su cui non può dir pensiero, in Gesù si è rivelato “misericordia”: «Prevarrà sempre il valore che io ti ho dato, sei mio figlio, ti ho dato la vita, ti ho dato me stesso. Questo prevarrà sul tuo male».
242 – Una cosa, grande o piccola che sia, qualsiasi cosa, se è in funzione del grande disegno diventa valore.
Il rapporto dell’ideale con la cosa si chiama valore.
247 – Si può comunicare solo nelle gioia: la memoria come norma, come purificazione, come adesione intensa, come amore all’ideale, come funzionalità al tutto, come valore, la memoria come pazienza, attraverso il moto del godimento e della gioia, diventando affezione, si comunica, diventa presenza comunicativa; cioè la memoria diventa movimento, diventa movimento umano.
251 – La caritas – quel valore senza cui anche dare via i soldi e dare il proprio corpo alle fiamme è niente – è l’amore a Cristo, è il riconoscimento gridato nel lavoro di ogni giorno, nella fatica e nel rischio di ogni giorno, che tutto gli appartiene.
263 – Allora, anche se il cuore si colma di un’altra affezione, la fedeltà alla moglie, la fedeltà al marito, è questo eroismo a cui ci richiamava il capitolo 19 di san Matteo: il valore sta nell’essere funzione del disegno di Dio, del regno dei cieli.
valore dell’istante
64 – Il valore dell’istante sta proprio in questo soprassalto o in questa vibrazione al pensiero del rapporto che mi lega al tutto, all’ideale, a te o Cristo.
Verginità
62 – L’indissolubilità ha la stessa identica ragione della verginità, che è data dal fatto che la nostra vita e tutto il suo impegno sono «per» qualcosa di più grande.
161 – «Anzi, vi dirò che non solo l’uomo può separarsi dalla donna che ha sposato, ma che ci saranno perfino uomini che non si sposeranno per il regno di Dio»
Mt 19,3-12
191 – Dopo la preghiera e sequela, ecco la seconda condizione – che corrisponde a quella della verginità -, che è la carità, cioè la condivisione: usiamo il nostro termine, condivisione. Vale a dire, la Fraternità deve diventare una educazione alla capacità di sentire la vita dell’altro come parte della propria.
244 – «Ma ci saranno perfino persone che rinunceranno alla famiglia per il regno di Dio». Ed è allora che gli apostoli hanno presentito, intuito confusamente, l’identica ragione per l’indissolubilità del matrimonio e per la verginità, essendo dettate da una unica norma: la funzione per il tutto, il servizio al regno di Dio.
Verità/vero
21-22 – Sta in questo, di fatto, l’aspetto più grave del sacrificio che il sacerdote compie di fronte al popolo di Dio: richiamare tutti a quella verità che è fragile e dimenticata o rinnegata nella sua stessa vita.
Ma è pur questa somiglianza o questa identità di situazione umana che dà alla parola la sua verità.
La prima verità è che ognuno di noi non è degno di ciò da cui, istante per istante, è costruito.
22 – Dobbiamo partire da questa prima verità: «Signore, io sono peccatore. Come sono venuto meno lungo tutto l’arco di quest’anno».
Ma la seconda verità costruisce sulla prima: «Signore, io ti riconosco».
La seconda verità è questo riconoscimento che abbiamo di te, o Signore: attraverso tutto quello che di detrito il tempo della nostra vita ha sedimentato in noi, spaccando tutto questo sedimento opaco e pesante, noi ti riconosciamo, il nostro errore non ci definisce, il nostro peccato non è ancora la nostra tomba.
24 – Qual è il punto di partenza, la prima verità? Il problema non è enunciarla, il problema che essa penetri il nostro cuore, diventi a tal punto fattore normale del colore del mondo, del clima della nostra vita, del sentimento del nostro cuore, della nostra autocoscienza, della coscienza che abbiamo di noi stessi, diventi così abituale che poi incida, determini tutti gli altri atteggiamenti.
54 – «Io sono la via, la verità e la vita»
Gv 14,6
Esiste un solo caso in tutta la storia, in tutta la lettura universale, di un uomo che abbia osato dire non: «Io vi faccio vedere la strada della vita», ma: «Io sono la via, la verità e la vita»
59 – E Gesù a un certo punto gli (a Pilato) dice: «Sono venuto per rendere testimonianza alla verità». Allora Pilato scatta in piedi e dice, mentre se ne va: «Ma che cosa è la verità?». Ecco, lo scetticismo ci fa essere, di fronte a Cristo, esattamente come Pilato, quando, colpito da quella evidente parola, si alza dallo scranno e dice: «Ma che cosa è la verità?».
Non è una vera domanda, perché la domanda ti inserisce nella realtà, ti fa cercare, ti fa insistere all’infinito.
È scetticismo dire: «Ma che cos’è la verità?».
67 – La morale è la questione della vita. Il rapporto tra la vita e il destino è tutto quanto nella verità che si attua dentro l’azione e perciò attraverso la nostra libertà. È la verità che per l’uomo diventa affezione.
78 – Intervento: «[…] Mi sono accorta che, nella misura in cui ci si rende conto che il movimento è quella dimensione che legge per intero la mia vita, con intelligenza molto più profonda di quanto io potrei avere, allora non posso pensare che ci sia un altro cammino da quello indicato dal movimento.
Mi sono ritrovata così ad avere un’apertura nei confronti di tutto e di tutti, a vivere le cose, le persone, le situazioni come una occasione in più per la ricerca della verità mia e degli altri.»
85-86 – Intervento: «Quando dico “compagnia concreta” intendo non soltanto gli incontri, ma anche la compagnia al lavoro di due persone che sono qui, il fatto di trovarsi insieme con altri a mangiare, oppure a cercarsi, il telefonarsi, il trovarsi, insomma, con il desiderio di ripetersi, seppur meschinamente da parte mia, ciò che sta a cuore: la verità di noi. Il fatto che mi trovi così dopo questi mesi è una misericordia, perché la Fraternità realmente è un aiuto affinché avvenga la mia vocazione».
91 – Intervento: «Ci troviamo (due spagnoli, un messicano, un palestinese, un melkita e un maronita libanese) con molta fedeltà ogni mercoledì in seminario, […] dove si sperimenta proprio come la verità di quello che abbiamo incontrato, nella misura in cui è vissuta come verità per sé e come libertà anche nella missione, veramente non ha confini».
100 – È un’altra cosa che penetra dentro la convenienza umana e la sconvolge, cioè la converte. Ma la verità non è la convenienza umana, è quella conversione.
120 – La nostra vita è un dramma di cui siamo attori momento per momento. È anche per questo richiamo che siamo riconoscenti alla posizione degli amici della Comuna Baires, per il richiamo al fatto che la vita è veramente una drammaticità continua, in cui uno fa la sua parte non perché l’ha studiata, ma perché, nella serietà della partecipazione e della coscienza, nella parola, esprime quello che la verità gli fa intravedere o sentire.
124 – «Se qualcuno mi provasse che Cristo è fuori dalla verità e che la verità stesse realmente fuori di Cristo, preferirei esser con Cristo e non con la verità»
Dostoevskij, «Lettera a N.D. Fonvizina, 1854», Lettere sulla creatività
130 – «Chi non nasce di nuovo non può capire la verità della realtà, la verità delle cose.»
Gv 3,3
Questo capire è un nascere di nuovo.
133 – La santità non è una cosa da aureola, è ciò a cui siamo chiamati, è la verità del vivere umano.
135 – La malvagità è l’opposto di quello che abbiamo definito verità.
138 – Ma pensate che il rapporto con il Mistero, con il Padre, come diceva Gesù, e quindi l ‘imitazione di Cristo, non ci faccia guardare l’uomo, la donna, i figli e i fiori, le cose? No ce le fa guardare in un nodo cento volte più intenso e più vero. Così che pur balbettando, comprendiamo che la verità sta da questa parte; pur attraverso il nostro balbutire, noi percepiamo che la verità viene da qui.
142 – Percepire il proprio peccato è l’inizio della verità, ed è il contrario di quel peso soffocante di cui non sappiamo l’origine e il valore e che subiamo normalmente, essendo schiavi di un ritmo e di un meccanismo senza ragione, vale a dire che ha solo le nostre ragioni, cioè che non ha ragioni.
145 – Qualunque lavoro facciate, non esiste nessun lavoro umano paragonabile a questo lavoro della coscienza, cioè al lavoro verso la società.
147 – L’uomo commette il peccato senza chiamare per nome ciò che fa. Amici miei, questa è la prima verità; non è la prima verità in assoluto, ma è la prima verità che emerge dall’uomo percosso dal vivere.
La prima verità è quella del bambino: è lo stupore di fronte a una realtà che non è propria. Ma la prima verità dell’uomo percosso dal vivere è la sua inadeguatezza, è il suo peccato.
«L’uomo commette il peccato senza chiamare per nome ciò che fa. Questa, però, non è la vira della liberazione. Essa è soltanto la via della falsificazione della verità. La via della liberazione giunge a buon fine solo attraverso la libertà. La via della liberazione giunge a buon fine solo attraverso la carità. Colui che morì sulla croce disse: “Conoscerete la libertà e la verità vi farà liberi”. Proprio per questo è andato sulla croce. Nella croce è racchiusa fino in fondo la verità sul peccato dell’uomo, sul peccato del mondo. E per quanto l’umanità voglia respingere questa verità, per quanto tenti di cancellare nelle coscienze e nei costumi il senso del peccato, la croce darà sempre testimonianza a questa verità»
Giovanni Paolo II, Discorso durante la meditazione della “Via Crucis” – 28 marzo 1986
La prima verità esistenziale, storica, è la vergogna di Adamo e Eva, come narra la Bibbia; la prima verità dell’uomo colpito dal vivere è il riconoscimento della sua miseria, della sua inadeguatezza connivente.
159 – Uno deve strapparsi alla misura della sua spanna. Ma quella gioia non è il rapporto con l’infinito astratto, perché nell’amore alla donna questo strappo vuol dire la verità: l’amore alla donna diventa veritiero, così come l’amore all’amico diventa più vero, l’amore agli uomini diventa più vero, l’amore al lavoro diventa più vero, la dedizione alle cose pubbliche, alla società, l’amore all’umanità, nel suo articolarsi di convivenza, diventa più vero.
La pace è questo strappo alla tua misura breve, per cui, seguendo la prospettiva dell’infinito, il parametro di Cristo, fai diventare pieno di gioia il tuo momento, che rimane momento, ma diventa più vero, finalmente vero.
E la verità dura in eterno. Insomma se abbiamo detto questo stamattina, a maggior ragione dobbiamo dirlo adesso: bisogna andare controcorrente, altrimenti si diventa pezzetto di materia o cittadini anonimi, senza nome, della città terrena.
168 – Sarebbe quello che il cuore dell’uomo desidera più di tutto: che il rapporto col proprio destino, perciò con la propria felicità, con la verità, che il rapporto con Cristo o, con più timidità, che il rapporto con Dio, fosse una cosa alla portata di tutti – di tutti! -, anche di coloro che sono senza istruzione e popolani, di coloro che non hanno una particolare capacità di ascesi e moralità, di coloro che non ricoprono un ruolo particolare nella vita sociale e nella comunità, come gli undici.
Sarebbe quello che il cuore dell’uomo desidererebbe più di tutto: che Dio, usiamo subito la parola, che il Padre sia veramente una realtà familiare come la propria donna che si vede in casa.
177 – Come osservava uno di voi stamattina, la nostra vita deve riuscire non come successo, ma come verità. Qui sta la vera riuscita: «Forse che fine della vita è vivere? […] Non vivere, ma morire, e dare in letizia ciò che abbiamo. Qui sta la gioia, la libertà, la grazia, la gioia eterna (Claudel, L’Annuncio a Maria).»
180 – La nostra compagnia è il luogo dove la nostra vita è aiutata a riuscire, non come successo, ma come verità. E quello che occorre è una grande semplicità di cuore.
205 – «Ho sentito spesso rimproverare ai cristiani, con una certa aria di superiorità, chela ragione della loro fede è la gioia e la consolazione ch’essa procura loro. Mi sembra che migliore giustificazione di questa non possiamo trovarla, poiché si tratta di un fatto e non di un ragionamento. La prova del pane è che esso nutre, la prova del vino è che esso inebria, la prova della verità è la vita e la prova della vita è che fa vivere! Sono, queste, realtà sostanziali contro le quali nessuna argomentazione ha efficacia»
P.Claudel – Deux lettres a Arthur Fontaine – positions et propositions II
215 – Il male è ciò che è contrario alla gioia, è esattamente il limite della gioia, è ciò che la impedisce, perché la gioia sta nella verità.
233 – C’è qualcosa (Gesù) che hai lasciato in me? Perché l’hai lasciato? «Perché tu fossi vero. Ché la verità è che Io sono la tua forza, non tu a te stesso. Perché sei tratto dal nulla, e non lo capiresti se non ti vedessi continuamente atterrato dalla tua fragilità».
Vita/vivere
23 – Se il tempo di domani fosse come il tempo di ieri, l’ombra della morte sarebbe già sulla nostra vita: perché la vita è vita e la vita è novità.
Oh amici miei, siamo qui perché da Dio speriamo e a Dio chiediamo una novità nella nostra esistenza.
29-30 – «Anche io come chiunque altro ho in me fin dalla nascita un centro di gravità (Kafka – Diari)»
Il resto della mia vita, il mio corpo, non c’entra e non si basa su questo polo, su questo centro di gravità. «E un centro di gravità che non lavori diventa piombo».
Quello che dovrebbe essere l’anima della vita diventa il peso della vita.
Così Dio diventa estraneo.
Si perverte in noi ciò che dovrebbe essere anima della vita.
E la vita senza questa anima, manca di vita.
«Non c’è cosa più amare che l’alba di un giorno / in cui nulla accadrà. Non c’è cosa più amara / che l’inutilità […] La lentezza dell’ora / è spietata, per chi non aspetta più nulla»
C. Pavese, «Lo steddazzu»
30 – La vita, l’esserci, diventa un falso incidente.
Io credo che non esista niente di più caratterizzante il fatto di essere uomini vivi che questo: se desideriamo veramente ancora mutare, se il desiderio di mutamento non è immediatamente bruciato dalla disperazione.
65-66 – Vivere il momento: forse è questa la formula che racchiude più potentemente la capacità redentiva di Cristo, liberatrice dell’uomo, ciò che la comunione con Cristo fa realizzare.
L’impeto di abbracciare il mondo caratterizza il cuore dell’uomo. Ma ciò avviene se uno vive il limite del momento.
Se uno non abbraccia il mondo nell’istante piccolo e breve, nella contingenza del suo momento, non solo non abbraccerà mai il mondo, ma oblitererà, perderà di vista anche questo suo spazio del cuore e vivrà con il respiro di quelli che sono sotto la tenda a ossigeno, anzi, che avrebbero bisogno di entrarci.
Si abbraccia il mondo se il vive il limite del momento.
Come ho detto prima, perché questo sussista e resista bisogna che l’istante, il momento, viva in quella compagnia cui siamo destinati e in cui sta il nostro compimento, la nostra felicità, che è la compagnia per cui esistiamo, in quanto essa ci crea: in questo momento io sono fatto da essa.
66 – Vivere l’istante e il momento nel grande progetto pieno di avventura o nella banalità quotidiana in casa, chiusi tra quattro mura per una ricerca da premo Nobel o chiusi tra quattro mura per lavare i piatti, è identico.
Questa è la giustizia: non è grande, se non chi nell’istante vive la coscienza del rapporto eterno, nel rapporto con l’infinito che si è rivelato in Cristo, del rapporto con Cristo.
Allora uno salva il mondo, cioè ama il mondo e lo porta, lo trascina con sé
84 – Se il movente della Fraternità è il richiamo alla grande Presenza che c’è tra di noi e a investire la nostra vita su di essa, uno capisce che lo scopo del vivere è la missione.
127 – Ratzinger incomincia a dire che essere cristiani vuol dire sottomettersi al nome di di questo Cristo, a questa Presenza, «approvandolo così», riconoscendolo, «come l’uomo modello», che deve investire la mia vita, come il criterio, «il parametro normativo d’ogni mio agire».
Che cosa accade quando mi sottometto al nome di questo Cristo […]? Una cosa: la coscienza che la nostra vita dipende da un Altro ed è in funzione di questo Altro!
La nostra vita, quando ci alziamo al mattino e beviamo il caffelatte, quando ci rimbocchiamo le maniche per mettere a posto le cose in casa, quando andiamo al lavoro, qualunque sia questo lavoro, la nostra vita dipende da qualcosa d’Altro, più grande, irrimediabilmente più grande, di cui è funzione.
Vorrei sottolineare tutte e due le cose, ma vorrei sottolineare di più la seconda: la nostra vita è funzione di un Altro.
La nostra vita riconosce il Padre: questa è la grande parola.
129 – «Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete. Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera» (Gv4,32.34).
Compiere la Sua opera, questa è la vita.
Possiamo incominciare a sentire che razza di intensità, di nobiltà, di lievità di vita, che razza di vita diversa questo introduce!
135 – Noi dobbiamo andare controcorrente, dobbiamo redimere la nostra vita, che butta tutto nel niente. La nostra vita è funzione di qualcosa di più grande, che tra l’altro si chiama in modi ben noti: «Regno di Dio».
137- Dobbiamo arrivare a entrare dentro la grande verità: che la ragione della vita è Cristo, vale a dire che senza la fede viene meno la nostra ragione, diventa meno ragionevole il vivere.
142 – Ecco allora cosa accade: quando mi sottometto al nome di questo Cristo, approvandolo così come l’uomo modello, come il parametro normativo d’ogni agire umano: la mia vita incomincia a riconoscersi appartenente a qualcosa di più grande, in funzione di un qualcosa di più grande, di un Padre.
La vita è «fare la Sua volontà».
144-145 – Così il sacrificio della nostra vita non solo non è contro la vita, ma è la modalità con cui viene alla luce l’amore alla vita, che la vita è amore, cioè l’affermazione di qualcosa d’Altro: amare è affermare qualcosa d’Altro.
La vita dell’uomo è amore, perché è affermare qualcosa di più grande di sé.
È nel sacrificio che questo viene a galla. Il sacrificio è la rinuncia alla affermazione di una propria misura, ed è nel perdere la mia misura che io affermo la misura di un Altro. Così la morte diventa vita.
Perciò nel sacrifico, o nella morte cristiana – che è il sacrifico più grande -, è contenuta la risurrezione; perché un atto d’amore è un atto di vita, non di morte.
145 – Così la nostra vita diventa affermazione buona, amorosa. Pensa che puoi offrire anche la cattiveria che hai commesso fino a un minuto fa.
Anche il male che ho fatto fino a un minuto fa può essere trasformato da questo, che è il lavoro della vita.
175 – Noi dobbiamo vivere il presente in modo tale da rispondere bene a questa domanda: Se tra un’ora o domani finisse il mondo, da che cosa sarò giudicato? Da ora – ora!
183 – Se (la compagnia) ha come scopo quello di aiutarci a non dimenticare mai, a risorgere sempre, a sostenerci nel vivere la vita come coscienza del rapporto con il Padre, come funzione e servizio al disegno del Padre, come gloria di Dio, come gloria di Cristo, se ha questo scopo, allora è chiaro che deve essere fatta liberamente; se ha come scopo questo, tu devi entrare in un gruppo, oppure ti devi riferire a un gruppo, oppure creare dei rapporti con gente di cui ti senti più aiutato a raggiungerlo
È come uomo battezzato che, nella libertà, io mi decido a vivere la mia vita per Cristo.
209 – Ma questo potere tremendo costituisce pure il dono più grande che di se stesso Dio fa all’uomo, perché è nella libertà che l’uomo può dire «Signore!».
Ma proprio per questo la vita dell’uomo in tutto il creato è l’unico punto drammatico.
La vita è una cosa seria, è realmente, fratelli miei, una cosa seria, e quello in cui insieme ci impegniamo non è per una sostituzione alla solitudine, per un amore a una socialità di vita: quello che ci unisce è il desiderio e la volontà di aiuto, di un aiuto decisivo, per quella cosa seria che è la vita, per quella cosa che rende la vita una realtà tremenda: che la nostra libertà scelga la vita e non la morte, scelga Dio e non la menzogna, scelga ciò che sta e non la fugace illusione.
226 – Che cosa è la vita eterna? È la vita-vita, perché una vita che ha limiti, che è limitata, non è più vita. E infatti il simbolo, la realtà suprema di questo limite è la morte: non è vita quella che muore. La vita eterna è la vita-vita, è la vita che non ha limite.
Questa è la vita: che conoscano te, solo vero Dio, e colui che hai mandato, Cristo. La vita è riconoscerlo, conoscerlo, aderirvi con l’energia dell’affezione, l’energia della libertà, della volontà.
esserci
30 – Così i nostri ragazzi, orami non più troppo ragazzi, hanno sentito anni fa gli accordi e le arie di Bennato, quando cantava: «Mentre tu sei l’assurdo in persona», cioè lavori non per te, lavori, stabilisci cose, là dove non ci sei, «e ti vedi già vecchio e cadente / raccontare a tutta la gente /del suo falso incidente». La vita, l’esserci, diventa un falso incidente.
vita eterna
225-226 – Gesù: «Padre, è giunta l’ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te. Poiché tu gli hai dato potere sopra ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sopra la terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse.»
Gv 17,1-5
226 – Che cosa è la vita eterna? È la vita-vita, perché una vita che ha limiti, che è limitata, non è più vita. E infatti il simbolo, la realtà suprema di questo limite è la morte: non è vita quella che muore. La vita eterna è la vita-vita, è la vita che non ha limite.
Questa è la vita: che conoscano te, solo vero Dio, e colui che hai mandato, Cristo. La vita è riconoscerlo, conoscerlo, aderirvi con l’energia dell’affezione, l’energia della libertà, della volontà.
vita vera
220 – Il tempo ci è dato per generare la vita vera.
Vocazione
86 – Intervento: «Il fatto che mi trovi così dopo questi mesi è una misericordia, perché la fraternità è realmente un aiuto affinché avvenga la mia vocazione.»
Questa è la frase! La Fraternità è perché avvenga la mia vocazione, è un aiuto a che avvenga la mia vocazione.
«Vocazione» è la parola cristiana più bella e meno capita. La vocazione è l’impatto del cosmo, della realtà, della storia del mio io: l’impatto provoca il mio io, questo «pro-vocare» si chiama vocazione.
Che cosa determina il senso del destino? La provocazione della realtà. Il rapporto con il destino si chiama vocazione, ma l’immagine del mio rapporto con destino, o vocazione, è provocata dall’impatto della realtà con me stesso: la fede mi butta nella realtà e non c’è limite, non c’è paura.
189-190 – La vocazione non è mai una nostra scelta, la vocazione ti accade, è qualcosa che ti è accaduto.
Per questo bisogna andare fino in fondo.
190 – Si chiama «movimento» quella realtà che si è sviluppata da un incontro in cui la fede ti è apparsa, anche timidamente, in un modo più persuasivo, più pedagogico, più edificante.
237 – «Madre (Madre Tresa di Calcutta) quali motivazioni hanno le sue sorelle per fare tutto quello che fanno?» «Esse amano Gesù trasformano in azione vivente quell’amore. Servire i più poveri dei poveri non è la nostra vocazione. La nostra vocazione è appartenere a Cristo»
241 – Tutto diventa affezione, se è compiuto dentro l’influsso della grande memoria, della memoria della tua presenza, o Cristo. «La nostra vocazione è appartenere a Cristo.»
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