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Lettera «C»
- Cambiare
- Cambiamento
- Carisma
- Carità
- Carne
- Chiarità
- Chiesa
- Compagnia
- Corrispondenza
- Cultura nuova
- Cuore
Cambiare
46 – Man mano che le parole arrivavano loro e che il loro sguardo, intontito ed ammirato, era penetrato, si sentivano cambiare, sentivano che le cose cambiavano: il significato delle cose cambiava, l’eco delle cose cambiava, il cammino delle cose cambiava.
50 – «In verità ti dico che ciò che nasce dalla carne è carne, ma ciò che nasce dallo Spirito, dal fondo da cui nasce anche la carne, è spirito che cambia la carne»
Gv 3,1-8
Io non sono più come prima. vedo cose che altri non vedono, percepisco la realtà come altri non la percepiscono, sono capace di affezione come altri non ne sono capaci, vorrei essere generoso come altri non vorrebbero essere.
57 – Se anche solo l’Angelus recitato a scuola prima delle lezioni è segno di qualcosa che cambia lentamente, bene, noi aspettiamo!
154 -Dobbiamo volere di più, l’apostolo ci impone: «cambiare il proprio modo di pensare in una forma nuova».
Cambiamento
35 – «Questa è la pienezza cristiana del destino: essere pronti all’evento, lasciare che la sua forza ci traversi finché possa riplasmarci e rifonderci» (cambiarci, perché, è se opera; è se cambia)
Mario Luzi «Libro di Ipazia»
In quel determinato istante, in quella determinata occasione, gli altri potranno non accorgersene, potrà essere per loro un giorno particolarmente nervoso; e invece, proprio in quel giorno sono testimone di qualcosa che cambia in me. Cambia: questo è il miracolo. Si chiama «miracolo» il Suo rendersi presente, il rendersi presente nella carne della via al nostro destino.
46 – Man mano che le parole arrivavano loro (A Giovanni e Andrea al primo incontro con Gesù) e che il loro sguardo, intontito e ammirato, era penetrato, si sentivano cambiare, sentivano che le cose cambiavano; il significato delle cose cambiava, l’eco delle cose cambiava, il cammino delle cose cambiava.
49-50 – Comunque ne possano dire certi esegeti e filosofi, che applicano le loro logiche, proiettano le loro categorie preconcette su tutto ciò che accade, qualunque cosa essi possano dire, la gente che ha fatto quell’incontro è cambiata e si è messa a parlarne: taluni narrato per iscritto l’impressione di quell’incontro reale, nel quale si sono trovati di fronte a qualcosa più grande di loro, di cui non potevano darsi ragione e che da allora ha cambiato la loro vita. Sono rimasti tali e quali, ma l’incontro ha cambiato tutto. Anche il loro «tale e quale» è cambiato.
O fratelli miei, che ci conosciamo o non ci conosciamo, ma che siamo insieme più di quanto possiamo conoscerci proprio per richiamarci a questo, per richiamarci all’incontro con questa Presenza che cambia, non abbiamo paura di tale cambiamento! È come la crescita di un fiore, non lo si vede crescere; così noi, non ci accorgeremo neanche che cambiamo.
(Gesù) Che cosa faceva? Cambiava chi lo guardava.
50 – «In verità ti dico che ciò che nasce dalla carne è carne, ma ciò che nasce dallo Spirito, dal fondo da cui nasce anche la carne, è spirito che cambia la carne»
Gv 3,1-8
Non è un progetto, non si tratta di propositi, è impossibile fare propositi: si tratta di guardare una Presenza, di rendersi contro, lentamente, col tempo che passa, con le testimonianze degli amici, con chi si vede morire, con chi si vede soffrire, con chi cammina con noi, di un cambiamento impensabile; si tratta attraverso tutto questo, di sentire la propria vita cambiare.
53 – «Non conformatevi alla mentalità di questo mondo, ma trasformatevi», cambiatevi, «rinnovando il vostro modo di giudicare e di misurare le cose, per poter discernere la volontà del Mistero, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto»
Rm 12,1-2
75 – Questa è l’origine del nostro metodo: la vita cristiana nasce dall’incontro con una presenza, seguendo la quale si cambia.
154 – Dobbiamo volere di più, l’apostolo ci impone: «cambiare il proprio modo di pensare in una forma nuova».
Non si cambia secondo un qualsiasi modello che è comunque sempre fuori moda, ma è una piena novità con tutta la sua ricchezza.
Carisma
66-68 – La modalità estrema con cui si può essere colpiti dal permanere di Cristo nella storia è quella secondo cui lo Spirito Santo, lo Spirito di Cristo, ci fa incontrare qualcuno seguendo il quale la fede diventa più facilmente chiara e l’affezione alla fede più facilmente intensa, e la voglia di diffondere il regno di Cristo più consapevole e più facilmente creativa. Questo si chiama «carisma», è l’avvenimento del carisma.
Il carisma, perciò, diceva il Papa (Giovanni Paolo II), parte da una persona colpita dal dono, dalla grazia dello Spirito, in un modo particolare. secondo le circostanze del carattere, del temperamento, dell’ambito e del momento storico in cui vive.
67 – A contatto con questo privilegiato dello Spirito, tante persone, […] restano commosse, toccate, e dicono: «Anche noi vogliamo seguire questo».
Tutti i rapporti che stabilisci, i giudizi che dai, le decisioni che prendi, i modi che usi cercando di attingere ii criteri da questo pozzo profondo e limpido che è dato dal carisma di cui tu fai parte, aderendo alla compagnia in cui l’hai incontrato e obbedendo a chi guida questa compagnia, che non è stato votato dalla maggioranza, non è stato determinato dalla sua convinzione, ma fissato da un incontro dello Spirito.
71 – Se il marito è percosso, è colpito da questo carisma ed entra lui per primo in Comunione e Liberazione, la donna con cui è non lo capisce; e se il figlio vi entra non lo capiscono i suoi genitori. Ma nella pazienza lo capiranno.
76 – (La Fraternità) «Non è una federazione di realtà autonome» significa che ogni gruppo è il terminale ultimo di quell’influsso educativo alla fede, alla speranza, alla carità, che ci è dato col carisma che lo Spirito ci dona. Perciò unisce agli altri, non stacca dagli altri.
100 – (Da un viaggio in Israele il racconto di come si muovono i Memores che sono a Nazareth) «È bellissimo, è commovente vedere come si trattano, come trattano i frati del Fatebenefratelli che sono con loro e ai quali si piegano in tutto – è proprio vero, come mi diceva Daniele, che il nostro carisma abbraccia tutti gli altri-, come trattano gli ospiti.»
157-159 – Questa unità non è una omologazione o una identità di volti senza senso, senza significato: sono volti precisi, ogni gruppo, ogni realtà di questo popolo, essendo nato da una grazia dello Spirito, grazia particolare dello Spirito che si chiama «carisma».
159 – L’unità del popolo cristiano e l’unità dei singoli gruppi, quelli nati e investiti dalla stessa grazia particolare dello Spirito, o carisma, si costruisce così (offrire tutto la vita a Cristo).
171 – Come avveniva nella coscienza dell’uomo Cristo? avveniva come rapporto con il Padre, come coscienza di essere il mandato dal Padre, per cui andava di là e non di qua. E come può avvenire per me? Come coscienza di un rapporto generativo reale, concreto, oggettivo, non deciso da me: rapporto che ho con don Massimo e la Fraternità in cui Dio m’ha messo, rapporto che mi apre e mi avvicina a te, al carisma, e in questo modo mi apre all’orizzonte della Chiesa tutta e a Cristo.
178 – Domanda? «Possiamo recuperare le caratteristiche del nostro metodo, del metodo implicito nel nostro carisma?».
La prima implicazione del nostro carisma è l’aver imparato che accostare qualsiasi cosa – e persona, ancor di più – deve partire da una ipotesi positiva. Che Dio sia amore, chela natura di Dio sia amore, vuol dire che lo scopo di tutto quel che c’è è assolutamente positivo, assolutamente positivo!
Carità
16 – Chiediamo a Dio che la nostra attenzione non si svaghi, che la nostra tenerezza non si perda nell’inutile, nella sentimentalità, ma diventi sorgente e suggerimento e dedizione, di dono di sé, cioè carità. E qui ci sentiamo dentro lo stesso cuore di Dio: carità.
80 – Che nessuno di noi abbia un bisogno che non si riverberi in tutti quanti i nostri gruppi, che non trovi la compassione, cioè la carità, il riverbero della carità di Dio, in tutti gli altri.
115 – È vedendo degli uomini che vivono la carità tra di loro e che realizzano gesti la cui forma si ispira alla parola, alla legge di Cristo, è vedendo queste cose che si capisce che è presente qualcheduno che è più che uomo, che c’è un’altra Presenza dentro questa mirabile presenza di ragazzi, dentro questa mirabile presenza di una giovane ammalata gravemente.
142 – La semplicità è l’applicazione della fede, della speranza e della carità. ho il presentimento e sono spalancato a questo presentimento: la fede. Ho il presentimento d’una cosa importante per il mio futuro e per il mio destino, per il significato di questo tempo che passa: speranza. E carità è una gratuità, la gratuità di Colui che si fa presente, che si fa presentimento in me; è una gratuità.
Giovanni e Andrea, di fronte a quell’uomo che parlava, sentivano la pioggia ricca di gratuità delle sue parole e il loro terreno ne era fertilizzato, ne era rincuorato e rinfrescato. Tutto era rinfrescato in loro, era come se tutto fiorisse. Certo manchiamo di semplicità.
163 – La Madonna ci aiuterà, e ci aiuteremo tutti insieme come fratelli, nel capire il messaggio che ci viene portato, ma soprattutto nel viverlo dentro la carità fraterna. Nessuno di noi deve avere un bisogno senza che lo possa confidare e condividere con chi gli sta vicino o lontano.
175-176 – LA natura dell’Essere, come ce la presenta il Nuovo Testamento, la rivelazione di Gesù; il Mistero che fa tutte le cose, così come ci è stato rivelato attraverso il Figlio di Dio fatto uomo, attraverso Gesù; la natura dell’Essere è amore, allora nell’uomo che è la creatura fatta a Sua immagine e somiglianza, la virtù suprema sarà questa caritas, questo amore.
176 – Ma non è calcolo proprio perché è carità, cioè la natura espressa di Dio. L’espressione della natura di Dio, l’attività di Dio è governata totalmente, esaustivamente, da questa parola, così radicalmente usata, «carità», che vuol dire, immediatamente, amore senza alcun tipo di calcolo, senza nessun tornaconto, pro; amore puro, gratuito. Ecco perché si chiama caritas. Charis è una parola greca che vuol dire gratuità, indica gratuità totale, assoluta, amore senza calcolo: puro, nudo e crudo amore.
187 – Siamo abituati a parlare della carità o dell’amore senza scandagliarne il fondo, quel fondo per cui il nostro amore riverbera veramente il Mistero, la vita del Mistero (tutto ciò che esiste nasce dal Mistero che fa tutte le cose): il Padre, il Figlio e lo Spirito. E questa è la rivelazione suprema della amicizia come la grande protagonista del creato, così come Gesù ce l’ha fatta concepire, come la rivelazione di Dio ce l’ha fatta concepire, ce l’ha svelata dalla Sua immaginazione infinita.
194 – Perché Dio, la vita di Dio, è amore gratis: caritas senza motivo; potremmo tradurlo così: «Senza motivi». umanamente senza motivi! Tanto che appare come ingiustizia, o come irrazionalità: non c’è ragione, appunto; per noi non c’è ragione, appunto; per noi non c’è ragione, perché la misericordia è propria dell’Essere, del Mistero infinito.
Carne
50 – «In verità ti dico che ciò che nasce dalla carne è carne, ma ciò che nasce dallo Spirito, dal fondo in cui nasce anche la carne, è Spirito che cambia la carne» (Gv3,1-8).
Sono io, tale e quale, pieno di errori ogni giorno, ma il mio «tale e quale» è diverso: «nascere di nuovo», «figlio di Dio», «creatura nuova», secondo la terminologia di Paolo. «Quello che importa non è la carne e il sangue, ma la creatura nuova, l’essere creature nuove» (Gal 5,15).
58 – …«affinché le creature del Dio unico non restino estranee e nemiche le une con le altre, ma abbiano un luogo comune dove manifestare la loro amicizia e la loro pace». Questo luogo è la Chiesa. M è una parola astratta se non vive nella carne, nei gesti di lavoro e nella convivenza della nostra compagnia: questa è la modalità con cui quell’incontro resta fino alla fine della storia. «sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine del tempo» (Massimo il Confessore: Mistagonia,I).
120 – La nostra educazione è metterLo nella nostra testa, metterLo nel cuore, comprendendone parola per parola il significato, legando strofa per strofa, riga per riga, periodo per periodo, legando il senso, facendo emergere la logica, brandendo tutta quanta la capacità di morso che Egli ha sulla nostra carne e sulle nostre ossa, la Sua imponenza su ogni giornata, su ogni momento della nostra giornata.
Cristo fatto carne
34-35 – «Perché cerchi tra parole morte il Verbi se Egli fattosi carne s è reso visibile?» (San Bernardo di Chiaravalle, “Epistola 106”).
35 – «Questa è la pienezza cristiana del destino: essere pronti all’evento, lasciare che la sua forza ci traversi, finché possa riplasmarci e rifonderci» (M.Luzi, “Il libro di Ipazia“), cambiarci, perché: è se opera; è se cambia! È un cambiamento mio, ora, nel tempo. Cambia! Questo è il miracolo. Si chiama «miracolo» il Suo rendersi presente, il rendersi presente nella carne della via al nostro destino.
37 – «Rimanendo presso il Padre, era verità e vita; rivestendosi della nostra carne, è diventato la via. Non ti vien detto: devi affaticarti a cercare la via per arrivare alla verità e alla vita; non ti vien detto questo. Pigro, alzati! La via stessa è venuta a te e tu ha svegliato dal sonno, se pure ti ha svegliato. alzati e cammina!» (sant’Agostino).
«L’incarnazione implica un vincolo permanente con questa storia, con questa parola biblica, con questi segni sacramentali, presenza stabile della “carne” di Gesù. […] La fede cristiana è un nuovo inizio» (Ratzinger, ” E Ratzinger «spiega» l’inculturazione”).
119 – Cristo è tutto! L’odio a Cristo è l’odio al senso della vita, perché il senso della vita dà una responsabilità che uno non può gestire per sé stesso, è una responsabilità davanti a un Altro, a quell’Altro da cui tutte le cose fluiscono, a questo uomo, Gesù, che è l’Altro – Iddio il mistero di Dio – diventato carne.
149 – «Chi non riconosce Gesù come Dio nella carne è un menzognero, è un mentitore» (Gv 2,22).
La Parola si è fatta carne
100-101 – (Dopo aver incontrato i Memores) Vedere dal giardinetto dell’ospedale il panorama di Nazareth con la basilica dell’Annunciazione, perché “il Verbo lì si è fatto carne“, e averlo visto con i miei occhi e toccato con le mie mani è stata una grande grazia che il Signore mi ha fatto: inaspettata, gratuita, ingiustificata, imprendibile.
101 – Così, dal giardinetto, guardando la cittadina, da lontano sulla sinistra, ecco, si vede la Basilica dell’Annunziazione costruita sopra la casa dove abituò Maria, con Giuseppe e Gesù, la casa di Gesù: quella che, quando si fa là, colpisce la targa, che appena in basso reca scritto: Verbum caro hic factum est, il Verbo “qui” si è fatto carne.
131 – La Parola si è fatta carne – la Parola si è fatta carne! – ma l’uomo, nato e cresciuto nell’odio che il mondo ha verso Dio, verso il mistero di Dio, cieco, quindi, non può che udire un silenzio. […] Non può essere, questo cieco, simbolo della fonte di una morale.
Chiarità
168 – Pensavo a come Dante parla del divino, così come a noi è stato dato di udire, di meditare, al punto che, in certo qual modo, ci è quasi impossibile sganciarci del tutto dall’attrattiva di questa chiarità: Dante chiama Dio «luce intellettual, piena d’amore/amor di vero ben, pien di letizia;/letizia che trascende ogni dolzore» (Dante, Paradiso XXX. vv.40-42), ogni dolcezza. Proprio chiarità ho detto.
Chiesa
17 – Non capisce questo Mistero (il Dio misericordia) chi fosse facilmente distratto o non attento a ciò che Gesù ci ha fatto e ci fa pervenire attraverso quell’angelo che ci annuncia tutti i giorni la Sua presenza, che si chiama Chiesa, si chiama compagnia nostra – perché la Chiesa è fatta anche della nostra compagnia-.
In tale compagnia, nella vita della Chiesa, davanti al Mistero ultimo di misericordia e di perdono che ci conforta, che ci rassicura, che ci dà di riprendere mille volte al giorno, tutti i giorni, stiamo attenti alla parola più nota del Vangelo, forse: «Vigilate, state all’erta!» (Mc 3,35).
58-59 – « «Egli che tutto racchiude in sé secondo la potenza unica, infinita e sapientissima, della sua bontà affinché le creature del Dio unico non restino estranee e nemiche le une con le altre, ma abbiano un luogo comune dove manifestare la loro amicizia e la loro pace» (Massimo il confessore, “Mistagonia”). Questo luogo è la Chiesa.
63-68 – Come quell’avvenimento (la venuta di Cristo) prosegue? Questo è il mistero della Chiesa, corpo misterioso di Cristo, che si edifica attraverso la scelta e la preferenza che Cristo ha per gli uomini che il mistero della Sua morte e resurrezione, investendone la personalità e la realtà dell’esistenza fino al midollo, muta dal di dentro.
È la Chiesa, dunque, la continuità di Cristo nel tempo e nello spazio. In un tempo festoso, la Chiesa riempirà tutti gli spazi del mondo conosciuto. In un’epoca di passione, la Chiesa sarà combattuta, derisa, dimenticata, ridotta, come nel nostro tempo.
64 – L’importante è la continuità per cui Cristo è con noi tutti i giorni fino alla fine del mondo: la Chiesa. Come sarebbe astratto anche il Gesù di Andrea e Giovanni, se non si concretasse ora – ora, in questo momento – nella Sua presenza dentro il mistero del Suo corpo, dentro il mistero della Chiesa, che ognuno di noi contribuisce a costruire come «pietra viva», dice la liturgia.
65 – Come, allora si comunica? Nella vita della Chiesa!
Seguendo la vita della Chiesa, seguendo i ritmi della vita della Chiesa, seguendo la Messa e i sacramenti, le leggi fondamentali della vita del popolo cristiano, attraverso cui esso è mantenuto unito, organicamente unito e diretto dai pastori stabiliti da Cristo secondo una infallibilità di direzione e di insegnamento.
Per questo si potrebbe dire decisamente, che il modo con cui partecipiamo alla vita della Chiesa – corpo mistico di Cristo che bussa alla «porta» della nostra vita, la prende e la trascina dentro di sé – è la sequela del Papa, la sequela al vicario di Cristo.
66 – Ma quando uno incontra una faccia diversa dalle altre – una faccia in cui il mistero di Cristo e l’appartenenza alla Chiesa cambiano il modo di guardare, il modo di sentire, il modo di toccare, il modo di rapportarsi alle persone e alle cose – e rimane con la bocca aperta a guardarla, come Giovanni e Andrea con Cristo, allora è una occasione particolare e interessante.
67 – Nasce così, nella storia della Chiesa, quella trama da cui il corpo della Chiesa è veramente e continuamente costruito in modo efficace ed efficiente, nascono gli ordini, le congregazioni, le associazioni cristiane, che sono corpi particolari o momenti particolari del grande corpo di Cristo, determinati dalla forza di un carisma, dalla forza dello Spirito, che passa attraverso una persona effimera che oggi c’è e domani non c’è più, ma quello che passa attraverso quella persona, secondo il disegno del Padre, può rimanere.
Chi si aggrega in questo modo partecipa a una unità dentro la grande unità della Chiesa – a una unità che è più esigente, più chiaramente espressa, più possessiva del suo cuore, una unità a cui appartiene -.
68 – Per questo, la prima cosa che abbiamo fatto, appena ci siamo messi insieme, è stato supplicare la Chiesa che riconoscesse la bontà della nostra posizione, l’autenticità della nostra esperienza.
111-112 – Omelia di Paolo VI nella festa di san Pietro e Paolo: «si direbbe che da qualche fessure è entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio. C’è il dubbio, c’è l’incertezza, c’è la problematica, c’è l’inquietudine, c’è l’insoddisfazione, c’è il confronto, non ci si fida più della Chiesa, ci si fida del primo profeta profano che viene a parlarci da qualche giornale o da qualche moto sociale per rincorrerlo, per chiedere a lui se ha la formula della vera vita e non pensiamo di esserne già noi padroni e maestri. È entrato, ripeto, il dubbio della nostra coscienza; ed è entrato per finestre che dovevano essere aperte alla luce […]. Siamo in questo stato, ripeto, di incertezza: anche noi, anche noi, figlioli, anche noi della Chiesa. Credevamo che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole e di tempeste, e di buio, e di ricerche e di incertezze, si fa fatica a dare la gioia della comunione».
112 – (In un colloquio con J.Guitton Paolo VI afferma): «C’è un grande turbamento in questo momento, nel mondo e nella Chiesa, e ciò che è in questione è la fede. Capita ora che mi ripeta la frase oscura di Gesù nel vangelo di san Luca: “Quando il Figlio dell’uomo ritornerà, troverà ancora la fede sulla terra?”. Capita che escano dei libri in cui la fede è ritirata su punti importanti, che gli episcopati tacciano, che non si trovino strani questi libri. Questo, secondo me è strano. Rileggo talvolta il Vangelo della fine di tempi e constato che in questo momento emergono alcuni segni di questa fine. Siamo prossimi alla fine? Questo non lo sapremo mai. Occorre tenersi ben pronti, ma tutto può durare ancora molto a lungo. Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all’interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non-cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all’interno del cristianesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà ma il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia» (J:Guitton, Paolo VI segreto).
151- La presenza di Cristo fra noi si chiama Chiesa, che è la comunione tra tutti noi.
167 -176 - Lettera di don Paolo Pezzi: «[…] Ma che cosa domina la mia umanità? È lo scopo, lo scopo che sento essere della vita e del tempo mio e del mondo: la gloria di Cristo. Questo è più vero della meschinità dei miei tradimenti, che pure resta. Come avveniva nella coscienza dell’uomo Cristo? Avveniva come rapporto con il Padre, come coscienza di essere il mandato dal Padre. E come può avvenire per me? Come coscienza di un rapporto generativo reale, concreto, oggettivo, non deciso da me: rapporto che ho con Massimo e la Fraternità in cui Dio mi ha messo, rapporto che mi apre e mi avvicina a te, al carisma, e in questo modo mi apre all’orizzonte della Chiesa tutta e a Cristo.[…]».
173 – La fatica che abbiamo fatto venendo qui, la fatica che abbiamo accettato è perché questo lavoro dia frutto per noi, per quelli che ci stanno vicino e per la Chiesa tutta, per la nostra povera patria e per il mondo, tutto povero; dove non c’è Cristo, c’è una povertà che si vede bene, una povertà che tocca le radici del nostro io umano, intelligenza e affezione.
174 – Il professor Lobkowitz – che è una delle personalità laiche più in vista, ma soprattutto più affascinanti per la sua fede e il suo spirito di sacrificio e il suo sforzo per far riconoscere, in tutto il mondo intellettuale e politico in cui vive, la Chiesa – trovando un gruppetto di nostri ragazzi ad Eichstätt, disse: «Girando il mondo, mi sono avveduto che fra i movimenti voi siete gli unici per i quali l’amicizia è una virtù».
175 – Virtù: l’espressione della vita dell’uomo in rapporto con il destino
176 – L’amicizia è una amore reciproco. Senza reciprocità non c’è amicizia. Allora, è un calcolo? Innanzitutto non può essere calcolo questa abolizione della estraneità tra un uomo e l’altro uomo, chiunque sia l’altro. Chiunque sia l’altro! Non solo tuo figlio, non solo tua madre, ma l’uomo che passa per la strada e viene chissà da dove. È abolita l’estraneità. Sto parlando di quello che è il miracolo umanamente più affascinante e persuasivo del fatto cristiano, della Chiesa di Dio, per chi la vive, per chi cerca di viverla, per chi chiede allo Spirito il dono di viverla. L’abolizione della estraneità. Non è calcolo perché è carità, cioè la natura espressa di Dio. L’espressione della natura di Dio, l’attività di Dio è governata totalmente ed esaustivamente, da questa parola, così radicalmente usata, «carità», che vuol dire, immediatamente, amore senza nessun tipo di calcolo, senza nessun tornaconto, puro; amore puro, gratuito. Ecco perché si chiama caritas. Charis è una parola greca che vuol dire gratuità, indica una gratuità totale, assoluta, amore senza alcun calcolo: puro, nudo e crudo amore.
Compagnia
17 – Non capisce questo mistero (della misericordia di Dio) che fosse facilmente distratto o non attento a ciò che Gesù ci ha fatto e ci fa pervenire attraverso quell’angelo che ci annuncia tutti i giorni la Sua presenza, che si chiama Chiesa, si chiama compagnia nostra – perché la Chiesa è fatta anche della nostra compagnia.
In tale compagnia, nella vita della Chiesa, davanti Mistero ultimo di misericordia e di perdono che ci conforta, che ci rassicura, che ci dà di riprendere mille volte al giorno, tutti i giorni, stiamo attenti alla parola più nota del Vangelo, forse: «Vigilate, state all’erta!».
39 – Con umiltà, con tristezza, con accettazione, con tenero affetto, accogliamo ciò che a noi viene. La repentina coscienza di una compagnia, là nel deserto. Là, nel deserto del mondo, dove padre e madre, fratelli e sorelle fanno parte del deserto, dove io stesso faccio parte del deserto che mi circonda, la repentina coscienza di una compagnia. Una compagnia: il lampo di quest’uomo che rantola l’ultimo rantolo della morte.
59 – Attendiamo l’arrivo di Sua Eminenza il card. Pironio, che è il nostro superiore ultimo, quello che ci unisce al cuore, alla carne e al sangue della Santa Madre Chiesa, che è il punto dove passano tutte le rette che ci congiungono a Cristo, il fondamento fisico della nostra compagnia.
67-70 – In primo luogo una questione di metodo: tutti i rapporti che stabilisci, i giudizi che dai, le decisioni che prendi, i modi che usi cercano di attingere i criteri da questo pozzo profondo e limpido che è dato dal carisma di cui fai parte aderendo alla compagnia in cui lo hai incontrato e obbedendo a chi guida questa compagnia che non è stato votato a maggioranza, che non è stato determinato dalla tua convinzione, ma fissato da un incontro dello Spirito.
68 – […]Se tu giudichi questo, se ti metti a giudicare questa realtà, a giudicare questo pozzo di acqua profonda, per un certo tuo ambito di interesse – economico, intellettuale, affettivo -, secondo una tua analisi delle cose, secondo una tua dettagliata riflessione su quello che stai facendo, e mutui le ragioni del tuo comportamento da questa analisi, non sei più dentro l’appartenenza: sei fuori, giochi fuori.
69 – Allora, se nella tua indagine ci fosse più verità che nella più improvvisa direttiva data da chi guida la comunità, da chi guida il popolo nella cui compagnia tu ti sei immesso, sei stato immesso dalla tua storia, dalla storia dello Spirito in te, questa nel tempo, con pazienza, arriverà a chiarirsi.
La misericordia della Spirito di Cristo ti ha reso vicino una compagnia nella quale ti si dice: «Giudichiamo così! Facciamo così», salvo poi cambiare domani, nella pace e nella fraternità, nella dolcezza calma e sicura della pazienza.
70 – […] Perché questo è ciò che qualifica il cattolicesimo autentico rispetto a tutto il resto del cattolicesimo. Il resto del cattolicesimo cede alla soggettività dei propri pensieri e delle proprie persuasioni, mentre il cristianesimo autentico ha un riferimento oggettivo, ha uno strumento interpretativo oggettivo, che è fuori di me, a cui io devo sacrificare, quindi, tante volte, anche col cuore sanguinante e con il pensiero mortificato me stesso. Ma tutto ciò che è giusto e vero, nel tempo, vince i passi della storia. Nel tempo: «Nella vostra pazienza possiederete la vostra vita».
Che cosa è la Fraternità di Comunione e Liberazione, se non un piccolo esempio che lo Spirito ha creato in questa oggettività di strada guidata una compagnia, nella quale cisi sorregge condividendo le debolezze e i bisogni di ciascuno, correggendosi con pazienza e fraternità?.
101 – Ecco, è un’altra cosa quella casa, fatta da quei tre ragazzi che vivono insieme per sostenere gli anziani frati dell’ospedale del Fatebenefratelli (a Nazareth) negli infiniti impegni che ancora mantengono, nonostante siano pochi di numero. È un’altra cosa quella compagnia e il modo con cui agiscono è diverso, diverso: cambia.[…] È una dimora diversa dalle altre quella dell’uomo in rapporto con la casa di Nazareth di tanti anni fa, dove abitava Gesù, e in rapporto con la casa di Nazareth dei tre ragazzi, che sono così perché c’è Gesù in loro e tra di loro. È la stessa cosa, lo stesso Avvenimento e, per chi ci va, lo stesso incontro.
121 – Parlo con il linguaggio della grande compagnia in cui Gesù ci ha convogliati, in cui la nostra storia è incominciata con un incontro, attraverso cui Gesù è penetrato nella nostra quotidianità.
160 – Quando uno si allontana da questa compagnia, quando uno se ne va, si porta dietro una nostalgia che il tempo che passa acuirà con una strozza alla gola (segue una lettera che descrive di uno che da molti anni ha lasciato il movimento).
191 – L’amicizia è la parola più vicina alla parola «Ti adoro». Per questo, amici miei, la nostra compagnia è preziosa: è stato l’argomento prezioso con cui Dio ci ha messi sulla strada e, se noi la seguiamo con attenzione e con la semplicità di cuore, con sincerità, ci fa crescere in questa percezione del destino dell’altro e della necessità di una nostra corrispondenza con i bisogni di tutti.
compagnia con il destino
74 - Viene sottolineata, tra le tante cose che si potevano indiziare, l’assoluta libertà: chiunque può fare un gruppo di Fraternità, ma con lo scopo che abbiamo richiamato in Un caffè in compagnia. Lo scopo per cui siamo insieme qual è? È il destino della mia vita e della tua, fratello. Perciò c’è una grande libertà nel mettersi insieme alle persone da cui si spera di esser più aiutati e non c’è nessuno che possa eccepire questa libertà.
Corrispondenza
43 – Il card. Ratzinger osserva in un suo discorso:« In realtà noi possiamo riconoscere ciò per cui si dà in noi una corrispondenza» Come riconoscere la presenza della risposta, la presenza della strada, della via, di Colui che dà la via? C’è il documento di una corrispondenza senza paragone. Avviene un incontro, l’incontro con uno, con una presenza che corrisponde al tuo cuore. Il «cuore», come l’abbiamo definito ne Il senso religioso, indica la natura originale dell’uomo, quel luogo dove le esigenze ideali della verità, della bellezza, della giustizia, dell’amore, costituiscono la stoffa dello stesso esistere. È l’incontro con una presenza che corrisponde a questa tua natura originale, a questa esigenza originale di felicità e di verità.
E vi corrisponde in modo sorprendente, talmente sorprendente che qualunque cosa accada non può togliere tale sorpresa e non c’è niente che regga il paragone con essa.
45/46 – È attraverso il guardare che taluni uomini si sono accorti che c’era tra di loro qualcosa di inenarrabile: una Presenza non solo inconfondibile, ma incomprensibile, eppure così invadente. Invadente perché corrispondeva a quello che il loro cuore aspettava in un modo senza paragone con nulla.
46 – Un corrispondenza profonda. Stettero, dunque, tutto quel pomeriggio con bocca aperta guardarlo parlare.
53 – Se ad Andrea e Giovanni capitò quell’incontro, per me, dopo duemila anni, e per i vostri bambini, come può quell’incontro restare, come può proseguire? Come può rinnovarsi l’impeto pieno di soprassalto di quella corrispondenza inaudita, l’esperienza di quel cambiamento profondo, doloroso e dolce, di quel perdono continuamente decisivo su tutti i nostri difetti? «Restando dentro l’organicità concreta di quell’evento che ha fatto irruzione nella storia», restando dentro quel fatto.
103 – Eccezionale, così che niente era paragonabile all’impressione che Lui faceva loro. Ed è “eccezionale” – quello di Gesù – che corrisponde al bisogno ultimo e profondo del nostro cuore.
Che strano, il nostro cuore ha un bisogno ultimo, imperioso, profondo, di compimento, di verità, di bellezza, di bontà, di amore, di certezza finale, di felicità, perciò l’imbatterci in una risposta a queste esigenze dovrebbe essere la cosa più ovvia e più normale.
E, invece, questa corrispondenza diventa l’eccezionalità suprema: è conosciuta e riconosciuta come l’eccezionalità suprema perché è come niente altro, non è paragonabile ad altro.
187-188 – Per generare occorre che un amore trovi reciprocità, trovi corrispondenza. Siamo abituati a parlare della carità e dell’amore senza scandagliarne il fondo, quel fondo per cui il nostro amore riverbera veramente il Mistero, la vita del Mistero: il Padre, il Figlio e lo Spirito.
188 – [….] senza corrispondenza non si può far nascere niente di compiuto nella propria umanità.
L’amicizia è una reciprocità dove il contenuto dell’amore, il fine dell’amore, e quindi il fine della risposta, della corrispondenza, non è limitato – se è limitato non è già più amicizia, è connivenza, sia pure in senso buono, è collaborazione, è compagnia-: non può essere limitato.
190-191 – Ma, soprattutto questa implicazione dell’amore è necessaria perché si costituisca una corrispondenza reale. Senza questa prospettiva, la corrispondenza non è mai reale. Senza questa prospettiva, la corrispondenza non è mai reale.
Anche quando tu provi amore e affezione per una donna e questa ti corrisponde e fate famiglia, non è mai sicuro niente fino a quando quella fatica diuturna, quella regola diuturna, quello scontro diuturno con tutto e con tutti e tra di voi non avrà affinato nel vostro animo la prospettiva dell’amore.
[…] Se non c’è questo, non c’è vera corrispondenza-in niente!-, non c’è amicizia.
L’amicizia è una parola che sta vicina alla parola «Ti adoro Dio mio». E, infatti, l’amicizia vera adora l’altro, non perché ha un bel muso, non perché è capace di cantare come l’ultima nostra amica che abbiamo sentito, ma perché è: perché è!
L’amicizia è fondata sull’amore, ma un amore che viene corrisposto, qualsiasi pretesto o spunto abbia. Questo amore corrisposto non è mai veramente né amore, né veramente corrisposto, se […] il destino dell’altro non mi domina, obbligandomi a volte ance a dimenticare lo scopo contingente che ci ha messi insieme, perché
è più importante quello di qualsiasi altra cosa: ché se domina la mia apprensione per la salute, la mia apprensione che riesca bene, la mia apprensione affinché mi capisca, la mia apprensione perché mi aiuti adeguatamente, perché non mi tradisca, qualsiasi di queste apprensioni mutila la corrispondenza, perché mutila prima l’amore: non è né amore, né tantomeno corrispondenza.
192 - Per questo, amici miei, la nostra compagnia è preziosa: è stato l’argomento prezioso con cui Dio ci ha messi su una strada e, se noi la seguiamo con attenzione e con semplicità di cuore, con sincerità, ci fa crescere in questa percezione del destino dell’altro e della necessità di una nostra corrispondenza con i bisogni di tutti.
Cultura nuova
51-52 – Il cristianesimo porta nel mondo un uomo nuovo, che ha una “esperienza della realtà”, una conoscenza e un sentimento della realtà, un rapporto con la realtà diverso da quello degli altri.
Questa esperienza nuova della realtà, sviluppandosi organicamente, criticamente, seriamente, si può chiamare veramente «cultura nuova».
Una umanità nuova, che si esprime attraverso una esperienza che si compie giorno in giorno, diventa una cultura nuova.
52 – È una cultura nuova, che ha una caratteristica: è più corrispondente a tutti i fattori del mio io.
Cuore
36 – «Credo sia questo, se il cuore è libero e la mente non si esalta./Non una visione diversa, Sinesio, ma una realtà presente»
M. Luzi, «Libro di Ipazia»
42-46 – «Le cose sono così, coraggio, perché ogni tuo passo tende inevitabilmente al destino finale; ogni tuo passo svelerà nel tempo, al tuo cuore e agli occhi di tutti, la sincerità ultima del tuo animo, la semplicità ultima del tuo cuore, semplicità come quella di un bambino; svelerà a tutti la povertà del tuo desiderio, l’umiltà della tua mendicanza».
43 – Avviene un incontro, l’incontro con uno, con una presenza («presenza», perciò là dove tu sei, in qualunque versione la tua vita si traduca in quel momento) che corrisponde al tuo cuore.
Il «cuore»,, come l’abbiamo definito ne Il senso religioso, indica la natura originale dell’uomo, quel luogo dove le esigenze ideali della verità, della bellezza, della giustizia, dell’amore, costituiscono la stoffa dello stesso esistere. È l’incontro con una presenza che corrisponde a questa tua natura originale, a questa esigenza originale di felicità e di verità.
44 – (Da Giovanni Battista) … ce n’erano due (Giovanni e Andrea) che ci andavano per la prima volta, ed erano tutti tesi, con la bocca aperta, nell’atteggiamento di chi viene da lontano e vede quello che è venuto a vedere con una curiosità senza barriere, con povertà di spirito, con infantilità e semplicità di cuore.
45 – (Giovanni Battista) si mette a gridare: « Ecco l’agnello di Dio. Ecco colui che toglie i peccati del mondo». Quei due, con la bocca aperta e gli occhi sbarrati, come due bambini, vedono dove si indirizza l’occhio di Giovanni il Battista: su quell’individuo che se ne sta andando. […] lo seguono. E al Suo invito di seguirlo lo seguono. «Stettero con Lui tutto il giorno».
Loro non capivano, erano semplicemente afferrati, trascinati, travolti da quel parlare.
[…] Una Presenza non solo inconfondibile, ma incomprensibile, eppure così invadente.
46 – Invadente, perché corrispondeva a quello che il loro cuore aspettava in un modo senza paragone con nulla.
51- È un incontro che porta l’uomo ad essere diverso da se stesso, ad essere un altro. Nel senso che, prima, una certa percezione, e una certa affezione, e una certa apertura, e un certo desiderio, e una certa supplica, e una certa vergogna non c’erano: ora ci sono. È più umano il tuo cuore.
Il cristianesimo porta nel mondo un uomo nuovo, che ha una “esperienza della realtà” e un sentimento della realtà, un rapporto con la realtà diverso da quello degli altri.
È tale e quale, possono tutti osservare i suoi difetti e accusarlo, ma è nuovo in lui il cuore, con conseguenze che sono non tanto imprevedibili, quanto soprattutto totalizzanti, che tendono ad investire tutta la vita, in tutti i suoi aspetti.
56 - Testimonianza: «Poi c’è stata la proposta del viaggio nelle Dolomiti. […] là avrei capito che quella era un’esperienza umana diversa, unica. Là avrei trovato tutto quello che il mio cuore aveva desiderato e continuava a desiderare. Io avevo perso la speranza e non perché avvezza al pessimismo, ma perché sapevo essere questo desiderio, che giocava in fondo al cuore, troppo grande per essere soddisfatto. […] ancora oggi sento il brivido di una frase detta durante un’assemblea delle vacanze: “Quello che il tuo cuore desidera, già esiste”. […] Quello che mi mancava era la condivisione con altri di ciò che io ritenevo importante. Ancora oggi continuo a rileggere quella frase così grande, illuminante, profetica per il mio cuore, che avrebbe subito aderito al movimento».
103 – Che strano, il nostro cuore ha un bisogno ultimo, imperioso, profondo, di compimento, di verità, di bellezza, di bontà, di amore, di certezza finale, di felicità, perciò l’imbatterci in una risposta a queste esigenze dovrebbe essere la cosa più ovvia e più normale. E invece, questa corrispondenza diventa l’eccezionalità suprema.
Riconoscere questa eccezionalità è semplice: come trovarsi di fronte a una cosa che ti invade riempendoti di stupore: tu resti a bocca aperta come un bambino.
114-115 – Il capillare più interessante, il terminale più decisivo dell’odio a Cristo è in me, è in te, è nella mia mente, è nel mio cuore, nella tua mente, nel tuo cuore: il rifiuto comincia lì, la dimenticanza è generata e coltivata lì, l’assenza e l’inospitalità si induriscono lì, in te, in me. L’odio, non clamorosamente espresso, l’odio, almeno come estraneità palese e palesemente confortata e alimentata, questo è in me, è in te.
La nostra mancanza di ospitalità blocca la possibilità di comunicazione del messaggio che Cristo è destinato a portare nel cuore di ogni uomo e perciò blocca l’evoluzione più buona dell’umanità.
Meno possibilità della Tua presenza, o Cristo, meno umanità per il mio cuore e il tuo cuore; meno possibilità della Tua presenza, o Cristo, meno umanità nel rapporto dell’uomo con sua moglie, della donna con i suoi figli[…].
118 – Educarci vuol dire entrare dentro la realtà tutta, dentro tutto il tempo, tutto lo spazio, e conoscere ed abbracciare tutto il riverbero che tempo e spazio hanno sullo sviluppo della nostra mente e del nostro cuore, della nostra anima, del nostro io. Perciò tutto si viene a conoscere in modo giusto.
119-121 – La nostra educazione è metterLo nella nostra mente, metterLo nel nostro cuore, comprendendone parola per parola il significato, legando strofa per strofa, riga per riga, periodo per periodo, legando il senso, facendone emergere la logica, brandendo tutta quanta la capacità di morso che Egli ha sulla nostra carne e sulle nostre ossa, la Sua imponenza su ogni giornata, su ogni momento della nostra giornata.
Bruci tutto il movimento, si svaghi nell’aria tutta la realtà del movimento, muoia il movimento se la Scuola di comunità non diventa parola mia, evidenza mia, ragione mia, cuore mio, affezione mia, suggerimento di parola, di preghiera mia, se non non mi presenta la grande ipotesi del Tuo volto, o Cristo, la grande immagine della Tua presenza, o Cristo, che attraverso il tempo e lo spazio…
121 – La Scuola di comunità è lo strumento che ci ridesta a questa Presenza e, lentamente, insieme, fa penetrare questa Presenza, la fa sentire, la fa capire, mi fa stupire, ci rende discepoli: tentativamente, ogni giorno, ognuno fa quello che può e grida: «Vieni signore! Vieni Santo Spirito! Vieni per mezzo della Madonna!».
129-131 – Ma la terza volta (Pietro) dovette chiedere al conferma da Gesù stesso: «Sì, Signore, Tu lo sai, io Ti amo. Per Te è tutta la mia preferenza d’uomo, tutta la preferenza dell’animo mio, tutta la preferenza del mio cuore. Tu sei l’estrema preferenza della vita, l’eccellenza suprema delle cose. Io non lo so, non so come, non so come dirlo e non so come sia, ma nonostante tutto quello che ho fatto, nonostante tutto quello che posso fare ancora, io Ti amo».
È questo «sì» la scaturigine della moralità, il primo fiato di moralità sul deserto arido dell’istinto e della pura reazione. La moralità affonda la sua radice, come il «sì» di Simone, in una Presenza. Come può, infatti, il «sì», come il «sì» di Simone affondare la radice nel fondo della terra dell’uomo, senza una Presenza, senza una Presenza dominante, compresa, accettata, abbracciata, servita con tutto lo slancio del proprio cuore, che soltanto in queste cose può ritornar bambino? […] Non c’è moralità senza che il gesto abbia come motivo una Presenza.
130 – «Che senso ha l’esistere?/Siede/in faccia a me. Chi che tu sia, rivela/rivela chi sei.»
G.Pascoli, «Il cieco»
Chissà come sul cuore di Gesù echeggiavano queste parole che tutti gli uomini, in qualche modo, gridano nei momenti più veri, nei momenti dove il dolore e la prova o l’attrattiva diventano così drammatici e misteriosi che non si può non dir nulla.
Non può essere, questo cieco, essere simbolo della fonte di una morale. La moralità esige, per esser posta, una risposta. L’azione morale è una risposta a una domanda che sale dalle profondità del nostro essere – dal cuore, direbbe la Bibbia, dal nostro cuore -: è una risposta al Mistero che ci fa. Mistero che ci fa: nessuno sa dire come noi «Padre» a Dio.
139 – Per Te vivo, per Te muoio, sono Tuo! Non per esclusione di qualsiasi altra cosa, ma per coinvolgimento stretto, potente, di tutte le cose che sono, di tutte le persone che esistono. Che giudizio, che coraggio, che cuore! Questo è l’atto di amore: non un sentimento, ma la fonte inesauribile di una sentimento che sfida l’eternità.
170 – La letizia può essere data solo da una chiarezza, da qualcosa che al cuore appare chiaro, cui il cuore può accedere con umiltà, riconoscendo i propri limiti.
197-199 – La morale segna la strada per andare al destino. Il nostro destino è l’oggetto ultimo di quel desiderio infinito di felicità, di libertà, di bontà, di giustizia, di amore che costituisce il nostro cuore e che, nel nostro testo Il senso religioso, noi abbiamo chiamato «esperienza elementare».
198 – Perché seguire questa attrattiva è così difficile? Perché un nemico ha messo una trappola nel nostro animo: ha rotto il meccanismo pulito, il rapporto diretto che il nostro cuore sentiva e continua a sentire per il suo destino.
199 – Il destino è l’attrattiva per cui il cuore è fatto. Ma in mezzo c’è un estraneo che è diventato presenza nemica, ed è la prova della libertà che Dio ha permesso: Come si è ribellato a Dio, si ribella a noi, Satana.
A – B – C – D – E/F – G – I – L – M – N – O – P – R – S – T – U – V
I Temi di alcuni libri di don Giussani
- TEMI – Il senso religioso
- TEMI – All’origine della pretesa cristiana
- TEMI – Perché la Chiesa
- TEMI – Il rischio educativo
- TEMI – Generare tracce nella storia del mondo
- TEMI di Si può vivere così?
- TEMI di Si può (veramente) vivere così?
Temi degli ESERCIZI – Collana “Cristianesimo alla prova”
- TEMI – Un strana compagnia (82-83-84)
- TEMI – La convenienza umana della fede (85-86-87)
- TEMI – La verità nasce dalla carne (88-89-90)
- TEMI – Un avvenimento nella vita dell’uomo (91-92-93)
- TEMI – Attraverso la compagnia dei credenti (94-95-96)
- TEMI – Dare la vita per l’opera di un Altro (97-98-99)
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