Prefazione di “Una strana compagnia”

di Juliàn Carrón

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Una strana compagnia (1982-83-84)

Prefazione di Juliàn Carrón

L’amore di Cristo ci strugge

Quella di don Giussani era una modalità di vivere che ci (noi spagnoli) affascinava.

Sempre dialogava con il nostro cuore, mai con il gruppo; la persona era costantemente al centro della sua attenzione.

Da allora ripetevo spesso a don Giussani: «Non finirò mai di ringraziarti perché, facendomi incontrare il movimento, mi ha consentito di fare un cammino umano». Cioè di scoprire la natura del cristianesimo e di conoscere veramente me stesso.

È proprio l’incidenza della fede nella vita dell’uomo, la sua utilità nell’affrontare la quotidiana fatica del vivere, che si documenta in questo libro che raccoglie interventi e dialoghi a partire dal 1982.

In queste pagine emerge soprattutto la passione di don Giussani per la persona, perché faccia un cammino umano nella vita della Chiesa, in particolare dentro quella realtà che prende il nome di «Comunione e Liberazione», che proprio nel febbraio di quell’anno aveva conosciuto il riconoscimento pontificio.

Nel maggio del 1982, ai milleottocento radunati a Rimini per i primi Esercizi Spirituali della Fraternità, tutti entusiasti del riconoscimento, si rivolge in modo insolito, confessando il suo disagio attraverso una imprevista premessa: «C’è una lontananza da Cristo» (p21).

GPII «Non ci sarà fedeltà [ …] se non si troverà nel cuore dell’uomo una domanda, per la quale solo Dio è la risposta, dico  meglio, per la quale solo Dio è la risposta».

(Don Giussani): «[ …] c’è una lontananza da Cristo, salvo quando vi mettete, poniamo, a compiere delle opere in Suo nome, in nome della Chiesa o del movimento. […] la lontananza di Cristo dal cuore rende lontano l’ultimo aspetto del cuore dell’uno dall’ultimo aspetto del cuore dell’altro» (p. 21-22).

La maturità ci un’esperienza, che può essere solo frutto di un cammino che ciascuno deve compiere.

Perché don Giussani ritiene così necessaria questa maturazione della persona?

Perché non è per niente scontata: «Io non credo, infatti, che sia una caratteristica statisticamente normale che diventare grandi ci abbia reso più familiare Cristo».

Se questa maturazione non avviene si verificano due cose: «O diventiamo totalmente alienati, la nostra testa è venduta, il nostro cuore è venduto ed è governato da altri secondo i loro scopi e senza che noi ce ne accorgiamo – mente e cuore -; oppure siamo soffocati nella nostra umanità proprio da ciò che ci sta vicino, dalla compagnia in cui siamo, che è un altro modo per essere alienati.

La prima cosa è più caratteristica della società, che con suo potere fa della nostra vita quel che le pare e piace, l’altra lo è della realtà umana che ci è più vicina che, invece di espanderci, invece di farci fiorire, invece di camminare e correre verso il nostro destino, ci blocca, ci frena – famiglia, amici, comunità. Se non ci convertiamo succede così» (p.124)

«La maturità della fede nella persona è […] il realizzare la verità di sé stessi, e la verità di me è che ti appartengo totalmente, o Cristo, sono fatto di Te» (190-200).

Diventare uomini maturi non è per don Giussani l’esito di uno sforzo titanico, ma la sorpresa di qualcosa che accade.

Che cosa può sostenere questo cammino di maturazione della fede della persona?

 «Che Cristo diventi presenza al nostro cuore […]. È un cambiamento non delle cose che facciamo, non delle cose che non dobbiamo fare, ma del cuore. La nostra compagnia sarà solo per questo, mirerà solo a questo» (38-39).

Insiste: «Non è la solidarietà che ci mette insieme. La solidarietà è l’esito, il primo istintivo corollario del fatto che la mia vita vuole Cristo, così come la tua vita – anche quando non te ne accorgi – vuole Cristo. Allora io sono unito a te, ti sento come se fossi mia sorella, mio fratello» (p-66).

La ragione di questo richiamo è dovuta al fatto: «che è diventato così facile identificare l’esperienza nostra con un impegno attivistico, organizzativo o culturale, a volte così esclusivistico e autoritariamente definito e condotto» (p.89).

Don Giussani descrive la natura di questa “strana compagnia”: «Abbiamo voluto con la Fraternità, invitare a una forma di impegno che mirasse, innanzitutto, a un aiuto al cuore di ognuno, a un aiuto perché ognuno cammini di fronte a Cristo e, in secondo luogo, ad assicurare persone che costruiscano l’opera del movimento con una maturità di fede sempre più grande, perciò in modo creativamente più sicuro» (p. 89).

Ecco quindi lo scopo dichiarato di una realtà come CL: «Ricordarci la Sua presenza».

Il richiamo è a Cristo come «il nostro destino, diventato compagno della mia vita» (289-290).

Perché «la questione è Uno che prende la mente, tutta la mente, tutto il cuore, tutta la forza, cioè che prende l’io. Prende l’io! E se c’è una parola che esprime questa presa dell’io è la parola “affezione”: è l’affezione a Cristo» (234-235).

È questa affezione a Cristo l’unica in grado di vincere l’impaccio e la lontananza tra di noi, rendendoci capaci di abbracciare il diverso.

«La prima fondamentale caratteristica, la prima fondamentale dote di convivenza, tanto più quanto più è stretta, è il perdono» (p. 94).

«Il perdono è l’accettazione delle diversità: il perdono è la prima caratteristica fondamentale del rapporto tra Dio e noi – si chiama misericordia -, perciò la prima condizione per i rapporti tra uomo e uomo, tra uomo e donna, tra la gente» (p. 103).

«Per rendere possibile nel mondo il miracolo del perdono, noi non dobbiamo fare nessun preventivo, né armare la nostra volontà o la nostra immaginazione. Dobbiamo piegare occhi, mente e cuore a quella presenza in cui Lui si è incarnato e il cui segno è il pezzo di Chiesa che Egli ci ha fatto incontrare, cioè il movimento» (p. 280-281).

«Come fai a fare unità con l’altro quando non c’è unità in te?» (p. 255-256)

Don Giussani torna a fissare l’attenzione sull’io, mai si rivolge alla massa. Sempre è interessato alla vita del singolo, perché al singolo uomo Cristo parlava in ogni incontro.

«Il rapporto tra gli uomini, come norma, non è gratuito, segue un certo calcolo, un certo calcolo, di interesse, di ricompensa. Il gratuito, amare gratuitamente, la gratuità è soltanto di fronte al destino, vedendo nell’altro il suo destino, vedendo l’altro come destinato all’infinito, come amico di Cristo. Questa è l’unica sorgente di gratuità, l’unica, non c’è madre e figlio che tengano, non c’è uomo e donna che tengano! La gratuità, che è l’ideale per cui il cuore dell’uomo è fatto, è infinita» (p. 263)

Il frutto di questa “stana compagnia” è il realizzarsi di un’opera-

«L’opera che ci è chiesta nella Chiesa di oggi si chiama “movimento”, movimento di comunione e Liberazione, e basta».

«Il movimento non è edificato dalla organizzazione, ma dalla vita delle persone. L’organizzazione è uno strumento, come l’alveo del fiume: il fiume non è l’alveo, ma è l’acqua che vi scorre. In questo senso, l’istituzione della Fraternità è realmente richiamo alla purità totale nell’impegno col movimento» (p. 100).

Niente di stravagante continua: «vivere nella vita quotidiana il senso della sua Presenza e l’impeto e il desiderio generoso che tutto il mondo Lo riconosca: questo è il movimento!» (p. 298).

Perché siamo cristiani? Giussani non risponde con un discorso, ma mette davanti ai nostri occhi l’esperienza quotidiana. Non bisogna inventare alcuna risposta, ma piuttosto sorprenderla nella vita.

«La testimonianza è lo scopo della nostra vita, è l’aspetto supremo del lavoro della vita, ed essa è data fondamentalmente dalla coscienza dell’appartenenza. Un uomo che è pieno di questa coscienza testimonia: non c’è bisogno di parole particolari o di gesti particolari, c’è bisogno di un atteggiamento, cioè di una realtà nuova di coscienza e basta, di uno che dice “io” con quella coscienza, in famiglia, tra gli amici, in comunità, in parrocchia, al lavoro, è lo stesso» (p. 145-146).

«Nella piccolezza, nella “parvità”, nella meschinità, nella piccolezza delle nostre forze, nella meschinità del nostro cuore, siamo stati chiamati a questo. “Non vi ho scelto” leggerete nel Deuteronomio “perché siete il popolo più grande e più numeroso, ma perché vi ho amato, perché il mio disegno è così” [ … ] nessuno di noi può scappare da questo giudizio sulla sua vita: perché la nostra vita sarà giudicata [ … ] dalla passione della testimonianza a Cristo  …] comunque siamo».

«Il Signore preme perché entri nel mondo attraverso noi, una nuova personalità: si deve sfondare la porta. L’uomo che riconosce finalmente che la sua natura è di appartenere a un Altro è un uomo sempre positivo: è sempre positivo perché appartiene a un Altro – come un bambino: non esiste niente di negativo per il bambino tra le braccia di sua madre – è sempre positivo, sempre attivo, perché è libero; è sempre comprensivo, abbraccia tutto, comprende tutto e, stavo per dire, sorride a tutto».

E quale compito è affidato a un simile uomo?

«Investire il mondo, invadere il mondo, perché Cristo abbia la sua testimonianza: il mondo esiste infatti perché conosca Cristo! Un uomo può essere perfettamente uomo anche senza sapere nulla degli elettroni e neanche dell’H2O, ma senza la conoscenza di Cristo l’uomo è ancora sé stesso, non è ancora uomo» (p. 152).

«E’ la pietà per gli uomini e per il mondo che ha distrutto il cuore di Cristo nell’agonia, e che san Paolo richiama quando dice: “L’amore dimostratoci da Cristo ci strugge”, perché “se uno è morto per tutti”, è morto affinché gli uomini “non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro”»

Juliàn Carrón


Esercizi spirituali predicati da don Giussani

1° volume «Cristianesimo alla prova»

Titolo: UNA STRANA COMPAGNIA


2° «volume Cristianesimo alla prova»

Titolo: LA CONVENIENZA UMANA DELLA FEDE


3° «volume Cristianesimo alla prova»

Titolo: LA VERITÀ NASCE DALLA CARNE


4° volume «Cristianesimo alla prova»

Titolo: UN AVVENIMENTO NELLA VITA DELL’UOMO


5° volume «Cristianesimo alla prova»

Titolo: ATTRAVERSO LA COMPAGNIA DEI CREDENTI


6° volume «Cristianesimo alla prova»

Titolo: DARE LA VITA PER L’OPERA DI UN ALTRO