Temi di «Si può vivere così?» – 2a parte

edizione di riferimento

La definizione delle parole più importanti della vita, se viene determinata dalla mentalità comune assicura la schiavitù totale, l’alienazione totale»

Don Luigi Giussani – SENSO RELIGIOSO – pag. 119 – capitolo ottavo – terzo paragrafo

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Lettera «D»

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Dedizione


Dedizione del Mistero all’uomo

334 – Ciò che qualifica la dedizione con cui il Mistero – il Mistero supremo e il Mistero di quest’uomo che è Cristo, Dio fatto uomo -, ciò che qualifica la dedizione del Mistero a noi, la dedizione con cui il Mistero crea il mondo e perdona la meschinità dell’uomo – e lo perdona abbracciandolo; meschino, schifoso, lo abbraccia – è un’emozione, è come una emozione; è una commozione, ha dentro una commozione.


Dedizione di sé all’altro

346 – La dedizione di sé all’altro non è una cosa generica, è una cosa molto concreta Perché? Perché l’io vive, non come un nuvole astratto, vive come atto; l’io vive come atto, si muove come atto. […] Una realtà della natura che possa dire «io» è una cosa che si muove; se si muove, passa da una posizione all’altra, compie un atto, precisa un suo evolversi.

Perciò se la legge dell’io è darsi, è l’amore come darsi all’altro, darsi all’altro significa muoversi per un altro.


Dedizione e moralismo

375 – Domanda: «Ha detto che la legge dell’io è l’amore. E l’io non è astratto ma si muove come atto, quindi il darsi a un altro vuol dire muoversi per un altro. A me veniva da chiedere: quando questo può essere vissuto come moralismo, cioè come misura, come sforzo?». Giussani: quando il motivo per cui fai l’atto non è l’amore dell’altro, ma una legge che ti hanno fatto imparare, è una legge che hai imparato, è una formula che hai imparato.


Delitto

328 – Cristo ci dà più di quello che occorreva per salvarci: dove abbondò il delitto, sovrabbonda la gratuità.


Desiderio

11 – Oggi iniziate una cosa che non conoscete ancora. Allora è giusto incominciare domandando a Dio che ci aiuti, perché è un cammino che non conosciamo. Di fatto, questa cosa nuova potete avere confuso desiderio, ma non basta, allora occorre domandare che questo desiderio sia illuminato e assecondato.

150 – Questa è l’amicizia. La vera obbedienza è quando si giunge a questo livello di amicizia: altrimenti non è obbedienza, è schiavitù. [….] Come si fa a viverlo?. Capite che qui l’accento principale è sul desiderio, il desiderio di viverlo anche noi, il desiderio di vivere; la serietà del vivere, la verità del vivere e il desiderio di vivere. È il desiderio di vivere che ti fa domandare: «Come fai a farlo tu, come fai a realizzare quel che capisci?»

189 ss – Che tipo di movimento deve accadere perché dalla certezza del presente si arrivi ad una certezza per il futuro? Affermare un presente eccezionale per la sua potenza, diventa certezza per un futuro mutandosi in desiderio definito e soddisfatto dalla fede stessa, trasformandosi in domanda al potere che la fede rivela presente: «Come domanda, come desiderio che maturi una cosa iniziata», il dono che Cristo fa di sé a noi, nel presente. La libertà gioca nel desiderio, e domanda con certezza che da Lui venga la nostra felicità.

190 – L’esperienza di una Presenza eccezionale fa scaturire nel cuore dell’uomo un desiderio che riguarda il futuro: il desiderio di quell’uomo lì rimanga, il desiderio che quell’uomo impazzito lì metta a posto le faccende di casa, metta a posto la moglie, metta a posto il figlio….qualsiasi tipo di desiderio.

La dinamica della fede è l’affermazione di un’esperienza: la speranza è il desiderio di qualcosa che accada nel futuro.

La speranza nasce da una affermazione. Come nasce? Come affermazione dell’adempirsi di un desiderio, nasce come affermazione dell’adempimento di un desiderio.

La fede come affermazione di una Presenza grande; la speranza come affermazione risolutiva di un desiderio, in cui i bisogni del cuore sono determinanti.

Questi desideri saranno soddisfatti, sì o no? Qui è il punto. Questi desideri fatti secondo le esigenze del cuore, possono essere sicuri d’essere attuati, possono possedere la capacità di reggere la ragione di una speranza circa la certezza del futuro, solo in quanto – non è facile da dire! – uno si fida del contenuto della fede, solo in quanto si abbandona, si fida e si abbandona alla Presenza che la fede ha indicato.

191 -Perciò la dinamica della speranza è un desiderio che non potrebbe resistere nel tempo, sarebbe sempre amaramente deluso, se non fosse sorretto, retto come ragione dalla fede, dalla certezza del potere della grande Presenza.

192 – Come fa questo desiderio di attuazione del bene, che acquista fiducia nella grande Presenza, a diventare certezza che la grande Presenza risponderà?

Il desiderio diventa sicuro di sé quando lo domanda, quando domanda, quando il desiderio del cuore diventa domanda.

E la domanda si sostiene su una certezza nella risposta che la grande Presenza dà, perché la grande Presenza lo ha promesso. «Domanda», questa è la parola. Ma «l’ha promesso» è fondamentale, è ciò che rende ragionevolmente certa la domanda stessa. Anche se la promessa è già implicata nel fatto che la grande Presenza c’è.

194 – Se riconosce la grande Presenza, se vive la certezza nella grande Presenza, capisce che è dalla grande Presenza che può venire la ragione della certezza che i suoi desideri si attuino; perciò domanda con l’aiuto della grande Presenza di raggiungerli così come essa vi ha dato forma eterna: questa forma si chiama ideale. Cioè la speranza si traduce in desiderio di sogno, o in desiderio ideale

L’ideale è il desiderio di perfezione, di felicità per cui il cuore dell’uomo è fatto, che da solo non può raggiungere; da solo può dare delle forme sognanti, perché prende pretesto dalle circostanze e non dalla grande Presenza. L’ideale, invece, è il desiderio di felicità che il cuore ha e che riconosce possibile solo con l’aiuto della grande Presenza.

L’ideale, perciò, è il desiderio ultimo del cuore, che l’uomo cerca di raggiungere fidandosi della grande Presenza. È molto importante questa differenza tra sogno e ideale.

198ss – La speranza come certezza nel futuro; e il dinamismo di tale certezza, che è il desiderio.

La certezza di un bene ancora assente, che avverrà nel futuro; perciò un’attesa, coscientemente, quindi, un desiderio.

Certezza di un bene futuro come certezza per il futuro, non presente, poggiata su una certezza presente, e che si esprime come desiderio riguardante un bene, un valore arduo.

Cosa vuol dire un bene o un valore che si disidera, ma che è arduo? Significa che si desidera un bene o un valore, l’avere il quale costa.

199 – Non è ancora delineata la figura del futuro e allora il «chissà come sarà?» stende come una nebbia sul rapporto tra la certezza presente e impeto verso il futuro, desiderio futuro come un peso, un peso di incertezza.

222 – Qual’è il fenomeno per cui l’uomo si muove? Si commuove e quindi si muove? Il desiderio di felicità è la risposta.


Desiderio e compimento

258 – La povertà su cosa fonda il suo valore? Sulla certezza che è Dio che compie; Cristo compie il desiderio che ti fa nascere. Il fondamento della povertà sta nella certezza che Dio compie quel che ti fa desiderare.

259 – Cristo ti dà la certezza di compiere ciò che ti fa desiderare, e allora tu sei liberissimo dalle cose.


Desiderio e domanda /preghiera

192 – Come fa questo desiderio di attuazione del bene, che acquista fiducia nelle certezza della grande Presenza, a diventare certezza che la grande Presenza risponderà? il desiderio diventa sicuro di sé quando lo domanda, quando domanda, quando il desiderio del cuore diventa domanda. E la domanda si sostiene su una certezza nella risposta che la grande Presenza dà, perché la grande Presenza lo ha promesso.

«Domanda», questa era la parola. Ma «l’ha promesso» è fondamentale, è ciò che rende ragionevolmente certa la domanda stessa. Anche se la promessa è già implicata nel fatto che la grande Presenza c’è.


Desiderio e speranza

189ss – Che tipo di movimento deve accadere perché dalla certezza del presente si arrivi ad una certezza per il futuro? Affermare un presente eccezionale per la sua potenza, diventa certezza per un futuro mutandosi in desiderio definito e soddisfatto dalla fede stessa, trasformandosi in domanda al potere che la fede rivela presente: «Come domanda, come desiderio che maturi una cosa iniziata», il dono che Cristo fa di sé a noi, nel presente. La libertà gioca nel desiderio, e domanda con certezza che da Lui venga la nostra felicità.

190 – L’esperienza di una Presenza eccezionale fa scaturire nel cuore dell’uomo un desiderio che riguarda il futuro: il desiderio di quell’uomo lì rimanga, il desiderio che quell’uomo impazzito lì metta a posto le faccende di casa, metta a posto la moglie, metta a posto il figlio….qualsiasi tipo di desiderio.

La dinamica della fede è l’affermazione di un’esperienza: la speranza è il desiderio di qualcosa che accada il futuro.

Il secondo passo che stiamo facendo è indicare quale sia il dinamismo proprio della speranza. La speranza nasce da una affermazione. Come nasce? Come affermazione dell’adempirsi di un desiderio, nasce come affermazione dell’adempimento di un desiderio.

La fede come affermazione di una Presenza grande; la speranza come affermazione risolutiva di un desiderio, in cui i bisogni del cuore sono determinanti.

198 – Prima, abbiamo detto che la speranza è la certezza nel futuro motivata dalla certezza di un presente; e, secondo, che la dinamica che la speranza imprime nel nostro io, nella nostra coscienza, si chiama desiderio.

Allora: la speranza come certezza del futuro; e il dinamismo di tale certezza che è il desiderio. La certezza di un bene ancora assente, che avverrà nel futuro; perciò una attesa, coscientemente, quindi, un desiderio.


destino / Destino

(cfr. Dio, Mistero, Padre)

28 – Se io vi imbrogliassi sarebbe un imbroglio che lancerei contro il vostro destino; se io parlo per aiutarvi, è per aiutarvi al vostro destino.

Quello che ci interessa nel dialogo tra noi è il destino tuo e mio e suo e dell’altro. Il destino chi lo vede? non lo puoi trovare! Il destino non lo puoi vedere. Il destino è per sua natura Mistero.

32 – La parola destino sta ad indicare il significato della vita. Infatti la parola greca indica il significato ultimo, il destino ultimo come significato, eimarméne.

34 – La parola destino domina la vita, come la faccia domina la figura di una persona: e non c’è nessuno che ci pensi.

Il raccoglierci qui il sabato è la massima documentazione che questo destino – pensare al destino, riflettere sul destino della nostra esistenza – invece a noi preme.

Ciò che vien giocato nei termini con cui ci tratteremo e vi tratterete, il contenuto di questa strada, coi suoi discorsi e con i suoi atteggiamenti, è il timore e il tremore per il destino, è il desiderio del destino ed è l’attesa di un destino gioioso.

127 – Se il tuo destino ti dice «Sono fatto per la vita», vuol dire che questo è più forte e prevarrà, prevale sul fatto che tu, nelle circostanze in cui sei, debba morire.

Madre può essere una puledra, se madre vuol dire buttar fuori dal ventre qualcosa; si è madri se si educa al destino.

211 – Qual’è il destino della vita? come si fa a conoscere questo destino? Il cuore dell’uomo. L’uomo nasce con questo cuore, cioè nasce con questa speranza; l’uomo nasce con un cuore in cui sta una promessa, nasce con un cuore che si può definire come promessa. E questa è la ragione per cui uno si deve tutti i giorni ristabilire in azione, rimettersi in azione.

324 – La carità agisce per puro amore, nel senso che: dato, fatto. […] Non per avere qualcosa io, ma per il bene dell’altro, e il bene dell’altro è il rapporto col suo destino. il rapporto col suo destino è il rapporto con una Presenza.

325 -La carità è un amore puro – si dice -, si esaurisce nel volere il bene dell’altro ed è il bene-bene che vuole dell’altro, cioè il suo destino, cioè il rapporto con Cristo.

LA ragione che sostiene la carità è totalmente ed esclusivamente l’oggetto dell’amore. L’oggetto autentico dell’amore cos’è? Il bene dell’altro, il destino dell’altro, perciò il suo rapporto con Cristo.


Amore al destino / coscienza del destino

87 – La coscienza del destino: una coscienza chiara del destino, l’amore al destino. Se uno perde di vista il destino allora sbaglia. Tutti, al cento per cento vivono così: attenti perché anche noi viviamo così. Il destino della vita non è quello che vogliamo noi, è il mistero di Dio, la coscienza del Mistero, la coscienza del destino.


Cammino al destino

100 – Corrispondere alla volontà di Dio vuol dire corrispondere al proprio destino, camminare verso il proprio destino. È ragionevole quello che ti fa camminare verso il destino. E il tuo destino è il mistero di Dio.

Cos’è la libertà? La capacità di rapporto con il destino. Dove sta il destino?

101 – Il destino è alla fine della strada, cioè è al di là dell’ultimo passo della strada, è al di là della morte.

È ragionevole tutto quello che ti porta verso il fine, verso il destino; corrisponde al cuore non l’istinto che senti, ma quello che porta il tuo cuore verso il suo destino; e quello che porta il tuo cuore verso il destino può essere una vita di stenti e di dolori

L’adesione al destino è il senso di ogni passo che si fa nella strada.

Ogni passo verso il tuo destino è un passo verso il destino completo.

202 – Un cammino che è fatica. […] Il compimento del nostro destino implica sempre una modalità di cammino che è fatica, perché il compimento del destino, il cammino al destino è una prova.

È una prova da superare: in questo senso si dice che è arduo.

228 – Di fronte alla scoperta che c’è una Presenza che ti appartiene e tu la possiedi, possiedi Cristo e Lui possiede te! Con questa Presenza capisci cos’è il destino, dov’è il tuo destino, sei sicura di arrivarci e ci cammini. Il destino si raggiunge attraverso una Presenza, qualcosa di presente.

279 – La verità che ci viene fatta scoprire dalla fede – Gesù, per Giovanni e Andrea -, questa verità, che è quell’uomo, sostiene il peso di tutto il nostro futuro, fino ad arrivare al destino.

Perciò la speranza cristiana […] finisce in una certezza che tutto abbraccia.

427 – Andando al destino non abbandoni nulla, trascini al destino con te tutto.


Coscienza del destino e cammino

123 – (Domanda)«Se io penso alle scelte che ho fatto per arrivare qui, a questo punto della mia vita, la coscienza del destino era probabilmente molto lontana».

Avevi la coscienza del destino, soltanto non ti era chiara, non era ancora autocosciente. La coscienza chiara del destino non è necessaria perché tu cammini verso la verità. Tu puoi scegliere le cose che ti portano verso il tuo destino anche semplicemente per il terrore che «senza questo cosa rimane?».

214 – Tutti gli uomini di fronte al loro comune destino, che dovrebbe essere sorgente di respiro e di sicurezza, sia pure in mezzo a tutta la prova della vita, è come se non tenessero.

E il vero atteggiamento con cui gli uomini stanno di fronte al loro destino è come un’ultima – non so come dire – un’ultima riserva, quasi cautelativa, un ultima riserva o, come abbiamo detto prima, una gran «Chissà?» che dilaga.

Quando sono insieme nel tempio indù o nel tempio degli dei dello stregone, quando sono insieme dicono le cose che la loro religione dice, ed è ultimamente positivo rispetto al destino: più o meno positivo.

Ma poi loro, nel definire il loro destino, devono anche definire il fatto che l’uomo va contro il suo destino (tante volte lo tradisce), cioè che il destino premia o castiga. […] quando sono insieme affermano, ma quando sono da soli, quando guardano con sincerità la loro vita, il «Chissà?» è generale


Eìmarméne

32 – La parola destino sta ad indicare il significato della vita. Infatti la parola greca indica il significato ultimo, il destino ultimo come significato, eimarméne.


Devozione

350 – Attaccamento all’altro, affezione all’uomo: sia come devozione (rispetto), sia come fedeltà (continuità del rispetto).


Difetto

85 – L’errore, la possibilità dell’errore, appartiene a una libertà che non è ancora libera, che non è ancora libertà, che non ha raggiunto la soddisfazione totale. Per questo si chiama difetto. Difetto: venir meno, deficere in latino vuol dire venir meno, come quando uno collassa, ha un’ipoglicemia improvvisa grave, la tensione si abbassa di colpo, e allora va giù: questo è il peccato.


Dimenticare

204 – Dimenticare, riguarda il fatto che la cosa non interessa al momento, o per sostenere una certa posizione, o perché abbiamo interesse a dimenticarla. Il dimenticare è l’eludere, eludere.


Dio

(cfr. Destino, Mistero e Padre)

36 – Quel professore di chimica era giusto che si sentisse più cordiale con l’esistenza quando studiava chimica, perché la chimica sono «i suoi insegnamenti», e ricercava con tutto il cuore gli insegnamenti di Dio. Perché l’aspetto chimico della realtà è parte del disegno di Dio e ricercarne con passione le leggi è una cosa bella. In questo senso ogni lavoro reale è una cosa bella.

Dio, il Mistero per cui siamo fatti, lo si trova dentro il disegno delle cose; se si è fedeli al suo disegno, dentro lì si trova qualcosa d’altro.

Si può guardare la realtà di Dio in modo tale che essa appaia non nella sua verità.

81 – Così la coscienza di sé percepisce l’esistenza di qualcosa d’altro, cioè Dio, del Mistero, Dio come Mistero. Per adesso segnamo così: Dio è l’estremo limite a cui il desiderio dell’uomo tende.

La libertà è il rapporto con l’infinito, con Dio, ill rapporto realizzato con il Mistero.

128 – (Dio) ha fatto l’uomo a immagine e somiglianza di ciò che Lui è: la suprema libertà.

Dio è la libertà; è la libertà il più gran dono di sé che Dio ha fatto all’uomo facendolo simile a sé; per cui l’uomo è il Signore di se stesso e dell’universo.

293 – La nostra vita appartiene a qualcosa d’Altro, di strano da sé, di enigmatico, di misterioso; noi siamo abituati a chiamarlo Dio, non abbiamo il diritto di chiamarlo Dio se non lo percepiamo nella sua inafferrabile misteriosità.

326ss – Prima di tutto, il rapporto di Dio con l’uomo, del Mistero con l’uomo – diciamo il Mistero, perché Mistero è Dio e Cristo, è Dio e un uomo – il Mistero appare all’uomo come gratuità, cioè come carità.

Anzi, si può dire che che ha detto san Giovanni: la natura di Dio è carità. La natura è quella fattura per cui uno agisce in un certo modo; la natura è l’origine delle azioni, perciò, se uno agisce con carità, è perché ha la natura che è origine della carità. E, infatti, dice: «Deus caritas est», Dio è amore, ma amore nel suo senso totale, assoluto: vuole il bene dell’altro.

La natura di Dio appare come gratuità in quanto si è donata all’uomo.

327 – È puro dono: senza ritorno.

La natura di Dio è dare, appare all’uomo come dare, dono, senza ritorno, dono puro.

Che cosa si dà? Se stesso, vale a dire l’Essere, l’essere perché senza di Lui nulla è stato fatto di quello che è stato fatto.

La natura di Dio appare all’uomo come dono assoluto: Dio si dà, dà se stesso all’uomo. E Dio cos’è? La sorgente dell’essere. Dio dà all’uomo l’essere: dà all’uomo di essere; dà all’uomo di essere di più, di crescere; dà all’uomo di essere completamente se stesso, di crescere fino alla sua compiutezza, cioè dono all’uomo di essere felice.

328 – Comunque il concetto fondamentale che dispiega tutto il valore del termine carità o gratuità – che delinea così la natura di Dio, il modo di agire di Dio, che noi dobbiamo imitare perché è il Padre – è il dono di sé.

La moralità è il dono di sé

343 – Derivando da Dio, la legge dell’io è l’amore. Ora se la carità è la legge dinamica, il dinamismo di quel movimento senza fine e senza sponde che è DioDio è un movimento di dono di sé, per una commozione che lo determina, per una commozione di cui vive -, tutto ciò che nascesse da questo mare di dono e di commozione, l’acqua che sprizzasse da quella fonte infinita avrebbe lo stesso metodo, avrebbe la stessa vibrazione, avrebbe la stessa mossa, avrebbe la stessa dinamica, avrebbe la stessa legge: sarebbe carità.

«Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro» dove abbiamo visto che perfetto vuol dire misericordia: siate anche voi dono di voi stessi, pieno di commozione, come è misericordia il flusso immenso dell’acqua di Dio, il flusso immenso del sangue di Dio.


Commozione di Dio

329ss – Perché Dio dedica se stesso a me? Perché questo dono di sé fino all’estremo concepibile, al di là dell’estremo concepibile?

332 – Voglio dire che questa carità di Dio per l’uomo, questo dono di sé è fatto di emozione, di una commozione. Si può avere compassione per un animale straziato che sta crepando, non si può avere commozione per esso: per l’uomo sì.

La carità di Dio per l’uomo è una commozione, un dono di sé che vibra, si agita, si muove, si realizza come emozione, nella realtà di una commozione: si commuove. Dio che si commuove!

333 – Dio si è commosso per il nostro niente. Non solo: Dio si è commosso per il nostro tradimento, per la nostra povertà rozza, dimentica e traditrice, per la nostra meschinità. Dio si è commosso per la nostra meschinità, che è più ancora che essersi commosso per il nostro niente.

«Ho avuto pietà del tuo niente, ho avuto pietà del tuo odio a me. Mi sono commosso perché tu mi odi», come un padre e una madre che piangono di commozione per l’odio del figlio.

334 – Ha avuto pietà di me e per il mio niente e mi ha scelto; mi ha scelto perché ha avuto pietà di me: mi ha scelto perché si è commosso della mia meschinità!

335 – Non è carità l’emozione o la commozione se non ha dentro di sé questo giudizio e questo palpito del cuore.

336 – Qual’è la ragione? «Ti ho amato di un amore eterno, perciò ti ho fatto parte di me, avendo pietà del tuo niente»: il palpito del cuore è la pietà del tuo niente, ma la ragione è che tu partecipassi all’essere.

Di fronte al niente, come di fronte ad un animale, si può usare il termine compassione, ma di fronte all’uomo non può essere che chiamato commozione, perché l’uomo è chiamato alla felicità, l’uomo è grande e chiamato alla felicità, l’uomo è grande come Dio ed è chiamato alla felicità di Dio. Che sia schiacciato dalla meschinità, distrutto dalla distrazione, svuotato e ridiventato niente per una pigrizia senza misura, questo genera proprio compassione.

338 – «Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre che sta nei cieli» (Lc 6,36) La perfezione è questa commozione in atto verso il bisogno dell’uomo: bisogno di felicità, di essere; di felicità, di destino; di essere, di destino, di felicità.

È la commozione verso il bisogno ultimo dell’uomo: il «per che cosa» l’uomo nasce.

Dobbiamo seguire Gesù e dobbiamo partecipare alla misericordia del Padre.

Quando il Papa nella sua enciclica descrive la misericordia di Dio – che è questa commozione con cui Dio si dà all’uomo, dà se stesso all’uomo fino a morire per lui -, dice che questa misericordia ha nella storia un nome: Gesù.

352 – La compassione che Dio ha per l’uomo ha una ragione; la ragione è questa: l’uomo è fatto per la felicità e il suo stato meschino o di peccato o di fatica o di ignoranza gli impedisce questo, tende a impedire questo. Perciò Dio ha una pietà piena di ragione. «Dio ha pietà per l’uomo», l’amore di Dio per l’uomo è pieno di commozione, questa commozione ha una ragione: Dio vede l’uomo fatto per la felicità e in preda a tentazioni e a debolezze e a confusione che gli impediscono questo, che gli attardano il cammino, glielo fanno più difficile.

Allora la compassione verso l’uomo diventa commozione; gli va là vicino e gli dice: «Dai, coraggio, che vengo anche io con te».


Disegno di Dio

35 – «Beato chi è fedele ai suoi insegnamenti e lo cerca con tutto il cuore» (Sal 118). La parola «insegnamento» indica la realtà come disegno, come ordine; «beato chi è fedele» indica chi aderisce alle come naturalmente, cioè originalmente, cioè divinamente sono impostate.

287 – «Sarò sicuro nel mio cammino, perché ricerco Te, i Tuoi voleri. Davanti ai re parlerò della Tua alleanza [cioè del tuo disegno, del disegno che tu hai sulla vita dell’uomo, senza temere niente]…(sal 119, 45-48)».

403- La tristezza è una nota inevitabile e significativa della vita, perché nella vita, in ogni suo momento tu hai la percezione di qualcosa che ancora ti manca; la tristezza è una assenza, sofferta. Che cosa rende buona la tristezza? Riconoscerla come significativo strumento del disegno di Dio. Il disegno di Dio implica questo: implica chela vita sia sempre, in qualsiasi caso – e tanto più quanto più impegnata, quanto più apparentemente soddisfatta – soggetta alla percezione di qualcosa che manca.

Che la vita sia triste è l’argomento più affascinante per farci capire che il nostro destino è qualcosa di più grande, è il mistero più grande


Gloria di Dio

177 – Cosa vuol dire che si riveli la gloria di Dio? Se non lo sai, capirai; presto o tardi capirai.

Lo scopo di tutto questo agitarsi del mondo, delle cose, lo scopo di tutto, che si muove lentamente, più o meno lentamente, è la gloria di Dio, vale a dire tutto il mondo griderà: «Il Signore è Dio, il padrone è Dio, il capo è Dio».

Ora noi, attraverso la fede, per la fede, viviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio. Tutto ciò che si muove, la fede ci fa capire e vantare di capire che è per la gloria di Dio, nella speranza della gloria di Dio. La fede ci fa sperare di vedere che tutto quanto si muove, si muove per la gloria di Dio; la fede ci fa sperare di vedere questo.


Dio incarnato/uomo

93 – E lo Spirito Santo come ci aiuta? Attraverso le viscere di una donna: Cristo è nato dalle viscere di una ragazza di diciassette anni, cioè attraverso le viscere della nostra esperienza comune, di una esperienza in comunità: dalle viscere di una esperienza concreta lo Spirito ci comunica la luce e l’aiuto.

112 – Cristo non è nient’altro che l’incarnarsi – il diventar carne, nato da una donna – del termine ultimo che definisce la libertà. La libertà è capacità di rapporto con l’infinito. L’infinito l’abbiamo segnato come una linea ultima: quella linea è il Verbo, è il mistero diventato carne. Carne vuol dire un bambino piccolo.

traiettoria dell’uomo verso il compimento (ingrandisci)

Comunque, che l’infinito diventi carne vuol dire che l’infinito entra nell’unica grande esperienza della storia, che è la realtà dell’Essere, la realtà del Mistero, vissuta dall’uomo, con la misura umana. Perciò in tutte le cose trovi il riverbero concreto di Cristo.

235 – Tutto diventa segno del nostro destino se guardiamo le cose vedendo il rapporto con Gesù, vivendo il rapporto con la Presenza. Se il destino è Presenza, vivendo il rapporto con questa Presenza tutte le cose diventano un segno di essa. Se viviamo il rapporto con la presenza di Gesù, tutte le cose diventano segno.

Segno di che? Segno del destino che sta per venire; ma quel destino che sta per venire è già lì … segno di Colui che è già lì.

Destino e Presenza, è la stessa cosa.

Dio incarnato cosa vuol dire?

Destino fatto Presenza

247 – Dio risponde in modo preciso: Cristo. Un uomo nato da una donna ebrea in quel buco – che quando si va in Palestina è il momento più commovente di tutto il pellegrinaggio – dove c’è scritto nel bronzo: Verbum caro hic factum est, il Verbo si è fatto carne qui. È una risposta. Perché Dio si può conoscere soltanto se si rivela.

356 – (Domanda) «Lei diceva che il primo oggetto della carità, dell’amore, della commozione dell’uomo si chiamaDio fatto carne per lui“; ed è perché c’è questo Cristo che non c’è più alcun uomo che non mi interessa. Vorrei capire un po’ meglio cosa vuol dire che il primo oggetto della carità è Cristo.» Se la Bellezza con la B maiuscola, la fonte di ogni bellezza, diventasse uomo, ma quale uomo sarebbe degno di attenzione che spalancasse il nostro stupore attivamente fino al desiderio di consacrargli la vita, che tutta la vita sia per Lui, più di un uomo di questo genere?


Maternità di Dio

334 – Ciò che qualifica la dedizione con cui il Mistero – ciò che qualifica la dedizione del Mistero a noi, la dedizione con cui il Mistero crea il mondo e perdona la meschinità dell’uomo – e lo perdona abbracciandolo; meschino, schifoso, lo abbraccia – è un’emozione; è una commozione, ha dentro una commozione.

È proprio questo che esalta la maternità di Dio, l‘aspetto materno di Dio, l’aspetto femminile di Dio.

337 – La commozione per la nostra vita destinata […] Dio l’ha vissuta fino alla morte, per una commozione di madre.


Pazienza di Dio

115 – Dio ha pazienza per provare la libertà di ognuno di voi.


Rapporto con Dio

159 – Se uno pretendesse di avere un rapporto con il mistero di Dio a prescindere dalla compagnia, e specialmente a prescindere da un’autorità che la guidi, si illude, è un’illusione.

304 – Nel rapporto con Dio non si misura mai: questo sarebbe moralismo, il moralismo misura tutto. Non è una misura, ma uno sguardo amoroso, come quello che gli apostoli portavano a Gesù.


Strumento di Dio

322 – La coscienza dell’uomo è quella capacità che l’uomo ha di radunare tutte le cose al loro destino, alla loro origine e al loro destino: unisce, per questo è lo strumento del Creatore per compiere la sua opera.


Dipendenza

342 – Noi nasciamo da Dio: «La fonte è in Te dell’essere».

Provate a immaginare un bambino appena acceso nel ventre di suo madre, appena concepito.

Se il piccolo feto fosse cosciente del fatto che tutto quello che è, tutto […] tutto il lui proviene dal corpo di sua madre [….] se questo piccolo potesse essere consapevole, si sentirebbe fluire tutto dall’organismo di sua madre, sangue nervi… Pensate che razza di dipendenza totale – totale nel senso assoluto del termine – dovrebbe essere l’autocoscienza, la coscienza di sé, di questo grumo di realtà, piccolo millimetro cubo: «La fonte è in te dell’essere» potrebbe dire a sua madre.


Discontinuità

206 – I nemici della fedeltà nell’all’appartenenza, i nemici più rilevabili sono la discontinuità.

La discontinuità è una variazione di umore: una volta uno ha il muso e un’altra volta ride sgangheratamante. Non sai mai come prenderlo. La discontinuità, dunque, e poi la fatica e il dolore.

238 – «Cosa vuol dire che la fatica e il dolore sono nemici della speranza? Perché lei ha detto che i n emici della fedeltà all’appartenenza sono la discontinuità, la fatica e il dolore». I nemici vuol dire il tipo di avvenimento che tenta di impedire la fedeltà alla speranza. La discontinuità è: una volta nella polvere, e una volta sull’altare; come un ciclotimico, la non linearità nel mantenere lo stato d’animo puro.


Disegno di Dio /Mistero

35 – «Beato chi fedele ai suoi insegnamenti e lo cerca con tutto il cuore» […] La parola «insegnamento» indica la realtà come disegno, come ordine; «beato chi è fedele» indica chi aderisce alle cose come naturalmente, cioè originalmente, cioè divinamente sono impostate.

248 – (Dio) rispondeva secondo un disegno che era suo. […] sempre Dio risponde. Ma la risposta di Dio non può coincidere con la dinamica del nostro pensiero.

287 – «Sarò sicuro nel mio cammino, perché io ricerco Te, i Tuoi voleri. Davanti ai re parlerò della tua alleanza» (Salmo 119, 45-46). Alleanza, cioè del tuo disegno, del disegno che tu hai sulla vita dell’uomo, senza temere niente.

403 – Che cosa rende buona la tristezza? Riconoscerla come significativo strumento del disegno di Dio. Il disegno di Dio implica questo: implica che la vita sia sempre, in qualsiasi caso – e tanto più quanto più impegnata, quanto più apparentemente insoddisfatta – soggetta alla percezione di qualcosa che manca.


Disoccupazione

(cfr. lavoro)

36 – Uno dei motivi per cui non ci deve essere disoccupazione è che l’uomo disoccupato è un povero disgraziato; non per i soldi, ma psicologicamente


Disperazione

297 – Per questo, in fondo, guardando il passato, restiamo o ignobilmente immobili, oppure vergognosi, oppure pieni di risentimento – verso qualcosa o verso le persone che ci hanno impedito il meglio, il bene, una soddisfazione più giusta – pieni di risentimento, pieni di rabbia contro se stessi, delusi di sé; e, guardando avanti, confusi, non sapendo che fare, ma la parola più giusta è la parola vergogna. Di fronte a ciò che ci sta davanti, una vergogna, un senso di impotenza; in fondo – è perché noi non siamo abituati ai toni giusti – una disperazione. Cosa puoi aspettare da te stesso? Una disperazione.


Distacco

(cfr. andare fino in fondo, mortificazione, sacrificio, scendere fino in fondo, strappo)

267ss – La povertà appartiene a una legge dinamica della conoscenza, a una legge del dinamismo della conoscenza: per conoscere occorre un distacco. Per conoscere occorre un distacco, è questo distacco che permette di vedere le cose e permette quindi di usarle. Quel distacco permette di usare le cose, ma soprattutto di goder di più, di goderne di più. […] per conoscere una quadro non dobbiamo andar lì con l’occhio ad un millimetro.

268 – Senza questo distacco non si conosce, e perciò non si può usare, né si può godere.

Quanto più il distacco è appropriato, cioè proporzionato, tanto più conosci, usi e godi. Il cardinale Giovanni Colombo, quando ci insegnava italiano, diceva che per tradurre una poesia una figura o un panorama occorre un determinato distacco, senza del quale non diventa né poesia né quadro, non diventa arte.

Così la madre che è protesa al suo bambino in modo possessivo – senza distacco dentro, proprio dentro il rapporto – non può né conoscere, né suggerire utilmente al figlio, né educarlo, né goderne: non può goderne lei.

Una madre che non ha mai conosciuto un momento in cui fissa il suo bambino e, fissandolo a un metro o due o tre di distanza, pensa al suo destino, una donna che non ha fatto così, non ha mai gustato l’essere madre, mai; non può essere mai stata educatrice valida, mai; non conosce la creatura che ha lì.

26 -La povertà appartiene dunque al dinamismo della conoscenza, per cui occorre un distacco per vedere le cose e quindi usarle e goderne di più.

Allora capite come si può parlare di distacco intelligente e pieno di affezione. Senza questo distacco non ci sarebbe tale intelligenza e affezione.

San Francesco: «Dopo Dio e il firmamento, Chiara»: usa esaltazione amorosa più grande di questa è difficile concepirla. Ma pensate al distacco che c’era, dal punto di vista metrico, metrico decimale.

427 – La stima e l’amore si mantengono solo se ti stacchi dal modo immediato e solito in cui senti le cose; se vuoi continuare secondo il modo con cui senti di solito le cose, le perdi.

Andando al destino non abbandoni nulla, trascini con te tutto.


Distrazione

297 – Fissiamo ieri sera,, fino a ieri sera dall’ottobre scorso: «Dio mio quanto vuoto!». Il meglio di questo vuoto è stata la distrazione, perciò la rinuncia all’intelligenza e all’amore; il meglio, perché il peggio è stato il no.

328 – Il concetto fondamentale che dispiega tutto il valore del termine carità o gratuità – che delinea così la natura di Dio, il modo di agire di Dio, che noi dobbiamo imitare perché è il Padre – è il dono di sé. La moralità è il dono di sé. Non solo: perdona il tradimento dell’uomo, la misconoscenza dell’uomo, la distrazione…


Divino

48 – Perché possa essere una risposta al nostro cuore, al criterio con cui viviamo tutto e giudichiamo tutto, un uomo, un incontro deve essere eccezionale. Capite che in questo senso eccezionale equivale a divino: divino, perché la risposta a cuore è Dio.


Divorzio

407 – Si è amato in modo tale che l’amore dovesse finire, cioè non era voler bene: non si può concepire un «Io ti voglio bene per ventitré anni». Per questo il divorzio è la riduzione oscena dell’amore dell’uomo e della donna: «Io ti amo intensamente, perdutamente fino a quando ho voglia, cioè tre anni». Bellissimo!


Dolore

238 – Il dolore è l’aspetto più acuto della fatica, e il dolore è anch’esso nemico, nel senso che il dolore tende a farci essere infedeli; di fronte al dolore uno bestemmia. […] Il dolore poi vince tutto; il dolore, se non ha nessuna speranza di risposta, vince tutto; qualsiasi forzuto Ercole, di fronte al dolore senza risposta, cede.

239 – Il dolore è contro la fiducia in Dio, perché Dio non fa quello che vuoi tu, le cose non accadono come te le aspettavi.

297 – Guardando il passato, restiamo o ignobilmente immobili, oppure vergognosi, oppure pieni di risentimento, pieni di rabbia contro sé stessi, delusi di sé; e, guardando avanti, confusi, non sapendo che fare, ma la parola più giusta è la parola vergogna.

298 – Non terrore, vergogna o paura della nostra debolezza o del nostro male – questo è consacrare l’egoismo, questo è rendere eterno l’egoismo, questo è inferno, rendere eterno l’egoismo – non vergogna del male e paura del tempo, ma dolore.

Dolore non si può provare se non di fronte a un tu, a una persona, a una persona presente. La drammaticità umana perciò è dolore nel quale sta il continuo recupero dell’amore; il dolore è l’amore ad un presente.

302 – Si capisce come l’unico valore della vita è aderire, accettare di aderire a Colui cui apparteniamo. Il dolore incomincia ad affermarsi, perché il dolore c’è soltanto quando si ha un amore.

Di fronte alla bambina morta è un raccapriccio più che un dolore; il dolore è quello di suo padre e sua madre che è come un’estrema risposta tentata al suo non essere più. Invece in noi diventa dolore pensando alla storia di quella vita, a suo padre e a sua madre, agli altri amici, a tutta la gente che è lì e non capisce. Allora si capisce veramente come l’unica questione della vita è non offendere, non fare il peccato, l’unico danno della vita è il peccato.

La forza che non ci fa commettere il peccato, che ci purifica dal peccato, fino addirittura a toglierlo del tutto, come nell’unico caso di Maria, è un’altra forza, non la nostra.

312 – La misericordia è essere perdonati di qualcosa che si è fatto, anche se non ti viene in mente. Allora sei grata, sei umile. Non è un dolore specifico e preciso come se tu avessi offeso tua madre gravemente e tua madre avesse pianto.

Allora per pensare alla misericordia, dovrai veramente aver dolore: ma non è necessario questo tipo di dolore, ma la coscienza di essere piena di limiti.

Il tuo cuore potrebbe essere vibrante di quella Presenza che è l’oggetto della fede, oggetto di esperienza, e invece no: constata questa tua assenza, per forza ti senti umile, più umile; il dolore viene appena accennato come umiltà e dici: «Signore, ti ringrazio che hai misericordia di me».

338 –

Sarebbe ingiusto far nascere, se non fosse per la felicità, perché far nascere significherebbe mettere un figlio nella possibilità dei più atroci dolori. Il primo fra questi dolori è la nullità del senso del vivere, da cui lui sfuggirebbe soltanto se è scemo.


Aspetto più acuto del dolore

350 – L’applicazione della legge dell’amore, questa suprema imitazione di Dio, presto o tardi, determina un tipo di vita diverso. Questo tipo di vita diverso non vuol dire impeccabilità: uno può sbagliare mille volte, ma la sua vita è diversa. Innanzitutto, di ciò che sbaglia, di ciò che dimentica porta dolore. in tutto quello che fa, porta l’accenno di un cambiamento in cui il dolore, per un amore non realizzato bene, rappresenta l’esempio più mordente, che nessuno al mondo ha. Al di fuori di chi ha la coscienza di queste cose che Gesù ha portato e che gli apostoli hanno portato nel mondo, gli altri non conoscono affatto questo dolore.


Dolore vs paura / vergogna

297 – Guardando il passato, restiamo o ignobilmente immobili, oppure vergognosi, oppure pieni di risentimento – verso qualcosa o verso persone che ci hanno impedito il meglio, il bene, una soddisfazione più giusta -, pieni di rabbia contro sé stessi, delusi di sé; e, guardando avanti, confusi, non sapendo che fare, ma la parola più giusta è la parola vergogna.

Di fronte a ciò che ci sta davanti, una vergogna, un senso di impotenza; in fondo una disperazione. Cosa puoi aspettare da te stesso? Una disperazione.

298 – Non terrore, vergogna o paura delle nostre debolezze e del nostro male – questo è consacrare l’egoismo, questo è inferno, rendere eterno l’egoismo – non vergogna del male e paura del tempo: ma dolore.


Domanda / domandare

(cfr. assemblea, mendicanza, preghiera)

95 – «Se uno è in Cristo è una nuova creatura». […] Se non sapete che cosa vuol dire, perché la ripetete? Perché vi è fatta ripetere! E perché vi è fatta ripetere? Perché è una forma di domanda. Si sa benissimo «chi» si domanda, si domanda Cristo; non si capisce la formula con cui lo si domanda, questa apparirà con la vostra esperienza che si matura nel tempo. Non mi spiego? questa formula, che tu non hai capito, è la formula di una domanda, domanda di Cristo.

96 – È giusto che tu faccia una domanda di Cristo? Sì! Ma questa domanda è formulata secondo un tipo di conoscenza che esige maturità, perciò tu la capirai diventando maturo. Ma usandola per domandare Cristo, non la usi a vanvera: la usi per domandare Cristo; l’importante non è la formula, è domandare Cristo.

Perché la cosa più grande che possa fare l’uomo con tutta la sua intelligenza, con tutta la sua libertà, qual’è? Domandare, o mendicare, che è lo stesso. Un povero in canna non può fare altro che domandare.

192 – Il desiderio diventa sicuro di sé quando lo domanda, quando domanda, quando il desiderio del cuore diventa domanda. E una domanda si sostiene su una certezza nella risposta che la grande Presenza dà, perché la grande Presenza lo ha promesso. «Domanda» questa era la parola. «L’ha promesso» è fondamentale, è ciò che rende ragionevolmente certa la domandata stessa. Anche se la promessa è già implicata nel fatto che la grande Presenza c’è.

242 – La libertà si produce immediatamente come accettazione o rifiuto, come sì o come no; e la forma più elementare e più decisiva dell’accettazione si chiama domanda. Nella domanda uno partecipa al gesto che lo aiuta, perciò nella domanda incomincia la libertà piena.


Domande

433 – Comunque, le domande che si possono fare sono di tal numero, che potremmo star qui tutti insieme fino a giugno dell’anno venturo.

Tutta la nostra vita è questione, ricerca della risposta. Quando una è su questa strada e continua a dubitare che ci sia un’altra strada (e questo non è certo domandare il cambiamento!), fa un errore fondamentale in quanto l’immagine stabilisce un preconcetto sui dati della realtà.


Domanda e cambiamento

436 – Alla sera non misurare, domanda: «Venga il tuo Regno, sia fatta la tua volontà», «Vieni Signore Gesù», che è il grido con cui termina tutta la Bibbia. Tutta la Bibbia termina con questo grido, e non deve terminare la mia giornata con questo grido?

437 – Uno che fa così tutte le sere è vivo, è uno cambiato; se fai così tutte le sere sei cambiato.


Domanda e desiderio

150 – Seguire quello che ti sta davanti vuol dire chiedergli: «Come fai a viverlo? Come si fa a viverlo?». Capite che qui l’accento principale è sul desiderio, il desiderio di viverlo anche noi, la serietà del vivere, la verità del vivere e il desiderio di vivere. È il desiderio di vivere che ti fa domandare: «Come fai a farlo tu, come fai a realizzare quel che capisci?». Comprendete perché ho detto che la vera obbedienza è una amicizia?

192 – Il desiderio diventa sicuro di sé quando lo domanda, quando domanda, quando il desiderio del cuore diventa domanda. E una domanda si sostiene su una certezza nella risposta che la grande Presenza dà, perché la grande Presenza lo ha promesso. «Domanda» questa era la parola. «L’ha promesso» è fondamentale, è ciò che rende ragionevolmente certa la domandata stessa. Anche se la promessa è già implicata nel fatto che la grande Presenza c’è


Domanda e libertà

193 – La grande Presenza ha dato la promessa, dà la promessa che, nella misura in cui uno domanda, sarà esaudito. Qui sta la libertà, la libertà dell’uomo di fronte al destino è una domanda, che è la posizione del mendicante o del povero. Si chiama ideale l’oggetto della certezza che le esigenze del cuore hanno di essere esaudite. Le esigenze del cuore poggiano la loro certezza nella domanda che fanno alla grande Presenza.

242 – La libertà si produce immediatamente come accettazione o rifiuto, come sì o come no; e la forma più elementare e più decisiva dell’accettazione si chiama domanda.

Nella domanda uno partecipa al gesto che lo aiuta, perciò nella domanda incomincia la libertà piena.

[…] posso a malincuore dover accettare la mano che mi sostiene; ma posso desiderare la mano che mi sostiene, accettare di chiederla: è qui, è nella domanda che la libertà si pone nella sua pienezza.


Domanda e mendicanza

206 – La fedeltà nell’appartenenza, che è la stoffa della pazienza o la fatica della speranza, ha un modo di esprimersi? Quale? La domanda; è il domandare o, meglio ancora mendicanza.

Qual’è l’aspetto più acuto della fatica della speranza? Il perdono: la domanda del perdono, certi di essere perdonati: la ripresa dopo lo sbaglio, non perché riusciamo noi a rimediare, ma perché, domandando a Cristo presente con il suo Spirito, mendicando da Lui il perdono, ciò che abbiamo sbagliato è come se scomparisse e diventasse in noi desiderio di fargli piacere.


Domanda e stupore

49 – Il fatto da cui parte la fede in Cristo, l’incontro da cui parte la fede di Giovanni e Andrea ha desto in loro un grande stupore. Ma lo stupore è sempre una domanda, almeno segreta. Lo stupore nasconde dentro di sé una domanda che tocca le fibre ultime del nostro essere.

69 – Tu non puoi fare una domanda se non sei attratta. C’è qualcosa che ti attira, allora tendi. Tendere vuol dire domandare. Perciò, per tendere, c’è prima qualcosa che ti deve tendere, devi essere attratta: per tendere devi essere attratta. Attratta, allora domandi.

74 – L’eccezionalità (di Cristo) crea stupore, lo stupore porta sempre con sé una segreta domanda: come fa ad essere così? Chi è costui?


Domanda e tristezza

395 – Il sacrificio afferma come il sentimento più forte, più grave e più grande della vita la tristezza, perché la presenza che io voglio affermare non mi riesce di affermarla. Io amo una persona, vorrei affermarla con tutto me stesso e non riesco.

[…] È in tale tristezza di fronte alla presenza incompiuta, che si sprigiona la domanda, l’ultima della Bibbia: «Vieni Signore Gesù», vieni Tu, Tu puoi rendere felice la persona che amo.


Domanda vs pretesa

97 – Chiedere non è pretendere. La pretesa chiede fissando della condizioni, mettendo avanti già delle misure che sono proprie; da ciò che non si conosce non si può pretendere, si può solo domandare.


Dono /donare

326 – La natura di Dio appare come gratuità in quanto si è donata all’uomo.

Dono: questa è la prima parola in cui s’affissa il termine gratuità o il termine carità o il termine amore. È puro dono, abbiamo detto: senza ritorno. Senza ritorno vuol dire che è puro dono. La natura di Dio è dare, appare all’uomo come dare, dono, senza ritorno, dono puro.


Dono di sé

269 – L’oggetto, Chiara, agli occhi di Francesco era collocato nella grande compagnia dell’universo – non è una questione di misura, ma di compagnia e, ultimissimamente, di amore, cioè di abbandono di sé, di dono di sé.

326ss – La natura di Dio appare come gratuità in quanto si è donata all’uomo.

Dono: questa è la prima parola in cui s’affissa il termine gratuità p il termine carità o il termine amore. È puro dono, abbiamo detto: senza ritorno.

327 – Senza ritorno vuol dire che è puro dono. La natura di Dio è dare, appare all’uomo come dare, dono, senza ritorno, dono puro.

Che cosa ti dà? Se stesso, vale a dire l’Essere, l’Essere perché senza di Lui nulla è stato fatto di quello che è stato fatto.

La natura di Dio appare all’uomo come dono assoluto: Dio si dà, dà se stesso all’uomo.

E Dio cos’è? La sorgente dell’essere: Dio dà all’uomo l’essere: dà all’uomo di essere completamente se stesso, di crescere fino alla sua compiutezza, cioè dona all’uomo di essere felice.

(328) E poi, quando meno l’uomo se lo aspettava, non poteva neanche sognarselo, non se lo aspettava più, non pensava più a Colui dal quale aveva ricevuto l’essere, questo rientra nella vita dell’uomo per salvarla, ridà se stesso morendo per l’uomo. Si dà tutto, dono di sé totale, fino a: «Nessuno ama tanto gli amici come chi dà la vita per gli amici. dono totale.

Il concetto fondamentale che dispiega tutto il valore del termine carità o gratuità – che delinea così la natura di Dio, il modo di agire di Dio, che noi dobbiamo imitare perché è il Padre – è dono di sé. La moralità è il dono di sé.

329 – Perché Dio dedica se stesso a me? Perché si dona a me creandomi, dandomi l’essere, cioè se stesso? Perché per di più diventa uomo e si dà a me per rendermi di nuovo innocente e muore per me? Perché questo dono di sé fino all’estremo concepibile, al di là dell’estremo concepibile?

332 – Questa carità di Dio per l’uomo, questo dono di sé fatto di una emozione, di una commozione. La carità di Dio per l’uomo è una commozione, un dono di sé che vibra, si agita, si muove, si realizza come emozione, nella realtà di una commozione: si commuove. Dio si commuove! «Che è mai l’uomo perché tu te ne ricordi?» dice il Salmo 8,5.

336 – Abbiamo dato la definizione di carità e descritto i due fattori principali di cui essa è fatta. È un dono di sé fino alla morte: la morte di Cristo rivela, svela a noi, la totalità della dedizione con cui il mistero di Dio si dedica alla nostra salvezza.

È una commozione che rende improvvisamente umano, improvvisamente e incomprensibilmente umano, e, anche se incomprensibile, fa sentire immediatamente umano questo dono di sé che il Mistero fa, che Cristo realizza.

340 – Amare Cristo in Lui, cioè secondo il suo modo, i fratelli; dedizione di sé (dono di sé) e commozione per gli altri, per l’altro. Insomma, è l’io che afferma il tu, è l’io che muore per il tu. Il dramma è risolto.

346 – La carità è dono di sé fino in fondo. Se non c’è la disponibilità a dare sé fino in fondo, la legge non è applicata.

Quando uno, quindi, applica la legge dell’amore nel rapporto con un altro in modo autentico, vero, cioè disposto ad andare fino in fondo, aperto al fondo, aperto all’ultimo, aperto alla morte e quindi all’eterno, quando uno si dona così, per l’altro egli è tutto, tutto.

È esattamente quello che diceva san Paolo a Gesù: «Vivo, non io, sei Tu che vivi in me»


Abbandono di sé

269 – L’oggetto, Chiara, agli occhi di Francesco era collocato nella grande compagnia dell’universo – non è una questione di misura, ma di compagnia e, ultimissimamente, di amore, cioè di abbandono di sé, di dono di sé.


Dramma /drammaticità

298 – Dolore non si può provare se non di fronte a un tu, a una persona, a una persona presente. La drammaticità umana perciò è dolore nel quale sta il continuo recupero dell’amore; il dolore è l’amore ad un presente.

340 – Amare Cristo in Lui, cioè secondo il suo modo, i fratelli; dedizione di sé (dono di sé) e commozione per gli altri, per l’altro. Insomma, è l’io che afferma il tu, è l’io che muore per il tu. Il dramma è risolto.


Tragedia

293 – Si capisce perché la vita dell’uomo è drammatica: se non appartenesse a un Altro sarebbe tragica. La tragedia è quando una costruzione frana e tutti i sassi e i pezzi di marmo e di muro crollano.

E tutto nella vita diventa niente, è destinato a diventare niente, perché di ciò che abbiamo vissuto nel passato, di ciò che abbiamo vissuto fino a un’ora fa, fino a cinque minuti fa, non esiste più niente. e questo è tragico.

La tragedia è data dal fatto che tutto corruit, tutto si corrompe, tutte le cose è come se corressero via l’una dall’altra, non saranno più attaccate. La tragedia è il nulla come traguardo, il niente, il niente di ciò che c’è.

Mentre se tutto appartiene a un Altro, a qualcosa s’Altro, allora la questione è drammatica: è drammatica perché c’è un io e un tu, c’è una proposta e una risposta.


Dubbio / dubitare

229 – Sei confuso sul tuo destino e sei assolutamente scettico sulla possibilità dio raggiungere il tuo destino. Manca l’umano: nel nostro dubbio non è Cristo che manca, ma l’umanità nostra che manca.

433 – Qual’è la condizione più importante per la ricerca di una risposta? Non aver preconcetto. Quando uno è su questa strada e continua a dubitare che ci sia un’altra strada, fa un errore fondamentale in quanto l’immagine stabilisce un preconcetto sui dati della realtà.


Indice della della lettera D

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