TEMI di «Attraverso la compagnia dei credenti»

ABCDE/FGILMNOPRSTUV



103 – (Giovanni e Andrea) Si sono incontrati con un uomo veramente eccezionale. Eccezionale, così che niente era paragonabile all’impressione che Lui faceva loro. Ed è un “eccezionale” – quello di Gesù – che corrisponde al bisogno ultimo e profondo del nostro cuore!

Che strano, il nostro cuore ha un bisogno ultimo, imperioso, profondo, di compimento, di verità, di bellezza, di bontà, di amore, di certezza finale, di felicità, perciò l’imbatterci in una risposta a queste esigenze dovrebbe essere la cosa più ovvia e normale.

E invece, questa corrispondenza – che è, da un certo punto di vista, la normalità suprema – diventa l’eccezionalità suprema: è conosciuta e riconosciuta come l’eccezionalità suprema perché è come nient’altro, non è paragonabile ad altro.

Comunque, riconoscere questa eccezionalità è semplice: come trovarsi di fronte ad una cosa che ti invade riempiendoti di stupore: tu resti a bocca aperta come un bambino.


110 – La vita intera dell’uomo, la vita dell’uomo, non c’entra con Lui: la vita dell’uomo, anche quella consociata, incominciando dalla famiglia – ché la maggior parte della famiglie non si concepiscono servitrici del potere di Dio, educatrici a Cristo -, incominciando cioè dall’educazione dei bambini e continuando nella convivenza del mondo operaio, nella convivenza del mondo del lavoro, nella convivenza della aperta società.

117-119 – L’origine di questo nostro atteggiamento è la stessa origine che ha la cattiveria nel mondo: il peccato originale.

Ma c’è un altro motivo: nessuno ci educa. Infatti nessuno ci educa più! Nessuno ci educa, neanche la voce materna ormai:

146 – Il «sì» di Simone diventa così l’inizio di un rapporto nuovo dell’uomo, della singola persona, con il tutto, con tutta la realtà.

[…]Le regole di una educazione cambiano aspetto. […] Trionfa la pietà.


22 – La ragione che è coscienza della realtà secondo la totalità dei fattori, questa ragione, se si proclama indipendente, è come un soffio di vento che corre di qui e di là, non lega nulla, non decide di nulla veramente, non costruisce nulla, non genera nulla.

Allora ci si possono aspettare le più pazze conclusioni: tale ragione o riduce tutto a materia, per esempio slegando un aspetto da tanti altri fattori dell’esperienza – non del sogno, ma dell’esperienza -, o riduce tutto a teoria, a spirito: materialismo o idealismo, che sono due espressioni di questa pazzia della ragione.

24-25 – La mentalità che parte dall’aspetto immediato delle cose: […] sfocia nell’odio al giusto, nell’odio a chi richiama qualcosa d’altro, a chi richiama un’altra evidenza dell’esperienza.

25 – La futilità delle cose è chiara esperienza. Ma è pure esperienza il peso di una responsabilità che sentiamo, l’alternativa di un sì o di un no che dobbiamo dire, la responsabilità dell’uso del tempo, la dignità del lavoro.

51 – È più umano il tuo cuore. Il cristianesimo porta nel mondo un uomo nuovo, che ha una “esperienza della realtà”, una conoscenza e un sentimento della realtà, un rapporto con la realtà diverso da quello degli altri.

Questa esperienza nuova della realtà, sviluppandosi organicamente, criticamente, seriamente, si può chiamare veramente «cultura nuova».

Una umanità nuova, che si esprime attraverso un’esperienza che si compie di giorno in giorno, diventa una cultura nuova.

54 – Giovani Paolo II: « La classe intellettuale è molto scettica, hanno le loro riserve per la religione, hanno le loro tradizioni illuministe», per cui sulla realtà tendono a proiettare le loro misure; «allora ci vuole per loro l’esperienza di Tommaso», quando questi ha messo, tremante, il dito nella piaga del costato. «Se una volta potessero [vedere] e toccare Gesù da vicino – vedere il volto, toccare il volto di Cristo…» Ma toccare dove? Vedere dove? «Se lo vedranno in voi diranno: “Mio Signore e mio Dio!”» Quel Fatto in cui si sono imbattuti Giovanni e Andrea si prolunga nella storia fino alla fine del mondo: Cristo rimane presente attraverso l’unità organica di coloro che credono in Lui, scelti a vedere, che accettano di guardare, che ascoltano come possono, che arrancano come sono capaci, peccatori tutti, amati dal Mistero.

56 – Lettera: «[…] «Sono tornata da quella vacanza con la voglia di continuare quell’esperienza d’essere cristiana»

59 – Torno a ripetervi che abbiate la pazienza di rileggere il primo capitolo del libretto Dalla fede il metodo. Anche un altro capitolo dovreste leggere, è intitolato «Come nasce una esperienza cristiana».

80 – La vera arte è l’esperienza dell’eterno che incomincia.

Ma l’esperienza dell’eterno, che non solo incomincia, bensì si approfondisce come una radice senza fine, è quella della carità tra di noi, dell’amicizia tra di noi.

88-89 – (Reazione di Giussani ad una lettera)La fonte di questa lettera, di tutte le parole che la rendono così efficace, così carica di richiamo, così bella – nel senso che tutta la tradizione cristiana dà al «bello», che è «vero» in quanto diventa esperienza per noi, la verità in quanto si impone-, la fonte di questa lettera è Gesù, Gesù!

123 – […] L’aldilà incomincia nell’aldiquà. Incomincia qui: nell’esperienza di questa terra, di questo tempo, di queste circostanze concrete d’ogni giorno.

La Scuola di comunità ci forma a capire come questa esperienza sussista senza che noi ce ne accorgiamo, come essa debba diventare nostra; se è fatta diventare nostra, allora ingrandisce.

La Scuola di comunità ci forma a capire come questa esperienza del Signore ci sia, tutti i giorni, anche se noi non ce ne accorgiamo, anche se noi non vogliamo accorgercene; ma se è fatta diventare nostra questa esperienza del Signore, allora ingrandisce, si dilata, e la vita diventa felice.

141 – E tanti chiedevano: «Ma se è semplice, perché l‘esperienza quotidiana indica piuttosto una fatica nel riconoscerLo, una fatica invece che una semplicità nell’affrontare le circostanze di ogni giorno».

(Risposta) Manchiamo di semplicità. Ecco la risposta! La semplicità è portare a vanti, seguire lo sviluppo e l’evoluzione di un sentimento che è nato in noi o di un progetto che abbiamo incominciato, senza che nient’altro dall’esterno, nient’altro perciò di estraneo, intervenga diversamente a mobilitare il mio impegno, ma operi solo la sorgente da cui l’impegno è iniziato, che ha destato in me la fantasia e la volontà di quell’impegno.

Non semplice o artificioso è ciò che evolve qualcosa che è iniziato in m e introducendo, lasciando che si introducano, che si intrudano, fattori estranei, che hanno altro motivo di ragione per esserci e per muovermi.

Mentre la semplicità è rimanere alle ragioni che nascono dalla fonte che Dio mi ha fatto scaturire in cuore.

197 – La morale segna la strada per andare al destino. Il nostro destino è l’oggetto ultimo di quel desiderio infinito di felicità, di libertà, di bontà, di giustizia, di amore che costituisce il nostro cuore e che, nel nostro testo Il senso religioso, noi abbiamo chiamato «esperienza elementare». Il destino costituisce veramente, nell’animo che ha dentro un briciolo di semplicità, una attrattiva.


35 – Ma Luzi in Ipazia: «Questa è la pienezza cristiana del destino: essere pronti all’evento». Essere pronti all’evento: dobbiamo dircelo, fratelli, siamo insieme per impedirci il più possibile la distrazione e la dissipazione in cui normalmente ci troviamo, per cui le parole appena sentite ritornano ad essere solamente parole, cioè appartengono ad un altra radice, e non a quella da cui nascono, appartengono ad un’altra esperienza, e non a quella da cui sorgono, appartengono ad un altro progetto, e non a quello di Dio.

«Questa pienezza cristiana del destino: essere pronti all’evento, lasciare che la sua forza ci traversi, finché possa riplasmarci e rifonderci». Cambiarci, perché: è, se opera; è se cambia! È un cambiamento mio, ora, nel tempo.

Cambia: questo è il miracolo. Si chiama «miracolo» il Suo rendersi presente, il rendersi presente nella carne della via al nostro destino.

53 – Come può rinnovarsi l’impeto pieno di soprassalto di quella corrispondenza inaudita, l’esperienza di quel cambiamento profondo, doloroso e dolce, di quel perdono continuamente decisivo su tutti i nostri difetti? «Restando dentro l’organicità concreta di quell’evento che ha fatto irruzione nella storia», restando dentro quel fatto.

37-38 – Ratzinger: «[…]Il figlio di Dio si è incarnato una volta per sempre in un determinato luogo, in un determinato tempo nella storia e rimane in eterno questo uomo determinato, Gesù di Nazaret. L’incarnazione implica dunque un vincolo permanente con questa storia, con questa parola biblica, con questi segni sacramentali, presenza stabile della “carne” di Gesù».

Così «la fede cristiana è un nuovo inizio».

38 – «La fede cristiana è un nuovo inizio, e non semplicemente una nuova variante culturale della struttura religiosa sempre in via di sviluppo. Per questo motivo i Padri della Chiesa sottolineavano con enfasi la novità del cristianesimo»

Ed è una novità perenne, fra mille anni sarà nuovo come oggi.

57 – I discepoli erano in pochi, eppure il cristianesimo è giunto fino a noi e vive a duemila anni di distanza. Basta lo slancio di una fede e di un amore vero, di un’offerta che non mira a una affermazione personale, a una colonizzazione di anime, ma mira alla Sua affermazione.

Tutto deve essere fatto per questo. Se lo slancio fallisce, vuol dire che la rincorsa non è stata presa con abbastanza tenacia, la tenacia della fede, e si deve ricominciare.

90 -Lettera di una persona malata: «”Eccomi, io vengo per fare la tua volontà. “È la sequela fino alla croce attraverso il dolore che c’è, esiste, entra nella carne, perché divenga più viva la fede. La difficoltà entra come straniera nella normalità del quotidiano, affinché il rapporto con Cristo sia più autentico, scuota dal torpore per aprire il cuore all’abbraccio sempre più ampio del Signore. Nasce la coscienza chiara che la presenza di Cristo, nell’istante, qualunque esso sia, si svela nella domanda dell’uomo e genera un rapporto nuovo, altrimenti irrealizzabile, disposto all’obbedienza totale, fino alla croce, con la certezza della risurrezione. La fatica, il dolore sono sono nulla perché Lui mi ha già presa tutta.»

La difficoltà entra nella nostra vita per rendere più autentico il nostro rapporto con questa Presenza: Dio fatto uomo […].

112 – (Jean Guitton nel suo libro Paolo VI segreto) riporta queste frasi dette dal Papa: «C’è un grande turbamento in questo momento nelmondo e nella Chiesa. E ciò che è in questione è la fede. Capita ora che mi ripeta la frase oscura di Gesù nel vangelo di san Luca: “Quando il Figlio ritornerà, troverà ancora la fede sulla terra?”. Capita che escano dei libriin cui la fede è ritirata su punti importanti, che gli episcopati tacciano, che non si trovino strani questi libri.[…]»

142 – La semplicità è l’applicazione della fede, della speranza e della carità. Ho il presentimento e sono spalancato a questo presentimento: fede.

148 – Nella grande maggioranza degli uomini, questo riferimento alla Presenza misteriosa, questo sospiro a una Presenza misteriosa che faccia sapere dove si è e che cosa si ha da fare, se non è ancora esplicito per il bene della fede, c’è, implicito, come nel cieco di Pascoli, quando parlava di una «sempre aspettata alba di un sole».

182 – Se non si vive la fede nel Dio buono, amoroso, che ha fatto tutte le cose, allora tutto rimpicciolisce.

Come soffriamo di questa mancanza di fede tante volte, anzi, tutti i giorni ne siamo tentati: tutto allor rimpicciolisce negativamente, non vale la pena, e tutto si perde.

E invece, nel mistero dell’amore, nella grande Presenza del mistero dell’amore, tutto è grande.


ABCDE/FGILMNOPRSTUV



Temi degli ESERCIZI – Collana “Cristianesimo alla prova”


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