Temi di «Un avvenimento di vita nell’uomo»

Pensieri, parole, frasi dai libri di don Luigi Giussani

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ABCDEFGILMOPRSTUV


Lettera «A»


Aderire/adesione

55 – Allora il metodo per noi è questo: far sentire sempre di più una persona immersa in un avvenimento, la cui forma è quella di una compagnia, un avvenimento che diventi stupore, riconoscimento continuo, “riaffezione”, attaccamento, adesione.

121-122 – «Dobbiamo riconoscere che il cammino della conoscenza o della liberazione dipende da fattori che sfuggono al nostro controllo e che nel linguaggio religioso portano sempre il nome di “grazia“.»

W. Pauli

Questa osservazione di valore universale vale ancor più per quanto concerne la salvezza ultima dell’uomo, l’avverarsi del suo significato, la sua felicità, la sua vita eterna, la liberazione del male, l’adesione al destino e la proporzione acquisita – si chiama «merito» – con il Mistero.

175 – Lettera di due genitori in attesa di un bimbo con grave malformazione: «Il nostro bimbo che sappiamo ora essere un maschietto – Davide l’abbiamo chiamato – è per noi meraviglioso così, così come è. È meraviglioso come il grande dono che aspettavamo. Accettato. Atteso, come accade a tutti i genitori che attendono la nascita di un bambino. […] Con il nostro piccino stiamo imparando grandi cose, che solo ora si stanno rendendo evidenti nella nostra vita.

Stiamo imparando il significato di “appartenenza”, cosa voglia dire “aderire” ogni giorno al mistero di un Altro che ci ha preso. Fuori dalla nostra storia sarebbe follia concepire l’insegnamento di un bimbo non ancora nato, come pure il dolore sarebbe sordo, isolato.

Attorno a noi, invece, è un continuo fiorire di miracoli, in noi, nei nostri famigliari, negli amici, nelle persone della comunità che ci stanno aiutando e seguendo in questo cammino. Spesso ci sentiamo fragili, la fatica sembra schiacciarci, ma dentro di noi sentiamo che c’è una certezza, che la promessa non è venuta meno e che il Signore, in questo momento, ci è ancora più vicino e compagno alla nostra vita e in ogni istante. Non sappiamo cosa accadrà da qui in poi, quando Davide nascerà e non sappiamo come sarà la sua crescita: noi sappiamo che non siamo e non saremo soli e che il Signore completerà questo grande e misterioso disegno su di noi»

246 – Bisogna chiedere a Dio l’umiltà di riconoscere che tutto dipende da Lui[…] Dobbiamo avere l’umiltà di seguire quello. Invece tante volte partiamo con gioia da quello e poi vogliamo ragionare con la nostra testa. Ma ragionare significa aderire alla realtà e la realtà è quella che Dio ci ha mostrato.

adesione a Cristo

213 – Seguire è aderire alla presenza di Cristo, per questo si chiama «carità».

Affermazione

105-106 – Ci troviamo di fronte al Mistero, a un destino che è Mistero, ma parla, e ci dice una parola: tutto è positivo.

106 – È una affermazione amorosa dell’essere, della realtà, di ciò che c’è: tutto vale la pena.

163 – È una novità critica di mente ed è una novità affettiva quella che caratterizza il soggetto nuovo: c’è in esso una capacità di amore, perciò di gratuità, di affermazione dell’altro, normalmente impossibile.

Amare è affermare l’altro. Affermare è il termine dell’azione e l’azione è il fenomeno in cui l’io afferma se stesso: benissimo, qui per affermare me stesso affermo te: questo è l’amore, una affettività nuova.

affermazione amorosa

109-110 – Ci occorre una disponibilità totale. Che cos’è, in che cosa consiste questa disponibilità totale? Innanzitutto in una nostra affermazione, in una mia affermazione amorosa dell’essere e della realtà che accade, vita o morte che sia, gioia o dolore che sia, riuscita o non riuscita che sia. L’amore è l’affermazione di una presenza che si rivela attraverso listante, nell’istante: una presenza è presenza se è nell’istante.

110 – Innanzitutto, la disponibilità totale è una affermazione amorosa dell’essere, della realtà che accade; amorosa, perché è affermazione di una presenza. La realtà rivela una presenza, la presenza del destino, del Mistero.

La disponibilità totale è una affermazione amorosa della realtà, in cui si cela la grande Presenza. Perciò in questa affermazione amorosa noi siamo abbandonati come bambini tra le braccia della madre. Il bambino è un’affermazione amorosa della madre che nell’istante è presente.

Se la disponibilità è una affermazione amorosa dell’essere e della realtà presente, in cui è la grande presenza del Mistero, del Destino, la grandezza della vita è dare la vita per l’opera di una Altro.

135 – Il creatore ha posto la nostra libertà come affermazione amorosa della realtà. Noi nasciamo come affermazione amorosa di ciò che ci si presenta.

140 – Il vero amore a se stessi, la vera dimenticanza di se stessi, il riconoscersi peccatori sono le cose che producono la libertà a decidere, cioè a spalancarsi, nell’affermazione amorosa di ciò che le viene proposto, della realtà che le si propone e, sopra goni cosa, della grazia.

affermazione di sé

29 – Il peccato è il tentativo di affermare il proprio progetto, cioè se stessi.

163 – Affermare è il termine dell’azione e l’azione è il fenomeno in cui l’io afferma se stesso; benissimo, qui per affermare me stesso affermo te: questo è l’amore, una affettività nuova.

187-188 – Invece che affermare l’essere, la realtà nella sua verità integra, intera, nel suo destino totale, esauriente, noi siamo determinati dalla preoccupazione di affermare noi stessi.

Amare/amore

51 – «L'amore a Cristo si converte nel luogo protettivo dell'io»

romano Guardini

L’amore, quel riconoscimento di cui abbiamo parlato stamattina, la conversione, il rapporto tra la Samaritana e Cristo, tra la Maddalena che l’ha visto dal marciapiede mentre passava per la strada e Cristo, «L’amore a Cristo si converte nel luogo protettivo dell’io».

57-58 – L'amore a un'altra persona diventa un nuova concezione del modo di agire.

Se un uomo vuol bene a una donna, concepisce l’azione in cui si impegna secondo un’altra forma. L’amore a un altro fa concepire una forma dell’azione, del rapporto con le cose, diversa, incide sulla modalità con cui l’azione è fatta.

58 – Il sentimento fondamentale cui volevo alludere, però, non è questo. Tutto questo – il tuo «Tu», la speranza della purità, l’amore che concepisce la forma diversa dell’azione, la grande pazienza del tempo – è come preparatorio.

Ora, dice Kierkegaard, elogiando l’atteggiamento di Abramo, «è una cosa grande rinunciare al proprio desiderio», al proprio gusto, «ma è più grande mantenerlo dopo averlo abbandonato»: non ci si priva della propria umanità, è proprio un cambiamento dell’affezione e dell’amore, è un cambiamento nel modo di usare i soldi, è un cambiamento nel dire «io», come soggetto cosciente di sé; «è una cosa grande afferrare l’eternità», dire «Tu», «ma è più grande mantenere la realtà temporale dopo averla abbandonata»: è più grande mantenere, vivere i rapporti ogni giorno, dopo averli abbandonati, cioè dopo aver affermato che il loro significato è Cristo.

109 – Che cosa è, in che cosa consiste questa disponibilità totale? Innanzitutto in una nostra affermazione, in una mia affermazione amorosa dell’essere e della realtà che accade, vita o morte che sia, gioia o dolore che sia, riuscita o non riuscita che sia.

L’amore è l’affermazione di una presenza che si rivela attraverso l’istante, nell’istante; una presenza è presenza se è nell’istante.

137-141 – “Per il dilagare dell’iniquità, l’amore di molti si raffredderà“, si è raffreddato nel loro cuore.

«La freddezza dell’amore è il silenzio del cuore, l’ardore dell’amore è il grido del cuore

Sant Agostino – commento sui Salmi

La freddezza dell’amore è l’assenza di domanda, l’ardore dell’amore è il grido della domanda.

«Se resta sempre vivo l’amore, tu gridi sempre»

138 – (Tra i blocchi che cercano di fermare la libertà nella sua apertura carica di desiderio c’è..)La trascuratezza della vera tenerezza verso se stessi, la trascuratezza del vero amore a sé, la dimenticanza del destino, del destino come qualcosa a cui io sono destinato.

Tutto in me freme e si muove e agisce, attua delle forme, lavora, per una sola, ultima istanza: la brama del destino, della felicità. «Fino al momento in cui l’amore comincerà a farmi male» dice il Papa in Raggi di paternità: l’amore ad altro mi fa soffrire.

La trascuratezza dell’io non ti fa impegnare con ciò che tocchi, con ciò che vedi, con ciò che senti, con ciò che devi; la trascuratezza di te sfioca tutte le cose, svuota tutte le persone, erige l’ignobilità dell’istinto, senza senso, fine a se stesso, o erige l’orgoglio del puro pensare astratto, arido, inutile.

140 – Il vero amore a se stessi, la dimenticanza di se stessi, il riconoscersi peccatori sono le cose che producono libertà, che persuadono la libertà a decidere, cioè a spalancarsi, nell’affermazione amorosa di ciò che le viene proposto, della realtà che le si propone e, sopra ogni cosa, della grazia.

141 – «Dio che sei amato da tutto ciò che si può amare coscientemente esaudiscimi secondo il tuo costume, a pochi ben noto.

163-164 – È una novità critica di mente ed è una novità affettiva quella che caratterizza il soggetto nuovo: c’è in esso una capacità di amore, perciò di gratuità, di affermazione dell’altro, normalmente impossibile.

Amare è affermare l'altro.

164 – «Il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le tue forze»(Dt 6,1-9)

Amare Dio con tutta l’anima e con tutte le forze è una posizione di fedeltà: l’incoerenza può entrare in ogni istante, e siamo perdonati.

213 – La carità, che la prima Lettera ai Corinti, al capitolo tredicesimo, descrive in modo così sublime, è amore all’altro in tutto quello che facciamo, è abbraccio del diverso, perdono a tutti e a tutto, in quel che facciamo. Ed è attraverso la carità che il cambiamento in noi diventa correzione della vita, cioè conversione.

243 – Per un atto di gratuità totale occorre veramente avere la coscienza pura e amare il Signore, altrimenti la gratuità non è possibile.

La gratuità diventa un ingrediente nell’amore alla donna, nell’amore all’estraneo, di fronte a bisogno dell’uomo fratello.

amore al destino

165-166 -L’amore al destino dell’altro: c’è una gratuità immaginabile come questa? No, non c’è gratuità se non questa: l’amore al tuo destino.

[…] se non amassi il destino dell’uomo, se non amassi cioè Cristo, Signore dell’uomo, «sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna [….]»

L’amore al destino dell’altro, la carità, è la legge di quella compagnia guidata al destino, di quella amicizia unica, vera, che si chiama, con termine soltanto cristiano, soltanto cattolico, «comunione».

166 – L‘amore è affermare l’altro, non affermare un proprio “risentimento”, buono o cattivo, sull’altro.

amore alla strada

76-78 – […] occorre un amore alla strada altrui: amore alla strada di tutti quelli che incontriamo e che cercano; amore alla strada di quelli che incontriamo e che non cercano; amore alla strada di chiunque, perché la strada è per tutti la terra di prova per purificare.

Amiamo non solo la strada di coloro che cercano, che sono tra i più attenti che incontriamo; non solo la strada di coloro che non cercano, e ci fanno stringere il cuore, ma anche la strada di coloro che ci rinnegano, che ci perseguitano, che ci calunniano e che – quanti cristiani del Medio Oriente, come dell’Est asiatico, quante centinaia di migliaia, che nessuno ricorda, purtroppo lo possono dire – ci uccidono.

Dunque un amore alla strada altrui, un amore non contraddittorio, come sarebbe secondo un ecumenismo di bassa legna: «Tutto è uguale!».

77 – È un amore alla strada altrui “non contraddittorio”, ma valorizzatore di ogni pulviscolo di intuizione vera che possiamo trovare.

È un amore alla strada altrui non contraddittorio, ma valorizzatore e perciò anche collaboratore, anche se si trattasse di un millimetro cubo da portare; collaborazione ad oltranza, fino ai terminali ultimi dell’energia che li fa muovere.

Il dialogo tra Cristo e l’uomo del nostro tempo, che solo in Cristo può vivere, solo questo dialogo è la vita del movimento, vissuta con coraggio, per il momento di confusione e di violenza, con chiarezza, sostenuta dalla fedeltà alla storia, nella unità e nella libertà creativa, e con amore alla strada altrui, alla strada di chiunque incontriamo, senza contraddizione, ma valorizzando e collaborando, fino all’ultima stilla di sangue.

Amicizia

65 – La vita è una terra di prova perché i cuori siano resi puri. Non siamo amici se non desideriamo l’un per l’altro questo e se non ci aiutiamo in questo e per questo.

71 – Se facessimo l’analisi di tutte le occasioni che hanno costruito questo momento, esse non spiegherebbero una cosa che è dentro questo momento, che eccede questa somma: un grido.

Lo senti lo puoi sentire la sera, se vivi accettando di riconoscerLo, cioè, brutalmente, se vivi appartenendo al movimento, se vivi appartenendo a questa amicizia, accettando questa amicizia, anche con riottosità.

Accettando questa amicizia, la sera, se guardi la giornata, e anche se non la guardi, ti accorgi che è diversa.

164-166 – Il soggetto da cui nasce un popolo è creatore di una compagnia umana nuova, stabilisce, fa sorgere attorno a sé, «nel paese dove sta», una amicizia nuova, una amicizia vera, cioè, un’amicizia per cui la compagnia diventa guida al destino e l’amore, la passione per il destino l’uno dell’altro, trascina tutto, decide tutto, pardon, tende a decidere di tutto, tende a trascinare tutto.

165 – Si chiama carità la legge di questa compagnia, di questa amicizia che è guida al destino. .

L’amore al destino dell’altro, la carità, è la legge di quella compagnia guidata al destino, di quell’amicizia unica, vera, che si chiama con termine solamente cristiano, soltanto cattolico, «comunione».

166 – Che spettacolo! Questa comunione tra noi, quest’amicizia tra noi, questa compagnia, è «il solo luogo ove tutto è complice», dove tutto converge al tuo bene.

170-171 – Lettera: «Sono 27 anni dacché ho cominciato a vivere questa stupenda vicenda di amicizia[…] Credo di aver finalmente capito: è prendere sul serio la vita, la presenza del maestro e ascoltare con tutto l’essere quello che un uomo simile a me ha appreso dal maestro Gesù. Vuol dire entrare dentro il grande avvenimento e appartenere a Lui.»

171 – L’amicizia avuta mi fa entrare ad apprendere quello che ha detto il maestro «Gesù».

Continua la lettera: «Appartenere a Lui attraverso chi ha avuto la grazia di capire molto prima di me come è difficile diventare piccoli discepoli coscienti di avere un maestro e cercare di pronunciare con rispetto e affetto quelle parole, quei pensieri sorti da una esperienza. Dico queste cose adesso, dopo aver capito la vostra grande intuizione di Cristo presente qui e ora nella concretezza di una amicizia di fede».

192-193 – Da una parte l’amicizia tra noi, la compagnia tra noi è una cosa divina: non esiste dono più grande, da questo dono dipendono tutti gli altri doni; dall’altra parte, anche tra noi è facile vivere una superficialità che lascia in ultima analisi, all’ultimo limite del rapporto l’altro solo, estraneo, se questi dice veramente: «Gesù, sei Dio, il salvatore mio e di tutti»

193 – La nostra amicizia è come una spada che taglia in due la situazione.

Essa rivela una grandezza umanamente impossibile: non c’è nessuna espressione umana così intensa, così pura come la nostra amicizia, se è riconosciuta espressione della nostra fede.

216-217 – Non c’è niente di più gaudioso, di più gioioso nella nostra vita che sapere che questo è a tal punto perdonato che la potenza di Dio, raccogliendoci nel luogo della sua amicizia, ci rende continuamente capaci di soverchiare la nostra debolezza e la nostra falsità in un desiderio vero di Lui, nel desiderio vero, nella mendicanza, come si diceva prima.

Appartenenza/appartenere

32-33 – È qui l’antitesi: l’uomo tenta di appropriarsi di ciò che gli è stato dato invece che riconoscere di appartenere a Colui che gli ha dato tutto. Allora, se tenta di appropriarsi di ciò che gli è stato dato, pretende: la salvezza viene dalle leggi! Senza che tutto parta da quella appartenenza originale, la bontà non può rappresentare le sponde del grande fiume, la giustizia e la pietà non possono rappresentare i limiti che tengono nell’ordine lo sforzo delle grandi acque umane.

33 – Appropriazione o appartenenza: questa è l'antitesi tra il peccato e la verità.

Invece di «appartenenza» possiamo usare la parola «memoria». Il peccato è contro la memoria. Abbiamo ricevuto tutto, ma sembra che ci sia impossibile mantenere il rispetto e pietà, devozione e amore a chi ci ha dato tutto, a chi ci dà tutto.

46-48 – L’uomo appartiene non a suo padre e a sua madre, ma al destino: suo padre e sua madre sono strumenti per indurlo sul lungo cammino verso il suo destino, e il suo destino è il mistero di Dio e questo Mistero è diventato uomo.

47 – Oggi questa appartenenza come si rivela? […] Questo siamo noi: un popolo che grida a Dio e che per questo è salvato. «Non si è cristiani perché si è giunti ad un certo livello morale, intellettuale, magari spirituale. Si è cristiani perché “si appartiene” a una certa razza ascendente« – cioè tesa al destino – «ad una certa razza spirituale e carnale», fatta di carne, «Temporale ed eterna, ad un certo sangue».

48 – C’è sangue tra di noi: è il sangue di Cristo.

95 – Per questo durante la giornata chi è stato graziato e ne ha l’abitudine offre ciò che fa, più o meno frequentemente, e il ricordo, la memoria dell’ultimo senso e dell’ultima appartenenza in quello che fa – vale a dire nell’espressione della sua personalità – si attua.

171 – Lettera: «Sono 27 anni dacché ho cominciato a vivere questa stupenda vicenda di amicizia[…] Credo di aver finalmente capito: è prendere sul serio la vita, la presenza del maestro e ascoltare con tutto l’essere quello che un uomo simile a me ha appreso dal maestro Gesù. Vuol dire entrare dentro il grande avvenimento e appartenere a Lui.»

Uno, per appartenere deve lasciarsi generare; siccome è già nato, per lasciarsi generare deve cambiare.

Continua la lettera: «Appartenere a Lui attraverso chi ha avuto la grazia di capire molto prima di me come è difficile diventare piccoli discepoli coscienti di avere un maestro e cercare di pronunciare con rispetto e affetto quelle parole, quei pensieri sorti da una esperienza. Dico queste cose adesso, dopo aver capito la vostra grande intuizione di Cristo presente qui e ora nella concretezza di una amicizia di fede».

245 – Intervento: «L’appartenenza è una dimensione strutturale dell’io oppure dipende da un avvenimento che ti capita?», «Se bisogna appartenere, che cosa c’entra la grazia?».

L’appartenenza a Dio è una dimensione dell’io, strutturale. Eravamo niente, ci siamo, siamo di un Altro.

Ma il capire questo dipende da un avvenimento provvidenziale, pietoso, amoroso. Questo avvenimento si chiama «carisma». È una modalità con cui Dio ti fa capire che gli appartieni e perciò non puoi allontanarti da quell’avvenimento, cioè da quel carisma, dalla forma con cui Dio ti ha consegnato questa verità, non puoi allontanarti senza tradire la verità stessa.

La grazia è proprio il dono per cui Dio ti fa capire di appartenere; la grazia è proprio il dono con cui Dio ti fa accadere quell’avvenimento da cui capisci che tu appartieni.

247 – Se tu gli appartieni, se il Signore attraverso un avvenimento ti ha preso, in tutte le espressioni della tua vita dovrai cercare lo spunto e la ragione del tuo comportamento da questo possesso che Dio ha di te, dalla forma a cui sei stato consegnato da Dio, in qualsiasi caso, nel modo di vivere la famiglia e nella politica, nello studio e nel lavoro,

Altrimenti, nello studio e nel lavoro, nella famiglia e nella politica, tu prendi spunto, cerchi di prendere spunto o ragione da un’altra cosa, come se non fossi tutto della mano che ti ha preso, come se non fossi totalmente dell’avvenimento che ti ha rivelato la tua totale appartenenza al Signore.

appartenenza a Cristo

210-212 – All’avvenimento l’uomo appartiene e vi appartiene dentro la modalità attraverso cui l’avvenimento lo raggiunge. È una frase del car. Ratzinger:

«La fede è una obbedienza di cuore a quella forma di insegnamento, alla quale siamo stati consegnati»

J. Ratzingerintervento di presentazione del nuovo catechismo

Se uno appartiene a Cristo, allora questa appartenenza a Cristo decide della moralità della sua vita, diventa la norma della sua vita.

211 – L’appartenenza produce cambiamento, senza cambiamento non c’è produttività nell’appartenenza, non c’è vera appartenenza.

In secondo luogo la morale che nasce dall’appartenenza ha un metodo suo proprio, che nasce dall’appartenenza.

212 – Il metodo della morale cristiana è quello di seguire Dio che si è rivelato in un avvenimento, quel Dio a cui apparteniamo, perché nell’avvenimento si capisce che gli apparteniamo. .

Seguiamo, “pro-seguiamo” quella diversità che ci ha colpiti secondo la forma in cui Dio ci ha colpiti.

La vera ragione dei disagi e delle differenze che ci sono è che gli adulti molto spesso sono persi in una analisi che prescinde dalla appartenenza.

Il luogo in cui nasce questa analisi è il loro cervello, è il loro cuore, non l’appartenenza che li definisce.

Noi non siamo definiti dal nostro cervello e dal nostro cuore, ma siamo definiti da Colui cui apparteniamo, secondo la modalità con cui Egli ci a consegnato a se stesso, secondo la forma di insegnamento a cui siamo stati consegnati.

Tutto ciò che non parte dall’appartenenza a Cristo, secondo la modalità con cui Egli si è fatto conoscere a noi nell’avvenimento capitale della nostra vita, non può essere epifania, non può far diventare manifestazione della nostra fede in Lui le nostre azioni, i nostri discorsi.

appartenenza a Dio

214 – Per l’appartenenza giusta a Dio, cioè al nostro destino, non basta la nostra giustizia. La perfezione si attua esistenzialmente come rapporto riconosciuto e accettato con Cristo. Così la coerenza non è una capacità dell’uomo, ma è una grazia dello Spirito.

219 – Il Papa ha descritto in modo magistrale, mirabile, questo passaggio dall’avvenimento in cui il Signore diventa incontro personale, in cui l’appartenenza della nostra persona a Lui viene affermata in modo irriducibile – così che ne sgorga il fiume della nostra moralità, di tutta la nostra moralità -, alla comunione.

appartenenza al popolo

105 – Il singolo uomo vale in quanto è destinato ad essere dentro questo popolo in funzione di esso: vale a dire, il singolo uomo appartiene a questa storia, è chiamato ad appartenere a questa storia.

Appartenere a questo popolo è il valore del singolo. Il valore del singolo, il valore, è il rapporto con il destino.

La grandezza, perciò, la proporzione della statura di un uomo, la forza di un uomo, insomma il valore del singolo, di me, di te, sta nell’appartenere a questa storia che il destino lancia, ha lanciato nel mondo.

Valgo se appartengo a questo popolo.

Questa appartenenza è la forza e il miracolo della singola persona nel suo cammino dentro il tempo, che la fa passare attraverso deserti e battaglie, aridità e tentazioni di dubbiezze, lotte e prove.

Autorevolezza

156 – L’obbedienza è alla compagnia presente e a chi la esprime nella sua coscienza ideale, cioè la sua autorità.

L’autorevolezza nella compagnia, l’autorità nella compagnia è data da chi la esprime nella sua coscienza ideale.

229-231 – La nostra compagnia è carica di ricchezza, ognuno di noi, se guardato con gli occhi della fede, ha una autorevolezza sull’altro data da una capacità di esempio, di pazienza, di affezione, di perdono, da una capacità di parola buona, da una saggezza, da una capacità di discrezione.

231 – «[…]al contrario, vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo, da quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità

Ef 4,1-16

Mirabile figura della autorevolezza che la compagnia tra di noi, dignitosamente vissuta, veramente possiede: «un corpo ben compaginato».

249 – Domanda «Qual è il rapporto tra autorità del carisma e autorevolezza personale

La Chiesa riconosce la responsabilità di un carisma. L’autorevolezza personale è data dalla partecipazione che uno vive a chi ha autorità.

Il significato di questo carisma è rivelato da coloro che nella semplicità del cuore vivono il dono fatto dallo Spirito Santo e così restano autorità di fatto. L’autorevolezza è quella che sollecita ed edifica.

L’autorevolezza riscalda i passi, rende bela la strada, rende persuaso il cammino, rende più capaci di sacrificio quando è da fare. L’autorevolezza è una santità, l’autorità è un compito.

Autorità

156 – L’obbedienza è alla compagnia presente e a chi la esprime nella sua coscienza ideale, cioè la sua autorità.

229 – L’amore e l’obbedienza all’autorità rappresentano il segno supremo della nostra lealtà con Cristo.

Ma la nostra compagnia il Signore non la anima solo con la presenza dell’autorità, che custodisce la strada esatta per cui il popolo tutto deve passare, per cui la nostra anima deve lavorare.

La nostra compagnia è carica di ricchezza, ognuno di noi, se guardato con gli occhi della fede, ha una autorevolezza sull’altro data da una capacità di esempio, di pazienza, di affezione, di perdono, da una capacità di parola buona, da una saggezza, da una capacità di discrezione.

249 – Intervento: «Qual è il rapporto tra autorità del carisma e autorevolezza personale?».

L’autorità del carisma, per essere molto semplici, è quella che a Chiesa riconosce. La Chiesa riconosce la responsabilità di un carisma. L’autorevolezza personale è data dalla partecipazione che uno vive a chi ha l’autorità.

Io posso avere un’autorità nel carisma che interessa il movimento e ci può essere la più piccola persona tra di voi che vive questo carisma con una tale vivacità, con una tale sincerità e una tale umiltà che mi supera da tutte le parti e io stesso la guardo cercando di imparare il significato del carisma di cui sono vindice e guida.

Il significato di questo carisma è rivelato da coloro che nella semplicità del cuore vivono il dono fatto dallo Spirito e così restano autorità di fatto.

L’autorevolezza è quella che sollecita e edifica.

L’autorità è chi assicura la strada. L’autorità assicura la strada giusta; l’autorità in quanto riconosciuta dalla Chiesa. L‘autorevolezza riscalda i passi, rende bella la strada, rende persuaso il cammino, rende più capaci di sacrificio quando è da fare.

L'autorevolezza è una santità, l'autorità è un compito.

Avvenimento

68-70 – L’angelo di Dio portò l’annuncio a Maria: questo è l’avvenimento della storia del mondo e della vita personale.

Comunque sia questo è l’avvenimento.

69 – Non esiste nient’altro nella vita per cui si possa parlare di «avvenimento», se non questo: questo è l’avvenimento, ogni altra cosa che accade subito decade, come una cosa che si frantuma.

Questo è l’avvenimento che cresce nel tempo, e crescendo col tempo genera ordine nel tempo, può far guardare fino in fondo alla vita, alla propria vita, alla vita del mondo, del mondo umano, dell’umanità, alla vita misteriosa del cosmo.

È solo questo avvenimento che può far guardare alla mia vita irrequieta e incongruente, alla vita tragica, violenta, della umanità, alla misteriosità occulta del cosmo.

Questo avvenimento, Cristo, porta ordine, rende tutto cosmo, bellezza, cioè realtà piena di senso, tesa al significato.

Per questo occorre che l’angelo del Signore, portando l’annuncio a Maria, si senta dire: «Fiat», «avvenga di me secondo la tua parola», «avvenga della mia vita secondo questo avvenimento».

La conversione è questo: «Sì»

70 – L’avvenimento, Cristo, espiazione e perdono, diventa il cuore della vita ordinaria.

198-212 – Immaginiamoci due che vanno lungo la strada desolati e tristi e poi succede qualcosa di imprevedibile, imprevisto. Come si chiama una cosa di questo genere? È un avvenimento.

A quei due che andavano per strada è successo un avvenimento, è accaduto un evento. Avvenimento, evento, in un certo modo una novità assoluta. Ogni evento, ogni avvenimento ha dentro qualcosa che è novità assoluta. .

Bene, questa è la parola che dice il modo con cui il Mistero lambisce più immediatamente ciò che ci appare: ciò che ci appare è toccato dal Mistero in un modo sperimentabile in quanto diventa un avvenimento, un evento.

Adesso mi interessa fissare l’attenzione sulla parola «avvenimento». La modalità con cui Dio è entrato in rapporto con noi – perché oramai è entrato in rapporto con me e con te – è un avvenimento; non è un pensiero, un sentimento: è un avvenimento, un evento.

E questo, tra l’altro, è il modo della conoscenza come tale. Perché se la conoscenza è qualcosa di nuovo, cioè di esterno, l’avvenimento ne è il metodo supremo.

199 – Il metodo stesso della conoscenza è l'avvenimento: senza avvenimento non si conosce niente di nuovo.

Per indicare il cristianesimo come salvezza, la categoria da usare è «avvenimento»: Dio diventato avvenimento nella nostra esistenza quotidiana.

Pensiamo a Maria, a quella ragazza, chissà cosa stava facendo, una cosa certamente banale, ovvia agli occhi suoi, qualunque cosa stesse facendo: in quell’attimo l‘avvenimento accadde.

Il cristianesimo come salvezza entra nel mondo, Dio entra nel mondo, per salvarci, come avvenimento, come avvenimento della nostra esistenza quotidiana.

E siccome è Dio che è entrato nella loro vita (degli apostoli), è un avvenimento da cui tutta la loro vita è dipesa.

200 – Da un avvenimento non si può più tornare indietro

Da che cosa si capisce che l’avvenimento in cui Dio entra nella nostra vita, nella nostra esistenza quotidiana, è una verità di salvezza, è un avvenimento di salvezza? Dalla eccezionalità di una presenza.

201 – Gesù Cristo, quell’uomo di duemila anni fa, si cela, diventando presente, sotto la tenda, cioè sotto l’aspetto di una umanità diversa.

L’avvenimento è questa sua umanità diversa in cui ci imbattiamo.

202 – Davanti a quell’uomo, che si era reso vicino, quei due discepoli ebbero un presentimento del vero. C’è un presentimento del vero accostando ogni avvenimento in cui Cristo s’accosta alla nostra vita, diventa un camminatore con noi, parte del nostro esistere, diventa un avvenimento nella nostra vita.

Non è infatti un pensiero il rapporto che Dio ha stabilito con l’uomo: è un avvenimento, è un fatto.

203 – La corrispondenza – che è il sintomo, il segno, l’esperienza della verità – è un avvenimento, non un pensiero, cioè non in un nostro possesso, in qualcosa che fissiamo noi e possediamo noi, come frutto di una nostra ricerca.

Non è una dialettica che mi può unire a Cristo, al Dio fatto carne, che «spunta dalla carne». è un avvenimento, è un fatto, un qualcosa che accade.

L’avvenimento in cui Dio entra nella nostra esistenza per aiutarla, per salvarla, è un incontro: non un nostro pensiero, non un possesso che noi cerchiamo di realizzare, non una dialettica.

È nella natura dell'avvenimento il fatto che sia un incontro.

Ma che cosa vuol dire che l’avvenimento è un incontro? Che è contemporaneo a chi lo subisce, a chi lo afferma per forza di evidenza.

204 – «Nessuno ha mai parlato come quest’uomo. Questo qui sì, che parla con parole di verità». Questa persuasione ha la spiegazione in un passato, in un altro avvenimento passato, che ad un certo punto illumina lo stupore del presente: era la memoria di una presenza, la memoria di qualcosa che era già avvenuto.

205 – È un incontro, perciò, l’avvenimento in cui Dio si rivela a noi e ci aiuta; è un incontro, non un pensiero o una dialettica, non qualcosa che pretendiamo di possedere noi; è un incontro in cui è contenuta la memoria di qualcosa che è passato, una memoria del passato.

206 – Si può capire l’importanza di quel fatto passato solo attraverso una esperienza presente, solo attraverso una esperienza presente ed eccezionale di quel fatto che è venuto prima, solo attraverso un avvenimento presente, così differente umanamente che può essere spiegato soltanto da quel fatto che è accaduto nel passato.

207 – Un avvenimento del passato carico di pretesa e di significato per la nostra vita può essere scoperto solo in funzione di una esperienza presente. È questo il concetto di memoria.

Questo è il concetto di memoria. Un avvenimento del passato, carico di pretesa, di significato per la nostra vita, può essere scoperto solo in funzione di una esperienza presente di tale avvenimento.

È decisivo per la nostra vita cristiana che sia qualche cosa di presente che si vive e non un pensiero che indaga, e non un possesso che si ricerca, una dialettica che si svolge, a farci scoprire quell’avvenimento passato.

208 – Si potrebbe partire sia dal presente sia dal passato. Un avvenimento del passato, che ha una pretesa di significato per la propria vita, è rinvenibile nell’esperienza di un avvenimento presente, che è l’inizio di una memoria il cui contenuto è spiegato completamente dal passato.

Oppure: un avvenimento presente, che pretende un significato definitivo per la tua vita – perché quello a cui ti richiamiamo è una compagnia per la tua vita, totalizzante, una appartenenza profonda e totale – si può spiegare solo per un avvenimento del passato in cui tale pretesa inizia e al quale si arriva per una memoria che, nata ora, si compie nel contenuto di allora.

È un avvenimento presente che scopre un avvenimento del passato, che ha la stessa pretesa di significato per la vita: si stabilisce così una memoria che unisce il passato al presente e il presente al passato.

Anche per Giovanni e Andrea l’avvenimento che stava accadendo allora, con pretesa di significato per la loro vita […] poteva avere come spiegazione solo in un avvenimento del passato.

209 – Per Giovanni e Andrea che cosa era questo avvenimento del passato? Era la Bibbia, erano i profeti, un avvenimento del passato nel quale la proclamazione di tale pretesa incomincia e a partire dal quale veniva data la ragione del contenuto di una memoria che si compiva in quel momento.

«Questo accade davanti ai vostri occhi oggi» concluse Gesù (Lc 4,16-21 ; Mt 11,4-6). E volevano cacciarlo, volevano ucciderlo. È la profezia di Isaia che si compie nell’avvenimento di quel momento; si compie nell’avvenimento che la gente ha lì davanti. In quel momento avevano lì davanti Gesù. Quello che aveva detto seicento anni prima Isaia si compiva allora: un avvenimento, la cui spiegazione stava nel passato, nella grande profezia del passato.

L'uomo non può ritirarsi da un avvenimento accaduto, non può sopprimerlo.

210 – All‘avvenimento l’uomo appartiene e vi appartiene dentro al modalità attraverso cui l’avvenimento lo raggiunge.

L”avvenimento per eccellenza, infatti, è lo svelarsi della appartenenza totale dell’uomo a Dio.

Dio si rivela all’uomo in un avvenimento, e questo avvenimento in cui si rivela l’appartenenza totale dell’uomo a dio ha la forma a cui siamo stati consegnati quando ci imbattiamo in esso.

Se l’avvenimento decide di una appartenenza, è chiaro che questo avvenimento, come l’appartenenza, decide di una moralità.

[…] questa appartenenza a Cristo decide della moralità della vita, diventa la norma della vita.

211 – L‘avvenimento che porta all’appartenenza produce necessariamente un cambiamento, o meglio, tende a produrre un cambiamento.

212 – Il metodo della morale cristiana è quello di seguire Dio che ci si è rivelato in un avvenimento, quel Dio cui apparteniamo, perché nell’avvenimento si capisce che gli apparteniamo.

Seguiamo, pro-seguiamo quella diversità che ci ha colpiti, secondo la forma in cui Dio ci ha colpiti, come diceva il card. Ratzinger.

Tutto ciò che non parte dall’appartenenza a Cristo, secondo la modalità con cui Egli si è fatto conoscere a noi nell’avvenimento capitale della nostra vita, non può essere epifania, non può far diventare manifestazione della nostra fede in Lui le nostre azioni e i nostri discorsi.

avvenimento di salvezza

199-200 – Per indicare il cristianesimo come salvezza, la categoria da usare è «avvenimento»: Dio diventato avvenimento nella nostra esistenza quotidiana.

Il cristianesimo come salvezza entra nel mondo, Dio entra nel mondo, per salvarci, come avvenimento, come avvenimento della nostra esistenza quotidiana.

200 – Da che cosa si capisce che l‘avvenimento in cui Dio entra nella nostra vita, nella nostra esistenza quotidiana, è una verità di salvezza, è un avvenimento di salvezza? Dalla eccezionalità di una presenza.

avvenimento tra Dio/Cristo e l’uomo

216 – Non cessare mai di desiderarlo: questo è l‘avvenimento del rapporto tra l’uomo e Cristo, un desiderio che non cessa mai.

219 – L’avvenimento di Dio tra noi stabilisce una dimora, in cui la fraternità fra di noi, poco o tanto, lentamente, faticosamente, ma sempre esplode e uno non può considerarsi separato dagli altri.


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Temi degli ESERCIZI – Collana “Cristianesimo alla prova”


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