Temi di «Si può vivere così?» – 5a parte

Temi del libro «Si può vivere così?» di don Luigi Giussani

Edizione di riferimento

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ABCDEFGILMNOPRSTUV


Lettera «R»

Indice linkato ad ogni parola o tema


Ragione

cfr. intelligenza

28 – «Si può dire che il metodo della fede è quello in cui la ragione è più esaltata

Perfetto, mai la ragione è impegnata così a fondo, in modo così vivo e potente come nella fede, come nel metodo della fede.

29 – Perché? Perché A (io), per fidarsi di B (Nadia), deve impegnare tutto se stesso, non appena una rotella della sua testa, come quando si ragiona con la matematica, è una rotella che va. Qui, invece, sono tutte le rotelle e tutti gli annessi e connessi con il corpo e con l’anima: è il mio io che ha fiducia di Nadia, sono io. E quando dico «io» intendo: ragione, occhi, cuore, tutto.

Mai la ragione è esaltata come in questo punto.

Non è messa da parte, è esaltata, è la ragione strettamente connessa con tutta la realtà organica dell’io.

Questo gesto, con cui la ragione conosce perché si fida di un altro, implica una ragione più completa, una ragione in cui tutti i nessi con gli altri aspetti della personalità.

37 – La fede è un metodo -un modo per – della ragione, un metodo di conoscenza della ragione o, più brevemente, un metodo di conoscenza.

È un metodo di conoscenza indiretto. Perché indiretto? Perché filtra, è mediato dal fatto che la ragione s’appoggia a un testimone: non vede direttamente, immediatamente lei l’oggetto, ma viene a sapere dell’oggetto attraverso un testimone.

120 – Possedere vuol dire entrare in rapporto a livello dell’essere con un’altra cosa. La libertà è aderire alla realtà. La ragione è aderire alla realtà; aderire alla realtà vuol dire affermarla: è l’inizio del possederla.

123 – L’ipotesi negativa non è mai razionale, perché non spiega. non è mai ragione comprensiva di tutto.

165 – L’affezione è come il cemento per la compagnia. L’opposto […] è quella posizione che cerca sollievo nei propri pensieri, che è contro la ragione.

Perché cercare la soddisfazione nei propri pensieri è contro la ragione? Perché la ragione è coscienza della realtà, non dei tuoi pensieri avulsi da un riferimento al reale.

È coscienza della realtà! La ragione ti fa intuire la presenza dell’ideale e perseguire l’ideale. L’alternativa all’ideale, seguire i tuoi pensieri, si chiama sogno.

183 -La ragione è coscienza della realtà secondo la totalità dei fattori.

Se la ragione è coscienza della realtà secondo la totalità dei fattori, se tu riconosci che io ho la fede, anche se non capisci come avviene la fede – proprio non capisci -, sei costretto ad ammettere che c’è un fenomeno che si chiama fede.

201 – La difficoltà a delineare come possa essere questo futuro non è una obiezione alla certezza del futuro.

La difficoltà a delineare come sarà il paradiso non incide, non infirma la certezza sul paradiso; la ragione del paradiso è totalmente diversa dalla capacità che abbiamo di immaginare il paradiso. Si tratta di ragione e non di immagine.

L’immagine aiuta la ragione quando la si sa usare. (L’immagine) non ha la dignità, la consistenza, della ragione; non è la padrona.

Insisto molto su questo, perché a mio avviso molto vuoto, molto timore, molto disinteresse avviene in noi perché confondiamo l’incapacità che abbiamo ad immaginarci il futuro con la certezza su questo futuro: la certezza è l’oggetto della ragione; la delineazione di come è questo futuro è una capacità immaginativa che ha chi più e chi meno.

Allora, finora ho voluto scostare il velo di una obiezione inutile: confondere l’immaginazione e la fantasia con la ragione.

La certezza è oggetto della ragione; meglio, è fondata sulla ragione, non sulla immaginazione; e la vaghezza della immaginazione non dà nessun motivo per dubitare della ragione.

204 – La pazienza […] essendo ultimamente la capacità di portare tutto, in noi e nella realtà, portare tutte le circostanze, portare tutto con il ragionevole coraggio di non rinnegare nulla.

Perché abbiamo detto ragionevole coraggio?

Perché la ragione è coscienza della realtà secondo la totalità dei suoi fattori – tutte le spiegazioni che si danno della ragione fanno mancare il valore della ragione, perché per spiegare sono costretti a dimenticare o a rinnegare qualche cosa, diceva il primo volume della scuola di comunità (Il Senso religioso, pag. 79).

Chi è costretto per spiegare o rinnegare qualcosa, non è ragionevole.

La ragione deve spiegare tutto.

La pazienza è la capacità di portare tutto nel coraggio ragionevole di non rinnegare nulla, di non dimenticare nulla, di non rifiutare nulla.

Sono tre parole importanti.

223 – Si chiamano esigenze del cuore o, in sintesi, cuore, come dice la Bibbia più giustamente. Perché la parola ragione può essere un aquilone che sfugge dalla mano e sono pezzi di carta che volano nel cielo, ma il cuore non può sfuggire di mano.

323 – La fede è obbligata a farcelo conoscere: perché siamo obbligati a riconoscerlo? Obbligati significa che non saremmo ragionevoli se non lo riconoscessimo. Perché la ragione è la coscienza della realtà secondo la totalità dei fattori.

Siamo davanti al fattore che corrisponde alle esigenze del cuore ed è inspiegabile, cioè non deducibile da quello che l’uomo sperimenta.

È nell’esperienza, perché lo si sente e, seguìto, produce effetto, cambia le cose, ma soprattutto dialoga imperiosamente con il cuore e risponde all’una, all’altra, all’altra esigenza: le esigenze costitutive del nostro animo.

Non si può capire né come, né quando, ma è lì la sua fisionomia eccezionale, la sua Presenza eccezionale; se non lo riconoscessi presente perché non lo capisco, perché non capisco come fa ad essere presente, andrei contro la ragione.

Perché la ragione dice: «È» oppure «Non è», e aggiungere «Non so spiegarlo», lascia la ragione perfettamente e onorevolmente coerente con se stessa.

Altra cosa è che, dal momento dell’incontro, la cosa che la ragione più desidera di riuscire a capire è quella cosa lì.

364 – «Volevo capire che cosa vuol dire che la ragione deve seguire»

Cosa è la ragione? È la capacità dell’uomo di rendersi conto della realtà. Vuol dire che il reale viene da lui, vuol dire che è capace di farlo lui? No, rendersi conto di qualcosa che non fa lui.

L’obbedienza ti rende cosciente di una Presenza così misteriosa che tu, per saperla, per conoscerla dovrai seguire chi già la conosce, passo dopo passo, per sempre; così l’obbedienza come seguire colui che già conosce è una intelligenza: andare in montagna seguendo uno che non conosce è da cretini.


Ragione e cuore

59 – La ragione sta dentro il cuore altrimenti è un aquilone, come l’aquilone di Pascoli che vola via.

223 – L’uomo desidera, si muove per il desiderio della felicità, perché la sua natura è sete di soddisfazione totale di verità, di felicità, di giustizia.

Come si chiamano ne Il Senso Religioso? Le esigenze del cuore o, in sintesi, cuore, come dice la Bibbia, più giustamente.

Perché la parola ragione può essere un aquilone che sfugge dalla mano e sono pezzi di carta che volano nel cielo, ma il cuore non può sfuggire di mano ed essere pezzi di carta che navigano nel cielo.


ragione e fede

166 – Che fenomeno è la fede? È un fenomeno di conoscenza. Se è un fenomeno di conoscenza implica la ragione: non «si riduce», ma la implica.

Perciò un fenomeno di conoscenza che implica la ragione è un fenomeno di conoscenza di ciò che c’è, della realtà.

E siccome quello che dice la fede, nella realtà che la nostra ragione misura e capisce, non c’è, come fai ad ammetterlo questo più di quello che la ragione conosce? Perché soltanto di fronte all’ipotesi , all’annuncio, all’intuizione di questo più, il cuore sente la risposta a quello che è.

Così la fede è la cosa più razionale che ci sia, perché compie la ragione, vale a dire risponde finalmente a ciò che il cuore desidera.

Per questo la fede è il gesto supremamente ragionevole.

183 – Se la ragione è coscienza della realtà secondo la totalità dei suoi fattori, se tu riconosci che io ho la fede, anche se non capisci come avviene la fede – proprio non capisci – sei costretto ad ammettere che c’è un fenomeno che si chiama fede.

241 – La prima virtù della personalità, il primo fattore della personalità è la fede, per chi è stato illuminato sulla situazione dell’uomo.

il bantù si illude che la sua forza basti per costituire il primo fattore.

La ragione non tiene, tutta l’energia della sua forza non tiene, non basta, neanche a compiere un gesto solo giusto, diceva Ibsen nel Brand.

La fede è il primo fattore perché è il fattore che ti fa conoscere la condizione per poter essere, per poter stare in piedi e camminare, che è la presenza di un altro.

271ss – C’è nella nostra esperienza qualcosa che viene da oltre essa: imprevedibile, misterioso, ma dentro la nostra esperienza.

Se è imprevedibile, non immediatamente visibili, misterioso, con quale strumento della nostra personalità noi cogliamo questa Presenza?

Con quello che si chiama fede.

Chiamiamo questo strumento «fede» per usare un termine che non si riconduca ed esaurisca nel concetto di ragione, perché la comprensione dell’esperienza nei suoi fattori immediatamente sperimentabili è della ragione – è la ragione che percepisce la nostra esperienza nei suoi fattori immediati -, ma noi nell’esperienza sentiamo il soffio o la vibrazione o le conseguenze di una Presenza che non si può spiegare, sorprendente: un incontro sorprendente; perciò è qualcosa di oltre la ragione che lo può intuire e capire, e questo noi lo chiamiamo fede, che è una intelligenza della realtà, è una intelligenza dell’esperienza.

272 – Ho detto chela fede è una forma di conoscenza che è oltre il limite della ragione. Perché è oltre il limite della ragione?

Perché coglie una cosa che la ragione non può cogliere: «la Presenza di Gesù tra noi», «Cristo è qui ora», la ragione non può percepirlo come percepisce che sei qui tu, è chiaro?

Però non posso non ammettere che c’è. Perché? Perché c’è un fattore qua dentro, c’è un fattore che decide di questa compagnia, di certi risultati di questa compagnia, di certe risonanze di questa compagnia, così sorprendente che se non affermo qualcosa d’altro non do’ ragione dell’esperienza, perché la ragione è affermare la realtà sperimentabile secondo tutti i fattori che la compongono, tutti i fattori.

La fede è un atto dell’intelletto, è un atto di conoscenza che coglie la Presenza di qualcosa che la ragione non potrebbe cogliere, ma che pure si deve affermare, altrimenti si eluderebbe, si eliminerebbe qualcosa che c’è dentro l’esperienza, che l’esperienza indica, quindi innegabilmente c’è dentro; è inspiegabile ma c’è dentro.

273 – Non bisogna capire come Cristo è qui.

Bisogna capire che si è costretti ad affermare che c’è qualche cosa d’altro qui, perché quello che c’è non si riesce a spiegarlo semplicemente con l’indagine, l’analisi o l’esame della nostra ragione.

275 – (I dottori del tempio di fronte a Gesù dodicenne) «Come fa a sapere queste cose?» e l’interrogativo li avrebbe trascinati alla conclusione: «C’è dentro qualche cosa che non sappiamo».

E se quello invece di dodici anni ne ha trentatré e dice: «Io so questo cose perché sono Figlio di Dio», la ragione è costretta a dir di sì, cioè la ragione la ragione è costretta ad affermare la fede, e la libertà di affermare la fede, ad accettare che la fede si affermi.


ragione e metodo della fede

28ss – «Si può dire che il metodo della fede è quello in cui la ragione è più esaltata?» Perfetto! Mai la ragione è così impegnata a fondo, in modo così vivo e potente come nella fede, come nel metodo della fede.

29 – Perché? Perché la A (cioè io), per fidarsi di B (cioè la Nadia) deve impegnare tutto se stesso, non appena una rotella della sua testa come si ragiona con la matematica, è una rotella che va.

Qui, invece sono tutte le rotelle e tutti gli annessi e connessi con il corpo e con l’anima: è il mio io che ha fiducia di Nadia, sono io. E quando dico «io» intendo: ragione, occhi, cuore, tutto.

(La ragione) non è messa da parte, è esaltata, è la ragione strettamente connessa con tutta la realtà organica dell’io.

33 – Sapete di che cosa vogliamo parlare, attraverso quale strumento razionale noi ne parleremo e chi sono io, vale a dire un testimone, un mediatore, come tutti i vostri compagni più grandi.


oggetto della ragione

201 – L’immagine aiuta la ragione quando la si sa usare. (L’immagine) non ha la dignità, la consistenza, della ragione; non è la padrona.

Insisto molto su questo, perché a mio avviso molto vuoto, molto timore, molto disinteresse avviene in noi perché confondiamo l’incapacità che abbiamo ad immaginarci il futuro con la certezza su questo futuro: la certezza è l‘oggetto della ragione; la delineazione di come è questo futuro è una capacità immaginativa che ha chi più e chi meno.

Allora, finora ho voluto scostare il velo di una obiezione inutile: confondere l’immaginazione e la fantasia con la ragione.


Ragionevole /ragionevolezza

cfr. ragione, ragioni, razionalità

14ss – Voi incominciate questa strada senza ragionarci su del perché, sul come, però sentendo qualche cosa che è per voi.

In questo senso il gesto che compite non ha un valore ipotetico, ma è profondamente ragionevole perché quello che capite che ci fa essere dentro qui è qualcosa che corrisponde profondamente all’esistenza del vostro cuore, alla sete e alla fame del vostro cuore, al destino della vita

15 – E per questo, è ragionevole l’incominciare, è ragionevole tutto ciò che corrisponde al desiderio della vita.

È ragionevole che voi abbiate incominciato oggi, perché è stato qualche cosa che vi ha fatto presentire l’esigenza del vostro cuore – l’esigenza di felicità, di giustizia, di verità e di bellezza del cuore – troverà risposta su questa strada.

Quando una cosa è ragionevole? Quando corrisponde alle esigenze del vostro cuore.

Perciò, se su questa strada avete intuito di poter trovare la risposta alle esigenze del vostro cuore, fare questa strada è ragionevole, anche se non la si conosce ancora.

16 – Il primo passo, comunque, lo abbiamo detto: la ragionevolezza dello stare qui, è ragionevole che siate qui. Perché è ragionevole? Si dice ragionevole ciò che corrisponde alle esigenze del cuore.

75 – Per aderire basta essere sinceri, affermare la corrispondenza e, perciò essere ragionevoli: la ragionevolezza è affermare la corrispondenza tra quello in cui ci si è imbattuti e se stessi e il proprio cuore.

Per negare occorre un preconcetto.

100 – È una cosa intelligente, cioè ragionevole, che corrisponde proprio al cuore perché corrisponde alla volontà di Dio: corrispondere alla volontà di Dio vuol dire corrispondere al proprio destino, camminare verso il proprio destino.

È ragionevole quello che ti fa camminare verso il tuo destino. E il destino è il mistero di Dio.

101 – È ragionevole tutto ciò che ti porta verso il fine, verso il destino; corrisponde al cuore non l’istinto che senti, ma quello che porta il tuo cuore verso il suo destino; e quello che porta il tuo cuore verso il suo destino può essere una vita di stenti e di dolori.

137ss – «Maestro anche noi non comprendiamo quello che tu dici, ma se andiamo via da te dove andiamo? Tu solo hai parole che corrispondono al cuore, che danno senso alla vita».

Ma parole che corrispondono al cuore che cosa vuol dire? Parole ragionevoli!

La ragione è scoprire la corrispondenza tra quello che uno dice della realtà e quello che il cuore aspetta dalla realtà.

Tu solo hai parole che spiegano la vita, che danno il senso alla vita, tu solo hai parole che parlano della vita in modo ragionevole, in modo corrispondente al cuore.

138 – La gente cosa doveva fare? Era più logico, era più ragionevole lo scandalizzarsi perché diceva cose che non capivano o era più ragionevole dire: «Questa cosa non la capisco, però se vado via da Lui nessuno più mi parla secondo il cuore»?

Questa cosa non la capisco, ma nessuno parla in modo così ragionevole come quest’uomo; perciò io sono costretto ad essere leale verso quest’uomo, ad essere sincero verso quest’uomo, cioè a seguire quest’uomo

204 – (La pazienza essendo la capacità di portare tutto) in noi e nella realtà, portare tutte le circostanze, portare tutto con il ragionevole coraggio di non rinnegare nulla. Perché abbiamo detto ragionevole coraggio?

Perché la ragione è coscienza della realtà secondo la totalità dei suoi fattori. Chi è costretto per spiegare o rinnegare o dimenticare qualcosa non è ragionevole. La ragione deve spiegare tutto.

La pazienza è la capacità di portare tutto nel ragionevole coraggio di non rinnegare nulla, di non dimenticare nulla, e di non rifiutare nulla. Sono tre parole importanti.

273 – Quando Giovanni e Andrea guardavano parlare quell’uomo, sentivano che c’era qualcosa di eccezionale, […] per essere ragionevoli erano costretti a dire: «C’è qualcosa d’altro». Perché? Perché essere ragionevoli vuol dire affermare la realtà secondo la totalità dei fattori, e se uno di questi fattori è eccezionale, bisogna dire che c’è, anche se non capisce come mai.

323 – La fede è obbligata a farcelo conoscere: perché siamo obbligati a riconoscerlo? Obbligati significa che non saremmo ragionevoli se non lo riconoscessimo. Perché la ragione è la coscienza della realtà secondo la totalità dei fattori.

Siamo davanti al fattore che corrisponde alle esigenze del cuore ed è inspiegabile, cioè non deducibile da quello che l’uomo sperimenta.

È nell’esperienza, perché lo si sente e, seguìto, produce effetto, cambia le cose, ma soprattutto dialoga imperiosamente con il cuore e risponde all’una, all’altra, all’altra esigenza: le esigenze costitutive del nostro animo.

Non si può capire né come, né quando, ma è lì la sua fisionomia eccezionale, la sua Presenza eccezionale; se non lo riconoscessi presente perché non lo capisco, perché non capisco come fa ad essere presente, andrei contro la ragione.

Perché la ragione dice: «È» oppure «Non è», e aggiungere «Non so spiegarlo», lascia la ragione perfettamente e onorevolmente coerente con se stessa.

Altra cosa è che, dal momento dell’incontro, la cosa che la ragione più desidera di riuscire a capire è quella cosa lì.


ragionevolezza del seguire Cristo

55 – Aderire a quello che dice Pietro oppur andar via come sono andati via tutti gli altri.

L’unica cosa razionale è il sì, Perché? Perché la realtà che si propone corrisponde alla natura del nostro cuore più di qualsiasi nostra immagine, corrisponde alla sete di felicità che noi abbiamo e che costituisce la ragione del vivere, la natura del nostro io, l’esigenza di verità e di felicità.

Cristo corrisponde a questo, di fatto, più di qualsiasi immagine che possiamo costruire.

71 – Come la fede nasce ragionevolmente? La fede è un gesto umano, perciò deve nascere in modo umano, non sarebbe umano se nascesse senza ragione: sarebbe irragionevole, cioè non umana.

La fede nasce e si attesta umanamente, ragionevolmente, perciò in modo affettivamente percepibile e vivibile, in un modo creativo, solo come frutto di un incontro nel quale la grande Presenza palesa se stessa come sorgente di una eccezionalità, di una grandezza di efficacia che era assolutamente insospettabile.

137ss – «Maestro anche noi non comprendiamo quello che tu dici, ma se andiamo via da te dove andiamo? Tu solo hai parole che corrispondono al cuore, che danno senso alla vita».

Ma parole che corrispondono al cuore che cosa vuol dire? Parole ragionevoli!

La ragione è scoprire la corrispondenza tra quello che uno dice della realtà e quello che il cuore aspetta dalla realtà.

Tu solo hai parole che spiegano la vita, che danno il senso alla vita, tu solo hai parole che parlano della vita in modo ragionevole, in modo corrispondente al cuore.

138 – La gente cosa doveva fare? Era più logico, era più ragionevole lo scandalizzarsi perché diceva cose che non capivano o era più ragionevole dire: «Questa cosa non la capisco, però se vado via da Lui nessuno più mi parla secondo il cuore»?

Questa cosa non la capisco, ma nessuno parla in modo così ragionevole come quest’uomo; perciò io sono costretto ad essere leale verso quest’uomo, ad essere sincero verso quest’uomo, cioè a seguire quest’uomo


ragionevole vs ipotetico

14 – Il gesto che compite non ha un valore ipotetico, cioè: «Vediamo se…», ma è profondamente ragionevole perché quello che capite che ci deve essere dentro qui è qualcosa che corrisponde profondamente all’esistenza del vostro cuore, alla sete e alla fame del vostro cuore, al destino della vita.


Ragioni

cfr. ragione, ragionevolezza, ragioni

137 – La ragione è scoprire la corrispondenza tra quello che uno dice della realtà e quello che il cuore aspetta dalla realtà; la corrispondenza tra quello che uno dice della vita e le esigenze che il cuore ha sulla vita, come dice Il Senso Religioso.

Dovrebbe essere un modo facile, e invece abbiamo visto l’ultima volta che è il modo più difficile, è ili modo più eccezionale che ci sia: parlare secondo le esigenze del cuore.

405 – «È giusto o no quel che dico?», giusto o no vuol dire: ha la sua ragione o non ha la sua ragione? E tu rispondi: «Sì ma è astratta», questo indica l’impostura in te.


ragione e astratto

405 – «È giusto o no quel che dico?», giusto o no vuol dire: ha la sua ragione o non ha la sua ragione? E tu rispondi: «Sì ma è astratta», questo indica l’impostura in te.

Se c’è una ragione non puoi dire: «È astratta» perché la ragione è ciò che risponde al bisogno del cuore, è ciò che corrisponde al destino della persona.

Ritenere astratto un valore di cui si vede la ragione, contro cui non si ha ragione di andare; ritenerlo astratto perché non si lega con i capelli […] vuol dire essere fallaci, perché è rinnegare il nesso col proprio cuore, col senso proprio del destino che la cosa rivela: perché la ragione è la rivelazione del rapporto della cosa con il proprio destino.

Non dobbiamo aver paura del sacrificio: dobbiamo aver paura dell‘astratto; l’astratto è la condanna della nostra dignità umana.

L’astratto è una distrazione voluta, perciò ho parlato di impostura; è una distrazione della ragione, cioè della natura, che è esigenza di un destino che nella ragione si affaccia.

434 – «Hai detto che quando una cosa che ci vien detta ci sembra astratta, è perché l’abbiamo rifiutata; vorrei capire bene la ragione».

Se ti dico una cosa che ti sembra astratta, dovresti cercar le ragione e non dire: «È astratta». Dire: «È astratta» è affermare un sentimento, non una ragione.

Se vi diciamo una cosa che vi sembra astratta, dovreste cercare da noi, con noi, le ragioni di essa; sono le ragioni che legano una affermazione alla vita; la ragione lega alla vita, alla realtà.

Cercateci le ragioni, ma questo implica un lavoro, un lavoro continuo […] trovar le ragioni implica un lavoro.

Invece, dire che è astratta una cosa che noi diciamo, senza questo lavoro di ricerca delle ragioni, è affermare un sentimento, uno stato d’animo, è una reazione puramente sentimentale.

Cristo è presente qui.

Mentre, se io ti dico che è qui, e tu domandi: «Perché tu dici che è qui? In che senso è qui? Come fa ad essere qui?», allora io ti dico un seguito di ragioni e la ragione di fa scoprire di più la realtà.

È la ragione che ti fa scoprire di più la realtà, non il sentimento di astrattezza o di non astrattezza.


Realtà

232 – Di fronte a un oggetto, tu hai ripulsa o un’attrattiva (ripulsa o indifferenza è lo stesso, come odio ed estraneità è lo stesso: l’estraneità è l’inizio dell’odio; l’indifferenza è l’inizio della ripulsa): questo è il sogno, cioè la realtà come la pieghi tu, nella forma in cui la pieghi tu, che interessa a te, invece di farti interessare alla realtà come è.

321 – Parliamo quest’oggi della terza colonna (la carità) che tiene in piedi il tempio di Dio, la realtà come tempio di Dio, la realtà come vissuta dall’uomo, perché è tempio di Dio in quanto è vissuta dall’uomo.

353 – Tu dici che la commozione è il primo sentimento che si ha verso la realtà. Io dico che il primo sentimento che si ha verso la realtà è la curiosità, non una compassione.

Caso mai è lo stupore di fronte a una cosa più grande; non una compassione, che è verso qualcosa di più piccolo.

366 – «La filosofia di oggi rinnega la concretezza dell’essere, la concretezza della realtà e quindi la butta nel sogno, perché la realtà appare come un nemico

Certo. Se la realtà può essere diversa da quello che si presenta con evidenza a noi, essa è una bugia, è un nemico.

Quello che appare con evidenza, e non è vero, è un inganno e l’inganno è il prodotto di una inimicizia.


Redimere

cfr. salvare

348 – Una mamma si dà al figlio per che cosa? per farlo diventare se stesso, per farlo diventare uomo! […] Nel linguaggio religioso si direbbe: per redimerlo. Cosa vuol dire che una madre redime il suo bambino? Redimere vuol dire far essere, cioè salvare; salvare in latino vuol dire conservare.

Conservarlo per che cosa? Perché si compia, perché sia completamente se stesso e perciò perché sia eterno: senza la parola eterno un io non diventa più se stesso e tanto meno si compie.


Regno


Regno dei cieli

137 – «Se non mangiate la mia carne non entrerete nel regno dei cieli», vale a dire nella verità delle cose; non vi salverete, perderete voi stessi – a quella dozzina di persone rimaste lì in silenzio dice: «Anche voi volete andarvene?». Non attenua l’inconcepibilità di quello che diceva, ma insiste: «Anche voi volete andarvene?». Lì Simone, come al solito, si è fatto portavoce di tutti, impetuosamente, e ha detto: «Maestro, anche noi non comprendiamo quello che tu dice, ma se andiamo via da te dove andiamo? Tu solo hai parole che corrispondono al cuore, che danno senso alla vita».


Regno di Cristo

402 – L’edificazione del Regno: per rendere il mondo Regno di Cristo, per rendere il mondo edificio di Cristo, bisogna che la vita nasca dal sacrificio.


Religioni


Religioni vs cristianesimo

245- Quei trecento capi di religione che fecero la simbolica processione da San Carlo al Duomo andavano d’accordo sul fatto che nessuno poteva pretendere di conoscere esattamente la soluzione.

Erano trecento tentativi e nessuno di quei trecento ha detto: «Noi abbiamo la risposta», nessuno l’ha testimoniata – prudentemente -, altrimenti non potevano essere radunati trecento ricercatori di Dio.

Erano tutti ricercatori di Dio. Ma noi siamo ricercatori di un Dio il cui nome e il cui volto ci sono ben noti: ne conosciamo il nome e la faccia.

335 – In qualsiasi religione panteistica, Dio si unisce all’uomo e al mondo per compiere l’ordine del mondo, per compiere l’ordine dell’uomo, per compiere l’armonia del tutto.

È la frase che mi sono sentito dire dai bonzi di Nagoya, in Giappone, quando sono andato a fare una conferenza coi buddisti: «per compiere l’armonia del mondo».

Allora io ho fatto la conferenza e ho descritto il concetto di armonia – che esaltava tutti i particolari, perfino i capelli del capo (loro esaltano i fiori, le piante, ma i capelli del capo no; perciò i capelli del capo sono come i fiori!) -, che è in comune con il cristianesimo, che il cristianesimo capisce e afferma.

Però gli ultimi tre minuti ho detto che quest’armonia è entrata nelle viscere di una ragazza e ne è uscito un uomo: un uomo: un uomo è l’armonia del tutto.

In tutte le altre concezioni questa unità di Dio con il mondo o con l’uomo è detta in modo arido e meccanico.


Religiosità

215ss – (Delafosse, esploratore missionario tra i pigmei) li credeva politeisti. Ad un certo punto, dopo parecchi anni che era là con loro, si è accorto da qualche frase che forse era semplicistico dirli idolatri, cioè che riconoscessero tanti dei.

Ci è andato a fondo e ha scoperto che avevano netta l’idea di un ente supremo, di un essere unico, di cui non sapevano dire niente perché i loro padri avevano invocato questo dio, ma, a un certo punto, lui non aveva più risposto.

216 – E allora hanno detto a Delafosse: «Vede, perciò noi abbiamo dovuto ricorrere agli idoli»: a qualcosa di meno grande, ma più forte di loro.

Quello che era inevitabile era riconoscere che potevano vivere solo per il rapporto con qualcosa di più grande di loro.

Ultimamente questo era uno, un ente unico, a cui non davano tributo di nessuna preghiera, perché non li ascoltava più.

E so sono rivolti agli dèi sussidiari che erano al livello della loro vita quotidiana: erano dèi che potevano capire i loro problemi quotidiani.

Nella storia delle religioni, specialmente per gli studi fatti da Eliade, questa è diventata l’opinione degli studiosi più seri.

Comunque, da come concepisce Dio, da come concepisce la forza da cui dipende e da come concepisce il destino per cui è fatto, da tutto ciò l’uomo deriva l’immagine della vita quotidiana e del rapporto uomo-donna, del rapporto della gente del villaggio, della tribù, il concetto del passato e il concetto del futuro.


Responsabilità

55ss – La responsabilità di fronte al fatto. Dio non obbliga mai nessuno, la libertà!

Di fronte a questo in cui tutto è chiaro – «Se non credo a Te non credo ai miei occhi», questa è la sostanza della posizione di Pietro – di fronte alla domanda «Chi è costui?» e di fronte alla risposta che Pietro dà, uno può dire sì o no: aderire a quello che dice Pietro oppure andar via come sono andati via tutti gli altri.

L’unica cosa razionale è il sì. Perché? Perché la realtà che si propone corrisponde alla natura del nostro cuore più di qualsiasi nostra immagine, corrisponde alla sete di felicità che noi abbiamo e che costituisce la ragione del vivere, la natura del nostro io, l’esigenza di verità e di felicità.

Il no non nasce da ragioni, mai: nasce da uno scandalo (inciampo).

56 – L’inciampo nel cammino alla verità è una forma di menzogna, si chiama preconcetto: uno si è fatto, si è già prefabbricato il suo parere su di Lui.

74 – (Dopo l’incontro con Gesù, lo stupore che esso genera) L’azione incomincia a diventare tua responsabilità; fino a qui sei graziato, è una grazia, a questo punto inizia la tua responsabilità, incominci a dover piegare la testa tu, a dover entrare in azione tu.

Tu, cos’è il tu umano che entra in azione: è la libertà.


responsabilità e libertà

55 – La responsabilità di fronte al fatto. In qualunque atto veramente umano, ma soprattutto quando l’atto umano sta di fronte al suo destino, qual è la suprema caratteristica dell’atto umano? ricordate Péguy: Dio non obbliga mai nessuno, la libertà!


Ribellione

307 – «Stasera, quando tu hai detto quei tre punti, mi ha creato una ribellione nuova»

Se è una ribellione nuova potrebbe essere l’inizio di un popolo nuovo!

«Non lo so neanche spiegare. La ribellione che mi veniva dentro mi ha posto una domanda: come faccio io ad aderire con la mia libertà a questa ribellione che ho?»

Perché ribellione? Prima di tutto perché ribellione?

«Ribellione, perché mi sono sembrati nuovi questi tre punti».

308 – Non è veramente una ragione per una ribellione, la novità non è una ragione per una ribellione; ma tu giustamente chiami ribellione qualcosa che sorprende i tuoi pensieri, perché tu non le hai mai pensate, mi spiego?

Ora il fatto che tu non le abbia mai pensate,, inizialmente ti fa sentire estraneo, come uno che parla un’altra lingua.

Però se ci pensi, è vero o non che apparteniamo a un Altro? È vero o no che la compagnia in cui ci mette dentro ci richiama a questo? La compagnia a cosa di richiama? a questo Altro, tu sei possesso di questo Altro, tu appartieni a questo Altro e questo Altro ti perdona.


Riconoscere /riconoscimento

21 – Come fai a capire che una cosa corrisponde alle esigenze del tuo cuore? Come fai a capirlo? Paragonandola: tu paragoni la cosa con il tuo cuore.

Come fai a compiere questo paragone? Che tipo di azione è? È un giudizio: uno riconosce che la cosa corrisponde al suo cuore, corrisponde a sé; lo riconosce, è un riconoscimento.

22 -«Questo è un sasso»: è un riconoscimento che tecnicamente si chiama giudizio, avviene un giudizio, ha la forma del giudizio.

Questa certezza nasce come riconoscimento.

Io riconosco che questa cosa mi va bene; un riconoscimento.


riconoscere Cristo

219 – La grande questione è ritornare bambini – «Se non sarete come bambini…»-, la grande questione è ritornare all’origine, la grande questione è ritornare come Dio ci ha fatti.

Infatti, cosa è la moralità? La moralità è vivere nell’atteggiamento in cui Dio ci ha fatti.

Soltanto chi è in questo atteggiamento riconosce la sua Presenza.

Tutti gli apostoli erano così, salvo uno.

274 – Che differenza c’è tra gli apostoli che lo seguivano e tutto il resto della gente? Che il resto della gente usava la libertà male, non riconosceva quello che aveva visto, perché uno che con pochi pani sfama cinquemila perdona è una cosa dell’altro mondo, e tutti dicevano: «È una cosa dell’altro mondo», tanto che volevano farlo re, e Lui fugge da loro.

Allora, questo oggetto che la fede percepisce può essere riconosciuto oppure no: libertà. Solo se lo riconosce la libertà si compie.

Perché la libertà può non riconoscerlo? Perché per riconoscerlo occorre una fatica, occorre adottare come criterio non quello che vedi tu, ma quello che è.

E quello che è è più grande di quello che vedi tu: si chiama obbedienza, perché il criterio della tua affermazione non è quel che vedi, ma qualcosa che è dentro l’esperienza tua presente, ma che è più grande dei tuoi criteri, tanto è vero che non sapresti spiegarlo.


Rifiutare

204 – Rifiutare si dice quando si comprende una cosa, se ne comprende l’importanza, se ne comprende la necessità, ma le si sputa addosso.


Riflessione

226 – Se l’uomo è quel livello della natura in cui la natura si accorge di se stessa, l’accorgersi di sé, la riflessione introduce al giardino fatato dell’essere. La fede ti rende certo del destino per cui sei fatto e te lo fa conoscere, incomincia a fartelo conoscere; allora tu ti muovi, allora è la speranza che tira la fede.

244 – «Lavorando su quello che lei ci ha detto sulla speranza…

Scusami, non usiamo molto la parola lavoro perché mi sconcerta sindacalmente, e invece usiamo la parola meditare o riflettere che è un po’ più umana, è meno frutto di organizzazione.


Rimanere

(cfr. obbedienza, seguire, sequela)

205 – La fatica della speranza è rimanere. «Rimanete in me»: resistere nel rimanere in Cristo, nella fedeltà all’appartenenza, la fedeltà alla propria vita come appartenenza, come riconosciuta appartenenza.


Rinascita

207 – Riprendere a sperare dopo un nostro errore è un gesto così grande che il poeta Péguy lo definisce «il mistero della speranza» perché il perdono del male è proprio mistero.

«Il segreto mistero della speranza che con acque cattive fa acqua pura e fa anime fresche con vecchie anime»: è la rinascita.

Il Battesimo è il principio di questa rinascita, principio che opera per cento anni se uno campa cento anni.


Rinnegare

204 – Come i bambini piccoli a cui dici: «Guarda che bella mela!» e loro «No!» perché fanno i capricci: rinnegare quello che è evidente, riguarda l’evidente.


Ripetere

86 – Quanto più camminate, tanto più diventeranno attraenti le cose che rappresentano il vostro destino: quanto più camminate, tanto più la vocazione sarà magnifica.

È l’inverso di quello che avviene per le cose mondane: l’attrattiva ha il massimo all’inizio e poi finisce.

Queste cose bisogna ripeterle cento volte; o uno le scopre in se stesso o, se gli vengono insegnate, deve ripeterle molte volte per scoprirle in se stesso, bisogna ripetersele per comprenderle.

95 – Parole sentite come discorso o parole pronunciate come preghiera e che non capite: ve le facciamo ripetere non perché siamo scemi e, perciò, vi facciamo dire cose che non capite.

Lo sappiamo che non le capite, anche noi non le capivamo quando eravamo piccoli come voi, ma è soltanto ripetendole che si capiscono.

196 – Quando vi diciamo le nostre parole, che anche a noi sono state dette come sono dette a voi, ricordiamo i tempi in cui anche per noi queste parole erano come sassi che ci venivano buttati in faccia.

Ma la misericordia del Signore sta proprio nella pazienza con cui ripete nel tempo le cose, ci fa ripetere nel tempo le cose; ripetendo e poi ripetendo […] finalmente queste parole penetrano nel nostro cervello, fino ad incominciare a penetrare il cuore.

Prima penetrano il cervello e non vogliono dire quasi nulla, ma poi penetrano nel cuore e allora incominciano a voler dire qualcosa.

231 – Una cosa chiara diventa astratta, cioè sfuggente se tu prima ne hai scartato l’interesse, se non ti interessa nella vita sentita e vissuta, se tu prima hai deciso di interessarti di altro.

Che cosa si deve fare in questo caso? In questo caso bisogna che tu fissi. Mentre la parola, apparendoti astratta, cerca di scivolar via, devi fissarla, fissare quella parola, ripeterti quella parola, dire: «Spiegami questa parola», devi fissare quella parola in tutti i modi: «Che c’entra con gli interessi che io vivo, ora?».

Allora puoi rischiare a un certo punto di sentire rifluire un calore dentro di te e di incominciare a capirla, a sentirla.

370 – Non ti correggere perché è giustissimo, altrimenti il tempo e la ripetizione delle cose a cosa varrebbe? Niente. Se è per Gesù, il tempo che passa e la ripetizione creano.


ripetere e capire / conoscere

227 – Ripeti le parole adagio così comprendiamo. Per capire Dante bisogna rileggerlo, chi pretendesse di capirlo leggendolo una volta di corsa non capisce niente.

231 – Una cosa chiara diventa astratta, cioè sfuggente se tu prima ne hai scartato l’interesse, se non ti interessa nella vita sentita e vissuta, se tu prima hai deciso di interessarti di altro.

Che cosa si deve fare in questo caso? In questo caso bisogna che tu fissi. Mentre la parola, apparendoti astratta, cerca di scivolar via, devi fissarla, fissare quella parola, ripeterti quella parola, dire: «Spiegami questa parola», devi fissare quella parola in tutti i modi: «Che c’entra con gli interessi che io vivo, ora?».

Allora puoi rischiare a un certo punto di sentire rifluire un calore dentro di te e di incominciare a capirla, a sentirla.

371 – Se ascolti la musica in modo immaturo, non capisci niente, ascoltarla in modo più maturo è incominciare a capire. E quanto più ci stai sopra (ripeti l’ascolto), tanto più capisci, perché questa è veramente una cosa prodigiosa: quanto più un pezzo è complesso, quanto più tu ci stai, tanto più ti si rivela, ti si svela.

Il cambiamento di mentalità vuol dire comprendere di più la natura di un fenomeno, i fattori costitutivi di un fenomeno, e percepire più chiaramente la funzionalità di tutti questi fattori a uno scopo ultimo.

375 – Quando la mia povera mamma veniva tutte le sere a rincalzarmi le coltri del letto e tutte le sere, tutte, fino a dieci anni quando sono andato in seminario, mentre mi rassettava le coltri del letto, tutte le sere, una diversa dall’altra: «Ricordati – se fuori pioveva – dei bambini che non hanno il tetto come lo abbiamo noi, che non hanno la stanza calda» oppure « che sono andati sotto il tranvai oggi» eccetera.

Continuamente dicendomi queste frasi (che al momento ripetevo con compunzione), col tempo, man mano che il tempo passava, acquisivano intensità, acquisivano intensità di significato e io, prima di conoscere quel che volessero dire quelle frasi, sentivo l’emozione che davano, che dettavano, e dopo ho capito bene anche quello che dicevano, ma dopo però, nel tempo.

381 – Si vorrebbe capire d’un colpo solo, si vorrebbe capire subito, si vorrebbe capire subito fino a sentire subito.

E, invece, bisogna ripetere le cose, e anche ripetendole sembra che non si capiscano.

Anzi, tante volte, ripetendole sembra che si capiscano di meno, che è una forma di impazienza.

Perché se uno è costretto a ripetere le cose per capirle, o desidera ardentemente la verità (ha passione per la cosa che studia), oppure sbuffa: sbuffare coincide con il capire di meno.

Ma se la cosa è vera e uno ci resiste e ripete e punta gli occhi, a un certo punto è come se, non prevista, iniziasse l’aria crepuscolare del mattino, l’alba e uno incomincia a capire.

Uno capisce che la verità è lì, lo capisce.


ripetere e domandare

95 – Parole sentite come discorso o parole pronunciate come preghiera e che non capite: ve le facciamo ripetere non perché siamo scemi e, perciò, vi facciamo dire cose che non capite.

Lo sappiamo che non le capite, anche noi non le capivamo quando eravamo piccoli come voi, ma è soltanto ripetendole che si capiscono.

Quello che il bambino di due anni chiama «mamma» sarà indicato con la stessa parola quando avrà cinquant’anni; ma la stessa parola, non un’altra parola, sarà profondamente diversa, profondamente più compresa, profondamente più amata, profondamente più giudicata …ma uno l’ha ripetuta tutta la vita.

E così è il metodo con cui noi andiamo a Dio, ci intendiamo con Cristo.

Se non sapete cosa vuol dire (una frase che ha detto prima), perché la ripetete? Perché vi è fatta ripetere! E perché vi è fatta ripetere? Perché è una forma di domanda.

Si sa benissimo «chi» si domanda, si domanda Cristo; non si capisce la formula con cui lo si domanda, questo apparirà con la vostra esperienza che si matura nel tempo.

Questa formula che tu non hai capito, è la formula di una domanda, domanda Cristo.

96 – È giusto che tu faccia una domanda di Cristo? È giusto si o no? Sì! Ma questa domanda è formulata secondo un tipo di conoscenza che esige maturità, perciò tu capirai diventando maturo.


Ripresa

cfr. lavoro personale, silenzio

352 – Per la ripresa delle nostre lezioni bisogna: afferrare la totalità del discorso, non analiticamente, ma nella sua parola completa; capire le ragioni dei singoli passaggi; e capire frase per frase; poi guardare indietro e dire: «come è bello! Nessuno dice così queste cose».


Ripulsa

232 – Di fronte ad un oggetto, tu hai una ripulsa o un’attrattiva (ripulsa o indifferenza è lo stesso, come odio ed estraneità è lo stesso: l’estraneità è l’inizio dell’odio; l’indifferenza è l’inizio della ripulsa): questo è il sogno, la realtà come la pieghi tu, nella forma in cui la pieghi tu, che interessa a te, invece per farti interessare alla realtà come è.


Risposta / rispondere

55 – La responsabilità di fronte al fatto. Di fronte a questo in cui tutto è chiaro – «Se non credo a Te non credo ai miei occhi», questa è la sostanza della posizione di Pietro – di fronte alla domanda «Chi è costui?» e di fronte alla risposta che Pietro dà, uno può dire sì o no: aderire a quello che dice Pietro oppure andar via come sono andati via tutti gli altri.

158 – Ho detto che per poter rispondere – come stiamo facendo – a tutti i particolari che voi potete opporre come obiezione o domanda, saremo costretti sempre a richiamare i principi ultimi che ci hanno dato: seguendo quei principi comprendiamo tutti i particolari.


risposta di Dio

245ss – «Rispetto a quello che hai detto dei pigmei che avevano pregato Dio, io volevo sapere perché e se è vero che Dio non ha risposto».

Non aveva risposto, infatti non hanno inteso nessuna risposta. Ma non i pigmei. I pigmei che si chiamano Bobbio, i pigmei che si chiamano Kafka, i pigmei che si chiamano Camus, i pigmei che sono i più grandi espressivi dell’umano, i pigmei che si chiamano Wagner, i pigmei che si chiamano Omero e Virgilio, i pigmei che si chiamano gli uomini più pensosi.

Nessuno ha avuto risposta.

Infatti Dio doveva farsi conoscere per rispondere a questa domanda.

Dio doveva fare un passo Lui e dire: «Eccomi, sono qui».

È stato solo un caso nella storia ed è proprio questo caso che è insopportabile a tutti.

247 – «Allora risponde in modo diverso?»

No, Dio risponde in modo preciso: si chiama Cristo.

Dio si può conoscere soltanto se si rivela.

248 – Dio rispondeva secondo un disegno che era suo. (Con l’invio di un missionario)

Sempre Dio risponde. Ma la risposta di Dio non può coincidere con la dinamica del nostro pensiero, a meno che non sia sorpresa nella sua origine: allora è una dinamica giusta, si capisce la risposta, infatti è una dinamica senza fine.


Risurrezione

365 – Tu puoi voler bene a una persona, anche entusiasticamente e in modo puro, giusto, ma a mano a mano che vai avanti, l’implicazione di sacrificio emerge, si impone, fino a un certo punto, quando Dio vuole, a coprire la scena, a coprire tutta la scena.

È il momento in cui è vicina la risurrezione, vale a dire la stabilità, tutta fruibile, tutta godibile del vero reso sicuro.


Risveglio

cfr. mattino

283 – Tutto posso in Colui nel quale è la mia forza. Questo ottimismo decide di ogni risveglio, di ogni ripresa di coscienza, così che il motto della vita, la formula della vita diventa quella che ha detto san Paolo: «Tutto posso, di tutto sono capace insieme a Colui nel quale è la mia forza» (Ffil 4, 13).

Vale a dire, una sicurezza totale anche di fronte alla propria debolezza.

«Non bisogna coltivare progetti di perfezione, ma guardare in faccia Cristo»

L.Giussani, «L’io e la grande occasione» in Dalla fede il metodo, pag. 14

Non arzigogolare e tendere al perfezione, ma guardare in faccia Cristo.


Rivelazione

217 – C’è sempre stato nella storia dell’uomo, qualcheduno, qualche spirito bizzarro, o meglio qualche spirito illuminato, che ha pensato: «Se il Mistero che ci ha creati, se Dio ci ha creati venisse a farsi vedere, si facesse conoscere! L’unico modo per conoscerlo è che venga Lui a farsi conoscere perché noi, con tutti i nostri sforzi, non riusciamo a concepirlo.


Rivoluzione

284 – Provate a pensare come nessuno, nessuno, capisce queste cose: nessuno le pensa e nessuno le capisce.

Invece questa è l’unica vera rivoluzione nel mondo: la fede come conoscenza e la carità, guardare in faccia Cristo, come morale.

307 – «Proletari di tutto il mondo unitevi», Hitler sognava il mondo diventato ariano: ogni rivoluzione ha una pretesa universale.

L’unica pretesa universale che si attua, e che si attua anche in tre in una casetta piccola, sperduta, è la Chiesa.

314 – «Non sapete che siete membra vive l’uno dell’altro

Ef 4,25 ; Rm 12,5

Questa è una realizzazione di quella universalità che tutte le teorie rivoluzionarie hanno sognato, ma non certamente realizzato; nella Chiesa è realizzato.

Link diretti ai temi di “Si può vivere così?” che iniziano con

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Temi degli ESERCIZI – Collana “Cristianesimo alla prova”


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