TEMI de «Il Rischio Educativo»

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Lettera « F »


  1. Famiglia
  2. Fanatismo
  3. Fede
  4. Fedeltà
  5. Forma
  6. Forza di volontà
  7. Frammentarietà dei programmi
  8. Fraternità/fratellanza
  9. Funzione di coerenza/Funzione educatrice

FAMIGLIA

(37) Noi siamo abituati a cercare ogni cosa, per quel poco di buono che possa aver dentro ed esaltarla, sentirla fraterna, compagna di viaggio. Perciò è un abbraccio universale. Per questo si incomincia a mettersi insieme.

L’essere insieme, quello che i giovani iniziano facendo famiglia, è un abbraccio che si dilata, non si stringe, ma si dilata a tutto il mondo, per sua natura soffre per il mondo, pena per il mondo, partecipa alla pena che Cristo sulla croce ebbe per il mondo, e sente il palpito della risurrezione in quel che di buono c’è dovunque e in chiunque.

(70) L’incontro con qualcuno che sia per il bambino o il ragazzo portatore di quella che abbiamo chiamato “ipotesi esplicativa della realtà” non è una cosa che si possa evitare.

Il luogo primo in cui questo avviene è infatti la famiglia: l’ipotesi iniziale è la visione del mondo che hanno i genitori, o coloro cui i genitori demandano la responsabilità di educare un figlio.

(81s) Non è giusto che i genitori temano, quasi più facilmente oltre i 14-15 anni, ma ormai sempre più anche prima, di proporre con decisione ai figli le idee fondamentali.

Tanto meno è giusto che si astengano dal darle per malinteso concetto di libertà, che contrasta profondamente con l’esigenza di una precisa ipotesi nella vita dei figli.

Il “qualunquismo” in famiglia è spessissimo, nell’anima del giovane, radice di uno scetticismo ancora più tenace a strapparsi che l’influenza deleteria della scuola neutra.

La lealtà con l’origine occorre che sia innanzitutto dei genitori.

(85) (I genitori) rappresentano nella vita dell’adolescente la permanente coerenza dell’origine con sé stessa, la dipendenza continua da un senso totale della realtà, che precede ed eccede da ogni parte il beneplacito dell’individuo.

Questa naturale funzione del richiamo continuo e coerente al senso ultimo di ogni cosa è nel cristianesimo valorizzata al massimo dalla Chiesa (“madre” di tutti i credenti).

Essa rappresenta nel suo ambito più vasto e comprensivo la continua sorgente dell’ipotesi in cui i genitori cristiani generano i figli.

Genitori e Chiesa sono per il cristianesimo la garanzia ultima della coerenza necessaria a ogni educazione.

Genialità educativa della famiglia

(82) La genialità educativa della famiglia si rivela nella scelta dei collaboratori che essa si assume nell’opera di educazione dei figli.


FANATISMO

(79S) …perduta la sanità di una naturale adesione a un criterio oggettivo, esso darà i suoi giudizi e farà le sue scelte abbandonandosi a rigidi preconcetti dettati da idiosincrasie o simpatie istintive, o in base a criteri popolati di visioni anguste o insorti da documentazioni particolari.

Lo scetticismo è un fondo d’animo che permane e che praticamente si supera nel fanatismo: nell’affermazione cioè intransigente dell’unilaterale.

In tale situazione ci sono anche giovani che, nel contrasto violento e impreparato restano nella concezione religiosa e morale da cui sono partiti: ma per non abbandonarla, essi vi si debbono abbarbicare, quasi si ritirano in un arroccamento prudente o impaurito, non si sa, ma certamente senza apertura e respiro verso quell’ambiente da cui si sentono aggrediti.

Sembrerà assurdo, ma la scuola “neutra” pare che tragga queste solo conclusioni dallo scetticismo che tende a generare il fanatismo o il bigottismo, fanatismi pro, bigottismi contro; oppure indifferenza e qualunquismo.


FEDE

(24S)

..nell’esperienza di un grande amore tutto diventa un avvenimento nel suo ambito..

Romano Guardini

Tutto: piova, sia una bella giornata, vada bene una cosa o vada male; il lavoro, la pace, la musica, il respiro, la malattia….tutto diventa un avvenimento nel suo ambito.

Questa frase vale per l’amore di un uomo o di una donna quando è forte, quando è sincero, quando è trasparente; vale per l’amore che si ha a un amico: è lo stesso. Se la fede indica il coinvolgimento di Dio con l’umano ora-ora: l’umano, ora! – espressioni come quelle di Guardini sono ben comprensibili.

Lettera di san Paolo ai Galati « … pur vivendo nella carne (carne è ciò che è definito nel tempo e nello spazio; si definisce nel contingente) io vivo del figlio di Dio, il quale mi ha amato e ha dato sé stesso per me»

Si può concepire una fede al di fuori di questa emozione che nasce da una esperienza presente (domani sarà esperienza presente nel domani)?

Ecco la persuasione da cui siamo nati è questa: diversamente non si può concepire la fede, sarebbe assurda e sarebbe assurdo aderirvi! Non c’è amico che mi segua che non senta questo.

(29) Non ci sono appena la ragione debole e il nichilismo: c’è questo misterioso, ma reale, sperimentabile fenomeno di una realtà che è segno di un’altra.

La fede è l’esaltazione del segno.

La fede proposta come suprema razionalità. La frase così può essere criticabile, ma occorre intendere quel che si vuole dire.

La fede viene proposta come al supremo vertice della razionalità:

quando giunge al suo vertice nell’esame di una cosa, la nostra natura umana sente che c’è qualcosa d’altro.

Questo definisce l’idea di segno: la nostra natura sente che quello che vive, che quello che ha tra mano, rimanda ad altro. L’abbiamo chiamato “punto di fuga“: è il punto di fuga che c’è in ogni esperienza umana, cioè un punto che non chiude, ma rimanda.

(30) La fede, perciò, viene proposta come la suprema razionalità in quanto l’incontro con l’avvenimento che la veicola genera una esperienza e una corrispondenza all’umano impensabili.

(34) ….guardare tutto ciò che c’è, percependo la presenza di un altro. Insomma uno può essere pieno di sbagli, di errori, di incoerenze, ma la sua vita da cristiano è la fede, e

la fede è questo: coscienza di una presenza dentro l’orbita di qualsiasi esperienza presente.

…la fede è proprio la via a ciò che la ragione cerca sopra ogni cosa.

Ultimamente la ragione che cosa cerca, se non il senso della vita, il senso della vita, il senso dell’esistenza, il senso di tutto? E tutta la filosofia contemporanea è rassegnata a dire: ci sarà un senso.

(35) Duemila anni fa il senso stesso è venuto tra noi a dirci:

«Io sono la via la verità e la vita»

L’unico uomo che abbia detto così nella storia del mondo!

L’evento di cui tratta la fede è un avvenimento che dobbiamo vivere, non leggere o discutere: un avvenimento si vive, altrimenti non è adeguato il nostro modo di porci di fronte ad esso.

Il senso ultimo e peculiare di un evento, e quindi l’evento stesso nella sua verità, si apre (cioè si comunica) solo e sempre a una esperienza che s’abbandoni ad esso in questo abbandono cerchi di interpretarlo….

Heinrich Schlier.

“A una esperienza”: un evento si palesa a chi partecipa all’esperienza di esso; si palesa solo come esperienza che è vera, se è adeguata all’evento in questione. L’evento in questione è che Dio si è fatto carne, uomo, ed è presente: “Sarò con voi tutti i giorni“.

E' presente, è presente tutti i giorni!

Occorre abbandonarsi a questo messaggio e accostare l’esperienza secondo le connotazioni di questo messaggio.

(131) La coscienza della corrispondenza tra il significato del Fatto in cui ci si imbatte e il significato della propria esistenza – fra la realtà cristiana e la propria persona -, l’Incontro e il proprio destino.

E’ la coscienza di tale corrispondenza che verifica quella crescita di sé essenziale al fenomeno dell’esperienza.

Anche nell’esperienza cristiana, anzi massimamente in essa, appare chiaro come in una autentica esperienza siano impegnate l’autocoscienza e la capacità critica dell’uomo, e come una autentica esperienza sia ben lontana dall’identificarsi con una impressione avuta o dal ridursi a una ripercussione sentimentale.

E’ in questa “verifica” che nell’esperienza cristiana il mistero della iniziativa divina valorizza essenzialmente la ragione dell’uomo.

Ed è in questa verifica che si dimostra l’umana libertà: perché la registrazione e il riconoscimento della corrispondenza esaltante tra il mistero presente e il proprio dinamismo di uomo non possono avvenire se non nella misura in cui è presente e viva quella accettazione della propria fondamentale dipendenza, del proprio essenziale “essere fatti” nella quale consiste la semplicità, la “purità di cuore“, la “povertà di spirito“.

Tutto il dramma della libertà è in questa “povertà di spirito“: ed è dramma tanto profondo da accadere quasi furtivo.

Pertinenza della fede alla vita

(20) Per la mia formazione in famiglia e in seminario prima, per la mia meditazione dopo, mi ero profondamente persuaso che una fede che non potesse essere reperta e trovata nell’esperienza presente, confermata da essa, utile a rispondere alle sue esigenze, non sarebbe stata una fede in grado di resistere in un mondo dove tutto, tutto, diceva e dice l’opposto; tanto è vero che perfino la teologia, per parecchio tempo, è stata vittima di questo cedimento.

Mostrare la pertinenza della fede alle esigenze della vita e, quindi – questo “quindi” è importante per me – dimostrare la razionalità della fede, implica un concetto preciso di razionalità.

Dire che la fede esalta la razionalità, vuol dire che la fede risponde alle esigenze fondamentali e originali del cuore dell’uomo.

La Bibbia, infatti, invece della parola “razionalità” usa la parola “cuore“.

La fede risponde, dunque, alle esigenze originali del cuore dell’uomo, uguale in tutti: esigenza di vero, di bello, di bene, di giusto (del giusto!), di amore, di soddisfazione totale di sé che – come spesso sottolineo ai ragazzi – identifica lo stesso contenuto indicato dalla parola perfezione.

La fede esalta la razionalità

(21) Dire che la fede esalta la razionalità vuol dire che la fede corrisponde alle esigenze fondamentali e originali del cuore di ogni uomo. La bibbia invece della parola “razionalità” usa la parola “cuore”.

(29) Non ci sono appena la ragione debole e il nichilismo: c’è questo misterioso, ma reale fenomeno di una realtà che è segno di un’altra. La fede è l’esaltazione del segno, del valore di un segno.

Così la razionalità tra di noi diventò la ricerca di un modo autentico di cogliere la realtà giudicando gli avvenimenti, cogliendone la corrispondenza alle esigenze costitutive del nostro animo o del nostro cuore, come dice la Bibbia.

Pretendevamo, così, tradurre l’antico adagio scolastico: la verità è una adequatio rei et intellectus, , una corrispondenza dell’oggetto all’autocoscienza, alla coscienza di sé stessi, cioè alla coscienza di quelle esigenze che costituiscono il cuore, che costituiscono la persona, senza delle quali essa sarebbe niente! La fede, perciò viene proposta come la suprema razionalità.

……la fede viene proposta come appoggiata al supremo vertice della razionalità: quando giunge al suo vertice nell’esame di una cosa, la nostra natura umana sente che c’è qualcosa d’altro.

Questo definisce l’idea di segno: la nostra natura sente che quello che vive, che quello che ha tra mano, rimanda ad altro.

L’abbiamo chiamato “punto di fuga”: è il punto di fuga che c’è in ogni esperienza umana, cioè un punto che non chiude, ma rimanda.

Questo è un altro concetto fondamentale del nostro insegnamento. La fede, perciò, viene proposta come suprema razionalità in quanto l’incontro con l’avvenimento che la veicola genera una esperienza e una corrispondenza all’umano impensabili.

(32) ….la fede risponde alle esigenze del cuore più di qualsiasi altra ipotesi; per questo è più razionale di qualsiasi altra ipotesi razionale.

La fede viene proposta come la suprema razionalità, in quanto l’incontro con l’avvenimento che la veicola genera un’esperienza e una corrispondenza all’umano impensata, impensabile.

Dare ragione della fede

(21) Intendiamo per razionalità il fatto di corrispondere alle esigenze fondamentali del cuore umano, quelle esigenze fondamentali con cui un uomo – volente o nolente, lo sappia o non lo sappia – giudica tutto, ultimamente giudica tutto in modo perfetto e imperfetto.

Per questo dare ragione della fede significa descrivere sempre più densamente, gli effetti della presenza di Cristo nella vita della Chiesa nella sua autenticità, quella la cui sentinella è il Papa di Roma.

E' il cambiamento della vita che, dunque, la fede propone.

Il delitto sta nel concepire, proporre e vivere la fede come una premessa che non c’entra con la vita.

Ragione VS fede

(25ss) (Episodio della sua prima classe. I ragazzi sostengono che fede e ragione non vanno d’accordo. Questo paragrafo è un riassunto personale). Chiede loro che cosa è la ragione e che cosa è la fede e fanno scena muta. Capisce che c’è di mezzo il professore di filosofia, si accende una discussione. Per chiuderla don Giussani dice al prof. che non è mai stato in America, ma è sicuro che c’è. Per il tipo di ragione che il prof. esalta, questo atteggiamento non è ragionevole.

Evento di cui tratta la fede

(35) L’evento di cui tratta la fede è un avvenimento che bisogna vivere, non leggere o discutere: un avvenimento si vive, altrimenti non è adeguato il nostro porci di fronte ad esso.

….Un evento si palesa a chi partecipa all’esperienza di esso: si palesa solo ad una esperienza che è vera, se è adeguata all’evento in questione.

L’evento in questione è che Dio si è fatto carne, uomo ed è presente: “Sarò con voi tutti i giorni”. E’ presente, è presente tutti i giorni!.

Occorre abbandonarsi a questo messaggio e accostare l’esperienza secondo le connotazioni di questo messaggio.

(36)…bisogna che noi ci abbandoniamo a questa presenza e viviamo la nostra vita all’interno di questa presenza, la viviamo sotto l’influsso di questa presenza, giudicata da questa presenza, illuminata da questa presenza.

Il cristianesimo è un evento: bisogna sottoporgli la vita, la vita intera nell’istante.

Come

Nell’evento di un grande amore tutto diventa avvenimento nel suo ambito

Romano Guardini

Così all’evento cristiano bisogna sottoporre l’intera storia della vita.

Immotivazione ultima della fede

(41s) (Descrizione della situazione della fede e della Chiesa nei primi anni 50)

  • Innanzitutto una immotivazione ultima della fede.
  • Scontata inincidenza della fede sul comportamento sociale in generale, e scolastico in particolare.
  • In clima decisamente generativo di scetticità che lasciava libero campo all’attacco alla religione da parte di determinati professori.

FEDELTA’

(115) Può sembrare un paradosso, ma occorre per costruire davvero la società nuova, innanzituto prendere sul serio la vecchia, cioè la propria tradizione; ma prendere sul serio la tradizione, prendere sul serio il proprio passato significa impegnarsi con esso secondo le modalità che quello implica, per poterne risentire i valori abbandonare quello che valore non è, per poterne scoprire la corrispondenza con ciò che si è e potersi liberare da ciò che poteva corrispondere alla situazione solo di altri tempi, e non a quella dei nostri.

Fedeltà e libertà sono le due condizioni senza le quali non c’è il senso della storia, perché la storia è una permanenza che si mobilità in versioni sempre nuove.


FORMA

Forma contro valore

(51) Così come è vero che l’uomo non può fondare la sua sicurezza in alcuna forma in cui si incarni per lui il mistero, è anche vero che qualsiasi valore che almeno non tenda a darsi una forma, con il tempo, inesorabilmente tende a scomparire.

Perciò la forma ha tutta l’importanza del valore perché ne abbraccia tutta la dignità e, per un cristiano, non può essere misurato neppure un millimetro di sproporzione tra la forma in un suo punto banale – come la più modesta ed insignificante delle occupazioni – e l’amore a Cristo.

I nostro destino infatti si gioca nell’istante e nel luogo in cui si sta vivendo qui, e adesso.

Il rapporto al nostro destino, se vuole ridursi ad affermazione astratta o a suggestione sentimentale, deve essere rapporto con un luogo che diventi traccia al destino stesso, a Dio.

Forma delle parole

(122) Partire da ciò che si ha in comune con l’altro non significa infatti dire necessariamente la stessa cosa, pur usando le stesse parole: la giustizia dell’altro non è la giustizia del cristiano, la libertà dell’altro non è la libertà del cristiano, l’educazione dell’altro non è l’educazione come la concepisce la Chiesa.

C’è, per usare una parola della filosofia classica, una forma diversa nelle parole che noi usiamo, cioè una forma diversa nel nostro modo di percepire, di sentire, di affrontare le cose.

Ciò che abbiamo in comune con l’altro non è tanto da ricercare nella sua ideologia, ma in quella struttura nativa, in quelle esigenze umane, in quei criteri originari per cui egli è uomo come noi.

Apertura al dialogo significa perciò saper partire da ciò cui l’ideologia dell’altro o il nostro cristianesimo fanno proposta di soluzione, perché fra concezioni realmente diverse nulla è in comune, salvo l’umanità degli uomini che le portano come vessilli di speranza e di risposta.


Forza di volontà

(100) C’è un facile equivoco possibile in una insistenza prevalente per la “forza di volonta‘”.

E’ l’equivoco che nasce quando tale insistenza blocca la coscienza in rilievi analitici, isolando singoli doveri o singoli valori dal contesto totale, o ideale; oppure facendo centro di attenzione l’osservazione – magari scrupolosa – di minuti problemi, sentimenti, stati d’animo, tentativi e sforzi, eccetera.

Si corre il grave rischio di dimenticare che l’uomo si rassegna al particolare esclusivamente se quel particolare a lui si palesa come realizzazione di un universale.

Soltanto il grande, soltanto il totale, soltanto il sintetico animano l’energia umana nell’affronto del minuto e del quotidiano.

L’ascetica stessa logora se non è tutta informata da un fine spazioso, veramente degno degli orizzonti umani.


Frammentarietà dei programmi

(75) L’influsso della mentalità laicistica è visibilissimo nella scuola.

Innanzitutto l’insegnamento non si cura di offrire aiuto per l’effettiva presa di coscienza di una ipotesi esplicativa unitaria.

La predominante analiticità dei programmi abbandona lo studente di fronte ad una eterogeneità di cose e a una contradditorietà di soluzione che lo lasciano, nella misura della sua sensibilità, sconcertato e avvilito d’incertezza.

E tale eterogeneità e contraddittorietà non sono affatto sanate dall’impianto delle recenti indicazioni didattiche che quella analiticità vorrebbero sconfiggere, lottando contro i fenomeni più vistosi del nozionismo e della frammentarietà dei programmi.


FRATERNITA’ / FRATELLANZA

(52s) Occorre però tener ben presente che quel luogo – fatto di persone e di cose – va costituito: prima di vivere una casa bisogna costruirla, prima di gustare una pietanza bisogna cucinarla.

Ciò che fa quei muri di quel luogo, che rende possibile vivere il mistero della Chiesa di Dio, si chiama fraternità, affezione reciproca.

Ma come si fa a vivere una fratellanza con gente che ultimamente non si è scelta?

(53) Una questione personale. Se uno vive la sua natura come immagine del mistero che lo ha fatto, come partecipazione a quel mistero, se uno capisce che quel mistero è pietà e misericordia, allora cercherà di vivere pietà e misericordia e fratellanza come sua stessa natura qualunque fatica implichi.

Affermarsi riconoscendo il valore dell'altro.

La pietà di cui si è così oggetto da esserne costituiti deve diventare soggetto: parlo della pietà e dell’affezione che il mistero di Dio ha per ognuno.

Si è talmente oggetto di questa affezione che si è fatti, creati, salvati conservati alla vita.

Fatti di questa affezione essa deve diventare il nostro soggetto: non si può agire se non in questa misericordia, a meno di tradire la propria natura più profonda.

Agendo nella misericordia si riconosce il valore dell’altro: fosse solo un punto luminoso in milioni di punti oscuri, si valorizza il punto luminoso.

Non in quanto luminoso, ma in quanto spia del mistero che l’altro ha dentro. Questo è l’amore: che la propria pienezza, la propria realizzazione è fatta coincidere con l’affermare l’altro.


FUNZIONE DI COERENZA

Funzione di coerenza / funzione educatrice

(84) L’autorità è in un certo modo il mio io più vero.

La funzione educatrice di una vera autorità si configura precisamente come “funzione di coerenza“: una continuità di richiamo ai valori ultimi e all’impegno della coscienza con essi; un permanente criterio di giudizio su tutta la realtà; una salvaguardia stabile del nesso sempre nuovo tra mutevoli atteggiamenti del giovane e il senso ultimo della realtà.

Dall’esperienza dell’autorità nasce quella della coerenza.

Coerenza è stabilità efficiente nel tempo, è continuità di vita.

In un fenomeno pazientemente evolutivo come quello dell’«introduzione alla realtà totale», la coerenza è fattore indispensabile.

Una certezza originaria che non potesse continuare a riproporsi nella coerenza di una evoluzione, finirebbe con l’essere sentita astratta, una dato fatalmente subìto, ma non vitalmente sviluppato.

Senza la compagnia di una vera autorità ogni «ipotesi» rimarrebbe tale, ci sarebbe solo una cristallizzazione – oppure ogni iniziativa successiva rinvierebbe in nulla l’ipotesi originaria-.

D’altro canto, la coerenza, se è la presenza continua di un senso totale della realtà, al di là di ogni «gusto» momentaneo e «parere» capriccioso dell’individuo, è potente educazione alla dipendenza dal reale.

(I genitori) rappresentano nella vita dell’adolescente la permanente coerenza dell’origine con se stessa, la dipendenza continua da un senso totale della realtà, che precede ed eccede da ogni parte il beneplacito dell’individuo.

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