Temi di «Si può vivere cosi?» in ordine alfabetico
A – B – C – D – E – F – G – I – L – M – N – O – P – R –S –T –U –V
3° Cap. L’ OBBEDIENZA (131)
Links ai titoli e sottotitoli
- La ragionevole conseguenza della fede
- La vera obbedienza è una amicizia
- OBBEDIENZA/assemblea
- Conclusione: dalla fede all’obbedienza
1 – La ragionevole conseguenza della fede
La fede è un atto di conoscenza e la libertà è condizione perché esso avvenga.
Ad ogni conoscenza consegue un’affettività.
L’affettività è un comportamento, è un atteggiamento verso l’oggetto conosciuto.
L’atteggiamento giusto verso l’oggetto conosciuto, l’affezione giusta che nasce da un oggetto conosciuto si chiama virtù.
Essere-abituati-a si chiama virtù, ad esempio avere la virtù della pietà.
Perciò la virtù è un atteggiamento verso l’oggetto conosciuto,
l’atteggiamento giusto, normalmente giusto, verso l’oggetto conosciuto, un atteggiamento abitualmente giusto verso l’oggetto sconosciuto.
A) L’obbedienza nasce come atteggiamento ragionevole (133)
(Dopo le parole di Gesù «vi darò la mia carne da mangiare e il mio sangue ..» erano spariti tutti scandalizzati e delusi) ma un gruppetto era rimasto.
Gesù chiede loro: «Anche voi volete andarvene?». e Pietro: «Maestro anche noi non comprendiamo quello che tu dici, ma se andiamo via da te dove andiamo? Tu solo hai parole che corrispondono al cuore, che danno senso alla vita».
Parole ragionevoli!
La ragione è scoprire la corrispondenza,
tra quello che uno dice della realtà e quello che il cuore aspetta dalla realtà; la corrispondenza tra quello che uno dice della vita e le esigenze che il cuore ha sulla vita, come dice il “Senso Religioso“.
Diceva una cosa incomprensibile – veramente incomprensibile – (i più) se ne sono andati via, sono stati irragionevoli.
Perché hanno compiuto un gesto contradditorio a quello che avevano visto il giorno prima: andare via perché non capivano era rinnegare l’evidenza del giorno prima.
(Pietro e gli altri) l’hanno seguito lo stesso (anche se non capivano): questa è l’origine di un atteggiamento affettivo.
Gli altri sono andati via rifiutandolo, nonostante quello che avevano visto e sentito; questo gruppetto è rimasto aderendo a Lui, seguendolo: è l’inizio del concetto di obbedienza che nasce dalla ragione, nasce, – meglio – come atteggiamento ragionevole.
Era giusto seguirlo, perché altrimenti avrebbero dovuto rinnegare tutti i mesi precedenti che erano stati con Lui, in cui era diventato loro evidente che quell’uomo era un uomo diverso dagli altri.
B) Il contenuto della parola da seguire (141)
«Abbiate in voi gli stessi sentimenti che Cristo ebbe verso il Padre»
Filippesi 2, 5-11
Seguire Cristo vuol dire avere gli stessi di Cristo, gli stessi sentimenti che Cristo ebbe verso il Padre; seguire Cristo vuol dire assimilare, assumere lo stesso atteggiamento che Cristo ebbe verso il Padre.
Con quale parola si può definire l’atteggiamento che Cristo ebbe verso il Padre? E’ quella di san Paolo: «Fatto obbediente fino alla morte».
Simone e gli altri si sono fatti obbedienti a Cristo anche di fronte all’incomprensibile.
Perciò seguire significa, spiegato in modo più preciso, avere lo stesso sentimento che Cristo uomo ebbe verso Dio: l’obbedienza definisce l’atteggiamento di Cristo di fronte al Padre.
L’obbedienza al Padre è, per Cristo uomo, seguire il Padre; lo stesso sentimento deve essere in noi verso di Lui: seguire Cristo, obbedire a Cristo.
C) Per questo Dio lo ha glorificato (143)
Lui ha seguito il Padre, allora il Padre lo ha glorificato.
Analogamente a quello che dice Gesù nel Vangelo di Giovanni: «Chi mi obbedirà farà le cose che io ho fatte, farà i miracoli che io ho fatto, e ne farà di più grandi», perché è più grande l’evidenza della forza di Cristo adesso, in questo mondo che è tutto contro di Lui, è molto più potente la forza di Cristo adesso, nella sua Chiesa, che neanche duemila anni fa: duemila anni fa faceva alcuni miracoli, adesso ne fa bizzeffe.
La fede è il vertice della conoscenza umana, il vertice della ragione, e questo è un dono che riceviamo, il dono di partecipare allo Spirito con cui Cristo possiede il mondo e “ogni carne”(Gv 17,1ss).
D) La ragionevolezza del seguire (144)
L’obbedienza per noi, cioè il seguire il disegno di un Altro, il fare la sua volontà, è ragionevole in un solo caso: deve essere consapevole che in essa sta la riuscita della vita.
Il centuplo è la riuscita vera, che inizia già in questo mondo, e si compie nell’eterno.
E qual’è lo strumento che usa per far capire che è così?
La vita di coloro che sono chiamati per questo, la testimonianza della nostra vita cambiata dalla fede.
L’opera buona è la testimonianza a Cristo
2 – La vera obbedienza è un’amicizia
A) Seguire uno che ti sta davanti (146)
Seguire vuol dire guardare uno che ti sta davanti.
E’ stato qualcuno, è stato l’incontro con uno (prete, compagno) il cui modo di vivere corrispondeva all’esigenza del vostro cuore in modo diverso dal solito.
Vi ha fatto notare una diversità, una diversità umana, che aveva come caratteristica quella di corrispondere più acutamente, più profondamente al cuore nella sua semplicità.
Comprendeva cioè un ideale, suscitava o provocava un’immagine ideale che normalmente il modo con cui gli altri vivevano non aveva mai suscitato.
Quella diversità innanzitutto implicava una serietà del vivere.
E’ serio il problema dei soldi, è serio il problema dei figli, è serio il problema dell’uomo e della donna, è serio il problema della salute, è serio il problema politico:
per il mondo tutto è serio eccetto che la vita.
La vita implica tutto questo, ma con uno scopo di tutto, con un significato.
Voi siete stati colpiti da un modo di vivere che portava con sé l’affermazione del significato della vita: la vita è una cosa seria con un significato; è una cosa seria, perciò è un compito di fronte al mondo, di fronte a tutto il creato, di fronte a tutti i tempi, di fronte alla storia, di fronte al tempo e allo spazio, ed è un significato ultimo, definitivo e completo.
B) Seguire: capire ed imitare (147)
Diciamo che la regola della vita è la sequela.
Il concetto implica:
- Qualcosa che si ha davanti
- Qualcosa di cui cerchiamo di capire le parole
- Qualcosa di cui cerchiamo di capire come fa a viverle, a farle.
L’insieme di questo si chiama sequela, ; senza sequela, senza l’intensità di una sequela la nostra vita non ha niente davanti, non sa cosa pensare e non sa come fare.
L’alternativa alla vita come sequela è l’istintività, vale a dire degrada, come uomo, verso l’animalità.
C) Obbedienza, gesto dell’io (148)
Cosa vuol dire capire come modo di vivere della ragione?
Capire vuol dire capire la corrispondenza profonda tra quello che ti si dice e il tuo io, le esigenze del tuo io, le esigenze profonde del tuo cuore, le esigenze profonde del tuo vivere.
Man mano che lo capisci, non dipendi più da chi te lo dice; man mano che te lo si dice, chi te lo ha detto è come se diventasse una cosa sola con te stesso: segui te stesso.
Al limite l’estrema forma dell’obbedienza è seguire la scoperta di se stessi operata alla luce della parola e dell’esempio di un altro, senza dei quali uno brancicava nel buio, o viveva da animale.
D) Il vero seguire è un’amicizia (150)
Questa è l’amicizia. La vera obbedienza è quando giunge a questo livello di amicizia.
E’ il desiderio di vivere che ti fa domandare: «Come fai a farlo tu, come fai a realizzare quel che capisci?».
Se io ti faccio capire che quel che ti dico, te lo dico perché corrisponde alle esigenze del tuo cuore questo diventa tuo, e tu devi seguire te stesso.
La vera coscienza è la propria coscienza resa grande matura da un incontro. E questo fa diventare amici.
Perciò il vero seguire è amicizia, la vera obbedienza è amicizia.
Sintesi
Ad ogni modo io volevo dire che la parola obbedienza è identica alla parola amicizia.
Una amicizia che non sia obbedienza è una cosa sentimentale,
senza frutto né storia, senza scopo e senza durata, senza volto.
L’amico è caratterizzato innanzitutto e soprattutto dalla serietà del vivere di fronte all’universo e di fronte al destino!
Niente corrisponde al tuo cuore più di queste cose.
E uno non è più solo, è finalmente sé stesso, perché l’uomo è sé stesso quando è insieme.
Un io solitario è un io perduto
Così l’io che non è solitario viene creato in una compagnia, da una compagnia che è amicizia e l’amicizia è creata da una obbedienza.
La parola obbedienza non è altro che la virtù dell’amicizia.
OBBEDIENZA/ Assemblea (154)
Camminare vuol dire capire il rapporto che c’è fra l’istante e il destino dell’istante.
L’ultima idea dell’uomo è che l’uomo è una libertà, cioè qualcosa che è fatto per la felicità: e, paradossalmente, l’inferno nasce qui.
Senza inferno non ci sarebbe libertà, senza possibilità dell’inferno non ci sarebbe la libertà.
Perché? Perché la libertà implica la libertà di dire no, e dire no è l’inferno.
L’inferno afferma l’uomo come libertà.
A proposito dell’obbedienza, si diceva che il lavoro più grande che esige è la semplicità del cuore (156)
Per esempio la parola lavoro sarebbe una parola sbagliata.
La semplicità del cuore è una condizione per l’obbedienza.
Io pensavo che la semplicità del cuore, in fondo, è un’esigenza per capire tutti i passi compiuti fin’ora (156)
È vero, però, di tutto quello di cui abbiamo sentito parlare, il fenomeno per cui la semplicità è più importante, è l’obbedienza, perché nell’obbedienza bisogna proprio essere semplici, altrimenti non c’è niente da fare.
Allora come vivere l’obbedienza affinché nella vita di ogni giorno, di fronte alle decisioni di ogni giorno, io possa essere capace di decidere senza domandare ogni momento, senza demandare ad un altro ogni responsabilità? (157)
Quanto più tu hai fatto tuo il criterio di chi ti guida, quanto più tu hai capito e accettato i criteri che ti sono stati detti, tanto più durante il corso delle giornate sei libera dall’andare a chiedere
Accettare il criterio di chi ti guida è il modo di essere libero in tutto quello che fai, diventi saggio in tutto quello che fai, sai come ci si comporta.
E’ quello che diceva Gesù: «Chi si perde si trova».
«Capire i passi di chi hai davanti» e «imitare come li fa»: queste due cose permettono l’adesione affettiva? (158)
L’attaccamento affettivo nasce seguendo un altro.
L’attaccamento a Gesù nasce proprio dall’atteggiamento di attenzione, di sguardo fisso, di domanda di capire, di adesione a quello che ci dice di fare; da qui nasce l’affezione e non è vero che occorre l’affezione per poter seguire.
Se tu aderisci all’indicazione che l’altro ti dà, che l’autorità ti dà, se cerchi di capirla, scopri la verità e la vita più di prima e questo ti rende ammirato dell’altro e ti fa affezionare all’altro.
Capire questo vuol dire incominciare a capire come nasce la nostra compagnia, come nasce una comunità, come nasce l’amicizia.
Una compagnia positiva in questo senso può nascere solo da una amicizia: l’amicizia è una virtù, l’energia che costruisce la compagnia.
Se uno pretendesse di avere un rapporto con il mistero di Dio a prescindere dalla compagnia, e specialmente a prescindere dall’autorità che la guidi, si illude, è una illusione.
(Un rischio reale) quanto più hai affetto, tanto più tu hai la tentazione di fermarti lì, afferrrando, possedendo, e così perdi e la cosa e te stesso: perdi.
Il sintomo che un’amicizia è sbagliata è che gli altri sono estranei.
Allora l’amicizia non è un optional, ma è quasi necessaria per una comprensione di me e della realtà (161)
La parola che chiarisce tutta la questione è la parola optional.
L’amicizia non è un optional; se è optional non è un’amicizia; non è una cosa che si può avere o non avere: senza amicizia uno non è più se stesso.
In che senso l’amicizia non è un optional?
….perchè è una compagnia guidata al destino.(162)
Ma guidata da chi?
Se siete in due da chi è guidata? Da un’altra cosa: ci vuole un terzo. E questo terzo, è perché lo incontri al secondo gradino invece che al primo? No!
Questo che segui è qualcosa di inerente alla persona con cui ti m etti insieme e che è così bello che vi fa mettere insieme, è così giusto che vi fa mettere insieme.
(Bisogna) mostrare a tutti, far vedere a tutti che una compagnia (è) fatta perché si è incontrato Cristo, una compagnia che si crea perché si è incontrato gente che ha incontrato Cristo, fa realizzare quello che tutta la politica, tutta la cultura e tutto il resto non valgono a farci vivere.
Questo fa nascere l’affezione, ha fatto nascere l’affezione; e l’affezione è come il cemento della compagnia.
In questo cemento la compagnia cresce e diventa costruzione, il tempio di Dio in questo mondo a cui Dio sarebbe ignoto.
L’opposto di una compagnia che nasca così è un egoismo pieno di illusioni, un’egocentrica illusione, vale a dire quella posizione che cerca sollievo nei propri pensieri, che è contro la ragione.
Perchè cercare la soddisfazione nei propri pensieri è contro la ragione?
Perchè la coscienza è coscienza della realtà, non dai tuoi pensieri avulsi da da un riferimento.
L’ideale è la realtà che tu conquisti pezzo per pezzo, passo per passo; mentre il sogno svanisce, muta e svanisce da un giorno all’altro.
Cristo vi ha scelti come strumenti per dire agli altri quello che Lui è, per destare negli altri l’amore a quello che Lui è, perchè quello che Lui è, è il destino di tutti.
Ma voi desterete l’amore a Cristo negli altri attraverso la presenza vostra, amorosa di Cristo, la vostra presenza amorosa di Cristo che è il destino di tutti.
Conclusione: dalla fede all’obbedienza (166)
Fede
La fede è accogliere, riconoscere un presente, riconoscere che già nel presente inizia qualcosa che ci aspetta oltre tutto: già nel presente esiste qualcosa che appartiene al destino.
Ecco la parola più bella:
L’incontro con un presente nella cui forma esiste già il destino.
Libertà (167)
Affermare la fede è la libertà.
L’uomo, la prima cosa che nella fede ritrova del destino è proprio la libertà.
La libertà è esigenza di soddisfazione totale, la libertà è la capacità di aderire al destino, è esigenza di totalità della risposta.
Perciò dopo la fede, la libertà: la fede diventa la sorgente dell’affettività, cioè di una energia di adesione all’essere, a ciò che c’è, alla realtà nella sua totalità.
Obbedienza (168)
La fede è un’obbedienza di cuore a quella forma di insegnamento, alla quale siamo stati consegnati
J.Ratizinger, alla presentazione del Catechismo della Chiesa Cattolica
L’ obbedienza del cuore, vale a dire l’amicizia, perchè l’amicizia è la suprema obbedienza.
Capire l’identificazione tra obbedienza e amicizia è molto importante: se l’obbedienza ti indica quello che devi fare per raggiungere il tuo destino, che cosa è l’amicizia?
E’ una compagnia guidata al destino: guidata, cioè devi obbedire.
Indice generale dei capitoli del libro
