TEMI di «La verità nasce dalla carne» – Esercizi 88-89-90 – 1a parte

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ACDEFGILMOPQRSTUV

Lettera «E»


Elezione

104-111 – Voglio sottolineare tre cose.

La prima è molto “antidemocratica”, perciò molto contraria alla mentalità di oggi, alla cultura dominante, alla mentalità dominante: per indicarla posso usare la parola «elezione» o «vocazione».

Il concetto di elezione è come una bomba che entra dentro questa pretesa e la dissolve.

105 – Nessun senso del mio essere peccatore è è più grande dell’accorgermi di questa dimenticanza – la dimenticanza della mia dipendenza originale – che viene rotta sì quotidianamente, ma ancor troppo raramente. Diventasse normale la consapevolezza di questa dipendenza!

Questa parola «elezione» che proprio in questo senso è la più antidemocratica che ci sia, indica quella chiamata all’essere cui nessuno di noi ha il più piccolo e immaginabilmente piccolo diritto. Tutto il diritto sta nella volontà di Dio.

107 – Si chiama anche «vocazione» perché è una chiamata all’essere per qualcosa, per un compito, per una missione.

Voglio qui accennare a questo: è una elezione per uno scopo, per un compito. Che emozione quando leggiamo il libro dei Maccabei, le raccomandazioni che la loro mamma fa ai figli per sostenerli ad affrontare la morte!

«Io non so in quale modo voi abbiate preso ad essere nel mio seno, io non vi ho donato lo spirito e la vita, né ho composto io l’organismo di ognuno di voi. […]Ti scongiuro, figlio, guarda il cielo e la terra, osserva tutto ciò che vi è in essi, e pensa che Iddio li fece dal nulla. E anche il genere umano ha la stessa origine»

” Mac 7,22-27

Una elezione quindi. Un dipendenza originale e totale.

Questo concetto d’una dipendenza totale, per cui Dio «mi» ha voluto, Dio «ti» vuole, non solo rimane, ma si incrementa e diventa acuto, molto più acuto, perché più cosciente, nel Nuovo Testamento.

La nostra vita è eletta, tirata fuori dal niente, tirata fuori dalla banalità esecrabile o meschina, frammentata e corrotta di tutto e di tutti, momento per momento, «per dare al Suo popolo la conoscenza della salvezza».

109 – «L’anima mia magnifica il Signore […] perché ha guardato l’umiltà [il niente] della Sua serva». Serva.

Ecco, elezione e vocazione: tratta dal niente, tratta dalla meschinità della banalità senza senso di tutti, per uno scopo. E che scopo, che missione: Madre di ogni uomo!

«D’ora in poi tutte le generazioni mi proclameranno beata.» Noi, in questo istante stiamo realizzando la profezia di quella ragazza di quattordici-quindici anni di duemila anni fa: «Tutte le generazioni mi chiameranno beata»

110 – Dunque abbiamo da far memoria due volte nella giornata, abbiamo da ricordare per forza nel Benedictus e nel Magnificat, di questa iniziativa di elezione dal niente per una missione – vocazione -, e tutto in noi diventa brivido di questo, altrimenti resta senza tono, come una realtà morta, senza vibrazione. Allora, la parola che abbiamo scelta per prima, perché ci ricordasse tutto – questa parola ci ricorda tutto – è «elezione»: tu sei eletto.

Ma non come succede in democrazia, che uno viene eletto e poi fa tutto quello che vuole e fa fare quello che vuole anche a chi lo ha eletto. Sei eletto, istante per istante, per una missione per un compito.

111 – C’è un corollario di questa elezione dal niente e dalla miseria del male, elezione come determinante tutta la mentalità biblica dell’uomo e tutta la mentalità cristiana; c’è un corollario importantissimo e pratico, ed è questo: ne La bottega dell’orefice, Wojtila scrive: «Siamo accecati non tanto dalla forza del sentimento» – Dall’istintività che ci prende, per cui diciamo che siamo trascinati dalla inclinazione e dalla istintività, dalla passione – «quanto dalla mancanza di umiltà» È il contrario di «Ha guardato l’umiltà della Sua serva».

114 – Abbiamo detto che l’uomo creatura viene eletto per un compito: non tutti saranno Mosè o Geremia, non tutti saranno Zaccaria o Maria o Simeone, ma ognuno è chiamato a un compito, a una missione, e il cuore di questo compito, è uguale per tutti, è comune a tutti noi, a me e all’ultimo presente che non vedo e che non conosco.

209 – 233

212- «Dio ci ha salvati e ci ha chiamati ad una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo proposito, la sua grazia; grazia che ci è stata data in Cristo Gesù fin dalla eternità»

2Tm 1,9

Ma io ora voglio sottolineare la parola «chiamati» a una vocazione santa.

213 – «Noi ben sappiamo, fratelli amati da Dio, che siete stati eletti da lui»

1Ts 1,4

Ben lo so, fratelli amati da Dio, che siete stati eletti da Lui, eletti a riconoscere quello che è accaduto. E non a tutti è dato. A tutti sarà dato, ma non a tutti è dato.

218 – Dunque, ci è stato detto, siamo stati chiamati, siamo stati eletti per annunciarlo, non perché siamo più belli degli altri, più buoni degli altri, non per qualcosa che è in noi , m a per il «mistero dell’economia divina».

Sembra un caso che abbia toccato me e che ha toccato te, e mi ha toccato e ti ha toccato perché noi l’abbiamo ad annunciare agli altri.

Siamo stati eletti per comunicare. Non è per un moralismo che siamo cristiani. Comunicare ha un senso. È eminentemente spalancato e attivo: per comunicare.

219 – Alla elezione della mia persona, alla chiamata della tua persona a capire Cristo, a credere in Cristo, a riconoscere Cristo, alla fede, corrisponde immediatamente la necessità che la tua persona crei compagnia, una realtà dove il mistero della Chiesa è imperfettamente ma realmente presente, toccabile, udibile.

225 – Siamo stati eletti per comunicare, ma non comunicheremo se non apparterremo con tutto il cuore. Come dice san Tommaso, «La vita consiste nell’affetto che principalmente lo sostiene e nel quale trova la sua grande soddisfazione»

233 – Ognuno di noi è responsabile di tutto questo. Tu, io, siamo responsabili di questa umanità nuova, che sappia accogliere tutto, al di là dell’obiezione della nostra sensibilità, perdonando nel segno della preghiera, nella passione della verità, efficace fino a creare opere. Così daremo gloria a Dio.

essere chiamato

26 – Un cristiano che abbia un po’ di fede è come la figura di Pietro, perché a ognuno di noi che è stato chiamato – e chi è battezzato è stato chiamato – il Signore dà nelle mani il destino della Sua presenza nel mondo.

30 – Non vale essere Papa, né cardinale, né vescovo, né prete, né avere un ruolo grande nella Chiesa o fuori della Chiesa: importa che sei stato chiamato.

Tu, piccolo uomo, che nessuno conosce, che sei magari dimenticato spesso nella tua famiglia, tu chiamato: questo è il compito della tua vita come della mia.

114 – Abbiamo detto che l’uomo creatura viene eletto per un compito: non tutti saranno Mosè o Geremia, non tutti saranno Zaccaria o Maria o Simeone, ma ognuno è chiamato a un compito, a una missione, e il cuore di questo compito, è uguale per tutti, è comune a tutti noi, a me e all’ultimo presente che non vedo e che non conosco.

206 – «Ascolta Israele»: Israele è il popolo chiamato, fra tutti i popoli della terra Dio l‘ha chiamato.

Fra tutta la gente del mondo ha chiamato te e me, perché attraverso te, attraverso me, anche gli altri lo conoscano: è la costruzione che sta avvenendo.

212-213 – Voglio ora sottolineare la parola «chiamati» a una vocazione santa. Chiamati: ahimè, non tutti infatti sanno; non molti sanno, pochi sanno. Noi sappiamo. Ciò mi ricorda la parabola degli operai: i chiamati subito, i chiamati all’ultima ora.

E fa scandalo questa libertà assoluta in cui si esprime il Mistero.

213 – Fa scandalo che Dio diventato uomo penetri la storia, si rende udibile e toccabile attraverso pochi, relativamente pochi uomini, attraverso uomini scelti, chiamati.

«Noi ben sappiamo, fratelli amati a Dio, che siete stati eletti da lui.» Ben so, fratelli amati da Dio, che siete stati eletti da lui, eletti a riconoscere ciò che è accaduto.

218 – Dunque, ci è stato detto, siamo stati chiamati, siamo stati eletti per annunciarlo, non perché siamo più belli degli altri, più buoni degli altri, non per qualcosa che è in noi , m a per il «mistero dell’economia divina».

essere eletto

110-111 – Dunque abbiamo da far memoria due volte nella giornata, abbiamo da ricordare per forza nel Benedictus e nel Magnificat, di questa iniziativa di elezione dal niente per una missione – vocazione -, e tutto in noi diventa brivido di questo, altrimenti resta senza tono, come una realtà morta, senza vibrazione.

Allora, la parola che abbiamo scelta per prima, perché ci ricordasse tutto – questa parola ci ricorda tutto – è «elezione»: tu sei eletto. Ma non come succede in democrazia, che uno viene eletto e poi fa tutto quello che vuole e fa fare quello che vuole anche a chi lo ha eletto.

111 – Sei eletto, istante per istante, per una missione per un compito.

218 – Dunque, ci è stato detto, siamo stati chiamati, siamo stati eletti per annunciarlo, non perché siamo più belli degli altri, più buoni degli altri, non per qualcosa che è in noi , m a per il «mistero dell’economia divina»

Essere/essere

42-44 – Noi diciamo e parliamo di qualcosa che è già accaduto e che ci permea talmente che il nostro essere è cambiato: il problema è che diventi più cosciente.

44 – Io non ho usato la parola «pregare», prima di tutto perché mi pare restringa l’orizzonte dei più, poi perché l’essenza del pregare è una sola, come l’essenza del rapporto tra il vostro bambino piccolo di un anno e voi madri: è la domanda, la domanda di vita, la domanda di essere.

86 – Però c’è un segno, c’è una voce, che si fa udire nel vuoto del mondo e che indica, segna, ciò che il Mistero ha riconosciuto, il riconoscimento dell’essere servi, dell’«essere di», la certezza di questo, operando nella vita, produce come un cambiamento.

109-111 – Che cosa è questa capacità di risorsa, di speranza – confusa ma densa, come è denso l’essere del mondo: dipendente, ma denso proprio perché dipendente -, che si chiarisce i noi?

110 – «Ha rovesciato i potenti dai troni e ha innalzato gli umili [chi sa di non essere niente]; ha ricolmato di beni chi aveva fame» – la grande fame di essere di chi ha il nulla umano – «ha rimandato i ricchi» – quelli che si credono qualcosa – «a mani vuote. Ha soccorso Israele». È entrato, Dio. È una iniziativa totalmente di un Altro.

111 – Sei eletto, istante per istante, per una missione, per un compito. Per questo tutte le volte che ci mettiamo a pregare diciamo: «O Dio, vieni a salvarmi. signore vieni presto in mio aiuto»: fammi essere e fa che compia ciò per cui mi hai fatto!

112-113 – Nella sua essenza l’amore è una “reazione”, per così dire, una capacità che viene dal riconoscimento, dalla scoperta di essere amati, dalla scoperta accettata dell’essere amati. Perché noi non siamo Dio, non siamo l’Essere, la sorgente dell’amore. L’amore è l’Infinito: noi creature, solo se prendiamo coscienza di essere volute, di essere amate, allora incominciamo a potere amare.

Noi amiamo perché Dio ci ha amati per primo, noi possiamo amare solo se riconosciamo di essere amati.

118 – L’uomo tratto dal nulla, è fame e sete di felicità, di compimento, di realizzazione, è fame e sete di essere, perciò mendicante per natura.

133 – «Per mezzo di lui» noi saremo ributtati nella positività dell‘essere, dell’esistere.

140 – «Nell’esperienza di un grande amore[…], tutto ciò che accade diventa avvenimento nel suo ambito» (Romano Guardini): è la definizione di un soggetto nuovo. È provvisorio, nell’esperienza di un grande amore, con Cristo no. È solo con la permanenza dell‘Essere, è solo con la permanenza dell’Eterno, che ciò non è provvisorio.

142 – Questa è la purità della carità, che è stabilire e vivere i rapporti guardando a quello che è Cristo per gli uomini, guardando a quello che ha fatto Cristo, guardando a quello che il Mistero ha rivelato, ha riverberato in quell’uomo in cui si è incarnato.

La legge dell‘essere, insomma, l’agire in questo modo, pur dentro tutta la montagna dei nostri errori e delle nostre scorie, non è da noi; tutti i sentimenti che sto indicando non sono da noi. dice perciò san Paolo: «L’amore di Dio si è riversato nei nostri cuori».

155 – Il perdono è proprio il diventare fisicamente sensibile, affettivamente sperimentabile della perfezione di Dio, di questa positività senza limite che è il mare dell’Essere, vincendo nel bene anche il male.

Il perdono è il veicolo a questo Essere, a questa vita, a questa pace, a questa giustizia, all’amore: amore e perdono sono la stessa croce e la stessa risurrezione.

184 – Grazia: l‘Essere e il Mistero sono grazia, amore e grazia.

194-195 – Diceva il filosofo ebreo Heschel: «Essere è obbedienza»; essere – che vuol dire stare qui a parlare, perché l’istante prima non c’è più e l’istante dopo non c’è ancora – è questo: è la circostanza, è l’istante. «Essere è obbedienza, è una risposta: “Tu sei” viene prima di “Io sono”. » Tu sei, e per questo io sono. «Io sono perché sono chiamato a essere». Io sono perché Tu mi chiami a essere. Qual è il mio valore? Amici miei, qual è il nostro valore? L’obbedienza, accettare di essere: ora e così.

197-198 -Il Dio dell’istante, che sembra insensibile alla nostra reazione, il Mistero che ci chiede obbedienza nella circostanza veloce per cui ci fa passare, questo Mistero, la sostanza di questo Mistero, la sostanza dell’Essere è misericordia.

198 – C’è però una obiezione, lo sappiamo bene. L’obiezione è che questo modo di concepire la vita e il proprio rapporto con l’Essere, il rapporto costitutivo con il Mistero che mi fa, che è l’origine, la consistenza e il destino mio, questo modo di concepire l’istante, il far consistere nell’abbandono profondo a Dio la virtù di ogni giorno – tutto il giorno io offro -, il far consistere in valore della persona in questo abbraccio dell’istante, delle circostanze, implica un rintuzzare la reazione, implica uno strappo da me, implica il cambiare direzione a un desiderio, implica il non “artigliare” il possesso delle cose, implica il sacrificio.

chiamato a essere

105-107 – Deve dominare il sentimento della propria creaturalità, dell’essere stati scelti a vivere, scelti a essere: non c’era alcuna ragione perché io esistessi e non altri, infinitamente altri.

Questa parola, elezione, che proprio in questo senso è la più antidemocratica che ci sia, indica quella chiamata all’essere, cui nessuno di noi ha il più piccolo e immaginabilmente piccolo diritto. Non solo non l’ha avuto prima di nascere; non l’ha ora, anche ora il suo essere non è dovuto, è dato! Tutto il diritto sta nella volontà di Dio.

Si chiama anche «vocazione» perché è una chiamata all’essere per qualcosa, per un compito, per una missione.

195 – «Essere è obbedienza, è una risposta: Tu sei” viene prima di “Io sono”.» [Tu sei, e per questo io sono.] «Io sono perché sono chiamato ad essere»

A.J.Heschel, Chi è l’uomo?, rusconi, Milano 1976, pag. 165

220 – Alla elezione della mia persona, alla chiamata della tua persona a capire Cristo, a credere in Cristo, a riconoscere Cristo, alla fede, corrisponde immediatamente la necessità chela tua persona crei compagnia, una realtà dove il mistero della Chiesa è imperfettamente, ma realmente presente, toccabile, udibile.


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Temi degli ESERCIZI – Collana “Cristianesimo alla prova”


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