Temi di «Attraverso la compagnia dei credenti» – 2

ABCDE/FGILMNOPRSTUV


68-69 – Si chiama «obbedienza» l’estrema virtù del cristiano. «Fatto obbediente fino alla morte» (Fil 2,8), dice san Paolo di Cristo, ed è la parola più grande che si possa dire dell’uomo Cristo, il quale nel dodicesimo capitolo del Vangelo di san Giovanni, dice: «La mia anima è commossa, la mia anima è impaurita; e che devo dire? Padre liberami da qust’ora? da questo modo di fare le cose che è duro per me? Ma se proprio per questo sono giunto a quest’ora! Se il Padre mi ha scelto proprio perché io faccia questo sacrificio!» (cfr. Gv 12,27)» – se il Padre ti ha scelto proprio perché tu ami la donna con questo sacrificio, usi i soldi con questo sacrificio, guardi il cielo e la terra con questo sacrificio, senta il tempo con questo sacrificio!

158 – Perciò la verginità è l’ideale della purità, dell’ascesi, che il «sì» di san Pietro apre per tutti i cristiani, qualsiasi compito Dio chieda loro: famiglia o sacrificio della propria vita per richiamare tutti gli altri cristiani e a tutti gli uomini che l’unico valore della vita è Cristo e il sacrificio è offrire tutta la vita a Cristo.

174 – È la parola che Cristo ha riportato nel mondo come possibile realtà, che in Lui è vissuta come dedizione della vita e come sacrificio mortale, che il Padre ha richiesto come condizione per la salvezza di tutti gli uomini, perché la Sia pietà per l’uomo si realizzasse in un universale perdono, e in qualche cosa di più.

199 – Il destino è l’attrattiva per cui il cuore è fatto. Ma in mezzo c’è un estraneo che è diventato presenza nemica, ed è la prova della libertà che Dio ha permesso: come si è ribellato a Lui, si ribella a noi, Satana. «Non fate le opere di questo vostro padre» (Cfr. gv 8,44)

E, dall’altra parte, la fatica; la fatica, il sacrificio da affrontare.

Qui, però, non è un nemico presente: è Gesù in croce presente, è Dio fatto uomo, che è morto in croce perché noi potessimo avere la forza di superare tutte le difficoltà e andare insiene verso il Destino: insieme, da amici. Questa è l’amicizia!


78 – L’approfondimento catechetico del Movimento è la Scuola di Comunità: essa illumina la nostra formazione permanente.

Deve svolgersi valorizzando nel suo ambito gli Esercizi e i testi “emergenti” del Movimento che chiarire il contesto nel quale si colloca il “percorso” segnato dalla Scuola di comunità.

Nel caso in cui la Scuola di Comunità sia fatta altrove, il gruppo di Fraternità mediti gli Esercizi spirituali o i testi indicati dal movimento, senza mancare, in ogni caso, di riferirsi alla Scuola di comunità.

121-123 – Il potere umano collabora alla morte con la violenza, favorendo una educazione che giunge inesorabilmente alla diffusione della violenza[…].

Sapete qual’è il sintomo che questo atto di accusa o, meglio, che questo richiamo doloroso che facciamo a tutti noi è vero? Sapete qual’è il sintomo che tutto quello che sto dicendo è vero?

È l’inospitalità, l’estraneità, la superficialità, il formalismo, l’astrattezza, la non tenace ricerca che noi viviamo verso la Scuola di comunità.

Bruci tutto il movimento, si svaghi nell’aria tutta la realtà del movimento, muoia il movimento se la Scuola di comunità non diventa parola mia, evidenza mia, ragione mia, cuore mio, affezione mia, suggerimento di parola, di preghiera mia, se essa non mi presenta la grande ipotesi del Tuo volto, o Cristo, la grande immagine della tua presenza, o Cristo, che attraversa il tempo e lo spazio creando la storia, quella storia nella storia che alla storia tutta dà significato, e che è innanzitutto della mia, della mia esistenza.

122 – La Scuola di comunità è lo strumento che ci ridesta a questa Presenza e, lentamente, insieme, fa penetrare questa Presenza, la fa sentire, la fa capire, mi fa stupire, ci rende discepoli: tentativamente ogni giorno uno fa quello che può e grida: «Vieni, signore! Vieni, Santo Spirito! Vieni per mezzo della Madonna!».

123 – Che la Scuola di comunità costituisca le sponde di quel fiume, per cui il fiotto di vita diventi sempre più grande in noi, nell’invadere tutto e diventare il grande mare della felicità eterna.

La Scuola di communità ci forma a capire come questa esperienza sussista senza che noi ce ne accorgiamo, come essa debba diventare nostra; se è fatta ingrandire nostra, allora ingrandisce.

La Scuola di comunità di forma a capire come questa esperienza del Signore ci sia, tutti i giorni, ance se noi non ce ne accorgiamo, anche se noi non vogliamo accorgercene; ma se è fatta diventare veramente nostra questa esperienza del Signore, allora ingrandisce, si dilata, e la vita diventa felice.

159 – Non si può fare la Scuola di comunità essere parte della Scuola di comunità, senza che la carità aumenti nei rapporti: è impossibile.

162 – Lettera: «Caro don Giussani, ho molto pensato prima di scriverle, e Paolo più volte mi ha consigliato di farlo, ma non mi decidevo mai. È quasi un anno e mezzo che partecipo alla Scuola di Comunità e ho capito molte cose in questo tempo. Se sapesse quante e quali discussioni e liti con Paolo sulla utilità della Scuola di comunità! Consideravo senza senso trovarsi a leggere un libro che non toccava il mio cuore ed era scritto in modo totalmente complicato. In questo anno e mezzo, quasi non capivo nemmeno una parola, nulla mi toccava: era noioso.

Un pò di tempo fa ho avuto una chiacchierata intensa, di nuovo sulla Scuola di comunità, con i miei amici. Sono andata a casa e, con un pò per curiosità, un pò per spirito di iniziativa, mi sono seduta e ho incominciato a leggere quasi tutto il libro.

Dietro ad aride e morte parole, d’improvviso ho sentito un discorso vivo: ho incominciato a immaginarmi lei con i suoi studenti, le lezioni. Mi sono immaginata come se fossi una sua studentessa, lì ad ascoltarre una sua lezione.

Ho pensato il senso di quelle parole così: ho cominciato a paragonare la mia vita con quelle parole. Ora Il senso religioso non mi lascia mai. La ringrazio con tutto il cuore. Lei è un maestro. Ho sempre vissuto come in una favola, in un grande sogno. Ora comincio a vivere il reale ed è più facile.

È più facile costruire un rapporto con la gente o notare la bellezza del mondo. Ora sono veramente me stessa e la mia vita, il mio cuore, sono sono più uno spazio angusto, ma allargato al mondo intero, all’intero universo.

Comincio a capire che cosa significihi che Dio è con me, che cosa è la libertà, l’amore.

La ringrazio. Possa darle Dio ogni bene. Con rispetto e riconoscenza, Natasha.»


55 – Questa è la frase che volevo sottolineare: «L’avvenimento ricomincia con me. La sequela mi cambia». Questa è la storia del cristianesimo: potrebbe rimanere solo una persona e continuerebbe, ricomincerebbe.

89-90 – Il cammino del Signore è semplice come quello di Giovanni e Andrea, di Simone e di Filippo, che hanno cominciato ad andare dietro a Cristo. Per che cosa? Per curiosità: non cattiva, ma come curiosità del bambino. Hanno cominciato a seguire Cristo «Per curiosità e desiderio.

90 – Lettera: «“Eccomi io vengo per fare la Tua volontà”. È la sequela fino alla croce attraverso il dolore che c’è, esiste, entra nella carne, perché divenga più viva la fede.

La difficoltà entra come straniera nella normalità del quotidiano, affinché il rapporto con Cristo sia più autentico, scuota dal torpore per aprire il cuore all’abbraccio sempre più ampio del Signore.

Nasce la coscienza chiara che la presenza di Cristo, nell’istante, qualunque esso sia, sia svela nella domanda dell’uomo e genera un rapporto nuovo, altrimenti irrealizzabile, disposto all’obbedienza totale, fino alla croce, con la certezza della resurrezione.

La fatica, il dolore non sono nulla perché Lui mi ha già presa tutta.»

94-96 – La libertà di questo povero uomo è qui:«Io sono la via, la verità e la vita». «Se seguirete la verità, se seguirete me, sarete liberi».

95 – Questo povero uomo è, dunque, destinato a superare infinitamente se stesso: e tutto diventa facile. Il cammino tutto diventa facile.

96 – Tutto è facile come per un bambino ricercare e seguire. Per un bambino è facilissimo: può il bambino fare un’altra cosa se non cercare e seguire?

[…] Per quanto quasi indifferente ti sembri di essere, seguire è un atto drammatico che devi compiere. Perché il dramma è il rapporto tra l’io, questo «io» fatto da Lui, e Dio, il Padre, e questo compagno di cammino strano, stupefacente che è Cristo.

Seguire è un atto di libertà, è un riconoscimento della libertà, è il supremo riconoscimento della libertà, perché si segue ciò che si ammette e si riconosce connesso con il Destino, ciò che si riconosce con certezza connnesso con il Destino.


42-44 – Le cose sono così, coraggio, perché oogni tuo passo tende inevitabilmente al destino finale; ogni tuo passo svelerà nel tempo, al tuo cuore e agli occhi di tutti, la sincerità ultima del tuo animo, la semplicità ultima del tuo cuore, semplicità come quella di un bambino; svelerà a tutti la povertà del tuo desiderio, l’umiltà della tua mendicanza.

43 – Come si fa a riconoscerLo? Il card. Ratzinger osserva in un suo discorso: «In realtà noi possiamo riconoscere solo ciò per cui si dà in noi una corrispondenza».

Avviene un incontro, l’incontro con uno, con una presenza che corrisponde al tuo cuore.

44 – (Da tanti anni gli ebrei erano senza profeti) Finalmente questo Giovanni detto «il battezzatore», venne, vivendo in modo tale che tutta la gente ne era percossa e molti, dai farisei fino all’ultimo contadino lasciavano le case per andare a sentirlo parlare, almeno qualche volta.

Saranno stati tanti o pochi quella volta, non sappiamo, ma ce n’erano due che andavano per la prima volta, ed erano tutti tesi, con la bocca aperta, nell’atteggiamento di chi viene da lontano e vede quello che è venuto a vedere con una curiosità senza barriere, con povertà di spirito, con infantilità e semplicità di cuore.

104 – Si può dire: è un fatto – un fatto! – semplice da constatare. Più precisamente, è un fatto che ti mette di fronte a una Presenza, un Presenza sorprendente, inimmaginata prima, inimmaginabile, che uno non può sognare, al di là di ogni nostro parametro.

Di questo Gesù, in nome del quale abbiamo aperto la nostra convivenza di questi giorni, e di questo semplicità con cui i primi cristiani Lo hanno riconosciuto, che è uguale alla semplicità con cui noi possiamo riconoscerLo, abbiamo parlato anche per dire una cosa brutta, terribile, la più brutta cosa che si possa dire nella nostra vita, la più brutta cosa che si possa dire nella vita del mondo.

Se si incontrasse, se noi incontrassimo un uomo così, se incontrassimo Gesù…. Ma, se è un avvenimento nella nostra vita, Lo incontriamo tutti i giorni: eppure non ce ne accorgiamo perché siamo distrutti, ma se avessimo un pò di attenzione, ce ne accorgeremmo.

142-143 – Io dico: il cammino del Signore a me, verso me, il Suo cammino è semplice. Per Lui è semplice: Egli fa ciò che vuole.

Ma è semplice anche per me percepirLo, presentirLo o riconoscerLo.

La semplicità è l’applicazione della fede, della speranza e della carità.

Ho il presentimento e sono spalancato a questo presentimento: fede.

Ho il presentimento di una cosa importante per il mio futuro e per il mio destino, per il significato di questo tempo che passa: speranza.

E carità è una gratuità, la gratuità di Colui che si fa presente, che si fa presentimento in me; è una grautità.

143 – Certo, manchiamo di semplicità. Eccola risposta! Forse non sarà inutile ricordarci che cosa sia la semplicità.

La semplicità è portare avanti, seguire lo sviluppo e l’evoluzione di un sentimento che è nato in noi o di un progetto che abbiamo incominciato, senza che nient’altro dall’esterno, nient’altro perciò di estraneo, intervenga a mobilitare diversamente il mio impegno, ma operi solo la sorgente da cui l’impegno è iniziato, che ha destato in me la fantasia e la volontà di quell’impegno.

Solo da quella sorgente i criteri del mio agire nascono.

Non semplice o artificioso è ciò che evolve qualcosa che è iniziato in me introducendo, lasciando che si introducano, fattori estranei, che hanno altro motivo, che hanno un altro motivo di ragione per esserci e per muovermi.

Mentre la semplicità è rimanere alle ragioni che nascono dalla fornte che Dio m’ha fatto scturire in cuore.

169 – Mi viene in mente un brano della liturgia ambrosiana: «nella semplicità del mio cuore, lietamente Ti ho dato tutto» ho riconosciuto che sono Tuo tutto. O un’altra frase di quella liturgia: «renderò evidente la Mia presenza dalla letizia del loro cuore».

Che immensa semplicità occorre, solo una immensa semplicità può cacciar via l’accusa di presunzione da una simile pace! E infatti la letizia è proprio un lascito di Gesù: «Vi ho detto tutto quello che vi ho detto perchè la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena».


43 – Le cose sono così, coraggio, perché oogni tuo passo tende inevitabilmente al destino finale; ogni tuo passo svelerà nel tempo, al tuo cuore e agli occhi di tutti, la sincerità ultima del tuo animo, la semplicità ultima del tuo cuore, semplicità come quella di un bambino; svelerà a tutti la povertà del tuo desiderio, l’umiltà della tua mendicanza.

169 – Forse una parola dice tutto: c’è una semplicità che si esige per percepire nella sua suggestività la parola di Dante; occorre una semplicità, una semplicità da bambini.

È quanto Gesù dice nel Vangelo: «Ti ringrazio Padre, perché hai svelato queste cose ai semplici e le hai tenute nascoste a coloro che credono di sapere. Si Padre, così piacque a Te» (Cfr. Mt 11,25-26).

Mi viene in mente un brano della liturgia ambrosiana: «nella semplicità del mio cuore, lietamente Ti ho dato tutto» ho riconosciuto che sono Tuo tutto. O un’altra frase di quella liturgia: «renderò evidente la Mia presenza dalla letizia del loro cuore».

Che immensa semplicità occorre, solo una immensa semplicità può cacciar via l’accusa di presunzione da una simile pace! E infatti la letizia è proprio un lascito di Gesù: «Vi ho detto tutto quello che vi ho detto perchè la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena».


128 – Quel «sì» (di Pietro) era l’affermazione di un riconoscimento di una eccellenza suprema, di una eccellenza innegabile, di una simpatia che travolgeva tutte le altre. tutto restava inscritto in quello sguardo: Tu e io.

132 – (Pietro) Ne aveva stima sopra ogni altra cosa, dal primo momento in cui si è sentito fissato da Lui, guardato da Lui: lo amava per questo.

«Sì, Signore, Tu sai che sei l’oggetto della mia simpatia suprema, della mia stima suprema»: così nasce la moralità.


130 – Gesù nella sua solitudine infinita di uomo incompreso e incomprensibile nel suo mistero, non è solo.

167-168 – Stamattina, leggendo il “Corriere delal Sera”, notavo la ricchezza sia quantitativa di nomi, noti o non noti, sia qualitativa delle persone citate, e improvvisamente mi è parso che il denominatore comune di tutte quelle citazioni fosse questo: ognuno di loro, più o meno seriamente identificava il problema che la vita sua doveva affrontare e servire, almeno al momento, con un particolare da lui fissato o fissatogli dalle circostanze di lavoro[…]

Se il denominatore comune era uno solo, ciò che nasceva era una confusione di Babele, una torre di Babele. Paragonando la risposta dell’uno a quella dell’altro emergeva una confusione di Babele, una torre di Babele.

E poi era come se ognuno, detto quello che doveva dire, identificato il punto su cui voleva responsabilizzarsi, detto quello che doveva dire per rispondere a tale senso di responsabilità, se ne andasse via per il suo cammino, più solitario che in compagnia.

Ne riparleremo quest’anno, di questa solitudine malinconica e presuntuosa, cinica, disperata, o pretenziosa di risultati che poi la storia non consegna mai ad effetto.


66 – Lo Spirito di Dio è libero di raggiungere una persona, investendola di una facilità a pensare cristianamente, di una generosità nel costruire cristianamente, così che tutti coloro che accostano questa persona, in qualche modo, sono colpiti.

Ecco, la modalità estrema con cui si può essere colpiti dal permanere di Cristo nella storia è quella secondo cui lo Spirito Santo, lo Spirito di Cristo, ci fa incontrare qualcuno, seguendo il quale la fede diventa più facilmente chiara e l’affezione alla fede più facilmente intensa, e la voglia di diffondere il regno di Cristo più consapevole e più facilmente creativa.

Questo si chiama «carisma», è l’avvenimento del carisma.

161 – Lettera: «Carissimo, don Giussani siamo alla vigilia degli Esercizi Spirituali della Fraternità. Voglio accompagnarmi a te in questo servizio al popolo fedele e accompagnare tutti i mi ei fratelli, riuniti in silenzioso ascolto e meditazione di ciò che lo Spirito Santo ti farà dire e farà loro capire.

L’esperienza che ho fatto alle vacanze internazionali di La Thuile, dove centinaia di persone vivevano con un cuore solo, unico, fa sì che ogni volta di più io senta questa storia come assolutamente mia.

Voglio permanere in questa compagnia, caro don Gius, perché è l’unica che mi fa ricordare – in mezzo alle mie distrazioni, alle mie difficoltà, alla mia incostanza – qual’è il vero destino della m ia vita, il modo vero di guardare mia moglie Patrizia, i miei quattro figli, i miei amici, le persone che dipendono da m e nel mio lavoro e tutta la realtà. […] Grazie per i fratelli maggiori che ci hai donato; mi sono particolarmente vicini e sono alcuni dei volti più autorevoli che ho davanti a me. Ti lascio con un forte abbraccio. Jorge Maria.»


37 – «Io son la via, Io sono la verità, io sono la vita»- Non esiste, non è reperibile in tutta l’espressione della voce umana, in tutti i secoli della storia, una affermazione paragonabile a questa.

Ratzinger: «Il Nuovo Testamento ci mostra tre dimensioni fondamentali dell’incarnazione: essa è innanzitutto un avvenimento storico, unico e irripetibile: il Figlio di Dio si è incarnato una volta per sempre in un determinato luogo, in un determinato tempo della storia e rimane in eterno questo uomo determinato, Gesù di Nazareth.

L’incarnazione implica dunque un vincolo permanente con questa storia» con la storia di quest’uomo, «con questa parola biblica, con questi segni sacramentali, presenza stabile della “carne” di Gesù.

Oltre all’avvenimento cristiano non esiste in tutta la storia qualcosa che sia vero e totale nuovo inizio, totalmente nuovo inizia.

53 – Ma questo incontro come può diventare storia? […] Come può rinnovarsi l’impeto pieno di soprassalto di quella corrispondenza inaudita, l’esperienza di quel cambiamento profondo, doloroso e dolce, di quel perdono continuamente decisivo su tutti i nostri difetti? «Restando dentro l’organicità concreta di quell’evento che ha fatto irruzione nella storia», restando dentro quel fatto.

55 – Quel Fatto in cui si sono imbattuti Giovanni e Andrea si prolunga nella storia fino alla fine del mondo: Cristo – via dall’eterno, al senso ultimo – rimane presente attraverso l’unità organica di coloro che credono in Lui, scelti a vedere, che accettano di guardare, che ascoltano come possono,che arrancano come sono capaci, peccatori tutti, amati dal Mistero.

63 – La storia del popolo ebreo è la grande profezia.Questo popolo è stato come l’angelo che portava l’annuncio di qualcosa che sarebbe accaduto: Dio è diventato uomo, è accaduto, la via è segnata.

Come quell’avvenimento prosegue? Questo è il mistero della Chiesa,corpo misterioso di Cristo, che si edifica attraverso la scelta e la preferenza che Cristo ha per gli uomini che il Padre gli dà nelle mani, per i battezzati, per gli uomini che il mistero della Sua morte e resurrezione, investendone la personalità e la realtà dell’esistenza fino al midollo, muta dal di dentro.

66 – La modalità estrema con cui si può essere colpiti dal permanere di Cristo nella storia è quella secondo cui lo Spirito Santo, lo Spirito di Cristo, ci fa incontrare qualcuno seguendo il quale la fede diventa più facilmente chiara e l’affezione alla fede più facilmente intensa, e la voglia di diffondere il regno di Cristo più consapevole e più facilmente creativa. Questo si chiama «cafisma», è l’avvenimetno del carisma.

93 – Fà che arda tutta la mia persona nell’amare Cristo Dio, perché io Gli piaccia, Gli dia lode, collabori alla Sua gloria.

E la gloria di Cristo è nella storia, come san Paolo presume e prevede: «Cristo tutto in tutti», la grande legge della storia, del tempo e dello spazio; non dell’eternità, perché nell’eternità Dio ottiene quello che vuole per forza, l’eternità è fatta dalla Sua volontà.

107 – Un odio a Cristo non è una esagerazione![…] Questo odio a Cristo qualifica la storia, la storia umana: è come il risultato o il documento permanente che la ferita misteriosa del peccato originale lascia nel tempo umano. Questo odio si articola e diventa concreto giorno per giorno, attraverso tutti i poteri.

121-122 – Bruci tutto il movimento, si svaghi n ell’aria tutta la realtà del movimento, muoia il movimento se la Scuola di comunità non diventa parola mia, evidenza mia, ragione mia, cuore mio, affezione mmia, suggerimento di parola, di preghiera mia, se essa non mi presenta la grande ipotesi del Tuo volto, o Cristo, la grande immagine della Tua presenza, o Cristo, che attraversa il tempo e lo spazio creando la storia che alla storia tutta dà il significato, e che è storia innanzitutto della mia vita, della mia esistenza.

126ss – Leggere il Vangelo di Giovanni, cercando di sorprendere ogni espressione in cui Gesù traduce questa sua coscienza d’essere mandato dal Padre, genera una comprensione di fronte al Mistero, perché questo Mistero è il senso del moto dell’universo ed è ili senso della storia umana.

Ma questo rilievo apre a una storia particolare,che è la chiave di tutta quanta la concezione umana dell’uomo, del suo rapporto con Dio, del suo rapporto con la vita, del suo rapporto col mondo, della sua moralità.

Si tratta del capitolo ventunesimo di san Giovanni. [Qui don Giussani inizia un racconto da immedesimato dell’incontro con Gesù risorto sulla riva mentre stanno pescando].

146 – «Pasci i miei agnelli»: dunque è un insieme vivente, un insieme vivente nuovo, questo gregge è un insieme vivente nuovo che diventa protagonista della storia, diventa lo strumento di Cristo, della vittoria di Cristo nella storia, nella gloria di Cristo nella storia.

187 – Senza l’amicizia con tutto l’amore che volete, non si crea un popolo, non si assicura una storia, non si crea neppure una famiglia completa.

193 – Se Gesù è il Signore della storia, vuol dire che in essa questo si deve dimostrare: la Sua gloria si dimostra per noi già nella storia.


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Temi degli ESERCIZI – Collana “Cristianesimo alla prova”


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