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Lettera «S»
Sacrificio
57 – Santa Teresa del Bambin Gesù diceva: un sacrificio piuttosto che farlo senza letizia, non fatelo; un sacrificio che non potete fare con letizia non fatelo.
Parlava dei sacrifici che dipendono evidentemente dalla nostra volontà di tensione verso il bene, nella libertà […].
121 – «Occorre soffrire» – tutto questo è soffrire: parto, pazienza, una tappa dopo l’altra, che non viene subito; il sacrificio supremo della sicurezza, cioè della certezza in un Altro: «Vivo, non io, Tu vivi in me», diceva Paolo di Cristo – «perché la verità non si cristallizzi in dottrina»- perché il fatto che c’è tra di noi, Cristo, la verità, non un esempio, delle regole morali, dei valori morali, non si cristallizzi in dottrina, in leggi, in numeri, in giudizi-, «ma nasca dalla carne».
128-129 – E, diciamo ora, nel sacrificio: croce e risurrezione. È nel sacrificio che la verità non resta dottrina cristallizzata, ma nasce dalla carne. Cristo deve nascere dalla carne sempre! È nato dalla carne Dio.
Perché nel sacrificio la verità nasca dalla carne, perché Cristo entri nel mondo attraverso di noi, il nostro tempo e il nostro spazio, la nostra vita, noi, membri Suoi, occorre che la dinamica della vita sia obbedienza.
129 – Il sacrificio si identifica nell’obbedienza. L’obbedienza è infatti quel principio di conoscenza e di azione che supera la propria misura e la propria volontà, cioè il proprio criterio e la propria affettività.
198 – L’obiezione è che questo modo di concepire la vita e il proprio rapporto con l’Essere, il rapporto costitutivo con il Mistero che mi fa, che è l’origine, la consistenza e il destino mio, questo modo di concepire l’istante, il far consistere nell’abbandono profondo a Dio la virtù di ogni giorno, il far consistere il valore della persona in questo abbraccio dell’istante, delle circostanze, implica un rintuzzare la reazione, implica uno strappo da me, implica il cambiare direzione a un desiderio, implica il non “artigliare” ili possesso delle cose, implica il sacrificio.
200-202 -[…] «È ciò che mostra Abramo. Nel momento in cui vuole sacrificare Isacco, secondo la morale bisognerebbe dire che lo odia. Ma se odiasse veramente Isacco, egli potrebbe star sicuro che Dio non esige da lui questo sacrificio [il sacrificio non è abbandonare l’amore», perché Caino e Abramo non sono identici.
Il sacrificio è nell’amore, è un amore più grande dentro l’amore terreno, è l’amore più grande che dà l’eternità all’amore terreno.
«Abramo ama Isacco con tutta l’anima, e quando Dio glielo domanda egli lo ama, se posse possibile, ancora di più e solo così può fare il sacrificio» (Kierkegaard, Timore e tremore).
Solo perché lo ama ne fa sacrificio
«Se da Dio accettiamo il bene perché non dovremmo accettare il male?»
Gb 1,20
Il grido, il riconoscimento e l’abbandono di Giobbe devono essere i nostri, perché nel sacrificio della circostanza l’amore al nostro io diventa più grande.
Dio non dice di non amare, come non ha chiesto ad Abramo di non amare Isacco: anzi, il sacrificio è stato possibile proprio perché amava Isacco.
Così l'amore a noi stessi diventa grande nel SACRIFICIO di noi stessi: l'amore a noi stessi diventa eterno, tocca il tuo destino.
201 – Tutto, proprio tutto – l’istante, le circostanze, la nostra disponibilità, la nostra obbedienza, fino all’incommensurabile sacrificio – è per una costruzione al di là dell’orizzonte ultimo, dove l’Eterno apparirà come il volto di nostra madre, dove l’Eterno sarà posseduto come possediamo la persona amata, ma una costruzione in questo mondo.
Il Dio storico si lega alla storia per una costruzione dentro la storia, perfino Lenin e Stalin sono passati, ma Dio, nella storia, attraverso l ‘uomo obbediente e abbandonato a Lui, costruisce qualcosa di stabile e di crescente dentro l’effimero del tempo e dello spazio, così nulla è inutile.
202 – La passione più grande della vita non è la nostra soddisfazione, ma creare la dimora la Potente di Giacobbe, creare la dimora dell’Eterno nel mondo, creare la dimora al Mistero nel mondo, una dimora dove Egli sia riconosciuto, dove possa investire gli uomini che sono il suo cuore, dove possa rendere più umana la vita, dove possa rendere il cammino dell’uomo cammino al destino: nel dolore, nel sacrificio, attraverso la morte, ma pieno di abbandono e di sicurezza, di luce e di silenzio. Creare la dimora del Dio di Giacobbe.
228-229 – Per aderire al Padre, per accogliere il Padre, l’uomo Cristo è dovuto morire, è occorsa la croce.
Per perdonare i fratelli – io dico sempre che perdonare significa accettare il diverso, cioè accogliere – occorre sacrificio, altrimenti c’è una sola cosa: la vendetta. Perché anche lo sprezzante disimpegno è vendetta.
Per perdonare i fratelli occorre sacrificio.
229 – Lettera: «È da ciò che uno soffre, se ama, che impara a obbedire, impara la libertà. Dicendo “no” al sacrificio, dico “no” a Cristo, cioè alla modalità storica nella quale mi chiama» – non si dice «sì» a un Cristo astratto, ma alla modalità storica nella quale mi chiama -, «perdo il contatto con la storia, cioè con la realtà. Cristo, se non è una presenza concreta, è una astrazione; se non aderisco, se la mia libertà non si muove, nonostante il disagio, io vengo soffocata da questo disagio e perdo come pezzi della mia carne, del mio volto, perché la verità di me stessa, che è Cristo, è la mia vita, il mio corpo, il mio volto». Perdo pezzi di me stessa,
Seguire/sequela
70 – La legge del Signore è seguirlo, è seguire Cristo, il Mistero fatto carne.
Vale a dire: la legge del Signore è seguire il Suo mistero nella storia, il Suo corpo misterioso, la Chiesa.
La Chiesa ci tocca attraverso una compagnia vocazionale indicata da Dio; questo è per noi la nostra compagnia.
La legge del Signore è seguire la comunità. Non perché abbia valore chi la guidi o chi la componga, ma perché nella Sua concretezza si rende esistenzialmente presente Cristo: da riconoscere, così che mobiliti la nostra vita, pensieri e azioni, e che il cuore si pieghi o si apra alla carità […].
75-76 – «[…]E se siete in Cristo Gesù, siete eredi di Abramo, cioè coerenti con Cristo della promessa»(Gal 3,27-29), della grande promessa, del cambiamento del mondo che si chiama, nel suo termine «Paradiso», ma che si chiama, durante il cammino, «conversione», che si chiama, durante il cammino, «sequela».
Lettera: « La Fraternità è una compagnia che ci educa a servire, a seguire il movimento, domandando che l’incontro con Cristo diventi il contenuto di tutto».
78-79 – Segnalo un pericolo solo, che è quello di inseguire una nostra idea di movimento, curvandoci sulla nostra opinione, invece che aprirci sempre di più a questa esperienza in cui Dio ci ha collocati.
Se seguiamo noi stessi, l’accanimento di una nostra opinione, che prenda pretesto da qualsiasi cosa, noi ci troveremo, a un certo punto, a non aver fatto alcun passo.
Io volevo chiedervi umilmente e fraternamente di essere fedeli nella sequela al movimento; in tutto, se possibile.
Non ci pentiremo mai di questa obbedienza, tanto più che nelle cose contingenti, o in quelle più facilmente discutibili, dove le opinioni possono più facilmente divergere, il tenerci nella sequela all’unità della compagnia, sempre, presto o tardi, porta alla ribalta la verità che era nella tua opinione, e che viene riconosciuta.
79 – Non sentitevi schiacciati o oppressi dal fatto che non vi sentiste di seguire una cosa, un’altra cosa; ricordatevi che ne avrete tristezza, però innanzitutto noi amiamo la vostra libertà.
SEQUELA, dunque, nella libertà.
Questa è la roccia su cui noi possiamo trovare appoggio, la pietra da cui noi possiamo trarre da bere.
82 – L’importante che abbiamo a seguire. Ricordatevi che seguire da uomini significa usare l’intelligenza, perciò cercare di comprendere le ragioni, di assimilare la modalità con cui si affrontano le cose, e usare l’affezione: si segue con tutto il cuore, con il cuore.
Quello che si capisce solo in termini astratti, ultimamente non lo si capisce, cioè non lo si comprende, non lo si prende, non sta più in noi, non rimane in noi.
100 – In questa carità, in questa imitazione di Cristo, in questo seguire Cristo, in questo seguire Cristo, in questo riconoscere Cristo, in questo amarLo, in questo cercare di imitarLo come il bambino fa con voi genitori, è implicato un ordine di cose, un ordine di condizioni e condizionamenti.
Nel suo insieme grandioso, questo ordine di condizionamenti, per seguire ed imitare Cristo, si chiama «Chiesa», che tradotto nella sua contingenza, nel nostro vivere quotidiano, negli impatti con Dio, Cristo, ha toccato la nostra vita, si chiama «movimento».
160 – (Lettera si sua Eccellenza monsignor Cordes all’inizio degli esercizi): «[…] Consapevole che la sequela di Cristo esige una dedizione totale, tesa ad investire tutta la realtà, molti di voi, in piena libertà laicale, hanno saputo incidere concretamente sul tessuto culturale e sociale senza venir meno all’originario intendimento […]».
179 – Attraverso la complessità occorre ricongiungersi alla purità, alla semplicità e alla freschezza originali: ecco gli Esercizi. Solo una purità e una generosità di accoglienza e di sequela possono far sentire tutta la ricchezza della crescita e della storia.
Silenzio
100-101 – L’essere di fronte a Cristo e a Dio è un gesto comune, in cui la singola persona è talmente giocata che è da ringraziare chiunque ce ne dia l’esempio. Si chiama silenzio, capacità di silenzio, il rendersi fisico della memoria di Cristo nel cuore di una persona, il lavoro che il pensiero fa per penetrarne il Mistero e che l’affetto fa per aderire alla Sua persona.
101 – Almeno una giornata all’anno facciamo perciò volentieri il sacrificio del silenzio, nei limiti almeno in cui è richiesto.
I limiti in cui è richiesto sono innanzitutto i trasferimenti in pullman. Il viaggio in pullman serve da momento di silenzio.
Entrando in salone si faccia silenzio e così nell’uscita e sui pullman tornando agli alberghi.
183 – L’avviso più importante che devo dare si chiama «silenzio»: il rendersi fisico della memoria di Cristo nel cuore di una persona, il lavoro che il pensiero fa per entrare nel Mistero e che l’affetto fa aderire alla Sua persona.
Perciò, almeno un giorno intero all’anno, facciamo volentieri il sacrificio del silenzio, nei limiti almeno in cui esso è richiesto.
I limiti in cui viene richiesto il silenzio sono costituiti innanzitutto dai trasferimenti dagli alberghi in Fiera. Il viaggio in pullman serve da momento di silenzio.
Entrando in salone ci sono anche la musica e le immagini che aiutano a tale silenzio.
215-516 – Cristo, questa è la nostra libertà e luce. Per questo la nostra vita è capace di silenzio, perché tutto è detto in questa parola o in questa Presenza guardata, immaginabile ed inimmaginabile [….].
Speranza
96 – Quando la persona è ben unita, vale a dire quando avanza la comprensione della fede e si rende più densa l’affezione al suo contenuto, cioè a Cristo, allora quella che è chiamata gioia da san Paolo può essere più precisamente definita come speranza: vibra, si dilata e s’avventa sul tempo e sullo spazio della nostra esistenza la speranza.
La speranza infatti è una certezza che costruisce, con l’energia dell’affetto, la propria realizzazione, cioè il proprio futuro, il proprio destino.
«Con la speranza [...] tutto può essere rifatto fino in fondo, fino all'anima dell'anima»
E. Mounier – Lettere sul dolore
Non solo si parla di speranza come costruzione e realizzazione della nostra persona, ma addirittura come capacità di rifare.
La speranza mi dà la possibilità di rifare dal fondo, raggiunge l’anima dell’anima: è come se nessun residuo mi potesse tenere indietro.
L’unità della mia persona nella fede genera questa energia vincitrice del tempo e dello spazio, questa vittoria sulla vita, che è la speranza.
179-180 – Sappiamo quali siano i temi che il nostro cuore segue con passione, i temi riassuntivi della nostra speranza nella vita, della nostra fede nell’eternità.
Anzitutto, che tutto è grazia – tutto è grazia! -, «Della grazia di Dio è piena la terra.». il mondo non lo sa e noi lo sappiamo.
180 – «Custodisci la tua famiglia, o Dio, con la fedeltà del tuo amore; e sostieni sempre la fragilità della nostra esistenza con la tua grazia, unico fondamento della nostra speranza»-
«Seconda orazione», secondi Vespri della V domenica per annun, rito ambrosiano
227-228 – È inconoscibile, Cristo, con questa famiglia, che mi tratta così, con questa comunità che mi tratta così, con questa gente che mi secca, con questa gente estranea.
Lettera: «Il sapere che comunque l’oggetto reale c’è, ed è conoscibile, udibile e toccabile in chi mi trovo accanto, mi riempie di speranza e aumenta il mio “sì” dato a tutto il corpo della comunità».
Storia
28 – In una discussione, nel sesto capitolo del Vangelo di san Giovanni, i giudei chiesero a Gesù: «”Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?” [L’opera di Dio è il mondo e la sua storia], Gesù rispose: “Questa è l’opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato!”»-
54 – «Lui stesso e tutto ciò che viene da Lui»: tutto deve derivare da questa coscienza di appartenenza a Cristo, non all’idea di Cristo che abbiamo, ma al Cristo reale, quello che nella storia si prolunga dentro l’unità dei credenti in quanto uniti al Papa, al vescovo di Roma.
70 – La legge del Signore è seguire il Suo mistero nella storia, il Suo corpo misterioso, la Chiesa.
114 – Abbiamo detto che l’uomo creatura viene eletto per un compito: non tutti saranno Mosè o Geremia, non tutti saranno Zaccaria o Maria o Simeone, ma ognuno è chiamato a un compito, a una missione, e il cuore di questa missione, di questo compito, è uguale per tutti, è comune a tutti, a tutti noi, a me come all’ultimo presente che non vedo e che non conosco.
Ecco per cosa siamo stati eletti, per che cosa Dio ha fatto l’uomo e il mondo, per che cosa Dio fa la storia e nella storia sceglie i suoi e forma il suo popolo? […]«La parola eterna del Padre si è fatta carne, ed ora è udibile per tutti gli uomini».
116 – Il compimento della creazione, il compimento della storia, come il compimento dell’esistenza personale, singola, della tua mente e del tuo cuore, è Cristo.
121 – Ciò che nasce diventa grande, si organizza, diventa un corpo, diventa un cammino, diventa una storia, nella pazienza: «Il sentimento paziente dell’opera che cresce, delle tappe che si susseguono».
122-123 – Non è l’abolizione neanche di uno iota della legge, ma la Sua presenza è la condizione perché dalla terra e dalla solidità nasca il nuovo, gema nella letizia un parto e cresca nella pazienza un’opera, si sviluppi nella calma e nella sicurezza una storia, cioè una esistenza utile.
129 – L’obbedienza non può essere che a una persona presente e viva: «Ti obbedisco». Da questo, amici miei, nasce qualcosa di grande. Voglio dire che questo modo di pensare è destinato a incidere sulla storia. nel senso letterale del termine – per questo deve essere combattuto dal potere mondano -.
«Un punto di svolta decisivo nella storia più antica si ebbe quando uomini e donne di buona volontà si distolsero dal compito di puntellare l’imperium romano e smisero di identificare la continuazione della civiltà e della comunità morale con la conservazione di tale imperium. Il compito che invece si prefissero fu la costruzione di nuove forme di comunità entro cui la vita morale potesse essere sostenuta, in modo che sia la civiltà sia la morale avessero la possibilità di sopravvivere all’epoca incipiente di barbarie e di oscurità. […] Dovremmo concludere che anche noi abbiamo raggiunto questo punto di svolta. Ciò che conta […] è la costruzione di forme locali di comunità al cui interno la civiltà e la vita morale e intellettuale possano essere conservate attraverso i nuovi secoli oscuri che già incombono su di noi»
A. MacIntire, Dopo la virtù. Saggio di teoria morale, Feltrinelli, Milano 1988, pag. 313
132 – Alla nostra incapacità esistenziale, che è il peccato di origine, che è questa originale e tremenda divisione, al grande immenso male della storia, alla menzogna della storia, ha risposto l’amore di Dio. La nostra incapacità è vera, ma la risposta non è nostra: la nostra è risposta a una risposta, è la nostra risposta alla risposta di Dio che Dio dà alla nostra incapacità.
142 – Il mio soggetto stabilisce e vive rapporti per il movente stesso per cui Cristo si muove: è l’amore, l’amore all’uomo, riverbero di quell’amore del Padre che ha evocato dal nulla gli uomini e che, attraverso una storia, li sta salvando.
157-158 – «Popolo» è un termine della storia, è un soggetto della storia, un attore della storia, un protagonista della storia. Per questo Egli, il Signore, usa di noi suo popolo: dove non è concepibile il popolo senza dime e non sono concepibile io senza il popolo. Nessuno è astraibile da quella comunionalità o da quella unità profonda che tutti abbiamo nel Signore, in Cristo.
158 – La nostra vita, allora, è come stranamente squassata, bellamente squassata: pur nella piccolezza del suo agire quotidiano, ognuno di noi abbraccia – perché gli strugge il cuore l’amore di Cristo – tutto il mondo, così che sentiamo pesare sul nostro piccolo atto la responsabilità di tutta quanta la storia, secondo il mistero di Dio.
164 – Lo Spirito del Signore, raggiungendo me, si identifica con la precarietà del mio temperamento, della mia mentalità, della mia storia, del mio livello culturale e, il Papa osserva, questa invasione delle Spirito in un temperamento determinato, in una contingenza determinata, crea delle affinità, che possono anche diventare «dodicimila persone insieme» come siamo qui.
179 – Solo una purità e una generosità di accoglienza e di sequela possono far sentire tutta la ricchezza della crescita e della storia.
191-193 – […] è un Mistero che entra nella storia: il Dio unico è un Dio storico. Questo è l’insopportabile dalla cultura umana di tutti i tempi.
Che questo Mistero abbia avuto a che fare con la storia, che Dio sia diventato un Dio storico, questo non è facilmente sopportabile, perché non è concepibile.
[…] il mistero di Dio ha cerato, come segno pedagogico, educativo per tutta l’umanità, la storia di un popolo.
Il capitolo 32° del Deuteronomio credo sia il brano più significativo della storia di Israele.
192 – Se il Mistero ha rapporto con l’esistenza e con la storia, questo rapporto come si palesa? Il Mistero si manifesta in quanto di più banale, di più insensato noi possiamo rendere oggetto dei nostri occhi e della nostra considerazione: l’istante, le circostanze dell’istante, l’istante circostanziale.
Non esiste niente di più sicuro, anzi, non esiste niente di sicuro e di chiaro nel rapporto con il Mistero se non questo momento.
193 – «Quello che noi crediamo sia l’Altro tra noi, cui appuntiamo il desiderio, agisce già, è già qui: mentre noi lottiamo e ci dibattiamo, stiamo operando per questo»(Mario Luzi): stiamo operando per il disegno del Mistero, per il Mistero in quanto investe la storia, in quanto è rapporto con la storia, in quanto crea la storia.
Non c’è niente di più pieno di pathos, di più appassionante, di più affascinante, del fatto che in questo momento io sono rapporto con il Mistero e il Mistero è rapporto con me.
E il bisogno di questo momento, la lotta di questo momento, il dibattermi di questo momento collaborano al disegno che il Mistero vuole realizzare, sta realizzando, e che si chiama storia. Il mio bisogno, percepito in questo momento, già collabora al mondo.
201 – Il Dio storico si lega alla storia per una costruzione dentro la storia, una costruzione dentro l’effimero.
212 – Cristo è il senso del mondo fin dall’eternità: il mondo come organismo, la storia come disegno implicavano già questo dalle origini.
220-221 – Si è cristiani «perché si appartiene a una certa razza ascendente, ad una certa razza mistica, ad una certa razza spirituale e carnale, temporale ed eterna, ad un certo sangue» (Péguy): questo è la nostra compagnia, a cui la grazia che mi ha investito nella storia mi fa appartenere.
221 – La personalità, la persona, il soggetto è consapevolezza di un avvenimento che è diventato storia, l’avvenimento di Cristo nel suo comunicarsi al mondo: Chiesa, corpo Suo.
Questo avvenimento in cui è la salvezza, e in cui è l’inizio della fine del mondo, della risurrezione finale, è diventato storia per me, l’ho incontrato.
Me inconsapevole mi ha investito, per la fede di mio padre e di mia madre, per la fede della gente, dei preti della mia parrocchia, della storia e della tradizione cristiana; consapevolmente l’ho incontrato per l’urto con certe persone, in cui la bontà di Dio mi ha fatto imbattere.
Questo avvenimento è diventato storia per me: questo avvenimento è la mia persona.
Il mio soggetto è consapevolezza di un avvenimento che è diventato storia. Questa è l’essenza della mia persona, tutta giocata nella libertà.
229 – Ma possiamo imparare ancora da quanto a scritto una di noi: «È da ciò che uno soffre, se ama, che impara ad obbedire, impara la libertà. Dicendo “no” al sacrificio, dico “no” a Cristo, cioè nella modalità storica in cui mi chiama» – non si dice «sì» a un Cristo astratto, ma alla modalità storica in cui mi chiama -, «perdo il contatto con la storia, cioè con la realtà. Cristo, se non è una presenza concreta, è una astrazione; se non aderisco, se la mia libertà non si muove, nonostante il disagio, io vengo soffocata da questo disagio e perdo pezzi della mia carne, del mio volto, perché la verità di me stessa, che è Cristo, è la mia vita, il mio corpo, il mio volto».
Sublime
123 – Si chiama offerta questo gesto che deriva dalla coscienza della Sua presenza, della Tua presenza, o Cristo, di cui mi scordo tante volte, ma che tante volte ricordo; […] l’offerta genera una insublimazione, genera il sentimento del sublime come una cosa abituale.
126 – Il sublime è il rapporto con l’infinito, cioè il rapporto con Cristo, perché l’infinito è un Uomo, a cui una donna ha baciato i piedi lavandoli con le sue lacrime, che è tangibile e udibile adesso, in una forma in cui si possono ancora baciare i piedi.
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