I temi (trascritti letteralmente) dal libro di don Giussani “Un avvenimento nella vita dell’uomo”
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Lettera «M»
Male
119 – Non si può riconoscere il male nell’altro se non con dolore.
Riconoscere il male nell’altro senza senza dolore si chiama «fariseismo», la parola che opprime l’umanità di oggi, l’umanità più civile, che si dice civile.
Memoria
11 – (Il radunarsi per gli esercizi) È un gesto in cui siamo richiamati e ri-provocati alla coscienza del nostro fine e del nostro ideale e in cui si riacutizza l’eco di quella parola che non cesserà più, per tutta la storia, d’accompagnare l’uomo nel suo cammino, l’eco di Cristo.
È il gesto della memoria, quasi come una comunione vissuta, come il sacramento della comunione dilatato.
33 – Invece di «appartenenza» possiamo usare la parola «memoria». Il peccato è contro la memoria. Abbiamo ricevuto tutto ma sembra che ci sia impossibile mantenere rispetto e pietà, devozione e amore a chi ci ha dato tutto, a chi ci dà tutto.
38-41 – La questione è molto semplice: la mossa stessa verso la realtà – di qualunque lavoro si tratti, ci si trovi al tornio o al computer – è totalmente coincidente con la risposta al Tu, al contenuto della memoria, di Te che sei venuto tra di noi, che ti sei fatto incontrare da me.
La densità della memoria è nella memoria stessa.
40 – Sono questi i due termini umani: «io» e «popolo», «esistenza» e «storia». del cammino all’eterno, l’eterno che è già presente, del cammino “dentro” l’eterno (la densità della memoria è già nell’azione).
La memoria è totalizzante.
Che Cristo domini la nostra vita .L’ho detto e ridetto prima, dettagliandolo: coscienza, fino alla morte, vocazione, matrimonio – è totalizzante.
41 – La prima caratteristica della della memoria è la totalità.
[…] Il punto cruciale dell’antitesi: se la totalità è l’insieme delle leggi fatte dall’uomo o se la totalità è una Presenza. Non le leggi fatte da Dio, ma questo Dio che ha fatto tutte le leggi, ha fatto il cosmo, l’ordine di tutto, che è diventato uomo. Il punto è quindi se questo uomo è tutto, cioè se da questo uomo nascono il vegliare e il dormire (la memoria è già tutta densa nell’azione).
55 – Il peccato non ci definisce più. Questa è la vera memoria, questo è vivere la memoria: rimanere.
89 – Il silenzio, dunque, coincide con quello che noi chiamiamo «memoria» e può essere condotto nella riflessione che personalmente favoriamo, o nell’ascolto, o nel guardare gli altri che ci sono intorno, nel guardare questi amici o questi uomini, che, in vario atteggiamento, sono qui, come noi, per qualcosa di ultimamente comune, portandosi dentro una diversa storia, che confluisce nello stesso punto.
Raccomandiamo il silenzio innanzitutto nei trasferimenti che facciamo, nei tragitti in pullman: che siano fatti in assoluto silenzio; e l’assoluto silenzio sia conservato mentre si entra in salone: del resto la memoria sarà favorita dalla musica che sentiremo o dai quadri che vedremo[…].
163-164 – Amare è affermare l’altro. affermare è il termine dell’azione e l’azione è il fenomeno in cui l’io afferma se stesso; benissimo, qui per affermare me stesso affermo te: questo è l’amore, una affettività nuova.
Tutto questo, nel soggetto che crea un popolo nuovo, può esserci soltanto se è sotteso da una memoria continua di ciò che è accaduto, dalla memoria di Cristo: memores Domini, ricordando il Signore ci ergiamo la mattina.
Bisogna che questa memoria sia resa continua e questo è il prezioso contributo della compagnia, che non ti permette di stare troppo tempo senza memoria.
204-209 – ««Nessuno ha mai parlato come quest’uomo. Questo qui, sì, che parla con parole di verità». Questa persuasione ha la spiegazione in un passato, in un altro avvenimento passato, che ad un certo punto illumina lo stupore del presente: era la memoria di una presenza, la memoria di qualcosa che era già avvenuto.
Quando è lì che parla per la strada o quando spezza il pane con loro ritorna la memoria di una presenza da cui la loro vita si era sentita presa, posseduta, da cui tutta la loro vita era stata investita, a cui la loro vita sembrava ormai appartenere.
205 – È un incontro in cui è contenuta la memoria di qualcosa che è passato, una memoria del passato.
È un incontro che si lega a una memoria. L’incontro di due discepoli di Emmaus con Gesù a un certo punto si è illuminato della memoria di quando l’hanno conosciuto per la prima volta, perché quello era l’uomo che avevano seguito.
207 – Un avvenimento del passato carico di pretesa e di significato per la nostra vita può essere scoperto solo in funzione di una esperienza presente. È questo il concetto di memoria. .
Il passato è l'inizio di una memoria che si rende sperimentabile nel presente.
Il presente mi rimanda a un passato e quel passato mi fa ritornare al presente.
208 – Un avvenimento del passato che ha una pretesa di significato per la propria vita, è rinvenibile nell’esperienza di un avvenimento presente, che è l’inizio di una memoria il cui contenuto è spiegato completamente dal passato.
È in un avvenimento presente che uno scopre un avvenimento del passato, che ha la stessa pretesa di significato per la vita: si stabilisce così una memoria che unisce il passato al presente e il presente al passato.
209 – Per Giovanni e Andrea che cos’era questo avvenimento del passato? Era la Bibbia, erano i profeti, un avvenimento passato nel quale la proclamazione di tale pretesa incominciava e a partire dal quale veniva data la ragione del contenuto di una memoria che si compiva in quel momento.
fatti di Dio
70-71 – È più grande la memoria del sogno. La vita ordinaria o è governata dal sogno, cioè da una proiezione dei nostri desideri, secondo la fattura con cui si presentano alla nostra immaginazione, o è governata da qualcosa che è accaduto, che veicola e porta il significato di tutta la mia vita; non c’è soluzione di mezzo.
È più grande la memoria del sogno:
il sogno è uno sforzo tuo, che alla fine ti esaurisce; la memoria sono fatti di Dio, che si organizzano e creano una struttura o la figura del tuo presente.
71 – È più grande la memoria del sogno, è più grande Cristo dell’io.
Mentalità
161-162 –
«Non conformatevi alla mentalità di questo secolo»
Mt 4,17; Mc 1,14-15
dice Paolo
«Cambiate mentalità» dice Gesù in
La mentalità è la misura con cui si giudica tutto: mens, la radice latina di «misura» (metior, misurare).
La mentalità è ciò da cui nasce il giudizio di valore, che stabilisce i “vale la pena”.
Quello che ci fa dire: «Vale la pena? No», è una mentalità.
«Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente», rendendo la vostra misura, il vostro giudizio sul “val la pena”, «per poter discernere la volontà di Dio», per poter così fare accadere la volontà di un Altro, per convogliare tutto in funzione dell’opera di un Altro, di «ciò che è a lui gradito e perfetto».
Rm 12,2
162 – Allora, la nostra mentalità, il nostro pensare umano e l’affettività del nostro cuore umano assumeranno una posizione diversa da tutto ciò che ci circonda, una posizione critica del mondo.
È una posizione critica nuova, una posizione di pensiero nuova, che gli altri non possono raggiungere.
Missione
22 – Cristo è mandato per salvare.
Noi ha chiamati, perché partecipassimo di questa Sua missione.
44 – Non sto parlando dei preti e delle suore, sto parlando dei battezzati che Egli ha chiamati, ha scelti, come collaboratori della missione sua di Redentore del mondo, cioè sorgente di perdono, di speranza e di letizia per tutti gli uomini.
73-74 – Questa umanità ci è data perché l’abbiamo a comunicare. Il nostro grande delitto, il peccato per eccellenza è non comunicare – non esiste peccato più grave che il non comunicare: Redemptoris missio -, è abbandonare Cristo, lasciarLo da solo a gridare al mondo, a dire silenziosamente: «Eccomi».
«La missione è un problema di fede, è l'indice esatto della nostra fede in Cristo e nel suo amore per noi»
Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Redemptoris missio, 7 dicembre 1990,11
74 – La purità suprema è riconoscere Cristo e comunicarLo agli altri.
Non si può fare Scuola di Comunità senza che essa sprigioni una volontà missionaria, una capacità e una volontà di dialogo.
77 – Quello che ci è stato dato, ci è stato dato per partecipare alla missione del Redentore, Cristo «Espiazione e perdono».
167-168 – Perché ci è data questa grazia che ci abbraccia e ci avvolge, ci elegge per sentirsi dire e poi per capire, e poi per fare, per incominciare a fare cose dell’altro mondo in questo mondo – e uno capisce che non si può vivere questo mondo se non con queste cose dell’altro mondo -? Perché abbiamo a portare tutto questo agli altri.
168 – Perdiamo il senso di quanto abbiamo ricevuto se non lo diamo agli altri.
«Le moltitudini hanno il diritto di conoscere la ricchezza del mistero di Cristo, nel quale crediamo che tutta l’umanità può trovare, in una pienezza insospettabile, tutto ciò che essa cerca a tentoni»
Giovanni Paolo II nella Redemptoris missio citanto Paolo VI nella Evangellii nuntiandi
235 – Dobbiamo ricominciare ogni giorno a costruire nella coscienza di Colui che è tra noi, nella consapevolezza della nostra Fraternità, «nella volontà di missione per questo povero mondo».
Se si ha la coscienza di Colui che è tra noi e se si ha coscienza della missione che abbiamo per il mondo, allora diventa vero: non è la fatica che ci spaventa, ma la fede che ci entusiasma.
Mistero/mistero
46 – L’uomo appartiene non a suo padre e a sua madre, ma al destino: suo padre e sua madre sono strumenti per introdurlo sul lungo cammino verso il suo destino, e il suo destino è il mistero di Dio e questo Mistero è diventato un uomo.
69 – Questo è l’avvenimento che cresce con il tempo, può far guardare fino in fondo la vita, alla propria vita, alla vita del mondo, del mondo umano, dell’umanità alla vita misteriosa del cosmo.
90-93 – L’altro a cui dare la vita non può essere che Lui, il grande Mistero originale, l’enigmatico destino verso cui tutto di noi fluisce: Padre, generatore e giudice e oggetto dell’eterna felicità.
92 – Che cammino deve fare il nostro povero soggetto umano per poter entrare dentro questo Mistero un po’ di più, camminarci dentro, per cui veramente avvenga che ognuno di noi dia la vita per l’opera di Dio, per l’opera di un Altro!
Allora occorre riandare ai termini della frase che fa da titolo (Dare la vita per l’opera di un Altro). Anzitutto il mistero dell’Altro, l’Altro che è il Mistero, da cui si nasce e a cui si va, inesorabilmente.
«Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo»: ci fa affermare il Mistero, Dio come Mistero, Dio irriducibile a una nostra immagine, a una nostra definizione. Ma subito dopo ci fa dire: per accostarci al Mistero ricordiamo quanto siamo peccatori.
103-106 – Se questa è la parola fondamentale (la felicità), ce n’è una subito dopo, strana, che è come se interrompesse il tipo di riflessione o di sentimento che accompagna le idee che abbiamo dette: il destino si rivela, il destino – cioè il Dio misterioso, il mistero che chiamiamo Dio – parla propriamente, cioè si fa conoscere nella sua definitività attraverso la scelta di un popolo.
Questo vuol dire che realizza un disegno: nella realtà c’è un disegno che si rivela attraverso una storia.
104 – Il Mistero rivela la propria natura, il proprio scopo, attraverso una storia umana.
105 – Ci troviamo di fronte al Mistero, a un destino che è Mistero, ma parla, e ci dice una parola: tutto è positivo.
106 – È un disegno, dunque, che passa attraverso le circostanze: attraverso esse il Mistero svolge la nostra vita e ci fa partecipare alla realizzazione di una grande storia.
109-112 – Ma non è nella nostra giustizia che noi possiamo trovare obiezione oppure approvazione, conforto o sconforto: la giustizia è Dio, la giustizia è il Destino, la giustizia è il Mistero.
Che cosa dobbiamo fare noi? Una disponibilità totale; una disponibilità totale di fronte al Destino, di fronte al Mistero a Dio, alla giustizia che non è la nostra giustizia. La nostra giustizia annida se stessa in un particolare e non libera nulla.
110 – La realtà rivela una presenza, la presenza del destino, del Mistero. La disponibilità totale è una affermazione amorosa della realtà, in cui si cela la grande Presenza.
La Presenza è nell’istante e in ess si cela il Destino, il Mistero: così possiamo riconoscere che non abbiamo nulla da difendere di fronte al Destino da cui riceviamo tutto.
Se la disponibilità è una affermazione amorosa dell’essere e della realtà presente, in cui è la grande presenza del Mistero, del Destino, la grandezza della vita è dare la vita per l’opera di un Altro, del Destino. La vita del mondo è l’opera di un Altro, del Destino, del Mistero.
Dolore, croce, morte non sono obiezione, ma costituiscono l’oggetto di uno sguardo positivo e amoroso della realtà come accade, segno della grande Presenza, del Mistero.
111 – Il sacrificio non è un saltare la ragione, non è un disprezzare il sentimento, ma è come uno strappo a una chiusura – il limite nostro -, uno strappo in cui la ragione, la coscienza della realtà, la coscienza del Mistero, del destino esplode.
Solo attraverso il sacrificio diventa vero quello che facciamo.
(Adamo ed Eva) Hanno perso tutto (per un piccolo sacrificio richiesto da Dio), perché era attraverso quel sacrificio che diventava vero il loro riconoscimento di Dio, del Mistero, cioè che diventava vero che la misura non era la loro.
112 – Era attraverso quel sacrificio piccolissimo, invisibile quasi, infinitesimale, che dovevano dimostrare che riconoscevano il Mistero, che la ragione è nel Mistero, che la giustizia è nel Mistero, che la misura è del Mistero: «Le mie vie non sono le vostre vie».
117-119 – Tutto il presente dovremmo viverlo in funzione dell’opera di un Altro, del Destino, del Mistero, di Dio, in una obbedienza senza fondo, accettando il sacrificio di ogni momento. Non fare questo è la vera ingiustizia.
118 – Di fronte al Mistero, di fronte al Dio-Mistero, dopo il primo profondo sussulto di desiderio e di attesa, di esigenza di totalità e di felicità, dobbiamo sorprenderci dobbiamo sorprenderci nella debolezza mortale di cui parla la liturgia.
Sorprendere e riconoscere la nostra debolezza mortale di fronte al Mistero diventa perciò il primo consistente impeto di saggezza.
119 – (Giobbe) «Ti conoscevo per sentito dire», Mistero e Destino, «ma ora i miei occhi ti vedono».
Dove ti vedono? Nel Mistero che diventa compagnia in Suo nome, nel Mistero che diventa Chiesa, nel Mistero che diventa amicizia tra di noi.
122-124 – L’opera che piace a Dio, l’opera dell’Altro, è la fede, la nostra accettazione, il nostro riconoscimento di Colui che il Mistero ha mandato tra noi.
123 – Il senso del mondo, il senso ultimo del mondo, il destino del mondo, il Mistero che sostiene e penetra ogni angolo del mondo si è fatto uomo, nato in una razza, nato nel seno di una donna.
Questa è la prima cosa orribile per l’umana ragione, o meglio, per quello sviluppo dell’umana ragione che si chiama cultura dominante, in qualsiasi epoca.
La ragione è strutturata dalla categoria della possibilità, è un angolo aperto all’infinito: è rapporto, infatti, col Mistero, con l’infinito Mistero.
124 – Questo è il focus, il centro dell’universo: quell’uomo!
Lo possiamo ben ridire, lo scopo per cui sono tutte le cose, ciò a cui il cuore dell’uomo aspira, il Mistero a cui tutto va a finire è presente.
148-151 – La risurrezione di Cristo inizia l’opera dell’Altro, inizia l’opera del Mistero, l’opera di Dio, l’opera del Destino.
149 – La inizia, perché l’opera di Dio, l’opera del Mistero, è il dilatarsi nel mondo di questo anticipo della fine del mondo.
150 – Che cosa è la fede? È il riconoscimento, dentro una presenza, di qualcosa di ben più grande, di grande; è il riconoscimento, in una presenza, del “grande”, cioè di Dio, del divino, del Mistero, del destino.
La fede è “acume” dell’intelligenza, per cui tutta l’intelligenza è stata fatta, ma a cui non può arrivare da sé.
Si chiama fede perché riconosce nell’apparenza, nell’apparenza determinata naturalmente, una Persona grande, una Presenza grande: la presenza del Mistero, di Dio, del Verbo di Dio, del destino di tutto e di tutti.
Il Mistero di comunica all’uomo attraverso una realtà umana, un uomo nato da una ragazza che si chiamava Maria, e questo uomo è Gesù Cristo.
151 – Ma la legge del Mistero trapassa questo suo primo e decisivo formularsi, questo suo primo e decisivo modo di comunicarsi. Il primo e decisivo modo di comunicarsi del Mistero qual è? Questo bambino, nato da una donna, che diventa giovane, grande, è ucciso per noi e risorge il terzo giorno.
153 – Il Mistero, il destino si comunica all’uomo attraverso una carne, attraverso una realtà di tempo e di spazio, secondo una modalità fisica, delle persone e delle cose, secondo circostanze precise, che delle circostanze naturalmente mantengono la fragilità e l’apparente futilità: eppure lì dentro c’è Cristo. Questo è la nostra compagnia.
mistero dell’Essere
93 -Cinque anni fa no ero come sono adesso: so di più, sento di più, amo di più e capisco di più che sono peccatore, ma questo non mi arresta, non mi insabbia in un rimorso inutile o non mi fa essere impostore e dire: «Sono cose che non c’entrano», oppure: «Tutto è giusto», in un atteggiamento riduttivo e nichilista di fronte al valore, vale a dire al riverbero nella nostra persona dell’Essere eterno, del mistero dell’Essere.
98 – Questa grande premessa (siamo peccatori) ci è ricordata nella Messa tutte le volte che la Chiesa ci rimette insieme – non solo nella Messa-: «Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo», che per noi significa affermare innanzitutto e in ultima istanza il mistero dell’Essere, il Mistero da cui proveniamo.
140 – La decisione autentica della libertà, la vera libertà, la vera decisione della libertà è una domanda, è una mendicanza: mendicanti dell’Essere, mendicanti del Destino, mendicanti del Mistero, mendicanti del Padre, mendicanti di Te, o Cristo, nostro fratello, che vivi con noi.
190 – Davanti a Dio, davanti al mistero dell’Essere, davanti all’enigma della realtà, davanti alla drammaticità dell’esistenza, davanti al compito della storia siamo fragili proprio come bambini.
Mondo
61 – Il mondo è affamato di gente capace di gratitudine, non di gente perfetta che pretende di essere perfetta, ma che segue – segue!-.
67 – Ogni cosa che noi pensiamo e facciamo, se non è un rapporto esplicito, o almeno implicito, comunque in un certo modo voluto, col destino, con la totalità delle cose, col significato totale del mondo e delle cose, è isolata.
69 – Questo è l’avvenimento che cresce col tempo, può far guardare fino in fondo alla vita, alla propria vita, alla vita del mondo, del mondo umano, dell’umanità, alla vita misteriosa del cosmo.
74 – Questo si dice tra noi è un piccolo riverbero del grande dialogo che è incominciato duemila anni fa tra Cristo e l’uomo che è nel mondo, e che continua tra Cristo oggi e l’uomo del nostro tempo, perché solo in Cristo l’uomo del nostro tempo può vivere.
Bene, questo dialogo con il mondo, con l’uomo del nostro tempo, è la vita del movimento.
76-77 – «Cristo è via, verità e vita» e il movimento è la modalità con cui noi siamo resi veicolo di questo dialogo tra Cristo e il mondo.
96 – La Madonna ci dia la grazia di partecipare al suo modo di vedere, di sentire, di pensare, di essere affezionata, d’amare, di vivere il tempo, di creare tutti i rapporti per quel suo Figlio nel quale sta l’unica speranza del mondo, solo nel quale il mondo ha speranza: il mondo come creazione di Dio e il mondo che diventa coscienza, consapevolezza, in coloro che sono stati chiamati.
110 – La vita del mondo è l’opera di un Altro, del Destino, del Mistero.
112 – (Per Adamo ed Eva) Era attraverso quel sacrificio che si sarebbe dimostrato vero il loro possesso del mondo; vero, cioè rispettoso dell’ordine supremo. Avrebbero posseduto il mondo nel suo vero disegno, che è stabilito dal destino, dal mistero di Dio.
123-124 – «E il Verbo di è fatto carne.» Il senso del mondo, il senso ultimo del mondo, il destino del mondo si è fatto uomo, nato in una razza, nato dal seno di una donna.
124 – Ma se noi ci fermassimo a pensarci seriamente, vedremmo improvvisamente, fisicamente, tutta quanta la realtà nostra, personale e di tutte le cose che possediamo, e di tutto il mondo che ci circonda, fino agli estremi confini dell’universo, girare intorno a questo punto..
Quale novità porta nel mondo? Innanzitutto, lo possiamo ben ridire, lo scopo per cui ci sono tutte le cose, ciò a cui il cuore dell’uomo aspira, il Mistero a cui tutto va a finire è presente.
150-151 – Così la fede entra nel mondo a giocare il ruolo decisivo del mondo.
In Lui incomincia la fine del mondo, quella fine del mondo che consisterà nel fatto che tutti e tutto Lo riconosceranno per quello che è: il Dio fatto uomo.
151 – Cristo utilizza lo stesso metodo che il Mistero del Padre ha scelto per comunicarsi all’uomo e al mondo. Che metodo ha usato il Padre per comunicarsi all’uomo e al mondo?
Si è fatto uomo, ha reso divino l’uomo.
Questa realtà integralmente umana che Cristo ha creato per proseguire il metodo scelto dal Padre, si chiama Chiesa: una piccola (duemila anni fa) o grande (oggi) compagnia di uomini – non di uomini che scelgono loro di entrarvi, ma di uomini chiamati -. Questa grande compagnia di uomini, che Cristo di è scelto per compiere l’opera che testimonia il divino, cioè Lui, presente nel mondo, questa compagnia di uomini, piccola o grande che sia, è precisa nei suoi confini nel senso che è Cristo stesso che convoca, che prende gli uomini che il Padre gli ha dato nelle mani.
166-167 – Si è introdotti a un nuovo mondo, a un modo nuovo di vedere e di gustare il mondo – il centuplo quaggiù-.
167 – Perché ci è stata data questa grazia che ci abbraccia e ci avvolge, ci elegge per sentirsi dire e poi per capire, e poi per fare, per incominciare a fare cose dell’altro mondo in questo mondo – e uno capisce che non si può vivere questo mondo se non con queste cose dell’altro mondo-?
Perché abbiamo a portare tutto questo agli altri.
218-219 – Così il rapporto singolare che ha con ognuno di noi Egli lo rende fattore di quel disegno grande che, attraverso i tempi della storia umana, si attua nel mondo.
L’impresa grande che è il disegno di Dio nel mondo avviene attraverso una compagnia, una comunità o un popolo, che può essere piccolo, impotente di fronte alle forze del mondo, eppure alla fine esso determinerà il volto di tutto, determinerà l’orizzonte totale.
219 – Il Papa traccia il nesso tra l’avvenimento personale di Dio con la nostra persona e il diventare comunità, questo generarsi di comunità nuova, questa fraternità nuova, questa realtà grande che diventa protagonista di Dio nel mondo.
232-233 – Il Padre ha avuto questo disegno mirabile perché, attraverso l’impegno della responsabilità di ognuno di noi, perciò attraverso l’impegno della faccia che ognuno di noi ha, delle capacità che ognuno di noi ha, perché attraverso questo popolo si cambi il mondo secondo la Sua volontà.
Il mondo è un gregge di violenti senza pastore, senza guida e difesa. Noi dobbiamo diventare il suggerimento buono, la guida discreta, la difesa, dobbiamo diventare padri e madri di tutti gli uomini che accostiamo.
233 – Questa pietà di Cristo per il mondo è l’ultimo brandello di lagrima che nel nostro cuore penetra, come una cosa infocata, come l’inizio della crocefissione, della croce e della morte: la vita, tutta la nostra vita dovremmo mettere nelle mani di Dio, disponibile per il bene degli altri, per il bene del mondo.
Influisce non secondo il modo definitivo in cui il mondo sarà vinto e trasformato in «quel giorno», il giorno della Sua gloria, della gloria di Cristo, ma quello che è pesante diventerà più leggero e quello che manca incomincerà mancare di meno e quello che pesa ed è violento incomincerà ad essere meno violento e questo deserto del mondo – attraverso di noi- incomincerà a diventare più dimora.
Morale/moralità
35 – I criteri e le categorie del bene e del male, del fortunato e dello sfortunato, del morale e del non morale, sono quelli determinati dalla società.
145 – Kierkegaard:
«L’unico rapporto etico», cioè la morale, «che si può avere con la grandezza», cioè col Mistero, col destino, e perciò con Cristo, il destino fatto carne, «è la contemporaneità»
L’unico rapporto morale, cosciente, responsabile, attivo, costruttivo, pieno, sensitivo, affettivo con la grandezza è la contemporaneità.
210-213 – Dio si rivela all’uomo in un avvenimento, e questo avvenimento in cui si rivela l’appartenenza totale dell’uomo a Dio ha la forma a cui siamo stati consegnati quando ci imbattiamo in esso. Se l’avvenimento decide di una appartenenza, è chiaro che questo avvenimento, come l’appartenenza, decide di una moralità.
Se uno appartiene a Cristo – e appartiene a Cristo perché gli si è rivelato in un avvenimento -, allora questa appartenenza a Cristo decide della moralità della sua vita, diventa la norma della sua vita.
211 – La morale che nasce dall’appartenenza ha un metodo suo proprio, che nasce dall’appartenenza stessa.
212 – Il metodo della morale cristiana è quello di seguire Dio che si è rivelato in un avvenimento, quel Dio a cui apparteniamo, perché nell’avvenimento si capisce che apparteniamo.
213 – Il seguire, l’etica, la moralità come sequela, è tutt’altro genere che qualsiasi altra moralità.
Ogni altra moralità creata dall’uomo è moralistica.
Questo è rendere la pedagogia morale semplice, come quella che può avere un bambino.
215 – Nella domanda la nostra libertà si gioca. L’uomo cristiano non è indifferente al bene o al male morale, ma nella percezione del proprio niente chiede, mendica.
219 – In uno dei suoi recenti discorsi, il Papa ha descritto in modo magistrale, mirabile, questo passaggio dell’avvenimento in cui il Signore diventa incontro personale, in cui l’appartenenza della nostra persona a Lui viene affermata in modo irriducibile – così che ne sgorga il fiume della nostra moralità, di tutta la moralità -, alla comunione.
231 – Per questo il Signore ha creato il suo disegno, quel disegno che parte dalla sua venuta nel mondo – Cristo -, dal suo impatto con l’uomo che Egli sceglie, che Egli possiede, di cui prende possesso, che che cambia – ina moralità nuova .: converte a sé l’uomo che Lo guarda, che Lo fissa ogni giorno, per sapere che cosa fare.
242-244 – Intervento: «La moralità coincide con il cambiamento? Si può essere morali senza cambiare?».
Sì, la moralità sembra coincidere con il cambiamento. Ma non è tanto con il cambiamento che essa coincide. La moralità coincide col riconoscimento di Cristo, col dire «Tu» a Cristo, col dire «Credo in Te o Cristo». Questo urge il cambiamento che avviene nella misura della grazia di Cristo.
Si può essere morali – senza cambiare, se almeno il rapporto con Cristo accende il desiderio di cambiare. Il primo cambiamento di fatto sta nel desiderio di cambiare.
Movimento
60 – [….] L’amicizia e la compagnia di coloro che condividono questo «Tu», e la famiglia che creano, sono per quello, nel Tuo nome. È la grande compagnia del movimento, parte esigua, ma vera e autentica della grande Sua Chiesa, tempio della Sua gloria.
71 – (il grido) Lo senti, lo puoi sentire la sera, se vivi accettando di riconoscerLo, cioè, brutalmente, se vivi appartenendo al movimento, se vivi appartenendo a questa amicizia, accettando questa amicizia, anche con riottosità.
74 -77 – La purità suprema è riconoscere Cristo e comunicarlo agli altri. […] pensa a quando sei al lavoro con i tuoi amici, coi tuoi compagni; pensa a quando sei nel movimento; pensa a quando sei nella vita della comunità: «La missione è un problema di fede, è l’indice esatto della nostra fede in Cristo e nel suo amore per noi».
Questo dialogo con il mondo, con l’uomo del nostro tempo, è la vita del movimento. Questo dialogo è la vita del movimento. La vita del movimento è dialogo con l’uomo del nostro tempo.
75 – La fedeltà alla nostra storia ha due caratteristiche, l’una stretta e avvinghiata all’altra.
- La prima è l’unità in cui l’obbedienza di Cristo al Padre viene analogicamente vissuta, in cui si traduce l’obbedienza di Cristo al Padre: l’unità tra di noi, e l’unità con chi guida il movimento, con chi ha questo compito immane, l’unità che rispetta la gerarchia del movimento.
- La seconda caratteristica è che questa unità deve essere avvinghiata, stretta, abbracciata a una libertà creativa.
76 – Unità e creatività rappresentano il contenuto della fedeltà alla nostra storia.
Ma c’è un terzo rilievo. In quel dialogo tra Cristo e l’uomo del nostro tempo che è il movimento, oltre al coraggio di fronte alla confusione e alla violenza, oltre alla chiarezza come fedeltà alla storia, nella unità e nella libertà assoluta creativa, occorre un amore alla strada altrui: amore alla strada di tutti quelli che incontriamo e che cercano. .
[…] Il movimento è la modalità con cui noi siamo resi veicolo di questo dialogo tra Cristo e il mondo.
77 – Il dialogo tra Cristo e l’uomo del nostro tempo, che solo in Cristo può vivere, solo questo dialogo è la vita del movimento, vissuta con coraggio, per il momento di confusione e di violenza, con chiarezza, sostenuta dalla fedeltà alla storia, nella unità e nella libertà creativa, e con amore alla strada altrui, alla strada di chiunque incontriamo, senza contraddizione, ma valorizzando e collaborando, fino all’ultima stilla di sangue.
248-249 – Intervento: «Come si supera il rischio di separare il carisma, come idea giusta, dal movimento, cioè di dire: “L’idea, la posizione culturale è giusta, il movimento così come è non mi va bene”?»
Un carisma è l’energia con cui lo Spirito di Cristo crea un movimento dentro la Chiesa. Perciò il movimento è il frutto diretto del carisma. Carisma è una grazia che muove, che genera movimento. Perciò è seguendo il movimento che si vive il carisma, altrimenti vivi il carisma seguendo la tua interpretazione, introducendo così un equivoco, una presunzione e un equivoco.
E seguire il movimento significa seguire chi guida il movimento, che il Signore mete come guida al movimento, e non altro.
249 – Seguendo chi guida il movimento, e non altro, si impara sempre di più a conoscere il carisma da cui si è partiti.
Si parte da un carisma presente e, seguendo chi guida, si entra sempre di più nel passato del carisma, che è il mistero stesso di Cristo.
252 – Perché in una parrocchia dove c’è un certo prete c’è un movimento vivo di gente – non tanta, ma un movimento vivo di gente – che ci tiene alla Chiesa, che si sacrifica, che è pieno di fede e altrove no? Perché quel prete, in quella parrocchia, rappresenta una grazia, una grazia attiva.
È un uomo di fede che vive un carisma, che ha un carisma; il carisma crea un movimento, un movimento cambia la vita della gente per sempre.
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I Temi di alcuni libri di don Giussani
- TEMI – Il senso religioso
- TEMI – All’origine della pretesa cristiana
- TEMI – Perché la Chiesa
- TEMI – Il rischio educativo
- TEMI – Generare tracce nella storia del mondo
- TEMI di Si può vivere così?
- TEMI di Si può (veramente) vivere così?
Temi degli ESERCIZI – Collana “Cristianesimo alla prova”
- TEMI – Un strana compagnia (82-83-84)
- TEMI – La convenienza umana della fede (85-86-87)
- TEMI – La verità nasce dalla carne (88-89-90)
- TEMI – Un avvenimento nella vita dell’uomo (91-92-93)
- TEMI – Attraverso la compagnia dei credenti (94-95-96)
- TEMI – Dare la vita per l’opera di un Altro (97-98-99)
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