Temi di «Si può vivere cosi?» in ordine alfabetico
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9° Cap. LA VERGINITA’
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1 – Chiamati per un compito (417)
La scelta di alcuni.
Cristo per realizzare la sua opera nel mondo sceglie alcuni, a cui ha aggiunto, nella fila del tempo, il nostro nome, il vostro nome; se siete qui in qualche modo vi ha tirato i capelli, in qualche modo ha almeno sfiorato il vostro abito, se siete qui vi ha toccati; in qualunque modo abbia fatto vi ha toccati, vi ha chiamati
Per rendergli testimonianza. (418)
Per che cosa vi ha chiamati?
Per riecheggiare la sua testimonianza nel mondo, per renderlo presente nel mondo.
Vivendo con Lui. (418)
Come si rende testimonianza a Lui? Vivendo con Lui.
Uno che tutti i giorni legge il Vangelo, uno che fa la comunione tutti i giorni, uno che dice: «Vieni Signore», uno che guarda certi suoi compagni per i quali è già diventato più abituale questo, può incominciare a capire cosa voglia dire vivere con Lui.
Vivere con Lui si può dire in un altro modo: vivere come lui.
Per il destino degli uomini. (419)
Come Lui ha vissuto?
Concependo la vita per il mondo, cioè per tutti gli uomini.
Tutto quello che si fa è per la vita degli uomini, per il destino degli uomini, perché raggiungano il loro destino.
Un uomo che guardi la donna, di cui è innamorato e con cui si sposa, senza pensare mai al suo destino, è un povero squilibrato, che schizofrenizza la sua vita e la vita dell’altro; infatti vivranno da schizofrenici, e quanti sono così.
2 -Attraverso il sacrificio il centuplo (420)
Per pensare alla tua vita, per amare il tuo destino, per amare la tua felicità che cosa devo sacrificare?
La reazione immediata di piacere o dispiacere, di simpatia o antipatia; devo sacrificare l’impressione immediata.
L’impressione immediata vedendo una bella donna..eh? Devo sacrificare questo.
L’immediato lega, incatena fino a quando uno è strozzato.
Per amare veramente una persone occorre un distacco: adora di più la sua donna un uomo che la guarda a un metro di distanza, meravigliato dell’essere che ha davanti, quasi inginocchiato, anche se in piedi, quasi inginocchiato davanti ad essa; o quando la prende? No! No, quando la prende, finisce.
Non si può stabilire rapporto con niente se non con un distacco dentro.
Se tu fissassi una stella senza distacco, non capiresti che è una stella dentro l’infinità stellare: è il sacrificio che permette lo svelarsi della “cosa” o della “persona” presente.
Un anticipo della tenerezza eterna (422)
Questa verità del modo di amare che Cristo aveva stupiva tutti quelli che lo guardavano: rimanevano a bocca aperta.
Cristo si metteva in rapporto con le persone realizzando un amore più utile, un amore più compagnia nel cammino, un amore che anticipava come un sussulto la tenerezza eterna.
Questo anticipo in questo mondo, questo pregustare nel rapporto che io ho con te, questo anticipo che pre-sente nel rapporto con te come ti vedrò per sempre nella trasparenza eterna, nella trasfigurazione eterna, nella serietà dell’eterno, si chiama centuplo quaggiù, e se non lo provi è perché immagini il centuplo come vuoi tu, immagini il centuplo come un allargamento dell’istintività.
VERGINITA’/Assemblea (424)
Le lezioni sul sacrificio e la verginità hanno avuto su di me l’effetto di uno schianto, per la profonda contraddizione che portano, e mi chiedevo allora il perché di questa condizione così misteriosa, che chiede un modo così contrario a quello che sembra (424).
Per far vivere il mondo cento volte di più.
Tira via Gesù tutto si schianta, cioè tutto si livella.
Con Gesù non si perde più niente, anche il proprio male rimane con gratitudine, e anche se il proprio male fosse ripetuto cento volte, l’esito della centesima è aprirti alla centunesima, perché il superamento del nostro male avviene quando Dio vuole.
Una delle cose che mi ha colpito di più quest’anno è il mio lavoro in ospedale. Tutti gli infermieri continuavano a dirmi: «Ma come sei diverso» e mi chiedevano il perché (425).
Dovete ammettere che questo è il segno del Mistero; il segno che c’è un Mistero in quest’uomo che gli altri sono obbligati a dire: «Come sei diverso! ».
Il Mistero è una cosa diversa.
Non esiste cosa più consolante più entusiasmante, più stupefacente, più misteriosa del fatto che gli altri dicano: «Perché sei così diverso? Tu sei diverso».
E questo mi ha colpito soprattutto perché tanti dicevano: «Con gli altri medici dobbiamo lavorarci, però per te è come se fossi un amico» (425).
Il diverso riguarda l’io, l’uomo.
Per capire che c’è l’aldilà occorre un’esperienza dell’aldiqua,
non un sogno, non un’immagine dell’aldilà, ma più precisamente l’esperienza dell’incompiutezza delle cose che si fanno, che sarebbe rabbia impotente, se non fosse dolcezza e speranza di abbandono.
E volete che ci sia un mestiere più bello e più grande di questo al mondo: portare in giro questa tenerezza e questa certezza? Con Gesù o si finisce a cantare o finisce il rapporto.
Lei diceva che la verità in un rapporto coincide con il fatto di mantenere l’attrattiva di questo rapporto. Volevo capire allora perché c’è come una tentazione di pensare che le due cose non siano unite. (427)
Perché si pensa al rapporto secondo una tonalità che non si vuole abbandonare e che invece bisogna abbandonare – ed è un momento drammatico – per avere.
Perciò la stima e l’amore si mantengono solo se ti stacchi dal modo immediato e solito in cui senti le cose; se vuoi continuare secondo il modo con cui senti di solito le cose, le perdi.
Andando al destino non abbandoni nulla, trascini al destino con te tutto.
La fedeltà mantiene tutto, ma mantenere la fedeltà è sacrificio.
Perché uno si innamora: è con sua moglie, vede una certa donna dall’altra parte della strada, guarda di là; deve rinunciare, deve strapparsi via e la fedeltà con sua moglie è premiata, non subito, ma nel lungo arco del tempo.
Mentre nel lungo arco del tempo quella, l’avesse seguita, si sarebbe volatilizzata, trentaquattro anni prima.
Una donna mia amica che sta morendo di cancro mi ha scritto: «senza di voi non avrei conosciuto il volto buono del Mistero che fa tutte le cose». Mi accorgevo che una persona che ha pensato così la sua vita in un certo modo, si è fatta una famiglia, però ad un certo punto le è successo qualcosa di fronte alla quale può starci come rispondendo ad una vocazione…(428)
…..o si mette di fronte a una cosa con verginità, perché la verginità è la vita come vocazione….
….oppure rimane solo la disperazione: l’alternativa che dicevi tu, tra Cristo e il nulla (428)
La verginità è la professione della presenza di Dio nel mondo, di Cristo, di questo uomo qui e ora.
Al di là di questo c’è il niente tutto finisce in niente.
Le lettere di Mounieer a sua moglie sono pagine di verginità, dove l’ideale del matrimonio è la verginità; tanto è vero che si parla di castità matrimoniale, no?
Allora la vocazione dell’uomo è la verginità, essenzialmente.
A questa verginità Dio dà o un compito o un altro.
Uno può essere su questa strada e aver camminato tutto quest’anno. Eppure può persistere o insorgere l’ipotesi di una strada diversa, per esempio, la clausura. Volevo capire: che significato ha questa idea? (429)
La vocazione te la dai tu? Bisogna distinguere il riconoscimento di una vocazione – e questo è un fatto oggettivo – dall’affermazione di una propria immagine, della propria immaginazione.
La prima caratteristica dell’affermazione della propria immagine è che è sempre tentennante; la seconda caratteristica è che nasce di schianto, chiara, come opposizione.
Ma la prima parola, la parola fondamentale, la pietra di fondamento è un dato di fatto: se tu sei qui, sei stato in qualche modo toccato da qualche cosa, mi spiace, non è colpa mia!
Ieri sera abbiamo letto di Violaine che era tutta pronta a seguire la mano di chi la conduceva, questo è la cosa che più desidero, però mi fa anche paura.(430)
Eliminare la paura come ti riesce.
Se non ti riesce, segui la mano lo stesso.
Seguire la mano con paura ha lo stesso effetto che seguire la mano senza paura; l’essere della questione è seguire la mano.
Lei ha detto che l’io umano è il crocevia tra i rapporto con l’eterno e con il nulla che è l’astrazione. Quello che più mi domando è che queste parole diventino contenuto(431).
È il crocevia tra l’eterno e il niente e si attua esistenzialmente, storicamente, come riconoscimento di Cristo o no.
Il no detto a Cristo, il non dire Cristo, è uguale a dire «tutto è niente».
Lei ci ha detto sabato scorso: appare astratto ciò che è già eliminato come giudizio di pertinenza.(431)
Si, ciò che sentiamo astratto, è qualcosa a cui abbiamo già detto no.
Una cosa o è vera o non è vera; di una cosa vera dire che è astratta, vuol dire che hai già detto di no:
appare astratto ciò che abbiamo rinnegato.
È come la differenza tra una minaccia e una promessa (432)
Dirvi una cosa astratta che non è vera è una minaccia.
Invece quello che ti sembra astratto è una promessa che avrai di più.
Il nemico del vero è il preconcetto astratto: è una minaccia appunto.
Hai detto che quando una cosa che ci vien detta ci sembra astratta, è perché l’abbiamo già rifiutata (434).
Trovar le ragioni implica un lavoro.
Invece, dire che è astratta una cosa che noi diciamo, senza questo lavoro di ricerca delle ragioni, è affermare un sentimento, uno stato d’animo, è una reazione puramente sentimentale.
È la ragione che ti fa scoprire di più la realtà, non il sentimento di astrattezza o di non astrattezza.
Dire come obiezione «E’ astratto», non è negare l’evidenza? (434).
La ragione è il crocevia del vero, la miniera della verità.
Dire che sono astratte le cose che diciamo è affermare una propria immaginazione, dare privilegio a una cosa psicologica, non a una ragione.
Tutti quelli che erano stati sfamati da Cristo volevano farlo re! Sette giorni dopo gridavano «crocifiggilo» seguendo il suggerimento dei farisei: è irrazionale e senza ragioni.
Senza Cristo tutto è vano, senza una Presenza c’è il vuoto.
Tutte queste cose che abbiamo dette, mi suscitano sempre un desiderio più grande. Però mi domandavo: «come faccio a rispondere a Cristo di più, per diventare più uomo io?» (435)
Seguici. Dio ti ha messo con noi.
Non è colpa nostra che ti abbia messo con noi, anzi, siamo tutti impacciati, per primi noi.
Ci ha detto di guardare la sera, la nostra giornata e chiederci quanto abbiamo vissuto il centuplo. La mia tendenza è di misurare, però mi sembra che la questione non è di misura. Invece ha indicato la posizione degli apostoli davanti a Cristo come la vera posizione. Io volevo chiedere come stare in questa posizione degli apostoli (436)
La posizione degli apostoli immaginatevela.
Immaginiamo che ci sia Gesù con noi, che stiamo tutti sentendolo: non si capisce quel che dice, io non capisco quel che dice, ma io sto attento, perché lo dice in modo tale che si capisce che Lui vede, che Lui sa, che Lui sente, che Lui vive questo.
Allora gli sto attento perché voglio cogliere anch’io qualcosa; qualche brano di frase la capisco, qualche brandello di parola la capisco, e alla fine chiedo: «Vieni Signore Gesù».
Uno che fa così tutte le sere è vivo, è cambiato.
Una verità sulla vita deve portare anche le ferite della vita.
Non si può rispondere alla vita, immaginandola senza ferite quando è piena di ferite; mentre è vera una parola o uno sguardo sulla vita che l’abbraccia con tutte le sue ferite, per cui una donna, madre di tre figli, che sta morendo di cancro scrive: « Senza di lei e senza il Movimento non avrei mai conosciuto il volto buono del Mistero che fa tutte le cose»-
Sarebbe stata la disperazione, invece non è disperata.
La verginità è la professione del mondo che porta in giro questo, che non lascia tregua all’impostura, al male, avendo noi l’impostura dentro, perciò il primo risultato è che cambiamo noi:
è, se opera; è se cambia; c’è se cambia. Quindi mendica di capire.
Cosa c’entra la promessa del centuplo quaggiù col fatto che, nei momenti in cui sono più lucido, ho un velo di tristezza per me?(438)
Perché rimani attaccato all’avere, al possedere immediatamente, come tu senti, invece di desiderare di sentire come si deve, di sentire quel che è veramente, di sentire la verità, portandoti la croce come Cristo, come tutti gli uomini: la croce è la condizione.
Amico, seguici. Siccome abbiamo la carne uguale, il cuore uguale, siamo uomini, quel che abbiamo fatto noi, puoi farlo anche tu, no?
Ti dico che quello che abbiamo fatto è cento volte più bello di quello che vediamo fare da tutti, tant’è vero che tutti, fino alla fine, ricorrono a noi.
Mi sono accorta che accettare tutto per Cristo non basta se non è come un punto sicuro di cui fare esperienza di questo e mi sono chiesta se questo punto sicuro per me c’è. (440)
Non condivido la domanda perché il sacrificio, per essere accettato, ha bisogno che noi abbiamo un punto sicuro, ma non sicuro di fronte al sacrificio.
Non si può essere sicuri del sacrificio, si è sicuri di Cristo,
non del sacrificio.
Se sei sicura di Cristo, la questione è semplice: se credi, avrai il centuplo.
Di fronte ai sacrifici, l’unica risorsa che hai è percepire il tuo sacrificio come parte di Cristo che sale in croce, che muore per il mondo.
Un po’ di tempo fa magari dicevo con gli amici: «diciamo una preghiera al Signore», invece ora alla sera, è più facile: «Signore ti ringrazio perché mi hai messo vicino questi amici».(441)
Alla sera diventava più facile per te dire Tu.
A chi possiamo dire tu più che a questo Tu?
È solo per questo Tu che prende consistenza anche il tu che diciamo alla persona amata, a tutti gli altri, personalizza anche il nostro rapporto con tutti.
Temi di «Si può vivere cosi?» in ordine alfabetico
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