Clicca sull’iniziale della parola che cerchi
A – B – C – D – E – F – G – I – L – M – O – P – R – S – T – U – V
Lettera «G»
Gioia
19 – È la parola «gioia» che sta alla fine di ogni discorso cristiano, di ogni parola cristiana; l’esito è per questa promessa, per il cui mantenimento tutto è fatto. Perciò, «Là siano fissi i vostri cuori dov’è la vera gioia» (Orazione , Libro delle ore).
41 – «Dio non ci ha destinati alla sua collera ma all’acquisto della salvezza per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo» (1Ts 5,9) È la gioia, il tema cristiano è la gioia.
71-72 –
71 - « A volte si tocca il punto fermo e impensabile / dove nulla da nulla è più diviso /né morte da vita / né innocenza da colpa, / e dove anche il dolore è gioia piena» - Mario Luzi 72 - È è l'impossibile unità dell'istante, in cui nulla da nulla è più diviso, né la morte dalla vita, né l'innocenza dalla colpa, né il dolore dalla gioia.
103 – «Se la tua legge», il tuo modo di concepire le cose, che mi hai palesato, mi hai fatto conoscere, «non fosse la mia gioia, sarei perito nella mia miseria».
Salmo 119 (118), 9
C’è una cosa in più, oltre la parola fondamentale: la vita è positività, la realtà è positività, quello che il destino vuole dall’esistenza di tutto e di tutti è una positività, è – come dice il salmo – una gioia: siamo fatti per la gioia. Il cuore non può udire se non corrispondente a sé, se non questa parola.
Può esserci, prima, un esercito di scoraggiamenti, di «ma», di «se», di «però» e di «no», di negazioni, ma nessuno può rinnegare completamente questa parola che esprime la natura del cuore: gioia, felicità.
177-178 – «Gioia»: questa è la grande parola che Cristo ha introdotto nel mondo e che solo nell’esperienza cristiana è possibile.
Non è possibile altrimenti, la gioia, se non nell’esperienza del rapporto con Cristo, nella vita vissuta alla luce di Cristo.
Stiamo parlando, la liturgia parla, di questo mondo; «guidaci al possesso della gioia eterna»: eterna vuol dire vera, la gioia vera, la gioia di cui, guardata dopo, non possiamo dire: «È stata una delusione».
Ed è per la gioia – questo è importante -, ed è attraverso la gioia che «l’umile gregge di fedeli di Cristo giunge con sicurezza» al suo destino.
178 – Camminiamo con sicurezza in quanto tu, o Signore, ci dai la gioia.
Domandiamo la gioia; in qualsiasi situazione e stato d’animo ci troviamo, abbiamo l’immaginazione nuova e il cuore nuovo che ci fanno domandare la gioia.
Nessuno domanda la gioia.
Noi domandiamo a Te, Signore, quella gioia che, come dice la Chiesa, dà sicurezza al cammino del tuo popolo.
Comunicare un’esperienza di gioia a chi non ne ha mai avuta neanche l’ombra e non può sapere in cosa consista.
249-250 – Che cosa è «questa cara gioia sopra la quale ogni virtù si fonda»?
250 – È la fede, è la gioia dell’incontro che abbiamo fatto, è la gioia dell’avvenimento che ci è accaduto ed è l’avvenimento che ci è accaduto, è la gioia dell’incontro fatto che ci fa desiderare di cambiare.
La «cara gioia» della fede, questo dono prezioso della fede, che ci si è riscaldato e ravvivato nell’incontro fatto, ci fa desiderare di essere migliori, ci fa desiderare la virtù, ci fa desiderare un cambiamento di noi stessi secondo la volontà di Dio.
gioia di Cristo
79 – Non ci rattristiamo neanche per i nostro male, perché la gioia del Signore è la nostra forza.
È la gioia del Signore che deve figurare nelle nostre facce, è la gioia del Signore che dobbiamo portare in questo mondo.
Il popolo cristiano, cosciente del proprio essere peccatore, non è un popolo triste, è un popolo pieno di gioia: la gioia del Signore,la gioia di Cristo, non di me, la gioia di Cristo che mi investe e, investendomi, butta fuori da me il rimorso, il ricordo, la coda amara del mio peccato.
Giudizio
54 – Il giudizio è questo: «la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce perché le loro opere erano malvagie», e demoniache.
76 – Perciò il supremo dovere di chi ha responsabilità è l’amore alla libertà creativa. Oh, certo, non sarebbe amore protettivo e valorizzatore se non fosse anche giudizio. Unità e libertà creativa rappresentano il contenuto della fedeltà alla nostra storia.
98 – Ancora una volta la Madonna ci aiuti a non perdere tempo e a sostenerci vicendevolmente nel cammino della vita, che è una cosa seria, perché la vita va a finire nella morte e la morte nel giudizio e il giudizio pone il cuore dell’uomo di fronte a ciò per cui è fatto.
115-116 – Il mio essere peccatore, incomincia come giudizio di valore sbagliato: «Io giudico», qui incomincia l’errore; «Io giudico», non: «Tu giudichi», «un Altro giudica», cioè il Mistero, che ti comunica ciò che vuole attraverso le circostanze inevitabili.
116 – «Io giudico» è l’affermazione della propria ragione nel giudizio di valore: «Vale la pena farlo, non vale la pena farlo».
161 – La mentalità è la misura con cui si giudica tutto: mens, la radice latina di «misura» (metior, misurare)
La mentalità è ciò da cui nasce il giudizio di valore, che stabilisce il «vale la pena».
Deve avvenire una metamorfosi in voi perché è una nuova natura che vi viene data[…]Rendendo nuova la vostra misura, il vostro giudizio sul «val la pena», «per poter discernere la volontà di Dio», per poter far così fare accadere la volontà dell’altro, per convogliare tutto in funzione dell’opera di un Altro, di «ciò che è a lui gradito e perfetto».
Giustizia
12 – «Senza di te, Dio, sarei nulla». Infatti ci insegna lo Spirito di Cristo, la giustizia – che la vita sia giusta – è la fede, è data dalla fede. La vita consiste, ha consistenza, per qualcosa di più grande di noi, da riconoscere e a cui aderire.
32-33 – Senza che tutto parta da quell’appartenenza originale, la bontà non può rappresentare le sponde del grande fiume, la giustizia e la pietà non possono rappresentare i limiti che tengono nell’ordine dello sforzo delle grandi acque.
39 – E il tempo ci è dato perché questa storia diventi storia di giustizia, secondo la volontà di Dio, che è paziente e misericordioso.
102-103 – «Non provocate la morte con gli errori della vostra vita, non attiratevi la rovina con le opere delle vostre mani, perché Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutto per l’esistenza; le creature del mondo sono sane, in esse non c’è veleno di morte, né gli inferi regnano sulla terra, perché la giustizia è immortale»
Sapienza 1,12-15
103 – Questa contraddizione sta, gigantesco segno, a separare – come un giorno la giustizia di Dio giudicherà e separerà i buoni dai cattivi – che si abbandona al proprio modo di sentire come ultima misura e chi è tutto in ascolto di quella parola che il destino gli può far arrivare.
107-109 – «I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie»
Is – 55,8
In una sola parola: la giustizia, che è la positività di questo disegno – si chiama giustizia definitiva e totale di questo disegno, la positività di tutto ciò che esiste, perché tutto ciò che esiste, perché tutto ciò che esiste rifluisce in questo disegno -, non si identifica con i metodi e le misure nostre.
La giustizia è il disegno di Dio
La nostra idea di giustizia è sempre sproporzionata: ridicolmente, se la guardiamo come pretesa; dolorosamente, se la guardiamo dalla sete di giustizia che è nel cuore.
La nostra immagine di giustizia è sproporzionata alla giustizia: la giustizia è il destino, la giustizia è Dio.
«E Dio disse ad Abramo: “Prendi Isacco e uccidimelo in sacrificio, dammelo in sacrificio”» E Abramo tosto si alzò. C’è una vicenda più contraddittoria, più ripugnante, più sconcertante e sconvolgente la nostra idea di giustizia, della richiesta che il destino fa al padre Abramo, che uccida per il destino per il destino, per Dio, il suo unico figlio?
108 – E l’esilio in Babilonia?
109 – Nonostante questo, dobbiamo ben guardare in faccia a questa grande e suprema legge della nostra vita, che il criterio, il metodo, la misura di tutto quanto avviene è secondo una giustizia che con la nostra sembra non aver alcun rapporto.
Ma non è nella nostra giustizia che noi possiamo trovare obiezione oppure approvazione, conforto o sconforto: la giustizia è Dio, la Giustizia è il Destino, la giustizia è il Mistero.
Che cosa dobbiamo fare noi?
Un disponibilità totale; una disponibilità totale di fronte al destino, al Mistero, a Dio, alla giustizia che non è la nostra giustizia.
La nostra giustizia annida se stessa in un particolare e non libera nulla
Nell’istante dobbiamo essere disponibili, cioè abbandonati come un bambino tra le braccia della madre, come poveri che non hanno nulla da difendere di fronte a ciò che il destino fa accadere [….]
112 – (Adamo ed Eva) Era attraverso quel sacrificio piccolissimo, invisibile, quasi infinitesimale, che dovevano dimostrare che riconoscevano il Mistero, che la ragione è nel Mistero, che la giustizia è nel Mistero, che la misura è del Mistero.
Detto queste cose, la contraddizione rimane; la ferita della contraddizione la sentiamo, l’ingiustizia in noi la sentiamo. È un’ingiustizia, non possiamo non sentirla come una ingiustizia.
117 – Dobbiamo ammettere che il peccato, il peccato in noi, è veramente una ingiustizia, è lotta contro la giustizia.
La giustizia è il Mistero che si rivela nelle circostanze inevitabili, nel presente, a cui noi dovremmo essere disponibili come un bambino tra le braccia della madre.
128 – «Colui che non aveva conosciuto peccato Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio».
2Cor 5,21
Perché noi potessimo diventare giusti di fronte al Mistero.
130-131 – L’assurdo supremo, per una ragione che voglia essere criterio definitivo delle cose, misura delle cose, misura della realtà è, prima di tutto, che Iddio si sia fatto uomo, bambino; in secondo luogo, che esista tra noi qualcosa che è inarrivabile come potenza, come grandezza, come bellezza, e cioè chela bellezza fatta carne, la giustizia fatta carne, la bontà fatta carne, la verità fatta carne, il destino fatto carne in un uomo sia presente tra noi.
134 – Per la libertà noi possiamo sbagliare – dunque dire: «È stato ingiusto a darci la libertà» -, rifiutare cioè il criterio del Suo muoversi, la Sua giustizia.
La giustizia invece sta proprio nel come Lui si muove. Non possiamo – in base alla nostra arida e meschina giustizia – dire: «Dio poteva non darci la libertà». Che ci abbia dato la libertà, che ci abbia fatto partecipi della sua suprema dote, la libertà, è bene o male? È bene.
213-214 – Non basta la giustizia – questo è il nome che definisce la moralità costruita dall’uomo -, non basta la giustizia.
Per l’appartenenza giusta a Dio, cioè al nostro destino, non basta la nostra giustizia.
214 – «I programmi che prendono avvia dall’idea di giustizia e che debbono servire alla sua attuazione nella convivenza degli uomini, […] in pratica subiscono deformazioni» così oggi può avvenire che per colpire i colpevoli si distrugge un popolo nella sua unità di coscienza e nel suo stesso raggiunto benessere. «È stata appunto l’esperienza storica che, fra l’altro, ha portato a formulare l’asserzione: sommo diritto, somma ingiustizia. Tale affermazione non svaluta la giustizia» non svaluta il tentativo dell’uomo, «non attenua il significato che su di essa si instaura», o si cerca di instaurare, «ma indica solamente sotto un altro aspetto, la necessità di attingere alle forze dello spirito, ancor più profonde», all forze di Cristo, «che condizionano l’ordine stesso della giustizia»
Giovanni Paolo II, Dives in Misericordia
Non basta la giustizia, non basta la buona volontà dell’uomo, la coerenza. Chi è capace di essere coerente? Nessuno. La perfezione non l’esito di una di una coerenza.
La perfezione è il rapporto con questo Tu[…] La perfezione si attua esistenzialmente come rapporto riconosciuto e accettato con Cristo.
242-243 – Intervento: «Perché la giustizia non basta e ci vuole la carità?»
243 – La giustizia non basta perché l’uomo, per il peccato originale, non è capace di mantenere la giustizia nella sua completezza, nella completezza delle sue esigenze.
La legge è chiara, ma l’uomo è incapace di sostenerla, di portarla a termine, c’è qualcosa in cui cade. Siamo peccatori. Allora occorre la presenza di una misericordia, occorre una carità, una pietà più grande che, come il papà e la mamma prendono il bambino caduto e lo fanno rialzare, ci facciano rialzare.
250 – È vero o no che tanti fra noi, tutti fra noi, abbiamo desideri di bene che prima non avevamo, abbiamo sete di purità che prima non conoscevamo, abbiamo anelito a una giustizia che prima non conoscevamo, abbiamo un senso stupito della bellezza e della grandezza, del miracolo della gratuità o della carità, che prima non ci sognavamo neanche e abbiamo incominciato a desiderare queste cose per quello che ci è accaduto?
Gloria
94 – Se lo scopo con cui il Signore ha fatto il mondo e si muove nel mondo, se l’opera di Dio è Gesù Cristo, è la gloria di Gesù, è che gli uomini conoscano Gesù Cristo, allora occorre che il Signore, che Gesù, c’entri con quello che mangiamo e beviamo, con il mangiare e il bere.
gloria di Cristo
233 – Influisce non secondo il modo definitivo con cui il mondo sarà vinto e trasformato in «quel giorno», io giorno della sua gloria, della gloria di Cristo, ma quello che è pesante diventerà più leggero e quello che manca incomincerà a mancare di meno e quello che pesa ed è violento incomincerà ad essere meno violento e questo deserto del mondo – attraverso di noi – incomincerà a diventare più dimora.
236 – Questo non sia un pensiero strano per noi, estraneo a noi, estraneo alle nostre coscienze, nell’attesa di «quel giorno», quando tutto scoppierà di gioia, quando tutto sarà luce, quando tutto sarà gloria di Cristo.
gloria di Dio
127 – «Non c’è distinzione: tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio». La gloria di Dio è la nostra felicità, «la gloria di Dio è l’uomo che vive»( Ireneo, Adversus haereses), quel libro di cui parla il libro della Sapienza, e che Dio ha fatto per la felicità.
«Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la Sua grazia, in forza della redenzione realizzata da Gesù Cristo. Dio lo ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue, al fine di manifestare la sua giustizia»
Rm 3,21-26
253 – L’unica cosa che vogliamo in mezzo a tutti i detriti dei nostri errori, in mezzo a tutta la nostra debolezza, è la gloria di Dio nel mondo e quindi il benessere dell’uomo in questo mondo.
Gratuità/grazia
14 – Grazia è una cosa sola: il Mistero che si è fatto figlio di Maria, carne, ossa, cioè Cristo, unico fondamento della nostra speranza.
«Custodisci la tua famiglia o Dio, con la fedeltà del tuo amore; e sostieni sempre la fragilità della nostra esistenza con la tua grazia, unico fondamento della nostra speranza»
121-122 – «Dobbiamo riconoscere che il cammino della conoscenza e della liberazione di pende da fattori che sfuggono al nostro controllo e che nel linguaggio religioso portano sempre il norme di “grazia”»
W. Pauli
122 – «Grazia» vuol dire gratuità, qualcosa che avviene in modo assolutamente gratuito, che, come dice l’osservazione stessa, non dipende in nessun modo, ultimamente, come conseguenza, come risultato, dalle nostre indagini conoscitive o dai nostri sforzi emotivi o dai nostri tentativi di manipolare le cose.
La grazia riguarda quello che leggo:
«Padre, è giunta l’ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi Te. Poiché gli hai dato potere sopra ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, unico vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo»
Gv 17, 1-3
127 – «Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la Sua grazia, in forza della redenzione realizzata da Gesù Cristo. Dio lo ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue, al fine di manifestare la sua giustizia»
Rm 3,21-26
130-135 – «Per grazia di Dio però sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana» (1Cor 15,1-10).
La novità nella conoscenza e nella liberazione avviene per grazia.
E la grazia con cui Dio opera il compimento della nostra vita è un uomo, nato da una donna: Gesù Cristo, il Verbo stesso di Dio, il destino nostro, il significato del mondo fatto carne.
131 – È una grazia l'essere salvati.
La coerenza non è una costruzione di forza di volontà umana, la coerenza è il miracolo compiuto dal Mistero per noi.
Ogni coerenza è grazia; ogni coerenza è la forza di Cristo che investe la nostra debolezza e crea l’unità, ricrea l’unità in noi.
132 – Solo nella grazia siamo salvati.
133 – Anche la profezia del cuore umano teso alla felicità e al compimento, sia pur disperatamente, lo riconosce: «La grandezza viene per grazia di Dio».
La Grazia è una persona che sia chiama Gesù Cristo, che è «la pienezza della comunicazione del Dio invisibile che si è fatto uomo», accettando una visibilità, uguale alla nostra. «Cristo è un “momento di Grazia», nel senso più vasto e più illuminato, perché Cristo non è soltanto un momento, ma è una vita ed è una storia che da quella vita procede.
«Ecco, carissimi giovani, cosa vuol dire “momento di Grazia” che è in Gesù Cristo» (Giovanni Paolo II, Discorso durante l’incontro con i giovani del Friuli-Venezia Giulia).
L’opera di Dio è che questa grazia ci penetri, cioè che questa grazia si manifesti in noi, che questa purità totale, gratuitamente data dalla croce, si manifesti, si riveli in noi.
La grazia passa attraverso la reazione della nostra libertà.
«Questo “momento di Grazia” può essere capito, accettato, approfondito, oppure può essere ostacolato e distrutto dalla libertà dell’uomo che dice: “Io non voglio. Io non voglio questa tua comunicazione. Non voglio. Sono autosufficiente. Lasciami in pace!»
Giovanni Paolo II, Discorso durante l’incontro con i giovani del Friuli-Venezia Giulia
135 – Per questo, la libertà di fronte alla grazia è accogliere la grazia. Accoglierla. Allora la grazia diventa ricchezza nostra, secondo la misura e i tempi di Dio.
139-140 – Chi è centrato su di sé, sulla propria bontà o intelligenza, sull’ansia o persuasione di aver ragione, finisce per non percepire più la realtà nella sua inesauribile e misteriosa alterità.
Così, l’unico entusiasmo che si può provare nella vita è quello di aver ragione, di soddisfarsi; non certo la sorpresa per quello che accade, per la realtà che parla alla persona, per la grazia dell’essere.
Il moralismo «ci fa proprietari della nostre povere virtù. La grazia ci dà una famiglia e una razza. La grazia ci fa figli di Dio e fratelli di Gesù Cristo» (Ch. Péguy, «Le persone oneste da “nota congiunta su Cartesio e la filosofia cartesiana»)
170 – Il vero amore a se stessi, il riconoscersi peccatori sono le cose che producono libertà, che persuadono la libertà a decidere, cioè a spalancarsi, nell’affermazione amorosa di ciò che le viene proposto, della realtà che le si propone e, sopra ogni cosa, della grazia.
Grazia: niente è così grazia come la Grazia, il Mistero fatto uomo, che convive con noi, morto e risorto per noi, che si è preso addosso tutti i peccati di tutti eli ha bruciati nella Sua morte e con la Sua risurrezione riapre alla nostra libertà la grande proposta di Sé. La nostra libertà decida.
163 – È una novità critica di mente ed è una novità affettiva quella che caratterizza il soggetto nuovo: c’è in esso una capacità di amore, perciò di gratuità, di affermazione dell’altro, normalmente impossibile.
165 – L’amore al destino dell’altro: c’è una gratuità immaginabile se non questa? No non c’è gratuità se non questa: l’amore al tuo destino.
167 – Perché ci è data questa grazia che ci abbraccia e ci avvolge, ci elegge per sentirsi dire e poi per capire, e poi per fare, per incominciare a fare cose dell’altro mondo in questo mondo – e poi capisce che no si può vivere questo mondo senza non con queste cose dell’altro mondo? Perché abbiamo a portare tutto questo agli altri.
214-215 – La coerenza no è una capacità dell’uomo, ma è una grazia dello Spirito.
215 – La coerenza è grazia, è il rinnovarsi della sorpresa dell’incontro con qualcosa che è più di me, senza di cui io non sarei me stesso.
Allora che cosa dobbiamo fare? […] La domanda che la grazia ci renda coerenti.
217 – Che le nostre azioni Lo seguano, Lo imitino, siano il più possibile coerenti, siamo il più possibile per grazia: la grazia può farci compiere atti perfetti.
239-240 – Intervento: «La coscienza del peccato deriva da una educazione o da una grazia?».
La coscienza del peccato è frutto di una grazia.
La sostanza della risposta è che la coscienza del peccato, se è resa più sensibile da una educazione, non può essere, nella sua verità, se non frutto di una grazia.
244-245 -La moralità coincide col riconoscimento di Cristo, col dire «Tu» a Cristo, col dire: «Credo in Te, o Cristo». Questo urge il cambiamento, che avviene nella misura della grazia di Cristo.
245 – Intervento: «Se bisogna appartenere, che cosa c’entra la grazia?».
«Se bisogna appartenere, che cosa c’entra la grazia?»
L’appartenenza a Dio è una dimensione dell’io, strutturale.
La grazia è proprio il dono per cui Dio ti fa capire di appartenere: la grazia è proprio il dono con cui Dio ti fa accadere quell’avvenimento da cui capisci che ti appartiene.
Clicca sull’iniziale della parola che cerchi
A – B – C – D – E – F – G – I – L – M – O – P – R – S – T – U – V
I Temi di alcuni libri di don Giussani
- TEMI – Il senso religioso
- TEMI – All’origine della pretesa cristiana
- TEMI – Perché la Chiesa
- TEMI – Il rischio educativo
- TEMI – Generare tracce nella storia del mondo
- TEMI di Si può vivere così?
- TEMI di Si può (veramente) vivere così?
Temi degli ESERCIZI – Collana “Cristianesimo alla prova”
- TEMI – Un strana compagnia (82-83-84)
- TEMI – La convenienza umana della fede (85-86-87)
- TEMI – La verità nasce dalla carne (88-89-90)
- TEMI – Un avvenimento nella vita dell’uomo (91-92-93)
- TEMI – Attraverso la compagnia dei credenti (94-95-96)
- TEMI – Dare la vita per l’opera di un Altro (97-98-99)
Iscrivendoti riceverei gratis ogni nuova pubblicazione
