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Lettera «M»
- Maternità di Dio
- Mentalità mondana
- Menzogna
- Miracolo
- Misericordia
- Missione
- mistero/Mistero
- Mondo
- Morale
- Morte
Maternità di Dio
31-32- […] scopo: affermare il volto buono del Mistero che fa tutte le cose, il volto di questa paternità, di questa maternità, di queste viscere.
32 Una paternità, una maternità che sta all’origine del progetto del nostro vivere e al termine della faticosa corsa, del faticoso cammino della nostra esistenza.
195 – E Dio è come un padre e una madre, che è lo stesso, perché la paternità di Dio è la maternità di Dio.
Mentalità mondana
24-26 – La mentalità che parte dall’aspetto immediato delle cose, e su questo ha una morsa di dolore e di pianto che condividiamo tutti, sfocia, come risoluzione, nel godimento ad ogni costo dell’istante che passa.
Ma non è solo questo: sfocia nell’odio al giusto, nell’odio a chi richiama a qualcosa d’altro, a chi richiama un’altra evidenza dell’esperienza.
25 – La mentalità mondana vive e incute un’ira contro chi parla di responsabilità, contro chi insiste sul fatto che la vita è una attesa: non è solo tesa al godimento,, ma è un’attesa di qualcosa d’altro.
28-29 – Ho letto questa Preghiera per un bambino (pag. 27) perché è certamente un documento significativo dell’esito ultimo della mentalità mondana e, da allora, da dieci anni a questa parte, si è infittita nella sua documentazione necrofora, “assassina”, per indicare certo atteggiamento verso la vita anche da parte di madri e padri.
La posizione mondana è una grande menzogna, contro cui i sentimenti della nostra natura si ribellano, sentendosi estranei a essa: sentimenti che soltanto una maleducazione accanitamente costruita e un tornaconto insano possono oscurare.
29 – Il capovolgimento della posizione mondana è lo scopo della nostra battaglia umana, il prezzo della nostra vita, il valore del nostro muoverci umano.
31 – Amici miei, noi ci siamo messi insieme, con una coscienza di spessore più o meno grande, perché ci siamo sentiti costretti tra queste due posizioni: quella mondana, che porta al niente, e questa cristiana, che porta al seme che diventa albero, al passato che diventa eternità, alla vita che vince la morte che attraversa la morte e la vince.
33 – Tutto questo è giusto: la descrizione che il secondo capitolo della Sapienza (2, 1-5) fa del mondo come niente, come teso al niente, e della mentalità mondana, della saggezza mondana come ricerca del gusto del momento (il carpe diem), con – inevitabile questo – l’odio, il sarcasmo, comunque l’estraneità assoluta verso chi parla di bene e di valore, tutto questo è giusto.
Menzogna
28 – L’uomo non sopporta che ci sia un bene finale, è ribelle a tutto ciò che abbia consistenza indipendente da lui, – indipendente da lui nella brevità del suo vivere -. È odio all’essere, un odio alla consistenza ultima delle cose, all’esistenza di un valore, di un significato finale: questo odio a Dio, questa bestemmia incarnata è l’uomo mondano, figlio del padre di cui è immagine, del diavolo, cioè della menzogna.
«Diavolo», come tutti sanno, significa «menzognero»: «Egli è il padre della menzogna».
«Quando dice menzogna, la tira fuori dalla sua natura, perché egli è il padre della menzogna», dice Gesù nell’ottavo capitolo del Vangelo di san Giovani.
La posizione mondana è una grande menzogna, contro cui i sentimenti appena accennati della nostra natura si ribellano, sentendosi estranei ad essa: sentimenti che soltanto una maleducazione accanitamente costruita e un tornaconto insano possono oscurare.
30 – Niente! Mia madre…niente? No! Mio papà…niente? No! No! Sarebbe veramente diabolico uno che dicesse così, vale a dire sarebbe veramente il luogo della menzogna come contraddittorio al luogo dell’umano.
109 – Nel tempo dell’uomo, che scivola verso il nulla, la pretesa non è solo quella delle ore di lavoro; anche il tempo libero tende ad essere concepito e determinato da chi guida la fabbrica, da chi ha la responsabilità della fabbrica, perché tutto sia il più possibile omologato sotto l’impero della grande menzogna: il ripudio della dipendenza da una forza più grande, da un potere più grande da cui tutti i poteri derivano, da cui ogni essere deriva.
Così san Giovanni amaramente osserva: «Il mondo è tutto posto nella menzogna» (1Gv 5,19). Il mondo odia Cristo, Colui che muore per pietà dell’uomo.
116 – Meno possibilità della Tua presenza, o Cristo, e meno possibilità di umanità […]
Questo atteggiamento da che cosa è provocato? Anche in me, anche in te, è provocato dalla stessa fonte avvelenata del mondo, della storia del mondo, quella fonte avvelenata della menzogna che costituisce il mistero del peccato originale.
149 – È odio reale e anche menzogna cosciente dire e fare ciò che non è vero.
Non per nulla in san Giovanni la parola «peccato» è usata in modo equivalente, anzi proprio identico alla parola «menzogna»: peccato o menzogna.
Così, nella sua prima lettera, dice: «Chi non riconosce Gesù come Dio nella carne è un menzognero, è un mentitore».
Miracolo
35 – «Questa è la pienezza cristiana del destino: essere pronti all’evento, lasciare che la sua forza ci traversi, finché possa riplasmarci e rifonderci» (M. Luzi, Libro di Ipazia), cambiarci, perché: è, se opera; è, se cambia!
Cambia: questo è il miracolo. Si chiama «miracolo» il Suo rendersi presente, il rendersi presente nella carne della via al nostro destino.
113 – Rimane mistero l’ultima profondità della compagnia nuova che pure abbiamo sulla terra, di ciò che ci sorprende in quello che si chiama miracolo, di cui è piena ogni giornata della vita della Chiesa.
176 – È abolita l’estraneità; sto parlando di quello che è il miracolo umanamente più affascinante e persuasivo del fatto cristiano, della Chiesa di Dio, per chi la vive, per chi cerca di viverla, per chi chiede allo Spirito il dono di viverla.
Misericordia
17 – Chiunque si illudesse: «Non ho peccato», sarebbe un mentitore, anzi, farebbe mentitore Dio, perché Dio ha rivelato l’essenza ultima della sua natura come misericordia, esprime la sua onnipotenza nel perdono.
In tale compagnia, nella vita della Chiesa, davanti al mistero ultimo di misericordia e di perdono che ci conforta, che ci rassicura, che ci dà di riprendere mille volte al giorno, tutti i giorni, stiamo attenti alla parola più nota del Vangelo, forse: «Vigilate, state all’erta!».
19 – L’io, il nostro io, è il crocevia l’essere e il nulla, tra il bene e il male, dove la misericordia e la potenza del Mistero si attuano in tutta la loro evidenza.
23 – «Il Signore è paziente con gli uomini e riversa su di essi la sua compassione. Vede e conosce come la loro sorte sia misera, per questo moltiplica i segni della tua misericordia. La misericordia dell’uomo, infatti riguarda il prossimo [al massimo], la misericordia del Signore riguarda ogni essere vivente».
Sir 18,8-22
52 – «Vi esorto, dunque, fratelli, per la misericordia che Dio ha avuto per noi [qual è la misericordia di Dio per noi? Che è venuto! La “via” si è resa incontro], a offrire i vostri corpi [il vostro tempo e spazio vissuti] come sacrificio vivente […] e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi alla mentalità di questo mondo, ma trasformatevi rinnovando il vostro modo di giudicare e di misurare le cose, per poter discernere la volontà del Mistero, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto».
Rm 12,1-2
69 – La misericordia dello Spirito di Cristo ti ha reso vicino una compagnia nella quale ti si dice: «Giudichiamo così! Facciamo così», salvo poi cambiare domani, nella pace e nella fraternità, nella dolcezza calma e sicura della pazienza.
136-138 – Dio, per un disegno misterioso e mirabile, le cui ragioni appartengono al suo insondabile segreto, quando decide di creare vuole esprimere per sé come prerogativa ultima e compiuta la sua misericordia. Crea l’uomo per essere misericordioso. Questo ha sentito Simone, da qui nasce il suo «Sì, io ti amo».
Il senso del mondo e della storia è la misericordia di Cristo, Figlio del Padre, mandato dal Padre a morire per noi.
Giovanni Paolo II, nella sua enciclica sulla misericordia, ridice appunto questo: che la misericordia è l’estrema definizione di Dio che il cristianesimo conosca, l’estrema, l’ultima.
E questa misericordia nella storia porta un nome, il nome di un uomo: Gesù Cristo.
174 – […] qualcosa di più che il perdono: la parola che usa il vocabolario cristiano è «misericordia».
Mentre il perdono è una cosa che, quasi matematicamente, si può anche ricostruire, quasi uno sente la necessità di avvicinarsi ad esso – se uno ha sbagliato sette volte, sette castighi, ed è a posto; sette penitenze ed è a posto -, la misericordia no! C’è una eccedenza, c’è una possibilità di eccedenza anche rispetto all’avere ragioni adeguate per il perdono – così almeno come appare a noi – che sembra che Dio commetta una “ingiustizia” perdonando perfino quello!
178 – […] È questo l’interrogativo strano che la parola «misericordia» fa entrare dentro l’ambito della parola «perdono», come una risposta che a noi pare irrazionale, ingiusta o irrazionale, perché non ha ragioni – a noi sembra – sufficienti, non può avere ragioni sufficienti. E invece il Mistero supera questo!
186 – Il domandare lo scopriremo come l’inizio della vera moralità. Qui sta il segreto per cui la misericordia può perdonare anche senza sembrare di rispettare ragioni e giustizie.
L’uomo che domanda, fosse anche distrutto dal suo male, è veramente figlio di Dio. Tra il dire e il fare c’è di mezzo il domandare.
193-196 – Cesana (riporta una domanda dei partecipanti agli esercizi): «L’altra parola al centro dei quesiti di tutti è stata la parola “misericordia“.
«Molte domande si arrampicavano in “investigazioni”, come le chiami tu, tendenti a capire come dobbiamo fare per essere più misericordiosi, per riempire la nostra amicizia di misericordia. Molti dicevano: «Forse non siamo amici perché non c’è la misericordia». E via discorrendo. Mi hanno detto che tu una volta al Gruppo adulto hai detto di prendere i vocabolari e cancellare la parola misericordia, perché non è umana».
Giussani risponde: «…non è una parola umana, non bestemmiamo! Misericordia è identica a Mistero: è il Mistero, quel che non si capisce. La misericordia è il Mistero da cui tutto proviene, da cui tutto è sostenuto, a cui tutto va a finire, in quanto già si comunica all’esperienza dell’uomo.
194 – […] Il concetto di perdono, con una certa proporzione fra sbagli, castighi e pagamenti, è concepibile anche dalla ragione, cioè è più concepibile dalla ragione: ma non questo perdono senza limite.
Perché Dio, la vita di Dio è amore gratis: caritas, senza motivo, potremmo tradurlo così: «Senza motivi», umanamente senza motivi! tanto che appare come una ingiustizia, appare quasi come una ingiustizia, o come una irrazionalità: non c’è ragione, appunto; per noi non c’è ragione, perché la misericordia è proprio dell’Essere, del Mistero infinito.
195 – Questo è il punto in cui il Mistero si rivela a noi come misericordia: quell’uomo, nato da donna, che spaccava tutte le immagini e i disegni limitati che l’uomo poteva formarsi con la sua fantasia vedendolo agire e sentendolo parlare, approvandolo: Gesù.
Perciò la misericordia è da adorare con gratitudine e basta.
Dio ci supera sulla destra e sulla sinistra, su tutti e due i lati, perché proprio attraverso questo stupore che ci riempie di fronte alla Sua misericordia, ci fa venire un dolore di noi stessi mai sperimentato prima; non esasperato, non egoista, in quanto sentiamo la nostra dignità ferita, abbiamo schifo di noi stessi e non vogliamo più riconoscere noi stessi.
È meglio essere bambini nelle mani della misericordia.
Perciò non facciamoci obiezione: nessuno di noi è misericordioso. Ma dobbiamo cercare di esserlo.
misericordia del Signore
23 – «La misericordia del Signore riguarda ogni essere vivente».
misericordia dell’uomo
23 – «La misericordia dell’uomo riguarda il prossimo».
Missione
144 – Questa strada morale incomincia con il «sì»(di Pietro).
Questa strada assicura il nesso tra l’amore a Cristo, e la missione, cioè lo scopo ultimo per cui il Creatore mi dà la vita e si fa riconoscere come Padre; assicura il nesso tra la coscienza che ho del rapporto con Te, o Cristo, e la missione, il compito di tutta la mia vita.
[…] facendo da mangiare, mettendo a posto e pulendo la cucina o rendendo ordinata la stanza, io servo non soltanto mio figlio, mai madre, mio marito: servendo mio marito servo il Mistero che fa tutte le cose.
mistero/Mistero
14-15 – (Lettera di una persona ammalata gravemente): «Se in questi anni non avessi incontrato te e gli amici del movimento e, tramite voi, il volto buone del Mistero che fa tutte le cose, che cosa sarebbe ora della mia vita?»
Noi siamo qui insieme riuniti, siamo una cosa sola, partecipando all’avventura che è la vita dell’uomo e dell’altro e dell’altro ancora, per affermare che la vita “sta” davanti al volto buono del Mistero che fa tutte le cose, davanti al volto buono del Padre, generatore di ogni cosa […]
15 – La vita è risposta, è un Tu “dato” – riconosciuto - al volto buono del Mistero.
[…] È una grande decisione quella di essere insieme per costruire una fraternità, la fraternità di uomini che riconoscono come scopo della vita il volto buono del Mistero.
17 – Chiunque si illudesse: «Non ho peccato», sarebbe un mentitore, anzi, farebbe mentitore Dio, perché Dio ha rivelato l’essenza ultima della sua natura come misericordia, esprime la sua onnipotenza nel perdono.
Non capisce questo Mistero chi fosse facilmente distratto o non attento a ciò che Gesù ci ha fatto e ci fa pervenire attraverso quell’angelo che ci annuncia tutti i giorni la Sua presenza, che si chiama Chiesa, si chiama compagnia nostra – perché la Chiesa è fatta anche della nostra compagnia.
In tale compagnia, nella vita della Chiesa, davanti al mistero ultimo di misericordia e di perdono che ci conforta, che ci rassicura, che ci dà di riprendere mille volte al giorno, tutti i giorni, stiamo attenti alla parola più nota del Vangelo, forse: «Vigilate, state all’erta!».
19 – L’io, il nostro io, è il crocevia l’essere e il nulla, tra il bene e il male, dove la misericordia e la potenza del Mistero si attuano in tutta la loro evidenza.
63-66 – (Come prosegue l’avvenimento di Cristo nella storia?) Questo è il mistero della Chiesa, corpo misterioso di Cristo, che si edifica attraverso la scelta e la preferenza che Cristo ha per gli uomini che il Padre gli dà nelle mani, per i battezzati, per gli uomini che il mistero della Sua morte e risurrezione, investendone la personalità e la realtà dell’esistenza fino al midollo, muta dal di dentro.
64 – […] come questa realtà del mistero di Cristo si comunica o «bussa alla porta» di ogni uomo chiamato alla fede, alla tua e alla mia porta? […] nella vita della Chiesa!
66 – Ma quando uno incontra una faccia diversa – una faccia in cui il mistero di Cristo e l’appartenenza alla Chiesa cambiano il modo di guardare, il modo di sentire, il modo di toccare, il modo di rapportarsi alle persone e alle cose – e rimane con bocca aperta a guardarla, come Giovanni e Andrea con Cristo, allora è una occasione particolare, interessante.
93 – Gesù! RiconoscerLo è la sintesi di ciò che il mondo può fare verso il Mistero che lo sottende da tutte le parti, il mistero di Dio; questo mondo è oggetto della fantasia creatrice di Dio, oggetto della su affezione redentrice, oggetto della sua amicizia elettiva, di un Dio che si pone all’uomo come Padre.
95 – L’uomo è fatto per un destino che è chiamato a possedere assentendovi, senza poter ipotizzare nessuna immagine di ciò che lo aspetta, perché il Mistero resta mistero.
Il mistero del Padre, o il mistero del Figlio, il mistero dell’uomo Cristo, restano misteri; ma ce lo troviamo questo Mistero – comunque -, ce lo troviamo con un volto amico: un volto di amico.
98 – La Sua presenza è una cosa semplice da registrare, da cogliere, perché il modo con cui si rende presente questo Mistero, dal quale dipende il destino di ogni uomo, dal quale dipende l’eternità di tutto ciò che c’è, innanzitutto è un avvenimento.
112-113 – Tutto l’amore con cui il mistero di Dio si è rivelato a noi, tutto l’amore con cui Egli si è donato a noi, diventando uomo nel Suo Verbo incarnato, rimane un mistero.
113 – Rimane mistero l’ultima profondità della compagnia nuova che pure abbiamo sulla terra, di ciò che ci sorprende in quello che si chiama miracolo, di cui è piena ogni giornata della vita della Chiesa.
114-117 – Tu ed io siamo chiamati alla vocazione cristiana, tu ed io siamo chiamati, attraverso la parola di Dio che ci ha creati e l’amore di Cristo che ci ha battezzati, a rendere presente il mistero della Sua presenza (L’avvenimento della Sua presenza).
115 – Tu e io siamo chiamati, attraverso la vocazione cristiana, a rendere presente il mistero della Sua presenza, facendo della Sua volontà la forma delle nostre azioni.
116 – Questo atteggiamento da che cosa è provocato (non ospitare la presenza di Cristo)? Anche in me, anche in te, è provocato dalla stessa fonte avvelenata della menzogna che costituisce il mistero del peccato originale(«mistero» vuol dire che è incomprensibile il modo in cui avviene, il come faccia ad accadere, che cosa voglia dire in modo chiaro e coscienziabile da noi: è impossibile capirlo).
Ma il mistero è quel fatto che non si capisce, senza del quale, però, non si capirebbe niente di tutto.
Se c’è una ipotesi di apertura e di luce, è il Mistero. E il Mistero è la strada da seguire, come diceva Isaia: «Ecco ho fatto una strada nuova, dice Dio. Ma non la vedete?» (Is 43,19)
Chiunque di noi, in qualche modo, ha avuto un momento, fissato dal Padre, in cui il mistero del Battesimo, o il mistero della sua creaturalità, ha assunto un significato, un possibile significato, per un incontro – a cui, però, mai pensiamo con esattezza-, un incontro reale, come è reale il volto del nostro cuore, il volto della nostra anime.
118 – Ci ha messi insieme un incontro misterioso, gratuito, una grazia.
131 – La Parola si è fatta carne ma l’uomo, nato e cresciuto nell’odio che il mondo ha verso Dio, verso il mistero di Dio, cieco, quindi, non può che udire il silenzio.
Non può essere questo cieco simbolo della fonte di una morale.
La moralità esige, per essere posta, una risposta. L’azione morale è una risposta a una domanda che sale dalle profondità del nostro essere – dal cuore, direbbe la Bibbia, dal nostro cuore -: è una risposta al Mistero che ci fa. Mistero che ci fa: nessuno sa dire come noi «Padre» a Dio.
177-178 – Non si tratta appena di questa impossibilità di tornaconto, della abolizione di ogni tornaconto. È che, nel bambino che si ama perché è – perché è! -, come nel frutto, nel fiore e in ogni cosa che si ama perché è, è il Mistero che si affaccia.
178 – Non c’è nessun fiore che si faccia da sé, non c’è nessun albero che si faccia da sé e non c’è nessuna creatura che si faccia da sé, non c’è nessun uomo che si faccia da sé.
Il Mistero che sta dietro ogni cosa, è come la prospettiva inesorabile di ogni cosa che si vede.
182-183 – Se Dio fa tutte le cose per il bene ogni istante che l’uomo vive è grandissimo: è rapporto con l’infinito.
Come soffriamo di questa mancanza di fede tante volte, anzi, tutti i giorni siamo tentati: tutto allora rimpicciolisce negativamente, non vale la pena, e tutto si perdi.
E invece nel Mistero dell’amore, nella grande Presenza del mistero dell’amore, tutto è grande.
187-189 – Siamo abituati a parlare della carità o dell’amore riverbera veramente il Mistero, la vita del Mistero (tutto ciò che esiste nasce dal Mistero che fa tutte le cose): il Padre, il Figlio e lo Spirito.
188 – In quanto avvenimento compiuto dell’amore, l’amicizia riverbera il Mistero della vita divina, il Mistero nascosto della Trinità.
[…] È una occasione in cui il Mistero mi fa imbattere, che mi attira l’attenzione ad un compagno di cammino, dapprima totalmente estraneo, adesso invece intensamente guardato, osservato, desiderato come possibile aiuto in quella occasione particolare, per camminare insieme, dentro quell’occasione, al destino.
Meno del destino “pre-visto”. “pre-sentito” o implicitamente presente in una semplicità di cuore, non c’è amicizia!
189 – […] l’amore all’altro è quando lo sguardo all’altro improvvisamente fa parte della grande pietà, della grande misericordia, e desidera sopra ogni cosa il destino dell’altro: qualunque augurio faccia al partner solito o insolito – di bontà, di felicità, di buona riuscita-, non perde di vista, non riesce a perdere di vista che tutto è un soffio, salvo che quella esigenza del proprio destino, l’esigenza dell’ultimo, l’esigenza del rapporto attuato col Mistero nel quale sta la felicità dell’uomo.
«Che cosa può bastare all’animo?». Niente! eccetto che il Mistero per cui è fatto, il Destino. L’amore, o tiene presente questo, oppure non è amore.
mistero dell’Essere
175 – La natura dell’Essere come ce la presenta il Nuovo Testamento, la rivelazione di Gesù; il Mistero che fa tutte le cose, così come si è rivelato attraverso il Figlio di Dio fatto uomo, allora nell’uomo, attraverso Gesù; la natura dell’Essere è amore: Deus caritas est.
Se la natura dell’Essere è l’amore, allora nell’uomo, che è la creatura fatta a Sua immagine e somiglianza, la virtù suprema sarà questa caritas, questo amore.
177 – Non si tratta appena di questa impossibilità di tornaconto, della abolizione di ogni tornaconto. È che, nel bambino che si ama perché è – perché è! -, come nel frutto, nel fiore e in ogni cosa che si ama perché è, è il Mistero che si affaccia.
196 – Scopriamo la verità di noi, che siamo piccoli, piccoli e deboli di fronte al mistero dell’Essere.
Mondo
11-12 – Questo (gli Esercizi) non è un “raduno”, questo essere qui tutti insieme non si può propriamente chiamare “raduno”; per coglierne la natura bisogna utilizzare la parola che abbiamo adottato poco fa: è un gesto.
La parola «gesto», come sempre ricordiamo, indica un atteggiamento che porta il mondo, porta il significato del mondo, porta il mondo e il suo significato: porta il mondo nel suo nascere presente, nel suo sviluppo futuro, nella sua storia e nel suo destino.
È la coscienza di tutta la realtà, del suo esistere, che provoca e definisce la fatica che abbiamo fatto per venire fin qui, la fatica che facciamo nello stare - insieme ora e la serietà con cui pensiamo a Cristo e preghiamo Cristo.
71 – […] nell’ultimo istante si può offrire la vita per la vita del mondo che è Cristo.
È un altro mondo in questo mondo, perché queste cose si vivono quotidianamente, normalmente, ovviamente. Aiutiamoci affinché questo accada sempre più in ognuno di noi. Perciò, seguiamo. Il criterio è oggettivo: Neemia, Esdra guidano il popolo.
93-94 - RiconoscerLo è la sintesi di ciò che il mondo può fare verso il Mistero che lo sottende da tutte le parti, il mistero di Dio; questo mondo è oggetto della fantasia creatrice di Dio, oggetto della sua affezione redentrice, oggetto della sua amicizia elettiva, di un Dio che si pone all’uomo come Padre.
94 – L’uomo perde se stesso nella pretesa di essere misura di sé, cadendo sotto la pianificazione dei progetti di un potere socialmente dominante per un mondo non libero, quindi schiavo, per esempio, di chi può scrivere romanzi che fanno furore.
Ti possono dire: segui i tuoi sentimenti, va’ dove ti porta il cuore reso schiavo se non al nulla, all’effimero che è la porta del nulla?
È un mondo non libero e schiavo; schiavo delle discoteche e della stampa, della televisione e, quindi, ancora una volta, del potere, che ha il suo tornaconto nel permettere e nel sostenere l’effetto dissolvente, sbriciolante, polverizzante di tutte queste cose.
105-106 – «Per la prima volta, dopo Gesù, abbiamo visto, sotto i nostri occhi, abbiamo appena visto sorgere un mondo nuovo, se non una città; formarsi una società nuova, se non una città: la società moderna, il mondo moderno; costituirsi un mondo, una società, assemblarsi, almeno, crescere, dopo Gesù, senza Gesù. E quel che è peggio, amico mio, non bisogna negarlo, è che ci sono riusciti.
È questo che dà alla nostra generazione, figlio mio, alla tua generazione, e al tempo in cui viviamo, un’importanza capitale; che ti colloca in un punto unico della storia del mondo.
È quello che ti mette in una situazione tragica, unica. Siete i primi. Siete i primi dei moderni.
Siete i primi sotto i quali, davanti ai quali, sotto agli occhi dei quali è stata fatta, voi stessi abbiate fatto questa singolare installazione, l’instaurazione del mondo moderno, e lo stabilirsi del governo del partito intellettuale nel mondo moderno».
Ch. Péguy, Véronique. Dialogo della storia e dell’anima carnale.
106 – Per la prima volta da quando Gesù è venuto, il mondo non è più cristiano.
[…] questo uomo è riuscito a creare un mondo e una società senza Cristo: ci è riuscito.
Ci è riuscito con la nostra connivenza, con la nostra collaborazione.
Il problema tremendo è il nostro è un mondo, una società senza Cristo: famiglia, scuola, lavoro, vitalità sociale, creazioni sociali, governo dei popoli, guerre e paci, senza Cristo.
109-110 – Il mondo non può non odiare Cristo – odiarlo! Per questo anche uomini di Chiesa, l’abbiamo visto nel nostro secolo, subiscono e cedono tante volte essi stessi alla grande tentazione: per essere benvoluti, confortati, accettati dal mondo e dal suo potere, si adattano ad assumere come ideale della vita – da insegnare al popolo – i «valori comuni», cioè i valori stabiliti dagli Stati, i valori stabiliti dalla “giustizia”, dalla cosiddetta giustizia, i valori stabiliti dagli interessi superbi ed effimeri di un potere che genera solo violenza, che non può che generare violenze, che non può che generare altro che violenza.
110 – Questo è il contenuto della pedagogia che in tutte le sue espressioni il mondo adotta […]:non far più pensare a Cristo. Cristo è un nome, anche onorevole, se volete, a cui si può pensare leggendo un libro, ma che è totalmente esiliato dalla vita intera dell’uomo.
112- […] «Ciò che mi colpisce quando considero il mondo cattolico, è che all’interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero non-cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all’interno del cattolicesimo diventi domani più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia».
J.Guitton, Paolo VI segreto
«Non temere piccolo gregge, io ho vinto il mondo».
Gv 16, 33
113 – «Come il mondo ha odiato me, così odierà anche voi».
Gv 15,18ss
Noi non siamo appena responsabili dell’odio dell’odio a Cristo, siamo anche vittime dell’odio del mondo.
114 – Il metodo con cui Dio entra in rapporto con col mondo, dall’origine, è infatti quello di stabilire un luogo, di fissare un luogo, prototipo di tanti altri luoghi, un luogo che sia la Sua «dimora», il Suo tempio.
117 – Meno possibilità della Tua presenza, o Cristo, e meno possibilità di umanità per quell’enorme gregge estraneo, che è tutta la gente che si stipa intorno a te per andare al lavoro o per lavorare insieme[…]
Questo atteggiamento da che cosa è provocato? Anche in me, anche in te, è provocato dalla stessa fonte avvelenata del mondo, della storia del mondo, quella fonte avvelenata della menzogna che costituisce il mistero del peccato originale.
125- «Colui che mi ha mandato è veritiero, e io dico al mondo le cose che ho udito da Lui»
Gv 8,16.26-29
«Bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato»
Gv 17,7-9.20.31
«Son uscito dal Padre e sono venuto nel mondo»
Gv 16,15.28.32
126 – «Come tu Padre hai mandato me nel mondo, anche io mando loro nel mondo»
«Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto e questi sanno che tu mi hai mandato»
Gv 17,1-2.6-7.10.18.26-26
136 – Il senso del mondo e della storia è la misericordia di Cristo, Figlio del Padre a morire per noi.
148-149 – L’insurrezione del santo è contro il metodo con cui il mondo affronta le cose e la vita senza riferimento a Cristo.
Il “mondo” è la realtà vissuta, giudicata e gestita senza riferimento a Cristo, anzi, negando questo riferimento, almeno implicito.
149 – Perciò l’odio del mondo è reale, l’odio del mondo a Cristo è reale, reale!
Morale
131 – La moralità esige, per essere posta, una risposta. L’azione morale è una risposta a una domanda che sale dalle profondità del nostro essere: è una risposta al Mistero che ci fa.
«Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà»: così il mandato dal Padre ci ha insegnato a iniziare la nostra vita sensata, la nostra vita adeguata la destino, la nostra vita destinata, la nostra vita tesa al compimento: la nostra moralità.
Non esiste moralità al di fuori di una dialogo con «la» Presenza, con una presenza che è «la» Presenza.
139-140 – Il «sì» detto da Simone è l’inizio continuo di una strada morale, di una morale. La strada morale si apre con quel «sì» o non si apre.
Il «sì» di Simone è l’inizio di una moralità vera, della moralità vissuta.
140 – È l’inizio della storia umana, quando la vita diventa storia umana, veramente umana, autenticamente morale.
Quel «sì» inizia questa strada. Non è l’analisi dei fenomeni che gremiscono l’esistenza dell’io, della persona; non è l’analisi dei comportamenti umani in vista di un bene comune; non è questo l’inizio di una morale; può darsi che questo sia l’inizio di una morale; può darsi che questo sia l’inizio di una morale laica, ma non di una morale umana.
L’atto di inizio di una moralità umana è un atto di amore.
Protagonista della morale è l’uomo intero.
143-145 – Il «sì» è l’inizio di una vita morale, l’inizio di una strada morale.
Tant’è vero che il capitolo 21 di san Giovanni termina con l’ingiunzione più grave dell’obbedienza, della virtù dell’obbedienza, che è una virtù morale: «Seguimi».
È la virtù più difficile che esista, perché per arrivare al mio destino io debbo aderire al disegno di un Altro.
Il soggetto dell’atto morale è la persona e la legge di una persona è l’amare: affermare un altro.
144 – L’amore è un giudizio morale commosso per una presenza connessa con il mio destino.
Questa strada morale inizia con il «sì».
Questa strada morale assicura il nesso tra l’amore a Cristo, tra il modo con cui io mi rapporto con Cristo, e la missione, cioè lo scopo ultimo per cui il creatore mi dà la vita e si fa riconoscere come Padre.
145 – Si può rapportare al disegno totale anche implicitamente, senza quasi accorgersene e, in questo caso, si attua ugualmente questo riferimento, se l’azione è giusta dal punto di vista delle leggi morali.
E la legge morale altro non è che la descrizione di come una situazione come quella che sto vivendo possa essere al servizio di Dio nel Suo disegno totale.
La strada morale, il «sì» di Pietro, apre la connessione della mia vita chiamata, la vocazione della mia vita, col disegno universale di Dio
197 – (Cesana domanda): «Ma se la moralità è seguire qualcosa che attrae, perché si fa così tanta fatica, perché è richiesto il sacrificio».
La morale segna la strada per andare al destino. (Ma) un nemico ha messo una trappola nel nostro animo: ha rotto il meccanismo pulito, il rapporto diretto che il nostro cuore sentiva e continua a sentire per il destino.
moralità
129 – È questo «sì» (di Pietro) la scaturigine della moralità, il primo fiato di moralità sul deserto arido dell’istinto e della pura reazione.
La moralità affonda la sua radice, come il «sì» di Simone, in una Presenza.
[…] non c’è moralità senza che il gesto abbia come motivo una Presenza.
131 – La moralità esige, per esser posta, una risposta.
L’azione morale è una risposta a una domanda che sale dalle profondità del nostro essere: è una risposta al Mistero che ci fa.
«Venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà»: così il mandato dal Padre ci ha insegnato a iniziare la nostra vita sensata, la nostra vita adeguata al destino, la nostra vita destinata,, la nostra vita tesa al compimento: la nostra moralità.
Non esiste moralità al di fuori di un dialogo con «la» Presenza, con una presenza che è «la» Presenza.
132 – Perché il «sì» di Pietro è scaturigine della moralità? […] Cristo era la fonte della sua speranza.
Ne aveva stima sopra ogni altra cosa, dal primo momento che si è sentito fissato da Lui, guardato da Lui: Lo amava per questo. «Sì, signore, Tu sai che sei l’oggetto della mia simpatia suprema, della mia stima suprema»: così nasce la moralità.
134 – L’uomo che vive questa speranza in Cristo continua nell’ascesi. La parola “moralità” non è per lui: è una parola che gli fa paura, è una parola che scompiglia l’animo.
Gesù no, Gesù non gli scompiglia l’animo!
La moralità, l’essere morale, il dover essere: questo scompiglia l’animo, fa impaurire, ma Cristo no.
139 – 140 – Il «sì» detto da Simone è l’inizio continuo di una strada morale, di una morale. La strada morale si apre con quel «sì» o non si apre.
Il «sì» di Simone è l’inizio di moralità vera, della moralità vissuta.
140 – È l’inizio della storia umana, quando la vita diventa storia umana, veramente umana, cioè morale, autenticamente morale.
L’atto di inizio di una moralità umana è un atto di amore
185-186 – L’amicizia come sorgente della vera moralità.
186 – Il domandare lo scopriremo come l’inizio della vera moralità.
L’uomo che domanda, fosse anche distrutto dal suo male, è veramente il figlio di Dio.
Morte
20-21 – «Gli empi invocano su di sé la morte» – sì, non è una bugia, non è una esagerazione: gli empi invocano su di sé la morte – «con gesti e con parole», con gesti indebiti, ingiusti, senza significato, senza virtù, senza dignità, e con parole, «ritenendola amica si consumano per essa», consumano il tempo per la morte, «e con essa concludono alleanza».
Pensiamo che peso aveva questa parola per gli ebrei: l’Alleanza infatti era con Dio. O la morte, o Dio, certo: se non è Dio è la morte, per me e per te da riconoscere ora. «Con essa concludono alleanza, perché sono degni di appartenerle»(Sap 1,16).
21 – Gli amanti della morte «dicono fra loro sragionando: “La nostra vita è breve e triste;/ non c’è rimedio, quando l’uomo muore, e non si conosce nessuno che liberi dagli inferi./[…]La nostra esistenza è il passare di un’ombra,/ non c’è ritorno dalla nostra morte,/ poiché il sigillo è posto e nessuno torna indietro”» (Sap 2,1-5)
28 – Dice il secondo capitolo del libro della Sapienza alla fine, «la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo»(Sap 2,24).
Non ci fermi questa parola un po’ frusta: la morte è entrata nel mondo per l’insopportabilità di un bene finale.
91 – Tutto sarebbe opaco; “opaco” vuol dire che non si vede, che non si intravede, che non lascia passare né luce né forme: opaca è certamente la morte. Noi ci imponiamo alla realtà opaca sole se ripetiamo con sincerità certe parole.
«Gesù» posso essere incoerente fino al midollo delle ossa, incoerente cento volte al giorno, ma è pronunciando questa parola con sincerità che le cose incominciano a perdere la loro opacità, come se disquamassero, come la notte che passa dall’alba alla prima aurora.
119 – «Ho creato l’uomo per la felicità, ma l’uomo desidera la morte».
Sap 1,13-16
121 – Quante volte non vorremmo neanche il mattino stesso, non vorremmo neanche vivere! Noi collaboriamo alla morte.
179-180 – «Dio non ha creato la morte e non gode della rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutto dall’esistenza; le creature del mondo sono sane, in esse non c’è veleno di morte, né gli inferi regnano sulla terra, perché la giustizia di Dio è immortale. Ma l’uomo cerca la morte».
Sap 1,13-16
183 – «Morte, dov’è la tua vittoria?»
1Cor 15,55
A – B – C – D – E/F – G – I – L – M – N – O – P – R – S – T – U – V
I Temi di alcuni libri di don Giussani
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- TEMI – All’origine della pretesa cristiana
- TEMI – Perché la Chiesa
- TEMI – Il rischio educativo
- TEMI – Generare tracce nella storia del mondo
- TEMI di Si può vivere così?
- TEMI di Si può (veramente) vivere così?
Temi degli ESERCIZI – Collana “Cristianesimo alla prova”
- TEMI – Un strana compagnia (82-83-84)
- TEMI – La convenienza umana della fede (85-86-87)
- TEMI – La verità nasce dalla carne (88-89-90)
- TEMI – Un avvenimento nella vita dell’uomo (91-92-93)
- TEMI – Attraverso la compagnia dei credenti (94-95-96)
- TEMI – Dare la vita per l’opera di un Altro (97-98-99)
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