Temi di «Un avvenimento di vita nell’uomo»

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Lettera «L»


Legge

32 – Di recente, mi hanno fatto leggere un articolo, pubblicato su un quotidiano nazionale, in cui si diceva che la salvezza è data dalla legge.

Ciò mi ha fatto pensare a come, oggi, sia facile credere che la salvezza venga dalle leggi.

Ma le leggi non sono altro che la speranza posta nei propri progetti, che non hanno futuro e non creano popolo.

Così coloro che pretendono di salvarsi attraverso le leggi o la Legge – come dice san Paolo – sono poi quelli che si appropriano della legge.

È qui l’antitesi: l’uomo tenta di appropriarsi di ciò che gli è stato dato – «non abbiamo portato nulla nella vita» (1Tm 6,7) – invece di riconoscere di appartenere a Colui che gli ha dato tutto. Allora, se tenta di appropriarsi di ciò che gli è stato dato, pretende: la salvezza viene dalle leggi!

103 – «Se la tua legge» il tuo modo di concepire le cose, che tu mi hai palesato, mi hai fatto conoscere, «non fosse la mia gioia, sarei perito nella mia miseria».

Sal 119

117 – Senza capire che tutto è segno d’Altro, […] senza soggezione al Destino, senza sacrificio liberante verso il tutto, il particolare, il particolare provvisoriamente potente – prima c’era Stalin adesso non c’è più -, conia le sue leggi.

Per questo sant’Agostino dice che la legge è sorgente di violenza e di morte, perché il potente cerca di piegare tutto al suo progetto, in nome della legge che egli stesso conia o che lui stesso esalta, scegliendo tra gli spunti offerti dai valori.

123 – «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò Suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge»

Gal 4,4-5

128 – «Cristo ci ha riscattato dalla maledizione della legge, diventando lui stesso maledizione per noi, come sta scritto: “Maledetto chi pende dalla croce”»

Gal 3,13

195 – Il Signore non abbandona la sua creatura. Noi tutti veniamo da Lui: non eravamo niente, neanche uno di noi può sottrarsi a questa legge.

243 – La giustizia non basta perché l’uomo, per il peccato originale, non è capace di mantenere la giustizia nella sua completezza, nella completezza delle sue esigenze. È la famosa questione della legge: la legge è chiara, ma l’uomo è incapace di sostenerla, di portarla a termine, c’è qualcosa in cui cade.

legge della compagnia

165 – Si chiama carità la legge di questa compagnia, di questa amicizia che guida al destino.

L’amore al destino dell’altro, la carità, è la legge di quella compagnia guidata al destino, di quell’amicizia unica, vera, che si chiama con termine soltanto cristiano, soltanto cattolico, «comunione».

legge della fede

154 – La fede ha una legge.

La legge è la descrizione della dinamica con cui un essere va verso il suo destino.

La legge della fede si chiama obbedienza.

Libertà

28-30 – (Durante il periodo che Mosè era sul monte, i capi andarono da Aronne con la seguente richiesta) «Facci un dio che cammini alla nostra testa» facci un Dio che si capisca, che possiamo manovrare noi, toccare noi, fare noi, progetto nostro, «perché a quel Mosè, l’uomo che ci ha fatti uscire dal paese d’Egitto», dalla schiavitù, che ci ha parlato di libertà, che ci ha definito la libertà come rapporto con il Mistero, «non sappiamo che cosa gli sia accaduto« (Es 32,1), non sappiamo più da che parte prenderlo, è tutto astratto.

30 – Il peccato è senza futuro e senza storia, perché il soggetto della storia è un popolo.

E, infatti hanno in comune una cosa interessante questi due aspetti del peccato: è la libertà.

Me lo ricordava l’altro giorno padre Manuel con questa espressione: «La libertà non è la eliminazione della sofferenza, ma è la fatica per una grandezza».

Noi facciamo tutto in nome della libertà e, anche attraverso fatiche sterminate, è per una affermazione di libertà, per una prospettiva di libertà, che noi ci mettiamo in azione.

E la grandezza è una: l’essere; la grandezza è una: l’eterno; la grandezza è una: la verità da cui non si torna indietro, il destino per cui siamo stati fatti.

La fatica per il destino: questa è la libertà.

Senza l’amore a questa libertà siamo senza futuro e senza popolo, che sono le due caratteristiche dell’uomo di oggi, appeso alla televisione o incollato al titolo di giornale.

75-76 – Questa unità deve essere avvinghiata, abbracciata («abbracciata» è più giusto, perché è qualcosa di fraterno) a una libertà creativa. La creatività dello Spirito, l’Avvenimento, non necessariamente passa attraverso la tua testa di capo comunità o di me prete.

76 – Il potere creativo dello Spirito passa attraverso chi lo Spirito vuole. Perciò il supremo dovere di chi ha responsabilità è l’amore alla libertà creativa.

Unità e libertà creativa rappresentano il contenuto della fedeltà alla nostra storia.

77-78 – Il dialogo tra Cristo e l’uomo del nostro tempo, che solo in Cristo può vivere, solo questo dialogo è la vita del movimento, vissuta con coraggio, per il momento di confusione e di violenza, con chiarezza, sostenuta dalla fedeltà alla storia, nella unità e nella libertà creativa, e con amore alla strada altrui, alla strada di chiunque incontriamo, senza contraddizione, ma valorizzando e collaborando, fino all’ultima stilla di sangue.

134-140 – Egli ci ha creati come sé, liberi. La libertà che ci ha data è il segno più grande del suo amore di creatore.

Per la libertà noi possiamo sbagliare – dunque dire: «È stato ingiusto darci la libertà»-, rifiutare cioè il criterio del Suo muoversi, la Sua giustizia.

Non possiamo – in base a una nostra arida e meschina giustizia – dire: «Dio poteva non darci la libertà».

Che ci abbia dato la libertà, che ci abbia fatto partecipi della sua suprema dote, la libertà, è bene o male? È bene!.

La grazia passa attraverso la reazione della nostra libertà.

«Questo “momento di Grazia” Può essere capito, accettato, approfondito, oppure può essere ostacolato e distrutto dalla libertà dell’uomo che dice: “Io non voglio. Io non voglio questa tua comunicazione, Non voglio. Io sono autosufficiente. Lasciami in pace!“»

Giovanni Paolo II, Discorso durante l’incontro con i giovani del Friuli-Venezia Giulia.

La libertà, infatti, è per decidere: la decisione della libertà.

Ma se l’uomo è così impotente, in che senso la libertà potrà in lui diventare decisione vera e non una emozione o una cecità, per cui si abbandona, in un modo o nell’altro, all’istinto che emerge in lui o al pensiero che meccanicamente predomina in lui?

135 – In questo attimo, la libertà in che senso può diventare decisione? Accogliendo!

Non nasce da sé l’energia della libertà, è solo accogliendo qualcosa che essa diviene, si attua e si arricchisce.

Per questo di fronte alla grazia è accogliere la grazia. Accoglierla. allora la grazia diventa ricchezza nostra, secondo al misura e i tempi di Dio.

Ma quando la libertà può decidere di accogliere la grazia? Quando essa è mantenuta nella sua originale forma, quella in cui l’ha messa il creatore.

Il creatore ha posto la nostra libertà come affermazione amorosa della realtà. Noi nasciamo come affermazione amorosa di ciò che ci si presenta.

La libertà, per questo, si può tradurre ultimamente in desiderio. La decisione della libertà è un desiderio.

Più precisamente ancora: la decisione della libertà si identifica col desiderio, che è proprio la ricchezza del povero, la ricchezza del bambino, la ricchezza di chi da sé non ha nulla, ma può accogliere.

La decisione si traduce in desiderio, ma il desiderio vero è ciò che si chiama domanda.

136 – La domanda è la nostra libertà. Il desiderio reale, accettato, diventa esistenzialmente domanda, si traduce in domanda.

137 – Qualunque cosa tu faccia, se desideri Dio, non smetti mai di pregare.

Se non vuoi interrompere il pregare, non cessare mai di desiderare.

Ci sono tre blocchi che cercano di fermare la libertà nella sua apertura carica di desiderio, che cercano di bloccare la decisione della libertà che si traduce in domanda, che cercano di impedire la domanda, che impediscono il rendersi tutto sconfinato in noi, anche il moto segreto, anche l’atto più imprigionato.

  1. 138 – La trascuratezza dell’io; sì, la trascuratezza nella vera tenerezza verso se stessi, la trascuratezza nel vero amore a sé, la dimenticanza del destino, del destino come qualcosa a cui io sono designato.
  2. La seconda obiezione alla libertà che decide, al decidersi della libertà, è data dalla centratura su di sé. Chi è centrato su di sé, sulla propria bontà o intelligenza, sull’ansia o persuasione di aver ragione, finisce per non percepire più la realtà nella sua inesauribile e misteriosa alterità.
  3. 139 – Un terzo ostacolo alla decisione della libertà è non riconoscersi peccatori. Riconoscersi peccatori spalanca alla domanda.

140 – Il vero amore a se stessi, la vera dimenticanza di se stessi, il riconoscersi peccatori sono le cose che producono libertà, che persuadono la libertà a decidere, cioè a spalancarsi, nella affermazione amorosa di ciò che le viene proposto, della realtà che le si propone e, sopra ogni cosa, della grazia.

Grazia: niente è così grazia come la grazia, il Mistero fatto uomo, che convive con noi, morto e risorto per noi, che si è preso addosso tutti i peccati di tutti e li ha bruciati nella sua morte e con la Sua resurrezione riapre alla nostra libertà la grande proposta di Sé.

La nostra libertà decida.

La decisione autentica della libertà – se quei tre ostacoli vengono tolti e capovolti -, la vera libertà, la vera decisione della libertà è una domanda, è una mendicanza: mendicanti dell’Essere, mendicanti del Destino, mendicanti del Mistero, mendicanti del Padre, mendicanti di Te, o Cristo, nostro fratello che vivi con noi.

215 – La domanda è il limite ultimo, il confine misterioso della nostra libertà.

Nella domanda la nostra libertà si gioca.

La vera e fondamentale pratica ascetica è domandarlo.


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Temi degli ESERCIZI – Collana “Cristianesimo alla prova”


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