TEMI di «Attraverso la compagnia dei credenti»

ABCDE/FGILMNOPRSTUV


93 – […] «Cristo tutto in tutti»

Col 3,11

La grande legge della storia, del tempo e dello spazio; non dell’eternità, perché nell’eternità Dio ottiene quello che vuole per forza, l’eternità è fatta della Sua volontà.


140-141 – Protagonista della morale è la persona intera, l’io intero.

E la persona ha come legge questa parola che tutti crediamo di sapere, mentre solo con il tempo, con molto tempo, se c’è un minimo di fedeltà a ciò che è originale in noi, si incomincia a intravvedere che cosa significhi: la persona ha come legge l’amore.

144 – La legge di una persona è l’amare: affermare un altro. La legge della mia azione è affermare un Altro: io sono, esisto, “gestisco”, per affermare qualcosa d’altro: «Venga il tuo regno; sia fatta la Tua volontà.»


137 – AmarLo sopra ogni cosa, dunque, non vuol dire che io non abbia peccato o che io non abbia a peccare domani. Che strano! È una potenza infinita che occorre per questa misericordia: una potenza infinita dalla quale, in questo mondo terreno, nel tempo e nello spazio che ci è dato di vivere, pochi o tanti anni che siano, noi attingiamo letizia.

Letizia, perché uno, con la coscienza di tutta la sua pochezza, è lieto di fronte all’annuncio di questa misericordia: che Tu, Gesù, sei misericordia.

È da questa letizia che sorge la pace, la possibilità della pace.

169-170 – La letizia è proprio un lascito di Gesù: «Vi ho detto tutto quello che vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena»(Gv15,11).

Gesù parla addirittura di gioia poche ore prima di essere fatto prigioniero e ammazzato.

Invece, altrove parla di letizia: nel grande discorso interamente redatto da Giovanni, negli ultimi capitoli parla di letizia.

170 – San Paolo riecheggia questa urgenza di letizia -(Rm 12,12; Col 1,24; 2Cor 6,10; 2Cor 13,11; Fil 3,1; Fil 4,4; 1Ts 5,16).

La letizia può essere data solo da una chiarezza, da qualchecosa che al cuore appare chiaro, cui il cuore può accedere con umiltà, riconoscendo i propri limiti […].

È un presente che pone la questione di una possibile speranza: letizia e gioia sono solo nella speranza. «Perciò è la presenza di Cristo, resa nota dalla memoria, che ci rende certi per il futuro». È la presenza di Cristo che può avere un nesso cogente con il futuro, obbligante col futuro.

201 – «Renderò nota, renderò evidente la mia presenza attraverso la letizia del loro cuore»

Messale Ambrosiano – Confrattorio della IV domenica d’Avvento

C’è un sintomo, quindi, da cui possiamo giudicarci: nonostante tutto, la letizia del nostro cuore.

[…] Provate a pensare quante persone, quanta gente ha collaborato a costruire la possibilità di una vita più umana per noi, più carica di speranza, più forte, più umana: più lieta. Più lieta.


74 – Viene sottolineata, tra le tante cose che si potevano indiziare, l’assoluta libertà: chiunque può fare un gruppo di Fraternità ma con uno scopo.

Lo scopo qual è? È il destino della mia vita e della tua, fratello.

Perciò c’è una grande libertà nel metterci insieme alle persone da cui si spera di essere aiutati e non c’è nessuno che possa eccepire questa libertà.

C’è una sola condizione: che tale libertà sia vissuta nel gruppo non in contrasto, ma in funzione dell’orizzonte ultimo della Fraternità, delle sue preoccupazioni e direzioni ultime.

94-96 – L’uomo perde se stesso in questa pretesa di essere misura di sé, cadendo sotto la pianificazione dei progetti di un potere socialmente dominante per un mondo non libero, quindi schiavo, per esempio, di chi può scrivere romanzi che fanno furore.

È un mondo non libero e schiavo; schiavo delle discoteche e della stampa, della televisione e, quindi, ancora una volta, del potere, che ha il suo tornaconto nel permettere e nel sostenere l’effetto dissolvente, sbriciolante, polverizzante di queste queste cose.

La libertà di questo povero uomo è qui: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6)

«Se seguirete la verità, se seguirete me, sarete liberi»

Gv 8,31-32

95 – «Fac ut ardeat cor meum in amando Christum Deum, ut sibi complaceam»

Bisogna ammettere che questa è l’unica affermazione possibile per un cammino eterno, come è il sospiro e l’aspirazione dell’uomo, per una scoperta dell’eterno adeguata all’uomo e facile, facile per l’uomo, e nello stesso tempo terribile per l’uomo, perché vi si gioca tutta quanta la libertà: l’uomo è provocato a giocarvi tutta quanta la sua libertà.

Gesù è l’unica cosa che obbliga l’uomo a giocare tutta quanta la sua libertà!

96 – Per quanto quasi indifferente ti sembri di essere, seguire è un atto drammatico che devi compiere.

Perché il dramma è il rapporto tra l’io, questo «io» fatto da Lui, e Dio, il Padre, e questo compagno di cammino strano, stupefacente, eccezionale, che è Cristo.

Seguire è un atto di libertà, è un riconoscimento della libertà, è il supremo riconoscimento della libertà, perché si segue ciò che si ammette e si riconosce connesso con il Destino, ciò che si riconosce con certezza connesso con il Destino.

138 – È nel rispetto con l’altro che si genera la pace con l’altro, perché rispettare l’altro vuol dire, come l’etimologia della parola suggerisce, guardare l’altro con l’occhio a un’altra Presenza.

Come se l’uomo guardasse sua moglie, sentendo o percependo l’Altro accanto alla moglie, Gesù dietro la figura di sua moglie.

Allora può portarle rispetto e venerazione, può avere stima per la sua libertà; libertà è infatti uguale a: rapporto con l’infinito, rapporto con Gesù. Il «sì» di Pietro è l’esplosione della libertà.


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