Libro “Generare tracce nella storia del mondo” di don Luigi Giussani
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Lettera «M-N»
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MAGISTERO
(73) – Attraverso l’umanità della Chiesa il divino ci raggiunge sia come «comunicazione di verità» (Scrittura, Tradizione, Magistero), perciò come aiuto all’uomo a raggiungere una obiettiva chiarezza e sicurezza nel percepire i significati ultimi della propria esistenza, sia come «comunicazione della realtà divina stessa» – Grazia – attraverso i sacramenti.
(130s) – Il primo carisma è l’Istituzione perché essa è lo strumento della presenza dello spirito di Cristo che agisce e si comunica nel Magistero e nei Sacramenti.
Ma affinché Magistero e Sacramenti non siano sentite come parte isolare dall’unità e dalla totalità della esperienza cristiana, cioè ridotti a misura individualistica del singolo, occorre che essi siano vissuti secondo la logica e la dinamica della comunione, che è la natura stessa della Chiesa.
Ogni carisma rigenera la Chiesa dovunque, rigenera l’istituzione dovunque, obbedendo ultimamente a ciò che è garanzia del carisma particolare stesso: Grazia, Sacramento, Magistero.
(203) – La politica deve perciò decidere se «favorire» la società esclusivamente come strumento di manipolazione da parte dello stato, come oggetto del suo potere, o se favorire uno Stato che sia veramente laico, cioè al servizio della vita sociale secondo il concetto tomistico di «bene comune», ripreso vigorosamente e costantemente dal Magistero della Chiesa.
MALE
(98) – Il male non ci ferma: possiamo cadere mille volte, ma il male non ci definisce, come invece definisce la mentalità mondana, per cui alla fine gli uomini giustificano quello che non riescono a non fare.
Sintomo ultimo della moralità come tensione è l’assenza di scandalo: un cristiano che vive la compagnia non si scandalizza di nulla, ha il dolore del male, ma non scandalo.
(102) – Nel rapporto con Lui il numero non c’entra, il peso misurato e misurabile non c’entra, e tutta la possibilità di male che i me può realizzarsi nel futuro, non riesce ad usurpare il titolo primario che possiede davanti agli occhi di Cristo il suo «sì» di Simone.
(143) – Il perdono è innanzitutto una riduzione a nulla di tutto il male che ho fatto. Ma anche di tutto quello che farò, perché fra un mese, un anno, formalmente dovrei dire lo stesso di oggi.
(178) – Perché le cose sono fatte di Cristo e l’unico schema del mondo è il disegno del Padre, che ha un nome: Cristo.
Il male è assumere gli schemi di un altro che è estraneo alla nostra nuova cultura.
(208) – Ada Negri: «Or – Dio che sempre amai – t’amo sapendo / d’amarti; e l’ineffabile certezza / che tutto fu giustizia, anche il dolore, / tutto fu bene, anche il mio male, tutto/ per me Tu fosti e sei, mi fa tremante/ d’una gioia più grande della morte»
(213) – In forza della rivelazione della Sua misericordia – per cui sembra quasi che Lui possa avallare tutti i comportamenti umani, mentre non è così – Dio ci fa pieni di dolore per il male che prima nemmeno riconoscevamo.
MEMORES DOMINI
(123) – Dunque, la dimora – che vive come famiglia, come monastero, convento, «casa» dei Memores Domini, o gruppo di Fraternità – è il luogo – il tempio – dove uno impara a vedere nel tempo e nello spazio, nell’altro concreto il mistero di Cristo.
MEMORIA
(16) – (Giovanni) Egli legge nella sua memoria gli appunti rimasti.
Tutto li capitolo di San Giovanni, dopo il Prologo, è un seguito di frasi che sono proprio appunti di memoria.
La memoria, infatti, non ha come legge una continuità senza spazi, come è per esempio in una creazione di fantasia; la memoria letteralmente «prende appunti»: una nota, una riga, un punto, così che una frase copre tante cose, e la frase successiva parte dopo tante cose supposte dalla prima.
(51ss) – L’incontro che accade ora è sorgente di memoria perché è l’imbattersi in una presenza che inizia nel passato.
Questo incontro è sorgente di memoria.
Memoria indica la profondità storica dell’incontro, fino a raggiungere la radice da cui ultimamente esso nasce.
La fede è coscienza di una presenza che è incominciata nel passato: per questo l’incontro attiva la memoria.
(52) La parola «memoria» è risolutivamente illuminante proprio perché indica che l’incontro fatto oggi trova in un passato la sua radice.
La parola memoria, perciò, descrive la storia tra l’avvenimento della sua origine e l’incontro che rende l’avvenimento originale presenza inevitabile, indistruttibile, innegabile: tutta la ricchezza dell’inizio è dentro il presente ed è nel presente che l’uomo scopre la divinità dell’origine.
La memoria è la storia tra l’origine e l’ora.
Il contenuto materiale (pensiero, affettività, opera) della parola memoria si chiama anche Tradizione.
(53) Un avvenimento del passato, che ha una presa di significato per la propria vita, è rinvenibile nell’esperienza di un avvenimento presente, che è l’inizio di una memoria il cui contenuto è spiegato completamente nell’avvenimento del passato.
Un avvenimento presente, che pretende di avere un significato definitivo e totalizzante per la propria vita, si può spiegare solo in forza di un avvenimento del passato in cui tale pretesa è iniziata e alla quale si arriva per una memoria del contenuto di allora che ora si compie.
(109s) – [ … ] come questo avvenimento si mantiene vivamente presente nella nostra esistenza?
Tale risposta è in quel termine cristiano che appartiene all’esperienza del presente, senza del quale non potremmo nemmeno sapere se la nostra esperienza è concreta o fantasiosa: «memoria».
Nella memoria, l’avvenimento che sperimento secondo tutta la sua ricchezza viene immerso nel flusso del tempo e dello spazio, fa parte di una storia.
(110) la prima condizione per la moralità nuova è fare memoria di quella Presenza che eccede i termini dell’umano conoscere, vale a dire riconoscere qui e ora la Presenza che non si può ridurre a nessuna ipotesi umana.
MENDICARE
(215) – Il miracolo è accettarsi e affidarsi a un altro presente per essere cambiati, stando di fronte a lui, mendicando.
MENTALITA’
(32) – L’incomprensione e l’ostilità della mentalità moderna verso la parola «avvenimento» si riflettono nella riduzione operata riguardo alla concezione della «fede».
(35) – Immaginiamo quale sfida rappresenti per la mentalità moderna la pretesa della fede: che esista un uomo – a cui posso dire «tu» – che dica: «Senza di me non potete fare nulla», che esista, cioè, un Uomo-Dio.
Non ci si misura mai fino in fondo con tale pretesa; oggi né il popolo né i più grandi filosofi affrontano più il problema, e se lo affrontano è per consolidare il preconcetto negativo derivato dalla mentalità dominante.
(41) – Che il cristianesimo sia un avvenimento è difficilmente ammesso dai più, perché si introduce qualcosa di estraneo all’annuncio che viene fatto: l’opinione in voga, il preconcetto che determina la mentalità comune, il nichilismo che domina, lo scetticismo facile.
(134) – La persona di ciascuno di noi ha una sua concretezza, la sua mentalità, il suo temperamento, le circostanze che vive e soprattutto il movimento della libertà. Perciò il carisma assume una flessione varia e approssimativa nella misura della generosità di ognuno,
(181) – Tale inquietudine si rivela nello smarrimento della mentalità moderna, incapace di superare la divisione e le contraddizioni, che sono l’esito inevitabile di una concezione culturale in cui il punto di partenza è sempre l’enfatizzazione di un particolare, esaltato idolatricamente a totalità.
Mentalità comune
(38) – L’incontro stabilisce l’urto con una diversità, coincide con l’esperienza di una differenza che colpisce.
Ma differenza da che? Dalla mentalità comune, dal modo di concepire ciò che si desidera, dal modo «normale» di entrare in rapporto con la realtà in tutti i suoi dettagli.
(90) – (Pensare partendo da un avvenimento) Ciò sfida la mentalità comune, che, per giudicare, tende sempre ad assumere i particolari all’interno di un universale astratto.
(98) – Il male non ci ferma: possiamo cadere mille volte, ma il male non ci definisce, come invece definisce la mentalità mondana, per cui alla fine gli uomini giustificano quello che non riescono a non fare.
Mentalità nuova
(91s) – La mentalità nuova, invece, non nasce per un processo di deduzione analitica a partire da certi principi o criteri che poi si applicano, ma da un avvenimento, da qualcosa che è successo e che accade: essa non nasce da me, ma da ciò che incontro, non è una applicazione mia, ma ‘ l’ubbidire a quello che ho incontrato.
Perché la mentalità sia veramente nuova occorre che dalla coscienza del suo «appartenere» essa sia continuamente impegnata nel paragone con gli avvenimenti presenti.
Nascendo da un luogo presente essa giudica il presente, altrimenti non è: se non entra nell’esperienza presente, la conoscenza nuova non esiste, è un’astrazione.
In questo senso, non dare giudizi sugli avvenimenti è mortificare la fede.
MENZOGNA
(157) – C’è un nemico del Popolo, dall’inizio alla fine del mondo: satana, ovvero la menzogna e la discordia.
(162) – Parlare di odio a Cristo non è esagerazione.
Esso si articola e diventa concreto giorno per giorno, attraverso tutti i poteri, come possibilità enormemente cattiva e menzognera: è il potere infatti che riassume e personifica questa possibilità, le dà vita, intelligenza e armi, ne fa un progetto iniquo.
(181) – Tale in quietudine si rivela nello smarrimento della mentalità moderna, incapace di superare la divisione e le contraddizioni …….
Da qui scaturiscono inevitabilmente anche menzogna e violenza.
(213) – Comprendiamo come mai qualcuno, che odiava Dio e ha voluto irrazionalmente sfidarlo, non dia tregua alla nostra vita, per trascinare anche noi nella sua infame bugia: è il «padre della menzogna, satana» (Gv 8,44).
METANOIA
(170) – Si potrebbe anche dire che lo struggimento di cui parla Paolo è il dramma di una «dimenticanza» di sé, di un «annullamento» di sé per una metanoia reale che giunge a porre come contenuto dell’autocoscienza, invece dell’io, il Tu.
(172) – Questa metanoia implica l’esperienza della gratuità come suprema imitazione di Cristo e della misericordia come il comportamento del Mistero di fronte al peccato dell’uomo.
METODO
(26) – Ora questo Fatto, l’avvenimento di quella presenza umana eccezionale, si pone come il metodo scelto da Dio per rivelare l’uomo a se stesso, per risvegliarlo a una definitiva chiarezza riguardo ai propri fattori costitutivi, per aprirlo al riconoscimento del suo destino e sostenerlo nel cammino ad esso, per renderlo nella storia, soggetto adeguato di una azione che porti il significato del mondo.
(73) – Se non offrisse a noi nel mistero del Suo Corpo che è la Chiesa, Cristo sarebbe, in ultima analisi, ridotto soggettivisticamente, come contenuto e come metodo.
La Chiesa è perciò il metodo con cui Cristo si comunica nel tempo e nello spazio, analogamente al fatto che Cristo è il metodo con cui Dio ha scelto di comunicarsi agli uomini per la loro salvezza.
Ma il metodo di rapporto di Dio con noi tende a far apparire questo essere fatti di Lui, creati da Lui, in modo familiare – come una madre tende a realizzare tante volte al giorno, ogni giorno, il suo gesto d’amore verso il suo bambino.
Metodo cristiano
(18) – «Vieni e vedi»: è questa la formula cristiana, il metodo cristiano è questo.
Metodo di Dio
(22ss) – (23) La parola «avvenimento» è dunque decisiva.
(24) Essa indica il metodo scelto e usato da Dio per salvare l’uomo.
La modalità con cui Dio è entrato in rapporto con noi per salvarci è un avvenimento, non un pensiero o un sentimento religioso. La modalità che Dio ha scelto per salvarci è un avvenimento, non i nostri pensieri.
MIRACOLO
(73) – Il miracolo è qualcosa che costringe a pensare a Dio.
Esso può avere una valenza «privata» oppure più pubblica e grandiosa.
(97) – La coerenza è un miracolo e perciò la «moralità vera è un miracolo.
È nella fedeltà alla compagnia cristiana che uno, col tempo, si sorprende a diventare capace di cose che non si poteva neppure immaginare: «Tua, Signore, è la grazia»
(215) – il miracolo è accettarsi e affidarsi a un altro presente per essere cambiati, stando di fronte a Lui, mendicando.
MISERICORDIA
(97) – Solo Dio misura tutti i fattori dell’uomo che agisce e la sua misura è oltre ogni misura: si chiama misericordia, qualcosa per noi di ultimamente incomprensibile.
La nostra imitazione di Lui è nello spazio della misericordia.
(104s) – La misericordia è la posizione del Mistero verso qualsiasi debolezza, errore o dimenticanza dell’uomo: Dio di fronte a qualsiasi delitto dell’uomo, lo ama.
Occorre una potenza infinita per essere questa misericordia, una potenza infinita dalla quale – in questo mondo terreno, nel tempo e nello spazio che ci è dato di vivere, negli anni, pochi o tanti che siano – noi mutuiamo, attingiamo letizia.
Perché un uomo, con la coscienza di tutta la sua pochezza, è lieto di fronte all’annuncio di questa misericordia.
Egli è mandato dal Padre per farci conoscere che l’essenza di Dio ha come caratteristica suprema per l’uomo la misericordia.
Prefazio XVI domenica del T.O. Messale ambrosiano festivo: «Ti sei chinato sulle nostre ferite e ci hai guarito donandoci una medicina più forte delle nostre piaghe, una misericordia più grande della nostra colpa. Così anche il peccato, in virtù del Tuo invincibile amore, è servito a elevarci alla vita divina»
(172) – La metanoia implica l’esperienza della gratuità come suprema imitazione di Cristo e della misericordia come il comportamento del Mistero di fronte al peccato dell’uomo.
(183) – È l’avvenimento di Cristo ciò che crea la cultura nuova e da origine alla vera critica.
Si sottolinea il positivo, pur nel suo limite, e si abbandona tutto il resto alla misericordia del Padre.
(207) – Solo la misericordia permette il cammino di un popolo, perché solo in essa si può generare, quando noi non riusciamo più ad immaginare la strada con verità.
Un perdono «ultimo» non è possibilità del cuore pensarlo.
(209ss) – (Nella parabola del Figliol Prodigo) trionfa la bontà del Padre: questo è il concetto di misericordia, che l’uomo non può arrivare a comprendere, a dire.
E il volto del Padre è misericordia, perché è pietà verso colui che ha sbagliato ed è lì rivolto verso colui che ritorna.
Ma se la misericordia è così parte del Mistero, è attraverso il Figlio, Verbi di Dio, specchio del Padre, che essa si svela all’uomo.
(210) Perciò la misericordia del Padre nella storia ha un nome: Gesù Cristo.
L’abbandono dell’uomo alla misericordia del Padre diventa vero totale abbandono alla croce del figlio, il quale dice in favore nostro: «Perdona loro perché non sanno quello che fanno».
Nella spaventosa oscurità del totale abbandono al Padre, Cristo, la misericordia dell’Infinito, offrì la sua vita per ogni uomo.
(211) Se Cristo è il protagonista dell’«ultimo giorno», il giorno del trionfo di Cristo sarà dunque il giorno della misericordia.
Verrebbe da dire che la parola «misericordia» dovrebbe essere strappata dal vocabolario perché non esiste nel mondo degli uomini, non c’è niente di corrispondente ad essa.
La misericordia è all’origine del perdono, è il perdono affermato nella sua origine, che è infinita, è il perdono come mistero.
La misericordia non è una parola umana.
La descrizione del figliol prodigo è la descrizione della misericordia che investe e penetra la vita del giovane.
L’essere perdonato emerge qui da qualcosa di assolutamente incomprensibile all’uomo, dal Mistero, cioè dalla misericordia.
Perché la misericordia è propria dell’Essere, dell’Infinito.
(212) La realtà della misericordia è la suprema occasione che Cristo e la Chiesa hanno di fare arrivare all’uomo la sua Parola, non un semplice riverbero di essa sull’uomo.
(213) Dio ci supera da ogni parte perché, proprio attraverso lo stupore che ci invade di fronte alla Sua misericordia, ci fa venire in primo luogo un dolore di noi stessi mai sperimentato prima, ma non esasperato, né egoista, come quando sentiamo la nostra dignità ferita e proviamo ribrezzo di noi stessi.
È meglio essere bambini nelle mani della misericordia.
In forza della rivelazione della sua misericordia – per cui sembra quasi che Lui voglia avallare tutti i comportamenti umani, mentre non è così – Dio ci fa pieni di dolore per il male che prima nemmeno riconoscevamo.
(214) Attraverso lo stupore della Sua misericordia, Egli ci fa venire il desiderio di essere come Lui. Si incomincia a perdonare realmente ai nemici….
Infatti Gesù aveva raccomandato ai discepoli: «Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso».
Non si è veramente umani, se non si desidera di essere misericordiosi come il Padre che sta nei cieli.
Allora il miracolo della misericordia è il desiderio di cambiare.
Tale desiderio definisce il presente, l’istante dell’uomo peccatore.
(215) La misericordia appare storicamente come il contrario della rivoluzione con tutte le sue caratteristiche.
Il suo frutto esistenziale e storico della persona si chiama pace, come ricostruzione di un soggetto in tutte le sue forze per un nuovo lavoro.
MISSIONE
(71) – L’uomo, l’uomo chiamato, l’uomo eletto, colui che risponde, l’uomo mandato a compiere la missione affidatagli da Cristo: quest’uomo rinnova il mondo, è il protagonista visibile della sua redenzione.
(140s) – Quel nascente gruppo di persone si concepiva infatti come unità di coloro che appartenendo a Cristo, ne proseguivano la missione.
Gli eletti, coloro che Cristo ha voluto chiamare, ricevono come compito la missione, affidata loro per lo svolgersi del disegno del Padre nel mondo.
Non si può concepire un discepolo di Cristo, un battezzato, se non per la missione.
Si nasce e si è battezzati per la missione: la grazia dell’incontro e l’educazione dell’appartenenza ci sono date per la missione.
E se non si arriva al tempo della libertà e della coscienza matura, si deve dire quello che Péguy dice dei santi innocenti: la loro grandezza e la loro santità si risolvono nel fatto che essi sono resi, senza saperlo e senza aver fatto niente, parte del mistero della missione di Cristo che è la salvezza del mondo.
(167ss) – Missione ed ecumenismo: la cultura nuova.
Il Popolo nuovo, costituito dagli eletti nel Battesimo, partecipa alla missione di Cristo.
Appartenendo come natura alla missione di Cristo, cambia l’autocoscienza della nostra persona in modo tale che il principio dell’azione non è più l’io ma il tu.
(168) Cosa vuol dire per noi questo mistero di appartenenza alla missione di Cristo, di cui il Padre ci fa partecipi affinché il suo scopo venga attuato?
Come determina la mia vita la partecipazione a questa missione?
Come vivo il nesso con ciò che è, istante per istante, la mia nuova origine?
(169) L’Apostolo definisce la missione nei termini sostanziali, come lo struggimento che nasce dalla memoria dell’amore di Cristo.
È questo che «obbliga» alla missione e non lascia tregua.
In tutto questo, il suo mestiere è quello di essere profeta, perché la missione è innanzitutto profezia, che vuol dire «parlare davanti a tutti», diffondere il messaggio, il Vangelo, l’annuncio buono, diffondere la Parola.
È la passione, lo struggimento che coincide con la felicità degli uomini, che fa nascere la missione.
(170) Nella missione si compie l’offerta di sé a Cristo, nel suo Popolo vivente che è la Chiesa.
Ciò avviene dove Egli ci ha collocato, cioè nel luogo e nella modalità del carisma.
(182) – Il compito del battezzato è la missione universale che Dio gli comunica come partecipazione alla grande missione di Cristo.
MISTERO
(15) – Il Mistero che è alla radice di tutte le cose ha voluto farsi conoscere dall’uomo.
(29s) – Perciò l’avvenimento si può indicare come l’emergere nell’esperienza di qualcosa che non può essere analizzato in tutti i suoi fattori, che ha in sé un punto di fuga verso il Mistero e che mantiene il riferimento a un’incognita, a tal punto che, come appena detto, potremmo anche chiamarlo «caso».
Possiamo a questo punto definire l’ontologia di un avvenimento come la trasparenza del reale emergente nell’esperienza in quanto proveniente dal Mistero – cioè da qualcosa che noi non possiamo possedere e dominare-.
In questo senso il mistero dell’Incarnazione è un Avvenimento che, sebbene non previsto, imprevedibile, inimmaginabile dall’uomo, si rivela supremamente «conveniente», corrispondente cioè alle esigenze più proprie della sua natura.
Avvenimento indica dunque il contingente, l’apparente, lo sperimentabile in quanto apparente, come nato dal Mistero, come un dato, non nel senso scientifico, ma nel profondo e originale della parola: «dato», ciò che è dato.
Avvenimento è perciò un fatto che emerge nell’esperienza rivelando il Mistero che lo costituisce.
(93s) – [ …] io sono tu che mi fai, io sono un altro che mi fa.
Il Mistero di Dio che mi genera è sceso così vicino a me da svelare la sua identità con la mia fattura, con il mio essere, con la mia consistenza.
San Paolo dice: «Vivo, non io, sei tu che vivi in me».
C’è un rapporto con il Mistero che fa tutte le cose, c’è un rapporto con il Mistero diventato carne, uomo, Gesù, che è immensamente, più tenace, più tenero, più inevitabile del rapporto con chiunque con tutto.
(168) – Ma ancor più profondo, più enigmatico e nello stesso tempo più attraente è per noi il cuore del Mistero come definizione della nostra persona.
Il Mistero non è soltanto l’origine e lo scopo ultimo, ma gioca anche nell’ontologia, nelle strutture portanti, nelle direttive e nei criteri agenti della nostra persona.
Cosa vuol dire questo mistero di appartenenza alla missione di Cristo, di cui il Padre ci fa partecipi affinché lo scopo venga attuato?
Come determina la mia vita la partecipazione a questa missione?
Come vivo il nesso con ciò che è, istante per istante, la mia nuova origine?
Se parliamo di origine nuova è perché essa non è l’origine creaturale, ma l’origine dell’io nuovo nel Battesimo, che lo rende partecipe della persona e della missione di Cristo.
(211) – Infatti è il Verbo del Padre che assume la natura umana per rivelare all’uomo tutto quello che il Mistero è per lui.
Perciò la Misericordia nella storia ha un nome: Gesù Cristo.
(216) – Il punto in cui il Mistero si rivela a noi come misericordia è un Uomo nato da donna, che spacca tutto le immagini e i disegni limitati che possiamo formarci con la nostra fantasia.
Il Mistero supera la nostra misura; esso poggia sul divario che c’è tra quello che l’uomo è e la sua azione, fra i termini coscienziabili e i termini oggettivi della sua azione: questa sproporzione solo il Mistero la può abbracciare.
MISURA
(97) – Nel Regno di Dio non c’è nessuna misura, nessun metro.
Solo Dio misura tutti i fattori dell’uomo che agisce e la sua misura è oltre ogni misura: si chiama misericordia, qualcosa per noi ultimamente incomprensibile.
La nostra imitazione di Lui è nello spazio della misericordia.
(190) – Quando l’uomo diventa «misura di tutte le cose», quello che non sa misurare è come se non ci fosse.
La libertà non è l’esercizio di una misura che restringe il reale fra quattro mura.
MONASTERO
(122s) – La seconda modalità di dimora è il monastero.
Monastero deriva da monos (solitario): il rapporto dell’umanità con Dio, con il Mistero, diventa infatti coscienza, libertà e amore nel singolo uomo, diventa un «io» nuovo.
Ma il monastero significa tanti «io» che stanno insieme.
Ecco allora l’altra parola, analoga alla parola monastero: «convento» (mettersi insieme).
Monastero, convento o, come espressione di nuove forme di dedizione a Dio, «casa» secondo le varie modalità della chiamata, sono fatti, creati e costruiti da chi è stato scelto come pietra viva a formare, a generare, una esistenza sperimentabile a tutti, con la quale si dimostri, per la sua stessa forma visibile, che «Egli solo è»: nel monastero, nel convento o nella casa, queste pietre vive, sono lì per dimostrare nella verginità, forma visibile della loro stessa vita, che Egli solo è, cioè che Cristo è il Re dell’Universo e che tutto ha consistenza in lui.
(123) Monastero, convento o casa sono perciò quel luogo creato perché coloro che vi abitano imparino a gridare davanti a tutti, in ogni istante – tutta la loro vita è fatta per questo – che Cristo è l’unica cosa per cui valga la pena vivere, che Cristo è l’unica cosa per cui valga la pena che il mondo esista.
Dunque la dimora – che vive come famiglia, come monastero, convento, «casa» dei Memores Domini, o come gruppo di fraternità – è il luogo – il tempio – dove impara a vedere nel tempo e nello spazio, nell’altro concreto il mistero di Cristo.
MONDO
(83) – La creatura nuova che nasce con il Battesimo è contraddittoria a quello che Cristo ha definito «mondo», di cui ha detto: «Padre, Ti prego per loro e non Ti prego per il mondo».
Siamo immersi in una realtà «mondana» contraria a ciò che ci è accaduto….
Anche chi è stato scelto può affondare dentro l’oceano melmoso del mondo: cedendo alla smemoratezza, non vivendo la memoria, che è la coscienza della presenza di Cristo.
(147) – Questo nemico è il «mondo», vale a dire la realtà umana quando programmaticamente si concepisce contro ogni riferimento a Cristo.
(159) – Per la prima volta, da quando Gesù è venuto, il mondo non è più cristiano.
Il problema tremendo è che il nostro è un mondo – una società – senza Cristo: famiglia, scuola, lavoro, vita e creazioni sociali, governi dei popoli, guerre e paci, senza Cristo.
MORALISMO
(95s) – La corruzione della moralità – oggi particolarmente in voga – si chiama moralismo.
Il moralismo è la scelta unilaterale di valori per avallare la propria visione delle cose.
Il moralismo si traduce in due sintomi gravi
- Il primo è il fariseismo. Nessuno è più antievangelico di chi si considera onesto, perché non ha più bisogno di Cristo. […] come contraccolpo egli usa la violenza contro chi non è come lui.
- Il secondo sintomo perciò è la facilità alla calunnia.
Da un lato, dunque, giustificazione per sé stessi. Dall’altro, odio e condanna del prossimo.
(202) – Nell’appiattimento del desiderio ha origine lo smarrimento dei giovani e il cinismo degli adulti.
E nella astenia generale qual è l’alternativa? Un volontarismo senza respiro e senza orizzonte, senza genialità e senza spazio di libertà. Un moralismo di appoggio allo Stato inteso come ultima fonte di consistenza per il flusso umano nella storia.
MORALITA’
(96ss) – Chi è capace di moralità? Ogni uomo, nella sua debolezza, è peccatore.
Senza la coscienza di essere peccatori non possiamo rivolgerci a nessuno senza ingiustizia, presunzione, pretesa, attacco, calunnia e menzogna.
Per questo la moralità è una tensione di ripresa continua.
(97) Caratteristica della moralità è allora il desiderio di correzione.
Sintomo ultimo della moralità come tensione è l’assenza di scandalo: un cristiano che vive la compagnia non si scandalizza di nulla, ha il dolore del male, ma non scandalo.
Come questa moralità nuova è entrata nel mondo? Come si è manifestata?
«Simone mi ami tu?» «Sì, Signore, io Ti amo»
(101) Questo «sì» è la scaturigine della moralità, il primo fiato di moralità sul deserto arido dell’istinto e della pura reazione.
La moralità affonda la sua radice nel «sì» di Simone, e questo «sì» può attecchire nella terra dell’uomo solo per una Presenza dominante, compresa, accettata, abbracciata, servita con tutto lo slancio del proprio cuore che solo così può ritornare bambino.
Senza Presenza non c’è gesto morale, non c’è moralità.
Perché il «sì» di Simone a Gesù è scaturigine della moralità? Non vi sono prima i criteri di coerenza e incoerenza?
Cristo era la fonte, il luogo della sua speranza.
«Sì Signore, Tu sai che sei l’oggetto della mia simpatia suprema, della mia stima suprema»: così nasce la moralità.
L’uomo che vive questa speranza in Cristo continua nell’ascesi.
La moralità è una tensione continua al «perfetto» che nasce da un avvenimento in cui un rapporto col divino, col Mistero, è segnato.
(111) – Siamo stati amati: per questo siamo.
La legge morale e la moralità, vale a dire la proporzione concreta, tradotta in atto, della nostra persona al mistero dell’Essere, sono indiziate da questa prima e fondamentale «legge»: riconoscere e accettare di essere amati.
(156) – «Lotta» è la nostra parola.
Questa è la concezione della vita, della vita come morale: lotta o ascesi, come dicevano i vostri padri, una ascesi vera e propria, una tensione a diventare migliori.
La vita come ascesi, come dramma, come lotta per il bene è introdotta nel mondo solo da Cristo.
Inizio della moralità
(106) – San Tommaso nota che «La vita dell’uomo consiste nell’affetto che principalmente la sostiene e in cui trova la sua più grande soddisfazione».
L’inizio di una moralità umana è un atto d’amore.
Per questo si esige una presenza, la presenza di qualcuno che colpisca la nostra persona, che raccolga tutte le nostre forze e le solleciti attraendole a un bene ignoto eppure desiderato e atteso. Quel bene che è Mistero.
Moralità nuova
(94) – Parlare dell’intelligenza nuova del reale, introducendo il concetto di affectus, significa arrivare alla soglia del problema morale.
Conoscenza nuova e moralità nuova hanno la stessa origine.
(98) – Come questa moralità nuova è entrata nel mondo? Come si è manifestata? (con il «sì» di Pietro….).
(109s) – La permanenza della moralità nuova.
Se l’inizio della moralità nuova è un atto di amore, di adesione, e ciò esige la Presenza di qualcuno che ci colpisca e attiri tutte le nostre forze – come Gesù ha sollecitato Simone – diventa fondamentale rispondere alla domanda: come questo avvenimento si mantiene vivamente presente nella nostra esistenza?
La risposta stabilisce la possibilità della nuova morale nel presente, qui e ora, altrimenti inizierebbe per noi in modo intellettualistico, astratto, discorsivo.
Tale risposta in quel termine cristiano che appartiene all’esperienza del presente, senza del quale non potremmo nemmeno sapere se la nostra esperienza è concreta o fantasiosa: la memoria.
(110) La prima condizione per la moralità nuova è fare memoria di quella Presenza che eccede i termini dell’umano conoscere, vale a dire riconoscere qui e ora la Presenza che non si può ridurre a nessuna ipotesi umana.
La permanenza di questa Presenza è Grazia.
(126) – Un Avvenimento genera continuamente un legame, un’appartenenza, un modo di vita diverso, una moralità nuova, una perfezione dalla quale viene il frutto che collabora al giardino terrestre.
MOVIMENTO
(128s) – Il fenomeno dei movimenti nella Chiesa, di tutti i Movimenti nella Chiesa, è l’autocoscienza che risorge nell’ambito della Chiesa stessa.
[ … ] La Chiesa è resa casa vivente, viva, calorosa, piena di luce e di parola, di affettività, di spiegazione, di risposta dai Movimenti.
Sbaglierebbe chi dicesse: «Siamo qui per costruire il nostro Movimento, non la Chiesa».
Occorre dire invece: «siamo qui per costruire la Chiesa secondo la spinta che lo Spirito ci ha dato e che chiamiamo Movimento, secondo l’obbedienza, cioè l’ascolto e l’adesione all’opera dello Spirito di Cristo, che l’autorità della Chiesa fa propria»
Lettera «N»
NICHILISMO
(41) – Che il cristianesimo sia un avvenimento è difficilmente ammesso dai più, perché si introduce qualcosa di estraneo all’annuncio che viene fatto: l’opinione in voga, il preconcetto che determina la mentalità comune, il nichilismo che domina, lo scetticismo facile.
(184) – Chi è attaccato a una identificazione parziale, alla «sua» verità, non può non stare di fronte a tutto difendendo quello che lui dice a meno che sia completamente scettico o nichilista.
(208) – Il giorno della gloria ardente e definitiva di Cristo è proprio il contrario della gelida visione di un nichilista.
NOVITA’
(25) – È un avvenimento – l’irruzione di una novità – ciò che dà inizio a un processo per cui l’io incomincia a prendere coscienza di sé, a prendere nota del destino verso cui si sta andando, del cammino che sta facendo, dei diritti che ha, dei doveri che deve rispettare, della sua fisionomia intera.
Senza «avvenimento» non si conosce nulla di nuovo cioè nessun nuovo elemento entra nella nostra consapevolezza.
Alain Finkielkraut: «Un avvenimento è qualcosa che irrompe dall’esterno. Un qualcosa di imprevisto. È questo il metodo supremo della conoscenza.
Bisogna ridare all’avvenimento la sua dimensione ontologica di nuovo inizio.
È una irruzione del nuovo che rompe gli ingranaggi, che mette in moto un processo.
Conoscere è trovarsi davanti a un nuovo, a un qualcosa di estraneo a sé, di non costruito da sé. Qualcosa che rompe gli ingranaggi delle cose già stabilite, delle definizioni già date.
(142) – Il «sì» di Simone è l’inizio di un rapporto nuovo della singola persona con tutta la realtà.
È l’inizio di un rapporto nuovo non solo tra la singola persona e Gesù, ma di un rapporto nuovo che investe tutta la realtà: cambia aspetto il rapporto tra l’uomo e la donna, tra genitori e figli ecc….(educazione, lavoro, incongruenze, dubbi, atteggiamento di fronte alla morte, tutto)
Novità contraddittoria al mondo
(83s) – Una novità contraddittoria al mondo.
La Creatura nuova che nasce con il Battesimo è contraddittoria a quello che Cristo ha definito «mondo», di cui ha detto: «Padre, Ti prego per loro e non Ti prego per il mondo».
Siamo immersi in una realtà «mondana» contraria a ciò che ci è accaduto: essa ha bisogno dell’avvenimento di Cristo, ha bisogno che sia testimoniato e vissuto, ma come coscienza e affezione, è radicalmente estranea e in opposizione alla personalità nuova, alla «creatura nuova».
A – B – C – D – E –F – G – I – L – M/N – O – P – R – S –T – U – V
