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Lettera «D»
Destino
17 - Ma perché la nostra compagnia si è fatta? Perché si sostiene? Perché ci tolleriamo reciprocamente, se non per richiamarci a questa vigilanza, che è la saggezza del vivere, che è la ricchezza del tempo e che è scoperta continua del nostro destino, della fortuna del nostro destino.
35 – «Questa è la pienezza del destino: essere pronti all’evento, lasciare che la sua forza ci traversi, finché possa riplasmarci e rifonderci»
M- Luzi, «Libro di Ipazia»
Cambiarci, perché: è se opera; è se cambia! È un cambiamento mio, ora nel tempo.
Cambia: questo è il miracolo. si chiama «miracolo» il Suo rendersi presente nella carne della via al nostro destino.
42-43 – […] Cristo viene incontro, Cristo entra nella vita. L’incontro con il destino si svela secondo termini per cui la nostra libertà e il nostro amore sono capaci di spalancare le porte alla Sua libertà e al Suo amore, a ciò che costituisce la fonte della luce nella vita.
43 – Questa è, dunque, la domanda: come riconoscere questa Presenza che ti dice: «Io sono la via», «Io sono il destino», anzi «Io sono la vita al destino»?
Come si fa a riconoscerlo?
«In realtà noi possiamo riconoscere solo ciò per cui si dà in noi una corrispondenza».
J.Ratzinger – «Intervento di presentazione del nuovo catechismo»
Avviene l’incontro, l’incontro con uno, con una presenza, che corrisponde al tuo cuore.
Il cuore indica la natura originale dell’uomo, quel luogo dove le esigenze ideali della verità, della bellezza, della giustizia, dell’amore, costituiscono la stoffa dello stesso esistere.
E vi corrisponde in un modo sorprendente.
60 – Solo l’ideale del bambino abbandonato in braccio alla madre è la figura dell’uomo che Dio conduce, Lui, al suo destino: un oggettivo abbandono. E tale oggettivo abbandono, come strumento per condurre l’uomo alla verità e al destino, Dio lo ha iniziato con la figura di Abramo.
74 – Lo scopo per il quale siamo insieme qual è? È quello dei soldi? È è quello politico? È quello culturale? No! È il destino della mia vita e della tua, fratello.
96 – Seguire è un atto di libertà, è un riconoscimento della libertà, perché si segue ciò che si ammette e si riconosce connesso con il Destino, ciò che si riconosce con certezza connesso con il Destino.
108 – L’odio a Lui è io tema necessario per ogni potere […] che non tragga origine consapevole, umile e drammatica dall’obbedienza al destino di vittoria e di gloria che è proprio il destino di Cristo, giustizia di Dio, vale a dire il nome che segna il senso del disegno dell’universo, del disegno tutto della storia.
119 – L’dio a Cristo è l’odio al senso della vita[…] L’odio a quest’uomo è odio al nostro stesso destino di felicità, di saggezza, di verità, di bellezza. Tutto questo è, se avviene in noi, l’odio a Cristo: dimenticanza o indifferenza, è lo stesso. Comunque il mondo ci insegna a odiare il nostro destino.
È odiato il nostro destino; il mio destino è odiato dal mondo, così come è odiato Cristo.
140-145 – L’atto di inizio di una moralità umana è un atto di amore. Per questo esige la presenza di uno, esige una presenza, la presenza di una persona che colpisca, raccolga tutte le nostre forze, le solleciti attraendole a un bene ignoto, eppure desiderato, eppur atteso.
Sia che tu viva, sia che tu muoia, sei mio. Mi appartieni. Io ti ho fatto. Io sono il tuo destino. Io sono il significato del tuo mondo.
141 – L’amore è un giudizio commosso per una Presenza connessa con il destino
L’amore è un giudizio commosso per una Presenza connessa con il mio destino, che io scopro, intravedo, presènto connessa con il mio destino.
[…] Lui ha detto a loro: «Venite a casa mia, venite a vedere»; ci sono andati e sono rimasti lì per ore a sentirLo parlare: presentivano, non capivano, ma presentivano che quella persona era connessa con il loro destino.
142 – La semplicità è l’applicazione della fede, della speranza e della carità. Ho il presentimento e sono spalancato a questo presentimento: fede. Ho il presentimento d’una cosa importante per il mio futuro e per il mio destino, per il significato di questo tempo che passa: speranza.
143 – […] «Seguimi». (L’obbedienza) è la virtù più difficile che esista, perché per arrivare al mio destino io debbo aderire al disegno di un Altro, ai passi di un Altro, alle mosse di un Altro, a un Altro, un Altro: devo obbedire!
Il soggetto dell’atto morale è la persona e la legge di una persona è l’amare: affermare un altro.
144 – La legge della mia azione è affermare un Altro: io sono esisto, “gestisco”, per affermare qualcosa altro: «Venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà».
L’amore, infatti, è un giudizio morale commosso per una presenza connessa – che almeno noi prèsentiamo connessa – con il nostro destino.
Questa strada morale inizia con il «sì». Immaginatevi Pietro mentre dice: «Sì, ti amo».
Questa strada morale assicura il nesso tra l’amore a Cristo, tra il modo con cui io mi rapporto con Cristo, e la missione, cioè lo scopo ultimo per cui il Creatore mi dà la vita e si fa riconoscere come Padre; assicura il nesso tra la coscienza che ho del rapporto con Te, o Cristo, e la missione, il compito di tutta la mia vita.
145 – Il mio “atto”, il ripetervi quelle parole sacrosante, questi richiami appassionati di gratuita affezione alla vita di ognuno, di chiunque sia qui presente, questo dipende da me: è quel famoso giudizio commosso per una presenza connessa con il mio destino: ché la presenza di ognuno di voi è connessa con il mio destino.
La strada morale, il «sì» di Pietro, apre la connessione della mia vita alla chiamata, la vocazione della mia vita, col disegno universale di Dio.
183-184 – «Signore ti offro la mia giornata e la mia vita per questa gente (estranei che si incontrano ovunque)». Ma cosa vuol dire offrirla per loro? Perché abbiano soldi? Perché riescano nel concorso? Se Dio vuole queste circostanze, ben vengano; se Dio le vuole: non le ha volute per me, può darsi che non le voglia neanche per loro. È per il loro destino!
184 – Come si fa a guardare una persona che si dice di amare senza pensare mai alla prospettiva del suo destino, al destino del bambino davanti agli occhi della madre, della ragazza vicino al ragazzo che le vuole bene, di chiunque dicevo prima?
Di quelli che sono sul tranvai non conosco nessuno, ma non posso guardarli senza dire: «Signore, che destino avranno? Fa’ che abbiano il destino della vita eterna con Te! Salvali, Gesù, come salvi me, come io sono sicuro che salvi me, per la tua misericordia, non per quello che sono io».
Quante persone abbiamo conosciuto e quante volte le abbiamo accostate come se fossero estranee, e invece il loro destino apparteneva al nostro, perché il nostro è identico al loro, e amarle significava amare il loro destino.
Non può esserci amicizia tra di noi, non possiamo dirci amici, se non amiamo il destino dell’altro sopra ogni cosa, al di là di qualsiasi tornaconto.
188-190 – L’amicizia è un avvenimento […] è una occasione il cui il Mistero mi fa imbattere, che mi attira l’attenzione a un compagno di cammino, dapprima totalmente estraneo, adesso intensamente guardato, osservato, desiderato come possibile aiuto in quella occasione particolare, per camminare insieme, dentro quell’occasione, al destino.
Meno del destino “pre-visto”, “pre-sentito”, o implicitamente presente in una semplicità del cuore, non c’è amicizia!
189 – […] l’amore è quando lo sguardo all’altro improvvisamente fa parte della grande pietà, della grande misericordia, e desidera sopra ogni altra cosa il destino dell’altro: qualunque augurio faccia al partner solito o insolito - di bontà, di felicità, di buona riuscita -, non perde di vista, non riesce a perdere di vista che tutto è un soffio, salvo quella esigenza del proprio destino, l’esigenza dell’ultimo, l’esigenza del rapporto attuale col Mistero nel quale sta la felicità dell’uomo.
«Che cosa può bastare all’animo?» Niente! Eccetto che il Mistero per cui è fatto, il Destino. L’amore, o tiene presente questo, oppure non è amore.
L’amicizia è fondata sull’amore, ma un amore che viene corrisposto, qualsiasi pretesto o spunto abbia.
Questo amore corrisposto non è mai veramente amore, né veramente corrisposto, se, qualunque oggetto abbia, qualunque spunto abbia dato origine al rapporto affettivo, il destino dell’altro non mi domina, obbligandomi tante volte anche a dimenticare lo scopo contingente che ci ha messi insieme,, perché è più importante quello di qualsiasi altra cosa.
192 – […] La prima amicizia dovrebbe essere quella tra madre e padre, genitori e figli, figli e genitori. Ma proprio lì è dove si capisce che per l’amicizia occorre veramente desiderare il destino dell’altro, occorre che il padre e la madre, per esempio, desiderino il destino a cui il Signore ha chiamato la loro figlia, secondo la via attraverso cui l’ha chiamata.
Non è una cosa semplice. Cioè è una cosa semplice, ma non è una cosa facile: è morire. È morire! Infatti questa è l’amicizia: quel rapporto umano che ha come legge quello che ha detto Gesù:« Nessuno ama tanto gli amici come colui che dà la vita per i propri amici». Ma si dà la vita per il Destino! Dare la vita per qualsiasi altra cosa è una tragica malinconia.
È per Gesù che io ho passione per il tuo destino: saresti stato estraneo,, altrimenti.
197 – La morale segna la strada per andare al destino. Il nostro destino è l’oggetto ultimo di quel desiderio infinito di felicità, di libertà, di bontà, di giustizia, di amore che costituisce il nostro cuore e che, nel nostro testo Il senso religioso, noi abbiamo chiamato «esperienza elementare.
Il destino costituisce veramente, nell’animo che ha dentro un briciolo di semplicità, un’attrattiva
199 – Il destino è l’attrattiva per cui il cuore è fatto
Dimenticanza
114 - Il terminale più decisivo dell’odio a Cristo è in me, è nella mia mente, è nel mio cuore, nella tua mente, nel tuo cuore: il rifiuto comincia lì, la dimenticanza è generata e coltivata lì, l’assenza e l’inospitalità si induriscono lì, in te, in me.
119-120 – L’odio a quest’uomo è odio al nostro stesso destino di felicità, di saggezza, di verità, di bellezza.
Tutto questo è, se avviene in noi, l’odio a Cristo: dimenticanza o indifferenza, è lo stesso.
120 – Purtroppo, collaboriamo con il mondo a guerreggiare con Cristo, al quale siamo ostili almeno per questa terribile e disumana cosa che sono la dimenticanza e l’indifferenza. È questo che ci rattrappisce: la dimenticanza e l’indifferenza.
Disegno
108 – L’odio a Lui è il tema necessario per ogni potere, per ogni potere umano che non tragga la sua origine consapevole, umile e drammatica dall’obbedienza al potere supremo del Padre che fa tutte le cose; che non tragga origine consapevole, umile e drammatica dall’obbedienza al destino di vittoria e di gloria che è proprio il destino di Cristo, giustizia di Dio, vale a dire il nome che segna il senso del disegno dell’universo, del disegno tutto della storia.
135 – […] È come dire che Dio, per un disegno misterioso e mirabile, le cui ragioni appartengono al suo insondabile segreto, quando decide di creare vuole esprimere sé come prerogativa ultima e compiuta, la sua misericordia. Crea l’uomo per essere misericordioso.
143-146 – (L’obbedienza) è la virtù più più difficile che esista, perché per arrivare al mio destino io debbo aderire al disegno di un altro, alla misura di un Altro, ai passi di un Altro, alle mosse di un Altro, a un Altro, un Altro: devo ubbidire!
144 – Il Padre che sta nei cieli mi ha fatto nascere, mi ha chiamato ad essere seguace di Cristo, di Suo Figlio, per collaborare al Suo disegno, che riguarda il mondo intero e tutta la storia dell’uomo; tanto che, nel breve quadrato o rettangolo di stanza in cui servo la gente, facendo da mangiare, mettendo a posto e pulendo la cucina o rendendo ordinata la stanza, io servo non soltanto mio figlio, mia madre, mio marito: servendo mio marito servo il Mistero che fa tutte le cose.
145 – Non è umano un gesto se non in quanto si rapporta alla totalità. Si può rapportare alla totalità, al disegno di Dio, alla volontà di Dio, si può rapportare al disegno totale anche implicitamente, senza quasi accorgersene e, in questo caso, si attua ugualmente questo riferimento, se l’azione è giusta dal punto di vista delle leggi morali.
E la legge morale altro non è che la descrizione di come una situazione come quella che sto vivendo possa essere al servizio di Dio nel Suo disegno totale.
146 – (Gesù a Pietro):«Guida tu il mio gregge; io guiderò il mio gregge attraverso di te, Pietra su cui il mio edificio nel mondo, il mio disegno del mondo, s’appoggia e si svilupperà.»
150 – «[…] l’adorazione è la connessione fra l’istante che uno vive, qualsiasi cosa faccia, e il disegno totale di Dio; non c’è dignità, non c’è respiro umano, non c’è spirito se non in questo nesso […].
T.S. Eliot, Cori da “La Rocca”
181 – Il cristiano, per vivere l’amore, non occorre che faccia somme e addizioni di virtù e perfezioni: deve, nonostante quel che è, accettare il disegno di un Altro, deve essere disponibile al volere di Dio.
Diversa
99 – (Per Giovanni e Andrea di fronte a Gesù per la prima volta) Quella casa era una casa diversa e quell’uomo trattava in modo diverso, pensava, lo si vedeva dagli occhi, in modo diverso e poi, quando i suoi pensieri si esprimevano a parole, parlava in modo diverso: era una cosa diversa.
101 – (I tre Memores di Nazareth) È un’altra cosa quella compagnia il modo in cui agiscono è diverso, diverso: cambia. […] È una “dimora” diversa dalle altre quella dell’uomo in rapporto con la casa di Nazareth di tanti anni fa, dove abitava Gesù, e in rapporto con la casa di Nazareth dei tre ragazzi, che sono così perché c’è Gesù in loro e tra di loro. È la stessa cosa, lo stesso Avvenimento e, per chi ci va, lo stesso incontro.
diversa creatura
54 – Come può rinnovarsi l’impeto pieno di soprassalto di quella corrispondenza inaudita […] restando dentro quel fatto: quel Gesù, quell’Andrea, quel Giovanni, quel Pietro e quel Simone, quel Giacomo, quei dodici, con quelle poche donne che li seguivano, «che è oggi un popolo guidato – una “entità etnica sui generis”, diceva Paolo VI – l’uomo si costruisce, diventa creatura diversa», fa diventare diverso il mondo in cui opera.
diversa umanità
47 – (Dopo aver incontrato Gesù) Andrea ha abbracciato la sua donna e ha abbracciato i suoi bambini: era lui, ma non l’aveva mai abbracciata così. Era come l’aurora o l’alba o il crepuscolo di una umanità diversa, di una umanità nuova, di una umanità più vera.
66 – Quando uno incontra una faccia diversa dalle altre – una faccia in cui il mistero di Cristo e l’appartenenza alla Chiesa cambiano il modo di guardare, il modo di sentire, il modo di toccare, il modo di rapportarsi alle persone e alle cose – e rimane con la bocca aperta a guardarla, come Giovanni e Andrea con Cristo, allora è una occasione particolare, interessante.
86 – (Testimonianza di un infermiera che cura una del movimento) […] »Ultimamente non vedo l’ora che arrivi lunedì per poterla vedere, per poterle parlare, ma più di tutto per poterla osservare mentre rende sacro quello che per gli altri normalmente è una condanna. La sua è una maniera più vera, più dignitosa, di stare.»
Dolore
29-30 – Lo so bene, lo sappiamo bene che il culmine dell’apparenza delle cose, inassimilabile, insopportabile, non tollerabile in sé, si chiama dolore e fatica: il dolore è una fatica.
Ed è di fronte al dolore e alla fatica che sembra non avere più difesa il destino di bene per cui l’umanità è fatta, la bontà dell’Essere, la misericordia del Mistero.
«La grande, la tremenda verità è questa: soffrire non serve a niente»
«Il dolore è una cosa bestiale e feroce, banale e gratuita, naturale come l’aria»
«Il compenso di aver tanto sofferto è che poi si muore da cani»
C.Pavese, Il mestiere di vivere
Il mondo è teso, ma non attende nulla; tutto è teso, ma non attende; il cristiano è tutta attesa, che brucia via anche la ferita dolorosa, faticosa, laboriosa di ogni giorno, la ferita del dolore e del male.
71 – L’ultimo venuto, che non conosco assolutamente, può aspettarsi da me, chiedere a me questa attenzione che lo guida nell’obbedienza, questa passione che condivide ogni bisogno, nel limite del possibile - e che dolore è il limite del possibile: il dolore di Cristo che è risorto! -, e nell’impeto anche missionario, che può esseere vissuto anche sul letto di morte: nell’ultimo istante si può offrire la vita per la vita del mondo che è Cristo.
90 -
90 – Lettera: «“Eccomi, io vengo per fare la tua volontà”. È la sequela fino alla croce, attraverso il dolore che c’è, esiste, entra nella carne, perché divenga più viva la fede. La verità entra come straniera nella normalità del quotidiano, affinché il rapporto con Cristo sia più autentico, scuota dal torpore per aprire il cuore all’abbraccio sempre più ampio del signore. Nasce la coscienza chiara che la presenza di Cristo, nell’istante, qualunque esso sia, si svela alla domanda dell’uomo e genera un rapporto nuovo, altrimenti irrealizzabile, disposto all’obbedienza totale, fino alla croce, con la certezza della risurrezione. La fatica, il dolore, non sono nulla perché Lui mi ha già presa tutta».
Domanda/domandare
43 – Questa è dunque la domanda: come riconoscere questa Presenza che ti dice: «Io sono la via», «Io sono il destino», anzi – come abbiamo sentito da sant’Agostino – «Io sono innanzitutto la via al destino»? Come si fa a riconoscerLo? Il card. Ratzinger osserva in un suo discorso: «In realtà noi possiamo riconoscere solo ciò per cui si dà in noi una corrispondenza». C’è il documento di una corrispondenza senza paragone.
Avviene un incontro con uno, con una presenza che corrisponde al tuo cuore.
90 – Lettera: «“Eccomi, io vengo per fare la tua volontà”. È la sequela fino alla croce, attraverso il dolore che c’è, esiste, entra nella carne, perché divenga più viva la fede. La verità entra come straniera nella normalità del quotidiano, affinché il rapporto con Cristo sia più autentico, scuota dal torpore per aprire il cuore all’abbraccio sempre più ampio del signore. Nasce la coscienza chiara che la presenza di Cristo, nell’istante, qualunque esso sia, si svela alla domanda dell’uomo e genera un rapporto nuovo, altrimenti irrealizzabile, disposto all’obbedienza totale, fino alla croce, con la certezza della risurrezione. La fatica, il dolore, non sono nulla perché Lui mi ha già presa tutta».
92-93 – (dopo l’incontro commovente con una donna) È una giovane donna che domanda: domanda quello che si diceva in principio, domanda che la vita realmente cammini verso il suo destino, che questo destino si avveri.
93 – Per noi che «Cristo sia tutto in tutti» è termine di un’invocazione, perché noi non siamo capaci di corrispondervi; è termine di un’invocazione, di una domanda, è una illusione: non abbiamo forza.
131 – L’azione morale è una risposta a una domanda che sale dalle profondità del nostro essere – dal cuore direbbe la Bibbia, dal nostro cuore -: è una risposta al Mistero che ci fa: nessuno sa dire come noi «Padre» a Dio.
186 – […] Il rapporto di Dio con noi, e la grandezza del volto umano, sta nella risposta positiva a Dio, nella moralità perseguita, desiderata, domandata.
Il domandare lo scopriremo come l’inizio della vera moralità. Qui sta il segreto per cui la misericordia può perdonare anche senza sembrare di rispettare ragioni o giustizie.
L’uomo che domanda, fosse anche distrutto dal suo male, è veramente figlio di Dio.
Tra il dire e il fare c’è di mezzo il domandare. Così, senza averne l’aria, ho accennato lepidamente a una cosa grande: il domandare il mistero della bontà di Dio.
