Temi di “All’origine della pretesa cristiana”

«La definizione delle parole più importanti della vita, se viene determinata dalla mentalità comune assicura la schiavitù totale, l’alienazione totale».

Don Luigi Giussani – Senso religioso – pag. 119 capitolo ottavo – terzo paragrafo

Indice linkato

ABCDEFGILMOPRSTUV


Lettera «A»



Amare-amore

(36) L’imbattersi in una persona presente è una evidenza facile per il bambino e per il grande.

Nella dinamica relativa di questa ipotesi l’accento primo non sarebbe più sulla genialità e sull’intraprendenza, ma sulla semplicità e sull’amore.

Amore che rappresenta l’unica vera dipendenza dell’uomo, l’affermazione dell’Altro come consistenza di sé stessi, scelta suprema della libertà.

(80) Una dottrina che spieghi la vita può provocare consenso o negazione, ma ben diverso è quando una figura umana avanza per se stessa la pretesa di possedere un’importanza assoluta per la nostra vita.

Per riconoscere tale pretesa, chi ascolta deve rinunciare a sé stesso, deve sacrificare l’autonomia del proprio criterio, in un modo così sensibile come può avvenire soltanto nell’amore.

Se questa rinuncia a sé è rifiutata, si desta una avversione radicale, profonda, che cercherà in tutti i modi di giustificarsi.

(105ss) MT 16,26:

Nessuna energia e nessuna tenerezza d’amore paterno o materno hanno mai investito il cuore dell’uomo più di questa parola di Cristo appassionato della vita dell’uomo.

Del resto l’ascolto di questi ultimi interrogativi posti da Gesù rappresenta la prima obbedienza alla nostra natura.

Se si è sordi a essi, ci si precludono le esperienze umane più significative.

Il motivo ultimo, infatti, che spinge a voler bene a sé e all’altro è il mistero dell’io; ogni altra ragione e a questa introduttiva.

Non si potrà amare sé e si sarà incapaci di voler bene a chiunque altro.

L’evidenza ultima della vita, subito dopo il fatto che si esiste, è che prima di aver vita, non l’avevamo.

(106) Cristo evidenzia nell’uomo una realtà che non deriva da dove l’uomo fenomenologicamente proviene.

L’amore suprema espressione dell’autocoscienza e dell’auto possesso dell’uomo, cioè della libertà, di tale rapporto è pure l’adeguata espressione: « Maestro, quale è il più grande comandamento della legge?».

Gli rispose:

«Amerai il signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: amerai il prossimo tuo come te stesso» (Mt 22,36-39)

Così che il senso della vita umana, il destino assolutamente unico personale che in essa si gioca dipende da tale amore assolutamente unico e personale, come ci illumina Gesù circa il criterio supremo nel Giudizio finale.

(107) Quell’irriducibile rapporto è di un valore inaccessibile e inattaccabile da qualunque genere di influenza.

Tale rapporto, unico, in quanto è riconosciuto e vissuto, è religiosità.

Senza quel rapporto il singolo uomo non ha possibilità di avere un volto suo, indistuttibile, d’eterna durata: non ha cioè possibilità di essere persona, di rappresentare quindi un ruolo inconfondibile nel cammino del mondo, d’essere protagonista nel disegno totale.

(108) È la scoperta della persona che con Gesù entra nel mondo: ed è la passione per essa che rende Gesù appassionato messaggero della dipendenza, unica e totale, del singolo uomo dal Padre.

(113) La vita si esprime innanzitutto come coscienza di rapporto con chi l’ha fatta e la preghiera è accorgersi che in «questo» momento la vita è «fatta».

Stupore devoto, rispetto, soggezione amorosa in questo gesto di consapevolezza: ecco l’anima della preghiera.

La realtà come fascino è il primissimo grado di questo atteggiamento mistico, che è il più naturale dell’uomo, l’aspetto più elementare di una nostra consapevolezza.

Soltanto così la solitudine è eliminata: nella scoperta dell’Essere come amore che dona se stesso continuamente.

L’esistenza si realizza sostanzialmente come dialogo con la grande Presenza che la costituisce, compagno indivisibile.

(118ss) Questa è la grandezza dell’uomo: come l’Essere che lo ha creato, la sua vita è di essere dono; egli è simile a Dio.

Così il suo consumarsi deve divenire dono: egli è l’unica creatura che può essere cosciente di questo elemento strutturale del reale.

La legge dell’esistenza umana è l’amore nella sua realtà dinamica che è l’offerta di sé, il dono di sé.

Come Gesù aveva detto:

«Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà» (Lc 9,24)

Ci viene così sottolineata la paradossalità di questa legge: la felicità attraverso il sacrificio.

(119) Ci viene così proposta una personalità umana come risultante di due compomenenti: il sacrificio e l’amore.

(120) Non è umano dare sé stessi se non a una persona, non è umano amare se non una persona.

Il «tutto» in ultima analisi è l’espressione di una persona: Dio.

L’uomo è di fatto incapace di vivere compiutamente la grande dipendenza da Colui che è la sua verità e la proiezione di essa nella vita come dono, amore e servizio.

(121) Invece di ordinarsi al tutto, tenta di ordinare il tutto a sé; invece di darsi, tenta di prendersi, invece di amare, di sfruttare.

La tradizione lo attribuisce a un disordine che l’uomo eredita dalle origini della sua razza, responsabilmente introdotto.

È ciò che la tradizione cristiana chiama peccato originale.

La persona non ha l’energia sufficiente a realizzare se stessa.

(122) L’uomo non può realizzare sé stesso se non accettando l’amore di un Altro – di un Altro con un nome preciso, che indipendentemente dalla volontà tua è morto per te -:

«Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13).

(131) Qualcun Altro è diventato la nostra misura.

Non esiste nulla di più umanamente desiderabile dalla nostra natura: la vita della nostra natura è amore;

l’affermazione di un Altro come significato di sé.


Annuncio

(40) La venuta di quell’uomo è una notizia trasmessa fino a oggi, fino ad oggi quell’evento è stato annunciato come l’evento di una Presenza: «IO SONO DIO».

La società spesso non vuol saperne di questo annuncio, vuole confinarlo nelle chiese, nelle coscienze.

Constatare che Egli sia, o sia esistito, questa è la decisione più grande dell’esistenza.

(44s) I vangeli non sono, come è stato ampiamente documentato, «rapporti stenografici» di quello che Gesù faceva e diceva, né vogliono o possono essere «resoconti o protocolli storici» dei suoi discorsi.

Gli autori sacri hanno scritto i quattro Vangeli, scegliendo alcune cose fra le molte che venivano tramandate a voce o anche per iscritto, sintetizzandone alcune, spiegandone altre in rapporto alla situazione delle chiese, conservando infine il carattere di annuncio, sempre però in modo tale da riferire su Gesù con sincerità e verità.

Siamo in questo modo avvertiti di non essere messi di fronte a tutti i fatti accaduti, ma certo a dei fatti accaduti, consegnatici dal ricordo di testimoni mossi dall’urgenza e dall’imperativo di farne conoscere la portata ai singoli e all’umanità.

(45) Ci troviamo di fronte a un documento che ha a che fare, come gli altri, con la memoria, e, in modo originale, con l’intenzione dell’annuncio: la forma del documento è data da questa intenzione.

Per comprendere dobbiamo metterci di fronte al dato così come emerge: memoria e annuncio.

(47) Occorre essere disposti a farsi provocare dalla totalità del fatto, che non consiste nell’inventario completo dei suoi fattori.

(48) Un fatto è un criterio alla portata di chiunque.

Come potremmo potremo afferrare il fatto di Cristo per valutarne poi la pretesa? Cominciando a percorrerne la memoria e l’annuncio che di Lui fanno coloro che ne sono già stati afferrati.

(51) Il Mistero ha scelto di entrare nella storia dell’uomo con una storia identica a quella di qualsiasi uomo: vi è entrato perciò in modo impercettibile, senza che nessuno che lo potesse osservare e registrare.

(Le analisi scientifiche) non hanno potuto intaccare l’evidenza della memoria e dell’annuncio originali arrivati fino a noi.

(94) Il terzo e finale punto di riferimento è dato dal capitolo 26 del Vangelo di Matteo vv 47-68.

In quelle tumultuose ultime settimane gli appelli a credere di Gesù si moltiplicano, segni e parole che vogliono far riflettere gli uomini sull’urgenza e l’unicità del suo annuncio.


Armonia-armonico

(16) L’uomo «non sa» e si sforza di impostare un rapporto di scambio col mistero.

L’uomo sente di doversi immergere nel flusso armonico del cosmo e della storia, e stando alle regole di quell’armonia intravista come sospinta da una sua intima forza, persegue il suo destino, e si immagina il mistero come origine e risultato di quell’armonia naturale cui egli cerca di obbedire.

L’uomo perciò cerca di penetrare in ciò che non arriva a conoscere postulando con esso un armonico accordo che egli sarà in grado di «gestire».

Così l’Ignoto è trasfigurato in Armonia e si ipotizza un mondo da essa governato, alle cui leggi l’uomo possa applicarsi.


Attenzione

(99) L’intimità personale si lascia comprendere nella misura in cui si rivela – e si rivela attraverso i «gesti», come attraverso dei segni.

Per cogliere e giudicare il valore di una persona attraverso i suoi gesti occorre una «genialità» – una genialità umana.

Si tratta di una capacità psicologica più o meno sviluppata o più o meno favorita. La compongono tre fattori: una sensibilità naturale, la completezza dell’educazione e l’attenzione.


Attesa

(24) Di fatto l’esigenza di una rivelazione sottende l’attesa di una risposta adeguata da parte di quel senso della vita che non può essere braccato dall’uomo, né come conoscenza teorica, né come competitività di forze.

L’uomo ha sempre espresso nella sua storia la convinzione di poter essere illuminato sul tutt’«altro» da sé, sull’ignoto, in quanto esso vuole proprio manifestsarsi nella realtà.


Attrattiva

(119)

  • a) L’istintività. È ciò che mi trovo addosso, ciò che mi attrae, mi stimola. Proprio da questo l’uomo è introdotto al servizio della realtà: da un complesso di dati da cui non può prescindere.
  • Tale attrattiva, stimolo, impulso contingente hanno un fine. Perciò  il secondo fattore é la coscienza del fine proprio a questo fascio di istintività. La natura umana, infatti, ha come fattore del suo dinamismo non solo la sua urgenza, ma anche la consapevolezza dello scopo di quell’urgenza stessa.

L’uomo a differenza degli animali e delle altre cose è consapevole del rapporto che passa tra il suo emergente istinto e il tutto, cioè l’ordine delle cose.

(123) Quanto più intensa è la vita della libertà tanto più qualsiasi cosa è attrattiva.

Ma ogni oggetto, non essendo adeguato all’apertura della libertà, non la impegna tutta. Qui è la possibilità di scelta della libertà, che non è ancora tutta sé stessa perché impegnata da attrattive non adeguate.

Le cose e le creature hanno il potere di attirare e di sollecitare la libertà, rappresentando per essa un anticipo di parziale realizzazione.

Nell’afferrare però le cose, la libertà non si attua integralmente, l’attrattiva delle cose non la impegna totalmente. sorge la possibilità della scelta.

Questa è libertà imperfetta, in via di realizzazione.

Vi possono essere attrattive più forti psicologicamente di altre ontologicamente più vicine al fine.


Autorivelarsi – autorivelazione

(57s) Il miracolo delle nozze di Cana è una delle pagine più significative della concezione che Gesù ha della vita: qualsiasi aspetto dell’esistenza, anche il più banale, è degno del rapporto con Lui e quindi anche del suo intervento.

Ogni tipo di evento è determinante, cioè «rivelatore» proprio per la specifica e unica caratteristica del fatto «Gesù», la cui azione nei confronti dell’umano si realizza in una estrema e dettagliata concretezza, in ogni aspetto della vita, autorivelando così in progressione il suo stesso essere.

(58) Il miracolo delle nozze di Cana si impone agli inizi di questa progressiva autorivelazione di Gesù.

(91s) Gesù percorre ormai fermamente la strada della sua autorivelazione: rifiuta le accuse e afferma qualcosa destinato ad aggravare e aumentare lo scalpore e il clamore.

(92) Prima di portare la sua autorivelazione a una definitiva e insuperabile affermazione, ribadirà, quasi per dare una estrema possibilità di libertà di qualche suo ascoltatore, la sua dipendenza dal Padre, quel rapporto misterioso che avrebbe potuto far sospettare gli astanti di non trovarsi di fronte a un vanaglosioso millantatore.


Avvenimento

(30) Questa concezione di un Dio che si rivela nella storia implica l’intuizione della possibile continuità di relazione tra l’uomo e Dio, che l’avvenimento concretizza come spunto, stimolo e insegnamento.

La fede di Israele è stata sempre un rapporto con un avvenimento, con una auto attestazione del divino nella storia.

(38) il problema di cui ora stiamo parlando, essendo un fatto storico, non può essere verificato con la riflessione analitica sulla struttura del proprio rapporto con il reale.

È un dato di fatto accaduto o no nel tempo: o c’è o non c’è, o si è verificato o non si è verificato.

O è effettivamente un avvenimento emerso nell’esistenza dell’uomo dentro la storia, e richiede perciò la constatazione di un accaduto, o resta un’idea.

(40) Anzitutto è un fatto, un avvenimento, un uomo che è entrato nel novero degli uomini.

Constatare o non constatare che Egli sia, o sia esistito, questa è la decisione più grande dell’esistenza.

(46) La convinzione nasce sempre da qualcosa che si «dimostra».

Ma per le cose più importanti della vita tale dimostrabilità non è mai di tipo matematico o dialettico: questo tipo di dimostrazione avrebbe piuttosto a che fare con una nostra creazione o convenzione.

La dimostrazione di cui stiamo parlando viene offerta dall’incontro evidente con un fatto, dalla presa di contatto con un avvenimento.

(134) Se questo avvenimento è vero, tutta la vita, anche sensibile, anche sociale, deve ruotare attorno ad esso.

Ed è proprio questa percezione da parte dell’uomo d’essere scalzato come misura di sé che pone l’uomo in termini di rifiuto.

ABCDEFGILMOPRSTUV