Temi di La «verità nasce dalla carne» – 2a parte

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Lettera «P»


Pace

55 – La koinonìa, la comunione cristiana, era chiamata anche l’agàpe, cioè l’«amore», oppure eirène, che voleva dire «pace», la realtà della pace, in latino concordia: la Chiesa era chiamata «la concordia», oppure anche pax, che traduce il termine greco di eirène.

98 – «Gloria nel cielo e pace sulla terra agli uomini di buona volontà» (Lc 2,14), agli uomini che sono figli di Dio; o secondo una più recente traduzione: «Pace in terra perché la volontà di Dio è benevole verso gli uomini». Ecco, la pace è la caratteristica del cuore di chi è figlio di Dio, di chi – con tutto il peso della sua povertà e anche della sua peccaminosità, è discepolo di Cristo.

155 – Il perdono è il veicolo a questo Essere, a questa vita, a questa pace, a questa giustizia, all’amore: amore e perdono sono la stessa croce e la stessa resurrezione.

169 – «La sapienza che viene dall’alto invece è pura; poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, senza faziosità, senza ipocrisia. Un frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro che fanno opera di pace».

Gc 3,13-18

211-212 – «Parliamo sempre di lui (Cristo). Quando parliamo della sapienza, è lui colui di cui parliamo, così quando parliamo della virtù, quando parliamo della giustizia, quando parliamo della pace, quando parliamo della verità, della vita, della redenzione, è di lui che parliamo»

Sant’Ambrogio, Commenti suo salmi

Padre

39 – «Gli dice Tommaso: “Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?” Gli dice Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”[..] Gli dice Filippo: “Mostraci il Padre e ci basta”. gli risponde Gesù: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? Ma non capisci che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me: è il Padre che compie in me le sue opere. […] In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi.»

Gv 14, 1-12

186-190 – «Tu sei il mio Dio, all’aurora Ti cerco […] a te anela la mia carne». Così come sono, nella mia totalità, io anelo a te. Per questo osiamo dire «Padre», perché ne siamo totalmente generati, alimentati, costituiti, finalizzati.

Voglio che abbiamo a richiamarci l’aspetto più dimenticato della grande parola «Padre».

187 – «Non che alcuno abbia visto il Padre, ma solo colui che viene da Dio ha visto il Padre»

Gv 6,46-47

Potrebbe non sembrare, ma noi n ella nostra vita possiamo dire facilmente: «Padre nostro che sei nei cieli», dimenticando che Egli è Mistero.

188 – Al Mistero noi possiamo, anzi, dobbiamo dire «tu»: è la parola meno indecorosa, meno indegna, la parola più grande che noi possiamo usare.

189 – In quel tempo Gesù disse: «Ti benedico o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose a coloro che si credono saggi e le hai rivelate ai piccoli. Sì Padre, così è piaciuto a te»

Mt 11,25-26

196 – Dentro l’inevitabile sgretolamento dell’immagine di me, che quotidianamente avviene – per affermare la nostra consistenza, ci sgretoliamo, perché non costruiamo; costruire vuol dire aderire al disegno di un Altro che ci convoca, che ci chiama momento per momento -, qualcuno continua ad amarmi, qualcuno mi vuole, l’Essere mi vuole, il Padre mi vuole, il Mistero mi vuole: dentro lo sgretolamento che io produco tutti i giorni, mi vuole.

201 – Come ha detto Luzi, «il bisogno, già di per sé», è collaborazione a questo disegno. È una costruttività da noi voluta, perché la vuoi Tu, Padre; è una costruttività da noi voluta partecipando con tutto noi stessi, momento per momento, al misterioso progetto.

204 – «Il Figlio da sé non può fare nulla se non ciò che vede fare al Padre: quello che Egli fa, anche il Figlio lo fa».

Gv 5,19

«Padre, se è possibile, che io non muoia. Però non la mia, ma la tua volontà sia fatta».

Mt 26,42; Mc 14,36; Lc 22,42

«Il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre»

Gv 6,37

210 – L’arcivescovo di Colonia, il cardinale Meisner, nel discorso di entrata nella nuova diocesi ha detto: «La Parola eterna del Padre so è fatta carne, ed ora è udibile e tangibile nella Chiesa, per tutti gli uomini».

Fermiamo l’attenzione, nella meditazione di questo pomeriggio, innanzitutto su questo Cristo nato da donna, Parola eterna del Padre fatta carne e ora udibile e toccabile nella Chiesa.

imitazione del padre

141 – Ciò che muove il “soggetto Gesù” è l’imitazione del Padre, il Suo è il riverbero dell’amore di un Altro.

Passione

168 – L’edificazione del movimento deve essere una passione profonda per noi.

180 – «Custodisci sempre con paterna bontà la tua famiglia, o Signore, e poiché unico fondamento della nostra speranza è la grazia che viene da te, aiutaci sempre con la tua protezione» (Secondi Vespri V domenica, ambrosiano). E questo, è uno dei poli, quello fondamentale, della nostra passione di uomini, ragionevoli e cordialmente impegnati con l’essere e con la vita.

202 – La passione più grande della vita non è la nostra soddisfazione, ma creare la dimora del potente di Giacobbe, creare la dimora dell’Eterno nel mondo, creare al dimora al Mistero nel mondo, una dimora dove Egli sia riconosciuto, dove possa investire gli uomini che sono il suo cuore, dove possa rendere più umana la vita, dove possa rendere il cammino dell’uomo cammino al destino: nel dolore, nel sacrificio, attraverso la morte, ma pieno di abbandono e di sicurezza, di luce e di silenzio. Creare la dimora al Dio di Giacobbe.

231-232 – Se il segno della umanità nuova è la preghiera, la condizione è la passione per la verità[…] l’efficacia di questa nuova umanità in azione, che vive, che si muove, sono le opere.

passione per Cristo

38-40 – Il male non mi definisce più, perché quello che mi definisce è questo stupore, meraviglia, fiducia totale, ammirazione, entusiasmo, passione per Cristo.

40 – È proprio a questa nostra passione per Cristo, a questa missione che abbiamo, così come siamo, lì dove siamo, che il cambiamento del mondo è legato.

passione per il mondo

180 – Ma c’è un secondo polo, o meglio, una conseguenza del primo, ed è la passione per il mondo. Investiti, stupefatti dalla grazia di Dio, grati a Dio, condividiamo la passione di Cristo per il mondo, una passione fattiva e operosa.

242 – Allora, nella passione a condividere il bisogno, appare come il più grande bisogno sia il richiamo alla memoria di Cristo.

impeto missionario

22 – Per questo la prima caratteristica dell’uomo nuovo, la prima caratteristica dell’uomo che aderisce a Cristo, che ha la fede, è la passione della missione.

36-37 – «L’amore dimostratoci da Cristo ci strugge al punto che se uno è morto per tutti, è morto perché nessuno viva più per se stesso, ma tutti vivano per colui che è morto e risuscitato per loro».

Questo struggimento io credo che sia possibile trovarlo in chiunque fra noi, anche nell’uomo che sembra più duro, anche in chi sembra più arido: dico passione che Cristo sia conosciuto, anche se io capisco di riconoscerlo poco.

37 – Tante volte mi sono permesso di insistere sul fatto che questa passione che si chiama «missionaria», deriva dalla parola latina missus, mittere: «Essere mandati, mandare ed essere mandati».

Pazienza

121 – «È dalla terra, dalla solidità che deriva necessariamente un parto pieno di gioia e il sentimento paziente dell'opera che cresce, delle tappe che si susseguono»

Emmanuel mounier – lettere sul dolore

Ciò che nasce diventa grande, si organizza, diventa corpo, diventa cammino, diventa storia, nella pazienza.

Ecco allora il parto con il suo grido, veicolo pur di letizia; l’opera che cresce, ma nella pazienza; le tappe che si susseguono, con la fatica di una calma; e la generosità, la semplicità di una sicurezza. «Occorre soffrire» – tutto questo è soffrire: parto, pazienza, una tappa dopo l’altra, che non viene subito; il sacrificio supremo della sicurezza, cioè della certezza di un Altro: «Vivo, non io, Tu vivi in me».

167 – Tutto è fragile e tutto è perfezionabile in una vita umana, ma se il movimento “tira” in un certo senso, ha una certa direzione, attraverso il dialogo con chi è responsabile, vale a dire attraverso un riferimento a chi guida il movimento, si può cercare di persuadere a correggere, a rendere più perfetto, aspettando però nella pazienza che le proprie cose siano comprese e nello stesso tempo continuando a seguire insieme.

Peccato/peccatore

132 – Alla nostra incapacità esistenziale, che è il peccato di origine, che è questa originale e tremenda divisione, al grande immenso male della storia, alla menzogna della storia, ha risposto l’amore di Dio.

136 – Quello lì (Pietro) era un peccatore come me e come te, era un povero peccatore che aveva appena tradito, tra l’altro, in modo indecente, come memoria nostra – forse – così spudoratamente non ha mai fatto.

140 – Tutta la mia miseria non definisce più il mio soggetto: questo è il punto. Il peccato non definisce più il nostro soggetto.

154 – Chi è il più indifeso in questo mondo? Quando l’uomo è più indifeso nella vita? Quando sbaglia – i peccatori – quando sbaglia o non sa sbagliare.

La cura del più debole: bambini e indifesi, soprattutto chi ha sbagliato. Guardiamo Cristo: i suoi prediletti erano i peccatori.

195 – La sottolineatura del valore dell’istante ci fa scivolare in un altro pensiero: proprio qui è l’origine del nostro peccato. Noi ci ribelliamo a Dio che emerge nelle circostanze.

209 – Ci sia questa verità in noi: il punto di appoggio per l’infinito Mistero, nella sua volontà di amore all’uomo, è il nostro riconoscerci peccatori.

213 – È accaduto: il mio peccato e il tuo peccato sono perdonati, la nostra debolezza cattiva è già perdonata. È come se in quell’uomo, che è il Mistero fatto carne, anzi, non «come se», ma in quell’uomo tutti i nostri errori e tutta la nostra debolezza si sono anche essi incarnati.

234-235 – In ogni momento della vita la risurrezione dal peccato ci rende veri.

Il peccato è il gesto, è il rapporto con la realtà che non nasce dalla memoria di Cristo

235 – Comunque sia, questo incontro, in cui abbiamo preso coscienza del passaggio che occorre alla vita perché diventi vita – dal peccato, dalla dimenticanza, dal tradimento alla memoria -, ci ha messi insieme.

peccato originale

27 – L’uomo vero non nasce dalla donna e da un uomo – per quel male acuto, profondo, che la Chiesa chiama «peccato originale»-, ma solo da Dio.

112 -Ecco abbiamo capito che cosa è il peccato originale. Questo delitto che sta alla radice del cuore dell’uomo, delitto libero: «È una mancanza di umiltà verso quello che dovrebbe essere l’amore nella sua essenza». una mancanza contro l’amore. Altro che istintività! È una mancanza contro l’amore nella sua vera essenza. Quella di Adamo fu una mancanza contro l’amore nella sua vera essenza.

132 – Alla nostra incapacità esistenziale, che è il peccato di origine, che è questa originale e tremenda divisione, al grande immenso male della storia, alla menzogna della storia, ha risposto l’amore di Dio.

La nostra incapacità è vera, ma la risposta non è nostra: la nostra è risposta a una risposta, è la nostra risposta alla risposta che Dio dà alla nostra incapacità.

228 – Mi accorgo di come tra di noi sia potentemente all’opera il diavolo.

Il suo piano però è smascherato. È lo stesso del peccato originale. Quando siamo feriti nell’amor proprio, incapaci di mendicare Dio, usa del nostro limite, dell’errore nostro e dell’errore altrui, per creare sospetto e divisione.

239 – Anche per sovvenire al bisogno dell’altro, bisogna infatti perdonarlo, bisogna perdonarlo d’avere bisogno, bisogna perdonarlo di costringerci ad aiutarlo, perché abbiamo dentro di noi l’esito del peccato originale che ci fa di un egoismo spaventoso.

Perdonare/perdono

58-59 – La legge della koinonìa, deve arrivare almeno a una soglia, che è la soglia divina, ove l’uomo bussa alla porta dell’eterno: qui l’uomo arriva al confine, per così dire, della casa di Dio, al confine del volto ultimo di Cristo, che è il perdono.

59 – Il traguardo del perdono, parola “impossibile” – tutte le volte che l’abbiamo richiamata siamo costretti ad aggiungerlo -, impossibile all’uomo: è una parola divina, perché il perdono ricrea.

155 – Io non so come fare l’apologia, la difesa, la lode del perdono, che non ha spazi, non ha confini, non ha sponde. Perdono, infatti, è una parola che è come un superlativo: il dono al massimo, il perdono.

C’è una volta in cui è sbagliato perdonare? Mai! C’è una volta in cui è giusto non perdonare? Mai!

Il perdono è proprio il diventare fisicamente sensibile, affettivamente sperimentabile della perfezione di Dio, di questa positività senza limite che è il mare dell’Essere, vincendo nel bene anche il male.

Il perdono è il veicolo a questo Essere, a questa vita, a questa pace, a questa giustizia, all’amore: amore e perdono sono la stessa croce e la stessa risurrezione.

214 – Insieme al mistero di Dio che si faceva uomo, il nostro male è diventato carne con Lui mentre moriva. Sono già stato perdonato, siamo già stati perdonati. Tutto il mio male, tutto il nostro male è stato perdonato.

Fosse gridato al mondo, non ci sarebbe più bisogno di tanta psicologia.

Siamo già stati perdonati, e perciò viene una voglia non solo al bambino, ma anche a noi bambini grandi, di fare bene.

Vale a dire, bisogna che il perdono che già abbiamo addosso, bisogna che il perdono che già ci è stato dato – siamo già stati perdonati, il nostro male è perdonato, siamo redenti – si manifesti.

Bisogna che si manifesti il Tuo amore, bisogna che si manifesti nel mio amore a Te.

228 – Per aderire al Padre, per accogliere il Padre, l’uomo Cristo è dovuto morire, è occorsa la croce.

Per perdonare il fratelli – io dico sempre che perdonare significa accettare il diverso, cioè accogliere – occorre sacrificio, altrimenti c’è una sola cosa: la vendetta.

238-239 – Se non ci perdoniamo, se non abbracciamo, se non cerchiamo di abbracciare nel cuore profondo la diversità che c’è tra di noi, come facciamo ad essere sostegno vicendevole?

Se la Fraternità deve essere una realtà vissuta in questo modo, deve essere anche un luogo di carità.

Ma la parola più riassuntiva è la parola «perdono».

239 – Anche per sovvenire ai bisogni dell’altro, bisogna infatti perdonarlo, bisogna perdonarlo di avere bisogno, bisogna perdonarlo di costringerci ad aiutarlo, perché abbiamo dentro di noi l’esito del peccato originale che ci fa di un egoismo spaventoso.

241 – «Guarda come si vogliono bene!», dicevano dei primi cristiani i pagani. Così debbono dire di noi, ma non sentimentalmente: operativamente, nel perdono e nella carità, nel perdono e nella condivisione del bisogno.

Personalità

150-151 – «L’errore consiste nella incapacità di valutare l’importanza del movente» – il movente è il complesso di condizioni nella loro concretezza, perché le stesse condizioni, un’ora prima, potevano esigere qualcosa di diverso, e tre giorni dopo qualcos’altro ancora -, «vale a dire della situazione concreta quale strumento di espressione della personalità»; la personalità si esprime solo utilizzando, investendo le condizioni concrete, fin nella loro capillarità ultima, altrimenti la personalità si svaga nella intenzionalità, nell’astratto, e poi uno si offende se gli dicono che non è caritatevole, se gli si dice: «Non mi hai aiutato».

«Ma come? io? Con tutte le nobili intenzioni e tutto quello che ho fatto?» è il caso dei papà e delle mamme con tanti figli.

«L’errore consiste nell’incapacità di valutare il movente, vale a dire della situazione concreta quale strumento di espressione della personalità, solo in rapporto alla quale l’attore diventa vivo.

L’attore, il soggetto umano, diventa vivo; solo in rapporto alla situazione concreta, altrimenti non diventa vivo; fuori dalla situazione resta astratto, nonostante tutte le buone intenzioni.

221 – […] In questa appartenenza che cosa è il mio soggetto, la mia persona?

La personalità, la persona, il soggetto è consapevolezza di un avvenimento che è diventato storia, l’avvenimento di Cristo nel suo comunicarsi al mondo: Chiesa, corpo Suo.

Il mio soggetto è consapevolezza di un avvenimento che è diventato storia. Questa è l’essenza della personalità, tutta giocata sulla libertà.

Possedere/possesso

173 – Voglio sottolineare il valore di povertà per cui è stato pensato il fondo comune: non è una colletta, è proprio un esercizio della virtù della povertà, un ricordare a me stesso questo profondo distacco dalle cose, che è l’unica strada per possedere, per imitare Cristo, e quindi possedere di più la vita.

225 – L’appartenenza è come un essere posseduti da questa gente: da te, o Cristo, in questa gente.

Questa appartenenza significa essere posseduti, ma il Suo possesso di me è la mia liberazione; questo essere posseduti è la nostra liberazione: positività, tenerezza e letizia.

Povertà

149 – Innanzitutto l’amore è personale, nel senso che il suo oggetto proprio è la persona; non una ideologia sulla povertà, ma il povero, questo povero.

173 -L’offerta mensile deve avere il sapore di una realizzazione della virtù della povertà.

Voglio sottolineare il valore di povertà per cui è stato pensato il fondo comune: non è una colletta, è proprio un esercizio della virtù della povertà, un ricordare a me stesso questo profondo distacco dalle cose, che è l’unica strada per possedere, per imitare Cristo, e quindi possedere di più la vita.

Pregare/preghiera

44 – Non ho usato la parola «pregare», prima di tutto perché mi pare restringa l’orizzonte mentale dei più, poi perché l’essenza del pregare è una sola, come l’essenza del rapporto tra il vostro bambino piccolo di un anno e voi, madre: è la domanda, la domanda di vita, la domanda di essere.

144 – L’unico delitto della vita è non mendicare Cristo. non mendicare lo spirito di Cristo, non ripetere l’ultima parola della Bibbia, il riassunto di tutta la storia dell’umanità e di Dio tra gli uomini: «Vieni, Signore!» (Ap 22,20). La grande ricchezza dell’uomo è la mendicanza.

«Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi»

Lc 18,1-8

Il che non vuol dire stare lì a pregare sempre. È come il fuoco sotto la cenere.

230-232 – In questa umanità nuova che sa accogliere, attraversando tutte le difficoltà e i disagi, il segno più cospicuo, più acuto, è la preghiera; non pietistica, non sentimentale, ma la preghiera che è domanda del regno visibile in questo mondo, del regno di Dio come visibilità di Cristo in questo mondo, cioè come felicità per gli uomini, come maggiore umanità reale per gli uomini.

La preghiera è questo – andrete a leggere Luca 11 e Luca 18 -.

Come scrive una di voi: «Dalla terra della mia umanità io cerco, invoco, supplico Cristo, certo di averlo già come compagno insostituibile alla vita, come verità profonda di ciò che cerco, sento, desidero, guardo, tocco e faccio. Tutto, a poco a poco, si compie».

Mi è arrivata anche quest’altra preghiera: «Con tutta me stessa chiedo al Signore di volere per me e per tutto il mondo, in modo particolare per il popolo dei credenti, il suo amore. Che accade secondo quanto Lui ha detto di me – come è stato della Madonna -, che io accolga di essere totalmente amata».

231 – Se il segno dell’umanità nuova è la preghiera, la condizione è la passione per la verità.

La Scuola di Comunità è la cosa più importante – al di là della preghiera, o dentro la preghiera, meglio – di tutto quello che facciamo.

232 – La Scuola di comunità è stata giustamente intitolata perCorso perché non è che svolga tutto, ma segna i pali di un cammino, che il Signore, se pregato, svolgerà nel nostro cuore, nel tempo della vita.

Se, nella nuova umanità, il segno è la preghiera e la condizione è la passione per la verità, l’efficacia di questa nuova umanità in azione, che vive, che si muove, sono le opere: alla mercé della volontà di Dio, ma questa nuova umanità diventa efficace fino all’opera.

pregare come domanda

71 – Anche se non si riesce a pensare, se non si sa cosa dire, la nostra stessa disponibilità è una preghiera, è una domanda, è una domanda in embrione, come la vita è un embrione nei vostri bambini piccoli.

118 – L’uomo, tratta dal nulla, è fame e sete di felicità, di compimento, di realizzazione, è fame e sete di essere, perciò mendicante per natura.

L’espressione tipica dell’uomo cosciente è la domanda, ricchezza del povero.

«Se qualcuno manca di sapienza, la domandi a Dio, che dona a tutti senza rinfacciare, e gli sarà data. La domandi però con fede, senza esitare, perché chi esita somiglia all'onda del mare mossa e agitata dal vento; e non pensi di ricevere qualcosa dal Signore un uomo che ha l'animo oscillante e instabile in tutte le sue azioni.»

Giacomo 1,5-8

230 – In questa umanità nuova che sa accogliere, attraversando tutte le difficoltà e i disagi, il segno più cospicuo, più acuto, è la preghiera; non pietistica, non sentimentale, ma la preghiera che è domanda del regno visibile in questo mondo, del regno di Dio come visibilità di Cristo in questo mondo, cioè come felicità per gli uomini, come maggiore umanità reale per gli uomini.

Presente

124-125 – L’eterno è la verità del presente, dell’apparente, perciò è Ciò di cui tutto consiste.

La vita senza fine incomincia a fiorire qui, nel rapporto con tua moglie, con tuo marito, con i tuoi ragazzi, con i secchi dell’acqua o con i libri, con le strade, con la “benedetta” politica, con la menzogna della televisione, con il giornale che ti porta notizie false, con tutto, con la pioggia e con il sole.

125 – «Accordandoci i beni che passano, Tu ci sospingi al possesso della felicità che permane e, mentre concedi le consolazioni alla vita presente, già prometti le gioie future, perché ci sia dato fin d'ora di pregustare una esistenza perenne e la bellezza delle cose transitorie non ci imprigioni»

«Prefazio», lunedì della V settimana di Quaresima, anno 2, rito ambrosiano

170 – Come un gruppo di giovani mi ha scritto: «Pensieri come: “Il movimento è una circostanza in cui Cristo ti educa”, o “Solo nel rapporto con l ‘origine della compagnia si chiarifica la strada personale di ciascuno”, questo ci sta restituendo al nostro presente».

223-224 – La ricchezza di un momento operoso è la memoria che si vive in esso: «Fate questo in memoria di me». La memoria, infatti, è un passato che diventa così presente, o meglio, è un passato così incommensurabile, così grande, che diventa così presente da determinare il presente più di ogni altra cosa presente.


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Temi degli ESERCIZI – Collana “Cristianesimo alla prova”


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