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Lettera «U»
Umanità
21 – Noi dobbiamo aderire a Cristo e seguire Cristo per eliminare l’uomo illusorio e perché emerga da noi l’uomo vero.
Non c’è umanità, che duri nelle ore del tempo, se non viene illuminata dalla parola e dalla presenza del Signore.
63-64 – (Viene riportato il capitolo 8 della seconda lettera ai Corinti circa la premura verso i fratelli nella fede)
64 – «Non dico questo per farvene un comando, ma solo per mettere alla prova la sincerità del vostro amore come la premura verso i fratelli. Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, s’è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà», ricchi di umanità.
umanità nuova
65 – Le tre cose che abbiamo viste: la memoria di Cristo, l’amore a Cristo, la carità; la koinonìa, la tendenza a mettere tutto in comune; il costruire l’opera, cioè un pezzo di umanità nuova riguarda il quotidiano.
68-69 – Amare anche i nostri nemici e pregare per i nostri persecutori non è possibile a un qualsiasi temperamento e a una qualsiasi educazione naturale; non può essere un bonomia di carattere e non può essere una superiorità che detti un atteggiamento di estraneità.
Per amare i nemici, fino a pregare per i persecutori, occorre un cuore nuovo, occorre una vita nuova, occorre una umanità nuova.
69 – Pensando alla vita nuova, alla umanità nuova che i primi cristiani hanno introdotto nel mondo, che è una tensione, che è una apertura del cuore, che è un’attesa, che è molto più una domanda da bambini, una mendicanza da poveri, che una pretesa di volontà, che un progetto proprio.
83 – Estratto di lettera: «Quest’anno ci siamo sempre richiamati al fatto che Cristo si incontra e si domanda attraverso le circostanze che la vita pone, così che i semi di una umanità nuova si sviluppano nell’amore alla realtà quotidiana. Una mentalità nuova dobbiamo portare nel mondo, attraverso una realtà umana nuova.»
E una realtà umana nuova è là dove ci si sostenga in chiara certezza e nell’abbraccio profondo e creativo, manipolatore della vita quotidiana. «Sì, il Signore è un fatto storico, un fatto che si rende presente nella nostra vita».
226 – Tutto dipende da quella affezione nuova che in noi deve rendere matura la grazia del Battesimo e che si chiama appartenenza: l’appartenenza è a Cristo, ma non c’è appartenenza a Cristo se non ci apparteniamo tra di noi, con quella libertà che è pari soltanto alla totalità, che essa esige ed implica -, è una umanità nuova ciò di cui dobbiamo parlare.
229-233 – Comunque sia, questa umanità nuova che sa accogliere, per cui non esiste l’estraneo, non esiste l’estraneità, è il segno della totalità.
230 – In questa umanità nuova che sa accogliere, attraverso tutte le difficoltà e i disagi, il segno più cospicuo, più acuto, è la preghiera; non pietistica, non sentimentale, ma la preghiera che è domanda del regno visibile in questo mondo, del Regno di Dio come visibilità di Cristo in questo mondo, cioè come felicità reale per gli uomini,, come maggiore umanità reale per gli uomini.
231 – Se il segno dell’umanità nuova è la preghiera, la condizione è la passione per la verità.
232 – Se, nella nuova umanità, il segno è la preghiera e la condizione è la passione per la verità, l’efficacia di questa nuova umanità in azione, che vive, che si muove, sono le opere: alla mercé della volontà di Dio, secondo quello che Dio permette, dà, lascia, impedisce, mortifica, vivifica.
Sempre alla mercé della volontà di Dio, ma questa nuova umanità diventa efficace fino all’opera.
233 – Tu, io, siamo responsabili di questa umanità nuova, che sappia accogliere tutto, al di là dell’obiezione della nostra sensibilità, perdonando nel segno della preghiera, nella passione della verità, efficace fino a creare opere.
soggetto nuovo
139-140 – È una dinamica che crea e vede innanzitutto emergere un soggetto nuovo. Posso essere il più “povero cristo” di questo mondo, ma se prendo coscienza di quello che ho detto adesso, la dinamica di sviluppo verso una «vecchiaia innamorata della tomba», come diceva Miguel Mañara – per riprendere il Vangelo e tradurlo in poesia, ma reale -, ha un soggetto nuovo, fa i conti con un soggetto nuovo: «Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che ha amato me e ha dato se stesso per me».
140 – «Nell’esperienza di un grande amore[…] tutto ciò che accade diventa un avvenimento nel suo ambito»: è la definizione di un soggetto nuovo. È provvisorio, nell’esperienza di un grande amore; con Cristo no.
Si tratta di un soggetto nuovo che implica una identificazione con Cristo, in cui non diventa più obiezione la miseria: ma la mia miseria comincia ad essere così consapevole si sé, così vergognosa di sé, a farmi diventare così timido di fronte a tutto, a farmi venire la tentazione quasi della disperazione, come quando debbo rispondere alla domanda: «Mi ami tu?». Ma sono costretto a dire: «Sì Ti riconosco!».
Tutta la mia miseria non definisce più il mio soggetto: questo è il punto.
Ecco allora che questo soggetto si muove, agisce, ma con una ragione, con un movente ben preciso: ciò che lo muove ultimamente è una imitazione, non è un tornaconto, non è un calcolo.
233 – Per prima cosa bisogna ricostruire nel mondo del lavoro e dell’economia, un soggetto nuovo, portatore di una nuova cultura del lavoro.
Ognuno di noi è il soggetto responsabile di tutto questo. Tu, io siamo responsabili di questa umanità nuova, che sappia accogliere tutto, al di là dell’obiezione della nostra sensibilità, perdonando nel segno della preghiera, nella passione della verità, efficace fino a creare opere. Così daremo gloria a Cristo.
Umiltà
111-112 – Wojtila nella bottega dell’orefice, scrive: «Siamo accecati non tanto dalla forza del sentimento» – dall’istintività che ci prende, per cui diciamo che siamo trascinati dall’inclinazione e dalla istintività, dalla passione -, «quanto dalla mancanza di umiltà». È il contrario di: «Ha guardato l’umiltà della Sua serva». «È una mancanza di umiltà verso quello che dovrebbe essere l’amore nella sua vera essenza».
112 – Ecco, abbiamo capito che cosa è il peccato originale. Questo è il delitto che sta alla radice del cuore dell’uomo, delitto libero: «È una mancanza di umiltà verso quello che dovrebbe essere l’amore nella sua […] essenza», una mancanza contro l’amore. Quella di Adamo fu una mancanza contro l’amore nella sua vera essenza.
119-120 – La domanda non può farla che un uomo umile. La virtù più adeguata, più definitiva dell’uomo, dell’uomo che era niente ed è diventato terra, polvere, è l‘umiltà, che deriva da humus, che vuol dire «terra».
120 – Immedesimiamoci allora con l’umiltà di questa donna che dice: «Ma anche i cagnolini….»(Mc 7,24-30). Dio mio, aiutaci, fa’ che ci aiutiamo in questa umiltà! L‘umiltà è la condizione che diminuisce al massimo gli attriti, di qualsiasi genere: con Dio, con se stessi, con la moglie, con i figli, con gli amici, con tutti.
197 – Il brano di Osea 11 ci fa comprendere che razza di umiltà, che razza di semplicità, che abbandono occorrono per vivere l’istante, per vivere le circostanze dell’attimo fuggente, così come abbiamo detto. Che umiltà, che semplicità, che abbandono – «Avvenga di me secondo la tua parola» – occorrono per vivere l’istante, quell’istante, quella circostanza irrepetibile.
Uomo nuovo
22 – La prima caratteristica dell’uomo nuovo, la prima caratteristica dell’uomo che aderisce a Cristo, che ha la fede, è la passione per la missione.
36 – L‘uomo nuovo, quest’uomo che si è in qualche modo imbattuto in Cristo, che in qualche modo ti ha riconosciuto, o Signore, è come se fosse definito innanzitutto da qualcosa di assolutamente gratuito.
43 – Nell’attesa affascinante e appassionata di sperimentare un cambiamento di sé e attorno a sé, noi abbiamo un solo modo di metterci, di tenerci in rapporto con Lui, così come era per Simon Pietro quando lo stava a sentire: è la domanda.
Uomo vero
21 – Noi dobbiamo aderire a Cristo e seguire Cristo per eliminare l’uomo illusorio e perché emerga da noi l’uomo vero.
27 – L’uomo vero non nasce dalla donna e da un uomo – per quel male acuto, profondo, che la Chiesa chiama «peccato originale» -, ma solo da Dio.
Solo da Dio può nascere l'uomo vero
35 – Diceva nella Lettera ai Romani san Paolo: «Se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo», cioè sarai un uomo vero, la tua umanità sarà salva.
43 – L‘uomo vero, quello originale, è creatura; è creatura, cioè ha bisogno di tutto, era niente e diventa essere, perciò gli viene dato tutto. Allora, uno che non ha niente per vivere stende la mano: è la mendicanza. Noi dobbiamo mendicare Cristo.
Unità
54 – «Lui stesso e tutto ciò che viene da Lui»: tutto deve derivare da questa coscienza di appartenenza a Cristo, non all’idea di Cristo che abbiamo, ma al Cristo reale, quello che nella storia si prolunga dentro l’unità dei credenti in quanto uniti al Papa, al vescovo di Roma.
69 – La compagnia di Cristo ci stringe da vicino nella compagnia della Chiesa, e la compagnia della Chiesa diventa vera, esistenziale – vi si incarna fisicamente il mistero del Signore – come compagnia nostra, la compagnia della nostra amicizia nella fede.
Solo questo ci fa ritrovare , solo questo ci deve far ritrovare, perché in essa tutto, poi, viene trascinato in una trasfigurazione che noi non ci sognavamo prima, in una unità, in un equilibrio, in una intensità e in una capacità nuove, che sono come una grazia che si sperimenta con i giorni che passano.
75 – «Vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo, dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da maturare se stesso nell’amore.»
Ef 4-14-16
Questa è la più bella descrizione che san Paolo fa del metodo che Cristo ha scelto per rimanere con noi: Egli rimane con noi dentro la nostra compagnia e la nostra unità.
Se non ci toccasse ora attraverso la nostra unità, questo grande corpo che è la Chiesa sarebbe astratto per noi, sarebbe lontano per noi, non sarebbe una rupe su cui appoggiarci, a cui bere, da cui trarre cioè il criterio, la direttiva e il sostegno della vita; sarebbe come una cosa mirabile e malinconica, ognuno di noi sarebbe nella sua solitudine, lontano, come lo si è da una idea.
94-96 – […] Ecco, è come se urgesse sempre di più l’unità della nostra persona nella fede.
95 – Il Signore ha posto un seme, che deve diventare grande: e la caratteristica di un seme che diventa pianta è proprio l’unità.
Ho trovato una preghiera di sant’Anselmo che riguarda proprio l’urgenza che abbia a crescere l’unità tua e mia nella fede, l’unità della nostra persona, una unità che è “congegnata” di intelligenza, cioè di comprensione sempre più grande, e di affezione sempre più grande, perché la vostra gioia sia piena.
96 – Quando la persona è ben unita, vale a dire quando c’è la comprensione della fede e si rende più densa l’affezione al suo contenuto, cioè a Cristo, allora quella che è chiamata gioia da san Paolo può essere più precisamente definita come speranza: vibra, si dilata e s’avventa sul tempo e sullo spazio della nostra esistenza la speranza.
L’unità della mia persona nella fede genera questa energia vincitrice del tempo e dello spazio, questa vittoria sulla vita che è la speranza.
165-166 – Ci sono due regole fondamentali perché il carisma sia vissuto con una obbedienza che lo renda movimento capace di comunicare la memoria di Cristo e di testimoniarlo.
Innanzitutto l’unità (L’altra è la libertà) come riferimento, reale e determinante al punto originale. Senza questo reale e determinante, al punto dove si origina il carisma, e, attraverso il carisma, il movimento, senza questa unità di riferimento, reale e determinante, non è più obbedienza, viene evacuata l’obbedienza, e si riconduce tutta la questione al grande principio mondano e non cristiano dell’interpretazione.
166 – Non c’è l’una o l’altra di queste vie: o l’obbedienza o l’interpretazione.
Nell’obbedienza affermi qualcosa che hai incontrato, più grande di te [….] nell’interpretazione non ha da fare niente altro che affermare te stesso nella tua misura, cioè nella tua limitazione e nei tuoi difetti.
219-221 – Solov’ëv:
«Le differenze nazionali devono mantenersi fino alla fine dei tempi; i diversi popoli devono continuare ad essere membra realmente distinti nell’organismo universale. Ma […] questo organismo deve esistere realmente, la grande unità umana non deve esistere solo come potenza occulta o un ente di ragione, ma deve incarnarsi in un corpo sociale visibile e capace di esercitare in maniera manifesta e permanente una forza di attrazione che possa tenere in scacco la moltitudine delle spinte centrifughe che lacerano l’umanità»
V. Solov’ëv, L’idea russa
Per me questa è la descrizione di quello che Cristo ha creato nel mondo, l’unità umana già attuata, la Chiesa, il suo Corpo misterioso.
Ora, (continua Solov’ëv) «per raggiungere l’ideale dell’unità perfetta» bisogna che gli uomini possano appoggiarsi «su un’unità imperfetta, ma reale».
Anche se la pagina può sembrare un po’ difficile, queste unità imperfette, ma reali, coincidono con quello che noi chiamiamo «compagnia».
220 – La nostra compagnia è una «unità imperfetta ma reale»
Ora, in questa appartenenza a una «unità imperfetta ma reale», […] tanto imperfetta quanto reale veicolo di Cristo e del Mistero della Chiesa.
241 – Ma la testimonianza cristiana è tale che si conferma esclusivamente nella capacità di unità, nella capacità di abbraccio. La Fraternità è come se codificasse, stabilisse questo abbraccio.
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