Temi di “Generare tracce nella storia del mondo”

Libro “Generare tracce nella storia del mondo” di don Luigi Giussani

ABCDEFGILM/NO PRSTUV

Lettera «C»



CAMBIAMENTO

(86s) – L’appartenenza alla compagnia, comunque essa sia, nasce da un avvenimento…[…]

In questa appartenenza tutto della nostra persona si gioca e, con l’andare del tempo, cambia: realmente si pensa, si percepisce, si giudica, si sente, ci si affeziona, si lavora, cioè si manipola la realtà, e si dà sé stessi.

Una idea, un discorso, una logica non cambiano la persona.

L’essere insieme, se coscientemente e liberamente aderito, la cambia, e della totalità dei fattori lentamente opera la sintesi anche nel cuore più ribelle fino al punto di andarsene.

Inizia allora una nuova creazione di sé stessi, cioè la scoperta della vera creazione.

(92ss) – Per vivere il cristianesimo non ci è chiesto di rinunciare a nulla, ma di cambiare il rapporto con tutto.

(93) «Pur vivendo nella carne», vale a dire nella situazione così come è – davanti alla ragazza che mi colpisce, nella famiglia in cui papà e mamma litigano sempre, impegnato nel lavoro dodici ore al giorno, ammalato, incapace di fare tutto quel che occorre far, distratto, smemorato -, «vivo nel fede del Figlio di Dio» -, cioè appartengo ad un -avvenimento, ad una origine che cambia la modalità dello sguardo: la modalità dello sguardo diventa fede.

(94) «Pur vivendo nella carne, vivo nella fede del figlio di Dio»: questa è la definizione del cambiamento profondo dell’intelligenza e dell’espressione dell’uomo.

CAMMINO

(26) – Ora, quel Fatto, l’avvenimento di quella presenza umana eccezionale, si pone come il metodo scelto da Dio per rivelare l’uomo a sé stesso, per risvegliarlo a una definitiva chiarezza riguardo ai propri fattori costitutivi, per aprirlo al riconoscimento del suo destino e sostenerlo nel cammino ad esso, per renderlo, nella storia, soggetto adeguato di una azione che porti il significato del mondo.

(Come per Andrea e Giovanni). Fu così per loro. È così per noi oggi: un avvenimento può segnare un inizio e un cammino.

L’avvenimento può segnalare un metodo di vita.

Si tratta comunque di una esperienza da fare. Tale cammino richiede l’impegno dell’uomo, colpito dall’avvenimento, fino a sorprendere il significato vero di quanto egli ha incominciato a intravedere: è un cammino dello sguardo.

(48) – Il riconoscimento di tale Presenza non suppone un cammino compiuto: la domanda dà inizio ad un cammino, a un itinerario di domande rivolte a un Tu presente: «Chi sei Tu?».

Senza questo itinerario di domande non è domanda vera in principio.

La corrispondenza iniziale tra il divino presente e l’aspettativa del cuore pone la premessa di un cammino.

CARISMA

(127ss) – Questo dono della carità di Dio rende possibile la fede, la coscienza della presenza di ciò che è iniziato come Fatto nella storia di duemila anni fa.

Questa caratteristica dell’intervento dello Spirito di Cristo, che provoca esistenzialmente l’Avvenimento dentro un tempo e uno spazio, si chiama «carisma».

(128) Lo Spirito di Dio può realizzare nella Sua immaginazione infinita, nella Sua libertà e mobilità infinite, mille carismi, mille modi di parteciparsi in Cristo all’uomo.

Il carisma rappresenta proprio la modalità di tempo, di spazio, di carattere, di temperamento, la modalità psicologica, affettiva, intellettuale con cui il Signore diventa avvenimento per me e, allo stesso modo, anche per altri.

Questo modo da me si comunica ad altri, così che tra me e questi una affinità che non c’è con tutti gli altri, un vincolo di fraternità più forte, più specificato.

(i Movimenti) sono quelle unità di compagnia create dai carismi, da questi doni fatti dallo Spirito a chi Lui sceglie.

(129) Il carisma dunque rende viva la Chiesa ed è in funzione della totalità della vita ecclesiale.

Per sua natura ogni carisma, in forza della identità specifica, è aperto al riconoscimento di tutti gli altri carismi.

Il carisma esiste in funzione della creazione di un popolo compiuto, cioè totalizzante e cattolico.

Per utilizzare una immagine, potremmo dire che il carisma è come una finestra attraverso cui si vede tutto lo spazio.

La riprova di un carisma vero è che apre a tutto, non chiude.

La questione del carisma è decisiva perché è il fattore che esistenzialmente facilita l’appartenenza a Cristo, cioè è l’evidenza dell’Avvenimento presente oggi, in quanto ci muove.

In questo senso il carisma introduce alla totalità del dogma.

Se il carisma è la modalità con cui lo Spirito di Cristo ci fa percepire la sua Presenza eccezionale, ci dà il potere di aderirvi con semplicità e amorosità, è vivendo il carisma che il illumina il contenuto oggettivo del dogma.

Carisma di Comunione e Liberazione

(133ss) – L’essenza del carisma di Comunione e Liberazione è riassumibile nell’annuncio, pieno di entusiasmo e stupore, che Dio è diventato uomo e che questo Uomo è presente in un «segno» di concordia, di comunione, di comunità, di unità di popolo.

(134) Ognuno ha la responsabilità del carisma incontrato.

Ognuno è causa di declino o incremento del carisma, è un terreno in cui il carisma si sperpera o dà frutto.

C’è una immedesimazione personale, una versione personale che ognuno dà del carisma cui è stato chiamato e cui appartiene.

Inevitabilmente, infatti, quanto più uno diventa responsabile tanto più il carisma passa attraverso il suo temperamento, attraverso quella vocazione irriducibile a qualsiasi altra che è la sua persona.

Perciò il carisma assume una flessione varia e approssimativa nella misura della generosità di ognuno.

L’approssimazione è misurata dalla generosità, dove si fondano capacità, temperamento, gusto ecc…(uno potrebbe fare quello che vuole del carisma).

(135) Il carisma si flette secondo la generosità di ognuno.

Ognuno, in ogni suo atto, in ogni sua giornata, in ogni suo immaginare, in ogni suo proposito, in ogni suo agire, deve preoccuparsi di paragonare i suoi criteri con l’immagine del carisma, come è emerso alle origini della storia comune.

Il paragone con il carisma, così come ci è stato dato, tende a correggere la singolarità della versione, della traduzione, è correzione e suscitazione continue.

 Altrimenti il carisma diventa pretesto e spunto per quello che si vuole, copre e avvalla ciò che vogliamo noi.

Per limitare questa tentazione che è ognuno di noi dobbiamo rendere comportamento normale il paragone con il carisma come correzione e come ideale continuamente resuscitato.

Questa è la nostra virtù: il paragone con il carisma nella sua originalità attraverso l’effimero di cui Dio si serve.

Dare la vita per l’opera di un Altro, non astrattamente, è dire qualche cosa che ha un riferimento preciso, storico: per noi vuole dire che tutto quello che facciamo, tutta la nostra vita è per l’incremento del carisma cui ci è dato di partecipare, che ha una sua cronologia, una sua fisionomia descrivibile, indica nomi e cognomi e, all’origine, un nome e un cognome.

Parlare di un carisma senza storicità non è parlare di un carisma cattolico.

Carisma e istituzione

(130ss) -(130) I dogmi si imparano e si vivono nell’incontro e nella sequela della vita della Chiesa, secondo l’accento educativamente persuasivo ed esistenzialmente affascinante del carisma.

Il carisma è dunque la modalità con cui lo Spirito facilita e rende più consapevole e più fruttuosa la percezione del dogma, la percezione del contenuto totale dell’Avvenimento.

Nella Chiesa, nata dallo Spirito di Cristo morto e risorto, ontologicamente tutto è carisma.

Il primo carisma è l’Istituzione, perché essa è lo strumento della presenza dello Spirito di Cristo che agisce e si comunica nel Magistero e nei Sacramenti.

Allora questi carismi sostanziali, istituzionali, sono percepiti come tali attraverso l’esistenzialità del carisma particolare, donato dallo Spirito in funzione della totalità dell’esperienza ecclesiale.

(131) La questione del rapporto tra carisma e istituzione appare allora come decisiva.

Ogni carisma rigenera la Chiesa dovunque, rigenera l’istituzione dovunque, obbedendo ultimamente a ciò che è garanzia del carisma particolare stesso: Grazia, Sacramento, Magistero.

Se il carisma particolare è il terminale attraverso cui viene veicolato lo Spirito di Cristo e diventa possibile oggi il riconoscimento del Suo Avvenimento, il carisma dell’istituzione è tale perché è l’ambito di vita di questo terminale.

Negare la novità del carisma particolare si giustifica solo in rapporto alla totalità.

GPII: «Nella Chiesa tanto l’aspetto istituzionale, quanto quello carismatico [ … ] sono coessenziali e concorrono alla vita, al rinnovamento, alla santificazione, sia pure in modo diverso e tale che vi sia uno scambio, una comunione reciproci».

CARITA’

(121) – In questa gratuità l’amore è quasi costretto a pigiarsi dentro la strettoia per cui esso sfocerà nella carità.

La coscienza di partecipare alla costruzione del Regno di Dio infonde un’onda nuova nel cuore, per cui il sentimento amoroso – attraverso una strettoia tremenda che si chiama croce – diventa autentica carità, raggiunge la verginità, la gratuità, cioè la carità come partecipazione alla verginità, essendo la verginità la totalità della vita vissuta nel riconoscimento che Cristo è tutto in tutti

(148) – La coscienza di essere stati scelti per partecipare alla costruzione del Regno di Dio infonde un’onda nuova nel cuore, per cui il sentimento amoroso – attraverso quella strettoia tremenda che si chiama croce, sacrificio – diventa autentica carità vicendevole.

(211) – L’essere perdonato emerge qui da qualcosa di assolutamente incomprensibile all’uomo, dal Mistero, cioè dalla misericordia.

È quello che non si può comprendere che assicura l’eccezionalità di quel che si può capire.

Perché la vita di Dio è amore, caritas, gratuità assoluta, amore senza tornaconto, umanamente «senza motivi».

CARNE

(171) – Da una obbedienza invece che da una affermazione di sé, dal vivere totalmente la carne ma nella fede del Figlio.

Questo uomo nuovo pur vivendo nella carne, secondo tutti i gradi dell’esperienza del suo essere uomo, vive nella fede del Figlio di Dio.

Vivendo nella carne

(92ss) – La stessa dinamica (di Pietro) viene espressa da una frase entusiasmante di san Paolo: «Pur vivendo nella carne, vivo nella fede del Figlio di Dio, il quale mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal 2,20).

«Pur vivendo nella carne»: per vivere il cristianesimo non ci è richiesto di rinunciare a nulla, ma di cambiare il modo del rapporto con tutto.

(93) Che cosa vuol dire guardare una ragazza con gli occhi della carne?

Vuol dire che tutto si riduce a «un mi piace, non mi piace», «ho simpatia, non ho simpatia».

«Pur vivendo nella carne, vivo nella fede» vuol dire invece: affronto il rapporto con lei nella fede del Figlio di Dio, nell’adesione a Cristo.

E allora quella ragazza è, nella misura dell’attrattiva, il segno attraverso cui sono invitato ad aderire nella carne all’essere delle cose, a scendere nella realtà delle cose, fino a dove le cose sono fatte.

(94) «Pur vivendo nella carne, vivo nella fede del Figlio di Dio»: questa è la definizione del cambiamento profondo dell’intelligenza e dell’espressione dell’uomo.

CASA

(vedi anche dimora)

(118) – [ … ] le circostanze implicano un luogo in cui Dio chiede all’uomo che tutto sia incentrato e si operi come segno del rapporto Suo con l’uomo e dell’uomo con Lui, e sia totalmente funzione della volontà di Dio nella storia.

Questo luogo si chiama biblicamente «dimora», «casa», tempio».

(122ss) – Monastero, convento o, come espressione di nuove forme di dedizione a Dio, «casa» secondo le varie modalità della chiamata, sono fatti, creati, costruiti da chi è stato scelto come pietra viva a formare, a generare, una esistenza sperimentabile a tutti, con la quale si dimostri, per la sua stessa forma visibile che egli solo è: nel monastero, nel convento o nella casa, queste pietre vive, coloro che sono chiamati e scelti, sono lì per dimostrare nella verginità, forma visibile della loro stessa vita, che Egli solo è, cioè che Cristo è il Re dell’universo, e che tutto ha consistenza in Lui.

(123) Monastero, convento o casa sono perciò quel luogo creato perché coloro che vi abitano imparino a gridare davanti a tutti, in ogni istante – tutta la loro vita è fatta per questo – che Cristo è l’unica cosa per cui valga la pensa vivere, che Cristo è l’unica cosa per cui valga la pena che il mondo esista.

Si capisce allora perché anche la comunità nella scuola o in università è come una casa o una famiglia, anche la comunità sul luogo di lavoro, la comunità del quartiere o un certo gruppetto sono una casa o una famiglia, parte di una dimora totale, più grande che si chiama Chiesa.

(124) Nella casa uno vede nell’altro il mistero di Cristo presente come volto.

Per ognuno di noi la compagnia diventa vera coagulandosi nello spazio di una reale quotidiana dimora: una casa, una dimora dove tutte le cose sono giudicate in modo tale da far presentire il destino comune, il loro comune traguardo.

Casa di Nazareth

(71) – La realtà della casa di Nazareth è un luogo fatto di tempo e di spazio in cui tutto è per Cristo.

Questa realtà, questa dimora umana del Mistero si è diffusa in tutto il mondo.

La realtà della casa di Nazareth si è diffusa in tutto il mondo attraverso l’elezione di uomini costituiti insieme come una forma, una realtà unica: è la Chiesa, corpo di Cristo che si dilata nel tempo e nello spazio.

Maria prima casa di Dio

(70s)Maria è stata scelta perché fosse la prima casa di Dio nel mondo, il primo contesto, il primo ambito, il primo luogo in cui tutto era di Dio, del Dio che veniva a vivere tra noi.

Quella casa è stata il primo sviluppo della prima dimora umana del Mistero che è la Madonna.

CASO

(vedi anche avvenimento)

(27ss) – Boezio, richiamandosi ad Aristotele, definisce il caso come un effetto superiore alla somma delle cause note.

Esempio: il contadino voleva lavorare la terra del campo, l’ultimo dei suoi pensieri era quello di trovare un tesoro: l’averlo trovato è un caso, vale a dire un effetto superiore alla somma delle cause note.

(28) Perciò il caso, conclude Boezio, può essere definito come «evento imprevedibile».

«Caso» rimanda ad accadere: la parola caso è l’avvenimento espresso nel modo più vicino al linguaggio normale: caso indica cioè qualcosa di non previsto, di non prevedibile, di non deducibile dall’analisi degli antecedenti.

(29) Perciò l’avvenimento si può indicare come l’emergere nell’esperienza di qualcosa che non può essere analizzato in tutti i suoi fattori, che ha in sé un punto di fuga verso il Mistero e che mantiene il riferimento a una incognita, a tal punto che, come appena detto, potremmo chiamarlo «caso».

CERTEZZA

(108) – l’importante di quel «Sì, Signore io Ti amo» è una tensione di tutta la propria persona, determinata dalla coscienza che Cristo è Dio e dall’amore a quest’Uomo che è venuto per me: tutta la mia coscienza è determinata da questo, e io posso sbagliare mille volte al giorno, fino ad avere vergogna di alzare la testa, ma questa certezza non me la toglie nessuno.

(156) – Siamo ben consapevoli della nostra fragilità umana, che ci accumuna a tutti gli uomini, ma anche della certezza in Cristo, che ci differenzia da tutti gli uomini, e quindi della letizia e dell’ottimismo che spiegano l’inesauribile ripetersi dei nostri tentativi: sempre in lotta.

(184) – La capacità di misericordia si esprime come sensibilità al bene, come certezza che il bene vince con la forza di Cristo: «ti amo Dio, mia forza», «Di tutto sono capace in Colui nel quale è la mia forza.

(203) – La politica deve essere perciò secondo una posizione ideale, vale a dire secondo un esplicito riconoscimento del nesso originale dell’uomo con il suo destino.

Senza una posizione ideale è impossibile all’uomo una certezza che si sviluppi in costruzione.

CHIESA

(vedi anche Corpo di Cristo)

(62) – Vivere il mistero della Chiesa, cioè l’unità fra gli uomini scelti da Cristo, costituisce il miracolo più grande, che svela alla confusione degli spiriti umani la presenza del Mistero che fa tutte le cose.

(71ss) – La realtà della casa di Nazareth si è diffusa in tutto il mondo attraverso l’elezione di uomini costituiti insieme come una forma, una realtà unica: è la Chiesa, Corpo di Cristo che si dilata nel tempo e nello spazio, presenza di Colui che è nato dalla Madonna, nella sua continua nascita dentro il mondo, avvenimento di Cristo presente al mondo in tutti i momenti della storia: è la Chiesa come Corpo misterioso di Cristo Risorto che si dilata nel mondo per l’azione del Suo spirito.

(72) Qual è la forza che permette il dilatarsi della Chiesa? Ciò che permette questo continuo sviluppo è il fatto stesso, l’Ospite di quella casa che fu il seno della Madonna.

La Chiesa è l’universo raggiunto, ricreato e posseduto da Cristo attraverso il Suo Spirito.

La Chiesa è cioè l’umanità in quanto resa vera, unificata dalla presenza di Cristo, attraverso quella energia ri-creativa che è il mistero dello spirito nella Pentecoste.

– Se non si offrisse a noi nel mistero del Suo Corpo che è la Chiesa, come contenuto e come metodo.

(73) La Chiesa è perciò il metodo con cui Cristo si comunica nel tempo e nello spazio, analogamente al fatto che Cristo è il metodo con cui Dio ha scelto di comunicarsi agli uomini per la loro salvezza.

Attraverso l’umanità della Chiesa il divino ci raggiunge sia come «come comunicazione di verità» (Scrittura, Tradizione, Magistero), e perciò come aiuto all’uomo a raggiungere una obiettiva chiarezza e sicurezza nel percepire i significati ultimi della propria esistenza, sia come «comunicazione della realtà divina stessa» – Grazia – attraverso i sacramenti.

Nella Chiesa Dio si rende familiare all’uomo di ogni tempo.

(74) La Chiesa distingue il miracolo che ha un valore privato, [ … ] e il miracolo che invece è così enorme nella sua possibilità di documentazione che può essere detto agli uomini di tutti i tempi.

Nella realtà della Chiesa di ogni tempo sono visibili figure che hanno una statura umana degna dei più veri desideri del cuore dell’uomo: i santi.

In essi si realizza una umanità eccezionale, impossibile a pensarsi: inimmaginalmente pura, coerente, potente, pur rimanendo essa nella medesima fragilità in cui si trova l’umanità di ognuno.

(165) – La presenza profetica di questo popolo (ebrei) ha avuto il suo compimento definitivo e continua indefettibilmente nel mistero della Chiesa.

È la Chiesa, infatti, il grande soggetto della continua epopea umana per la creazione di quella che Giovanni Paolo II ha chiamato «la civiltà dell’amore».

Il soggetto di questa epopea è il popolo cristiano che, nascendo dal Battesimo, vive della quotidiana compagnia nella fede, nella speranza e nella carità, attingendo nei sacramenti la forza di Cristo risorto.

(173) – L’amore agli altri diventa appassionante struggimento per loro perché essi sono parte di Cristo e, quindi, di me. E questa è la nuova costellazione che guida quel cielo che è la Santa Chiesa di Dio.

Sorge così una comunionalità reale che inizia e si dilata come soggetto intero della società, del mondo, della storia dell’uomo, dell’universo intero: Chiesa come Corpo di Cristo.

Chiesa e carismi

(128ss) – il fenomeno dei Movimenti nella Chiesa, di tutti i movimenti nella Chiesa, è l’autocoscienza che risorge nell’ambito della Chiesa stessa. La Chiesa è resa casa vivente, viva, calorosa, piena di luce e di parola, di affettività, di spiegazione, di risposta dai Movimenti.

(129) Il carisma dunque rende viva la Chiesa ed è in funzione della totalità della vita ecclesiale.

Sbaglierebbe chi dicesse: «siamo qui per costruire il nostro Movimento, non la Chiesa».

Occorre dire invece: «siamo qui per costruire la Chiesa secondo la spinta che lo Spirito ci ha dato e che chiamiamo Movimento, secondo l’obbedienza, cioè l’ascolto e l’adesione all’opera dello Spirito di Cristo, che l’autorità della Chiesa fa propria».

(130) I dogmi si imparano e vivono nell’incontro e nella sequela della vita della Chiesa, secondo l’accento educativamente persuasivo ed esistenzialmente affascinante del carisma.

Nella Chiesa, nata dallo Spirito di Cristo morto e risorto, ontologicamente tutto è carisma.

Affinché Magistero e Sacramenti non siano intesi come parte isolate dall’unità e dalla totalità della esperienza cristiana, cioè ridotti a misura individualistica del singolo, occorre che essi siano vissuti secondo la logica e la dinamica della comunione, che è la natura stessa della Chiesa.

Questa dinamica inoltre è la risposta a una tentazione particolarmente diffusa nella Chiesa di oggi, secondo la quale il coinvolgimento del popolo di Dio, e in particolare dei laici, nella missione della Chiesa viene visto come partecipazione democraticamente intesa a un «potere» concepito riduttivamente secondo categorie mondane.

La questione del rapporto tra carisma e istituzione appare allora come decisiva; essa evidenzia che i due termini non sono estrinseci l’uno all’altro.

Ogni carisma rigenera la Chiesa dovunque, rigenera l’istituzione dovunque, obbedendo ultimamente a ciò che è garanzia del carisma particolare stesso: Grazia, Sacramento, Magistero.

CIRCOSTANZA

(117) – Attraverso circostanze contingenti e definitivamente date si precisa documentatamente ciò che l’uomo è chiamato a udire, conoscere, riconoscere, testimoniare, della scelta familiare a cui Dio si lega e che condiziona il rapporto con Lui.

Queste circostanze implicano un luogo in cui Dio chiede all’uomo che tutto sia incentrato e si operi come segno del rapporto Suo con l’uomo e dell’uomo con Lui, e sia totalmente funzione della volontà di Dio nella storia.

(193) – È soprattutto nell’affrontare le circostanze quotidiane implicate nel suo lavoro che l’uomo approfondisce la dinamica originale che, dall’impatto continuo con la realtà, fa emergere le esigenze costitutive del suo io (l’esigenza di bene, di verità, di bellezza).

COERENZA

(200) – È reso clamorosamente evidente dalla realistica constatazione, continuamente suggerita dall’esistenza, che per una vera giustizia non basta la buona volontà dell’uomo, la sua coerenza.

Chi è capace di essere coerente?

Nessuno! La perfezione infatti non è l’esito di una coerenza.

Il perfezionarsi, anche per la giustizia, nasce da un rapporto con il destino fatto uomo, con un «Tu» vivente nella complessità delle vicende umane.

COMPAGNIA

(vedi anche Chiesa)

(64) – La «compagnia» di cui parliamo non è, dunque, una realtà fatta e trovata da noi.

Essa è voluta, resa consistente e permanente da un Altro.

Non esiste Cristo senza di noi, ma non esiste un «noi», la comunione tra di noi, senza Cristo.


(87s)
– Qui si capisce il valore della compagnia cristiana, di questo strumento ideato da Dio come riflesso di Sé stesso – perché Dio è una compagnia -: essa ci richiama a ciò verso cui andiamo, al significato di quello che siamo, alla bellezza profonda, alla tenerezza tenace, alla capacità intensa di sacrificio e di dedizione, secondo l’ideale che sorge dall’essere assimilati a Cristo in quel momento che è il più grande della vita e che si chiama Battesimo.

È veramente il mistero di Cristo che si rende presente nella compagnia cristiana e cammina con noi.

Questo è dunque il dinamismo implicato nell’appartenenza, questo è il bisogno di una compagnia vera, perché essa sia sorgente di missione in tutto il mondo: non discepolanza, non ripetitività, ma figliolanza.

(195) – Ma come non si può nascere e non si può vivere da soli, così non si può rispondere al proprio bisogno se non in una compagnia, con l’aiuto di una compagnia.

È una cosa grande che il lavoro per un’opera, destinata a rispondere al bisogno del singolo, sia caratterizzato da questa socialità ultima della propria presenza nel mondo e, quindi, dalla necessità di una compagnia.

Compagnia dei credenti

(55) -L’Avvenimento di Cristo permane nella storia attraverso la compagnia dei credenti, che è un segno, come tenda nella quale sta il sancta sanctorum, il Mistero diventato uomo.

La compagnia dei credenti è segno efficace della salvezza di Cristo per gli uomini, è il sacramento della salvezza del mondo.

Cristo Risorto si stringe così attorno a noi: questa compagnia è proprio Cristo presente.

Il valore di questa compagnia è più profondo di quello che si vede, perché quello che si vede è l’emergenza del Mistero di Cristo che si rivela.

(87) – Qui si capisce il valore della compagnia cristiana, di questo strumento ideato da Dio come riflesso di Sé stesso – perché Dio è una compagnia -: essa ci richiama a ciò verso cui andiamo, al significato di quello che siamo, alla bellezza profonda, alla tenerezza tenace, alla capacità intensa di sacrificio e di dedizione, secondo l’ideale che sorge dall’essere assimilati a Cristo in quel momento che è il più grande della vita e che si chiama Battesimo.

È veramente il mistero di Cristo che si rende presente nella compagnia cristiana e cammina con noi.

Compagnia guidata al destino

(84s) – La compagnia guidata al destino è una dimensione dell’io: appartenenza.

Il riconoscersi insieme nella compagnia perché c’è Cristo sviluppa il senso di una appartenenza che è costitutivo della persona stessa.

Una tale compagnia è qualcosa di sostanziale per la definizione del nostro io.

Non esiste persona compiuta se non in compagnia: una persona genera compagnia ed è generata dalla compagnia.

«Appartenenza» è il nome di un rapporto che giunge fino a questo punto: mi appartieni e ti appartengo, io appartengo alla compagnia creata dall’avvenimento di Cristo e questa compagnia, in ogni suo fattore, appartiene a me e io ad essa.

(85) La compagnia concreta, dove accade l’incontro con Cristo, diventa luogo dell’appartenenza del nostro io, da cui esso attinge la modalità ultima di percepire e di sentire le cose, di coglierle intellettualmente e di giudicarle, il modo di immaginare, progettare, decidere e il fare.

Il nostro «io» appartiene a questo «Corpo» che è la compagnia cristiana e in esso attinge il criterio ultimo per affrontare tutte le cose.

Tale compagnia è perciò l’unica modalità che ci abilita al reale, ci fa toccare il reale e ci rende reali.

GPII ha descritto la dinamica interna, che definisce il rapporto del singolo con la compagnia, con queste parole: aderire a Cristo «come principio e motivo ispiratore del vivere e dell’operare, della coscienza e dell’azione».

Esigenza di compagnia

(61) – Quanto più l’uomo cerca di realizzare la sua aspirazione originale all’unità, tanto più questa unità gli si rivela impossibile, non raggiungibile dalle sue forze [ ….]

 Questa esigenza di compagnia è ineludibile, perché appartiene all’essenza stessa dell’io.

La compagnia appartiene all’essenza di ciò che è, al Mistero di cui tutte le cose sono fatte: il mistero dell’Essere è Trinità, è uno assoluto e nello stesso tempo comunione.

COMPITO

(77) – Introdurre l’umanità nel rapporto definitivo col mistero di Dio è la loro (degli apostoli) funzione fondamentale: è il compito per cui sono stati scelti.

(138) – Un popolo esiste laddove c’è la memoria di una storia comune che viene accettata come compito storico da realizzare.

(140) – Gli eletti, coloro che Cristo ha voluto chiamare, ricevono come compito la missione, affidata a loro per lo svolgersi del disegno del Padre nel mondo.

(148) – La responsabilità dei cristiani è quella di essere ciò che hanno conosciuto, ciò che è diventato parte della loro mente e del loro cuore.

(168) – Anche noi cristiani siamo chiamati ad essere, come Gesù, i mandati dal Padre. «Come il Padre ha mandato me io mando voi». Per noi è diventato più «limpido il pensiero del «donde», dell’origine misteriosa di questo compito, giacché nessuno come noi può dire come noi diciamo: «Abbà Padre».

Ed è diventato più chiaro lo scopo, il fine di questo disegno totale, che è la gloria di Cristo nel mondo.

(182) – Il compito del battezzato è la missione universale che Dio gli comunica come partecipazione alla grande missione di Cristo.

Perciò, quanto più egli è proteso a scoprire in ogni cosa il bene rimasto, il brandello o il riflesso di verità.

(186) – Il compito di una formazione cristiana è di educare l’umano in tutte le sue dimensioni.

(194) – La comunità cristiana, con la grazia operante dello Spirito, collabora al compito della redenzione mediante il lavoro, che diventa così espansione del Mistero della salvezza in ogni momento e attività, nel contesto della propria personale funzione e situazione.

COMUNIONE

(64) – Il termine preciso che rivela l’ontologia, la natura intima, di questo cosmo umano è «comunione», per cui siamo membra di Cristo e membra gli uni degli altri, apparteniamo ad un solo Corpo, il Corpo di Cristo.

Non esiste Cristo nella storia senza di noi, ma non esiste un «noi», la comunione tra noi, senza Cristo.

(145) – [ … ] è il Corpo un organismo nel senso reale del termine, è il Corpo misterioso di Cristo.

Questa ontologia si chiama, con un’altra parola, communio, comunione di essere, per cui «tutti vedete una persona sola in Cristo Gesù»

L’unità di gente che Lo riconosce in un determinato ambiente, in quanto legata alla comunione di tutti coloro che credono in Cristo presente, incide sulla società, come presente, e sulla storia, come continuità della società.  

(170) – L’obbedienza esistenzializza il summum ius: il culmine del diritto di Dio sulla nostra vita.

Ed essa è la virtù anche dell’amicizia con l’Essere, il vertice della comunione con il Mistero.

COMUNIONALITA’

(61) – L’esigenza originale di unità dell’uomo si può capire solo alla luce del Dio uno e trino.

L’Essere ultimo è comunionale nella sua stessa sostanza misteriosa. Misteriosa, certo: noi non potremmo comprendere.

(173) – L’amore agli altri diventa appassionante struggimento per loro perché essi sono parte di Cristo e, quindi, di me.

E questa è la nuova costellazione che guida quel cielo che è la santa Chiesa di Dio.

Sorge così una comunionalità reale che inizia e si dilata come soggetto intero della società, del mondo, della storia dell’uomo, dell’universo intero: la Chiesa come corpo di Cristo.

COMUNITA

(57) – Andiamo alla pagina del Nuovo Testamento in cui questo fattore, la comunità dei credenti, emerge nella storia.

Assistiamo qui letteralmente alla nascita di un protagonista nuovo ed irresistibile. («Saulo, Saulo perché mi perseguiti?»)

(194) – La comunità cristiana, con la grazia operante dello Spirito, collabora al compito della redenzione mediante il lavoro, che diventa così espansione del Mistero della salvezza in ogni momento e attività, nel contesto della propria personale funzione e situazione.

CONCRETO

(concreto VS astratto)

(29) – Nell’avvenimento qualcosa di nuovo entra nella nostra vita: non previsto, non definito prima, [ …] tanto «smarginato» nell’imprevedibile prima di accadere, quanto preciso, visibile, concreto, tangibile, abbracciabile di fatto, quando avviene

Quando accade, un avvenimento è quello che è, è lì, sperimentabile, visibile, tangibile.

(86) – La compagnia ci colpisce perché rende concreta esperienza l’incontro con quest’uomo, lo toglie dall’astrazione e Lo fa sperimentare come una realtà di cui si può vivere adesso.

(115) – La forma concreta della elezione è il tempo nel tempio. L’io nasce dal gesto di elezione di Cristo chelo inserisce nella compagnia umana generata dal Suo Spirito, nella Chiesa.

Questa elezione assume sempre  una forma storica concreta.

(123) – Dunque, la dimora – che vive come famiglia, come monastero, convento, «casa» dei Memores Domini, o come gruppo di Fraternità – è il luogo – il tempio – dove uno impara a vedere nel tempo e nello spazio, nell’altro concreto il mistero di Cristo.

(134) – La persona di ciascuno di noi ha una sua concretezza, la sua  mentalità, il suo temperamento, le circostanze che vive e soprattutto il movimento della libertà.

Perciò il carisma assume una flessione varia e approssimativa nella misura della generosità di ognuno.

CONOSCENZA

(25) – La dinamica dell’avvenimento,peraltro, denota la modalità della conoscenza in ogni suo nuovo passo.

Senza un «avvenimento» non si conosce nulla di nuovo, cioè nessun nuovo elemento entra nella nostra consapevolezza.

Afferma il critico Alain Finkielkraut, in una intervista sull’attualità di Peguy: «Un avvenimento è qualcosa che irrompe dall’esterno. Un qualcosa di imprevisto.

È questo il metodo supremo della conoscenza…..»

Conoscere è trovarsi di fronte a un nuovo, a qualcosa di estraneo a sé, non costruito da sé, qualcosa che rompe gli ingranaggi delle cose già stabilite, delle definizioni già date.

L’avvenimento è, quindi, capitale in ogni «scoperta», per ogni tipo di conoscenza.

(43) – Per poter conoscere occorre infatti una posizione di apertura, cioè di «amore».

Senza amore non si conosce.

(46) – In quanto è un conoscenza che si lascia totalmente determinare dall’oggetto, la fede è riconoscimento «amoroso».

È una conoscenza amorosa, semplice e senza equivoci che  implica un attaccamento.

Tale conoscenza amorosa fa dire, come ha fatto dire a san Pietro: «se non credessi a quest’uomo, no potrei credere neanche ai miei occhi».

Conoscenza nuova

(90ss) – La conoscenza nuova nasce dall’adesione ad un avvvenimento, dall’affectus ad un avvenimento a cui si è attaccati, a cui si dice sì.

Questo avvenimento è un particolare nella storia: ha una pretesa universale, ma è un punto particolare.

(91) La conoscenza nuova implica perciò l’essere in contemporaneità con l’avvenimento che la genera e continuamente la sostiene.

Nascendo da un luogo presente essa giudica il presente, altrimenti non è: se non entra nell’esperienza presente, la conoscenza nuova non esiste, è un’astrazione.

In questo senso, non dare giudizi sugli avvenimenti è mortificare la fede.

(94s) – Parlare dell’intelligenza nuova del reale, introducendo il concetto di affectus, significa arrivare alla soglia del problema morale.

Conoscenza nuova e problema morale hanno la stessa origine.

Per Simone figlio di Giovanni e per Paolo l’origine della conoscenza nuova è identica all’origine della loro moralità: un Avvenimento presente.

CONVENTO

(vedi anche monastero)

(122s) – La seconda modalità di dimora è il monastero.

Monastero deriva da monos (solo, solingo, solitario); il rapporto dell’umanità con Dio, con il Mistero, diventa infatti coscienza, libertà e amore nel singolo uomo, diventa un «io» nuovo.

Ma monastero vuol dire tanti «io» che stanno insieme.

Ecco allora l’altra parola, analoga alla parola monastero: «convento» (mettersi insieme).

Monastero, convento o, come espressione di nuove forme di dedizione a Dio, «casa» secondo le varie  modalità della chiamata, sono fatti, creati, costruiti da chi è stato scelto come pietra viva a formare, a generare una esistenza sperimentabile a tutti, con la quale si dimostri, per la sua stessa forma visibile, che «Egli solo è»: nel monastero, nel convento o nella casa, queste pietre vive, coloro che sono chiamati e scelti, sono lì per dimostrare nella verginità, forma visibile della loro stessa vita, che Egli solo è, cioè che Cristo è il Re dell’Universo, che tutto ha consistenza in Lui.

(123) Monastero, convento o casa sono perciò quel luogo creato perché coloro che vi abitano imparino a gridare davanti a tutti, in ogni istante – tutta la loro vita è fatta per questo – che Cristo è l’unica cosa per cui valga la pena vivere, che Cristo è l’unica cosa per cui valga la pena che il mondo esista.

CONVIVENZA

(120) – A questo ideale della famiglia si ispira la forma stessa della convivenza anche di chi si dedica a Dio; e chi vive in famiglia, a sua volta, trova in quanti si dedicano a Dio un esempio attuato, carico di richiamo e pieno di conforto per sé, della totalità di questo ideale.

CORPO

Corpo di Cristo

(55s) – Cristo Risorto si stringe così attorno a noi: questa compagnia è proprio Cristo presente.

Essa è Cristo nella sua realtà umana, è il Corpo di Cristo che si rende presente tanto che Lo si tocca, Lo si vede, Lo si isente.

Il valore di questa compagnia è più profondo di quello che si vede, perché quello che si vede è l’emergenza del Mistero di Cristo che si rivela.

(56) Per introdurci alla comprensione del mistero del Corpo di Cristo possiamo, per analogia, pensare al mistero dell’umana personalità che si documenta attraverso il corpo.

Analogamente, la compagnia attraverso cui Cristo si stringe attorno a noi ci fa conoscere di più chi è Cristo, ci rivela quello che Egli è per noi oggi.

(73) – Se non si offrisse a  noi nel mistero del Suo Corpo, che è la Chiesa, Cristo sarebbe, in ultima analisi, ridotto soggettivisticamente, come contenuto e come metodo.

La Chiesa è perciò il metodo con cui Cristo si comunica nel tempo e nello spazio, analogamente al fatto che Cristo è il metodo con cui Dio ha scelto di comunicarsi agli uomini per la loro salvezza.

(85) – Il nostro io appartiene a questo «Corpo» che è la compagnia cristiana e in esso attinge il criterio ultimo per affrontare tutte le cose.

Tale compagnia è perciò l’unica modalità che ci abilita al reale, ci fa toccare il reale e ci rende reali.

(108) – La morale è amore, è amore all’Essere diventato uomo, avvenimento nella storia, che mi raggiunge attraverso la misteriosa compagnia che storicamente si chiama Chiesa o Corpo misterioso di Cristo o Popolo di Dio: io lo amo dentro questa compagnia.

(145) – Il «sì» a Cristo comporta un inizio di mondo nuovo che si documenta visibilmente nell’unità di coloro che Lo ricnonoscono: si documenta fenomenicamente come unità, la quale ha una profonditàà ontologica originale: è un organismo nel senso reale del termine, è il Corpo di Cristo.

Dilatarsi del Corpo di Cristo

(65) – Il dilatarsi del Corpo di Cristo che è la Chiesa – ili dilatarsi di questa unione misteriosa – è il culmine e il senso della creazione che lo Spirito di Cristo opera investendo come vento la realtà mondana, il tempo e lo spazio, continuamente trasformandoli.

(71) – La realtà di Nazareth si è diffusa in tutto il mondo attraverso l’elezione di uomini costituiti insieme come forma, una realtà unica: è la Chiesa, Corpo di Cristo che si dilata nel tempo e nello spazio, presenza di Colui che è nato dalla Madonna, nella sua continua nascita dentro il mondo, avvenimento di Cristo presente al mondo in tutti i momenti (anni, mesi, giorni, ore e minuti).

È la Chiesa come Corpo misterioso di Cristo Risorto che si dilata che si dilata nel mondo per l’azione del Suo Spirito.

CORREZIONE

(135) – Il paragone con il carisma, così come ci è stato dato, tende a correggere la singolarità della versione, della traduzione, è correzione e suscitazione continue.

Altrimenti il carisma diventa pretesto e spunto per quello che si vuole, copre e avalla ciò che vogliamo noi.

Per limitare questa tentazione che è di ognuno di noi dobbiamo rendere comportamento normale il paragone con il carisma come correzione e come ideale continuamente resuscitato.

Per ora, il paragone ultimante è con la persona con cui tutto è incominciato.

Essa può essere dissolta, ma i testi lasciati e il seguito ininterrotto – se Dio vorrà – delle persone indicate come punto di riferimento, come interpretazione verra di quello che è successo, diventano lo strumento per la correzione e per la risuscitazione; diventano lo strumento per la moralità.

Desiderio di correzione

(98) –  Caratteristica della vera moralità è allora il desiderio di correzione.

Il termine «correggere» che traduce il latino regere cum, indica il camminare reggendosi insieme.

(192) –   Quanto più uno ama la perfezione nella realtà delle cose, quanto più ama le persone per cui fa le cose, quanto più ama la società per cui realizza la sua opera, di qualunque genere, tanto più è per lui desiderabile essere perfezionato dalla correzione.

È questa la libertà nel possedere le cose, che rende l’uomo attore, artefice e protagonista.

CORRISPONDENZA

(21s) – Quando qualcosa si può definire «eccezionale»? Quando corrisponde adeguatamente alle attese originali del cuore, per quanto confusa e nebulosa possa esserne la consapevolezza.

Questa corrispondenza, che dovrebbe essere la normalità suprema, per noi diventa l’eccezionalità suprema.

Quell’uomo per Giovanni e Andrea corrispondeva in modo inimmaginabile alle esigenze irresistibili ed inneganili del cuore.

Nessuno era come quell’uomo: nell’incontro con lui si realizzava una inimmaginata,, inimmaginabile, mai provata corrispondenza del cuore.

(41) – Sperimentare una reale corrispondenza al cuore nostro è una cosa assolutamente eccezionale: l’«eccezionale» connota, anzi, proprio l’esperienza di una tale corrispondenza.

Poiché il cuore nostro è fatto per questa corrispondenza, essa dovrebbe essere normale nella vita: e invece non capita mai; quando capita, ciò costituisce un’esperienza eccezionale.

COSCIENZA DI SE’

(25s) – È un avvenimento – l’irruzione di una novità – ciò che dà inizio al processo per cui l’io incomincia a prendere coscienza di sé, a prendere nota del destino verso cui sta andando, del cammino che sta facendo, dei diritti che ha, dei doveri che deve rispettare, della sua fisionomia intera.

(26) È tale avvenimento dunque ciò che mette in moto il processo per cui l’uomo prende compiutamente coscienza di sé, della sua fisionomia intiera, e inizia a dire io con dignità.

(89) – Approfondire la coscienza di sé come appartenenza è la prima linea di sviluppo di una autocoscienza matura, cioè di una antropologia cristiana.

(172) – La nuova cultura è una diversa coscienza di sé e del cammino comune e implica anche una nuova morale, di cui abbiamo parlato, aiutata da una nuova correzione, da un nuovo modo di condividere la tensione ideale e di perdonare la debolezza di fronte all’ideale.

CREATIVITA’

(192) – Come tutto è correggibile, così tutto deve essere creabile nella obbedienza a Dio.

Questo istinto creatore è ciò che qualifica la libertà in un modo ancor più positivo e sperimentalmente affascinante: una società è fatta dall’imporsi di questa creatività di cui la libertà dell’uomo è capace.

CREATURA NUOVA

(82s) – Il battesimo è l’inizio di una personalità nuova, di una «creatura nuova» nel mondo.

Il battesimo crea un essere più grande, un essere più uomo, dà inizio a una creatura nuova.

L’espressione «creatura nuova» è come un refrain continuamente riecheggiato nel Nuovo Testamento.

«Quindi se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove» 2 Cor 5,17.

«Non è la circoncisione che conta o la non circoncisione, ma l’essere una creatura nuova» Gal 6,15.

(83) San Giacomo parla del Battesimo come l’inizio di «una creazione nuova» Gc 1,18.

Siamo immersi in una realtà «mondana» contraria a ciò che ci è accaduto: essa ha bisogno dell’avvenimento di Cristo, ha bisogno dell’avvenimento di Cristo, ha bisogno che sia testimoniato e vissuto, ma, come coscienza e affezione, è radicalmente estranea e in opposizione alla personalità nuova, alla «creatura nuova» cui Cristo dà inizio.

(90) – Diventare una «creatura nuova» significa avere una coscienza nuova, una capacità di sguardo e di intelligenza del reale che gli altri non riescono ad avere, e una affezione nuova, una capacità di adesione e di dedizione al reale, all’altro da sé, che non è nemmeno immaginabile.

La «creatura nuova» identifica un’intelligenza e un cuore diversi nel mangiare e nel bere, nel vegliare e nel dormire, nel vivere e nel morire.

Le parole che nell’antico Testamento era leggi legate al braccio o scritte sugli stipiti di casa diventano nella «creatura nuova» la coscienza normale con cui attraversare tutto il complesso di circostanze del reale:

«Nell’esperienza di un grande amore […] tutto diventa un avvenimento nel suo ambito».

La creatura nuova ha una mens nuova, una capacità dio conoscere il reale diversa da quella degli altri.

CRISTIANESIMO

(15) – Il cristianesimo è l’annuncio che Dio è diventato un uomo, nato da donna, in un determinato luogo e in un determinato tempo.

(24) – Il cristianesimo è un avvenimento in cui l’io si imbatte e che scopre essergli «consanguineo», è un fatto che rivela l’io a sé stesso.

Che l’uomo sia «salvato» vuol dire che egli riconosce chi è, che riconosce il suo destino e sa come condurre i propri passi verso di esso.  

(54) – In questi ultimi decenni troppo spesso si è tentato di giustificare la validità del cristianesimo secondo i valori dominanti della cultura del momento.

Si è censurato così il dato essenziale che il cristianesimo, dopo duemila anni, è una presenza originale oggi, che veicola in sé la pretesa di un significato per la vita cominciata allora; e la adeguata comprensione del fatto passato si illumina nell’incontro con un avvenimento presente carico di promessa per la vita.

CREAZIONE

(65) – Il dilatarsi del Corpo di Cristo che è la Chiesa – il dilatarsi di questa unità misteriosa – è il culmine e il senso della creazione che lo Spirito di Cristo opera investendo come vento la realtà mondana, il tempo e lo spazio, continuamente trasformandoli.

Creazione nuova

(83) – San Giacomo poi parla del Battesimo come inizio di una «creazione nuova», e san Pietro di una nuova generazione, «non da seme corruttibile, ma immortale».

(86) – L’appartenenza alla compagnia, comunque essa sia, nasce da un avvenimento, da un incontro, dal quale scatta l’inizio di una novità in me, di una percezione e di una adesione a me stesso diverse: scatta l’inizio di una creazione nuova di me che non può essere ricondotta a quello che io penso e sento di me.

La creazione è un avvenimento

(28) – Evento e avvenimento richiamano più il caso che la necessità, sono parole che lambiscono il Mistero.

Anche la creazione è un avvenimento; anzi è il primo e fondamentale avvenimento.

CROCE

(vedi anche sacrificio)

(148) – La coscienza di essere stati scelti per partecipare alla costruzione del Regno di Dio infonde un’onda nuova nel cuore, per cui il sentimento amoroso – attraverso quella strettoia tremenda che si chiama croce, sacrificio – diventa una autentica carità vicendevole.

In questo modo il popolo collabora allo scopo della creazione, collabora con Gesù in croce, secondo l’addensarsi sperimentale della luce, dell’amore e della gioia finali, per cui la Risurrezione di Cristo, come terminale della croce, penetra, assimilandolo, tutto ciò che si conosce, si utilizza e si vive insieme.

(155) – Chi è più fedele tra noi sa bene che questo è il nostro desiderio, il nostro programma quotidiano e la domanda quotidianamente espressa a Dio, specialmente nell’Angelus, uno sforzo quotidiano – ascesi – ripreso nella consapevolezza dei limiti propri e di una fatica che è parte della croce di Cristo: «la mia fatica è parte della Tua Croce, o Cristo».

CULTURA

(176) – La cultura è appunto un modo di vedere, di percepire, di giudicare, cioè di valutare e di decidere riguardo a tutto.

È lo stabilirsi di un orizzonte ultimo da cui parte l’attacco della coscienza dell’io alla realtà e che investe ogni cosa che esso trova sul cammino.

Perciò san Paolo dice: «Questo è il vostro culto spirituale» (Rm 12,1), è la vostra cultura, è il punto di vista nuovo da cui vedere il mondo, la realtà tutta intera.

(180) – Con la parola «cultura» abbiamo definito la modalità profonda con cui dal cuore dell’uomo sorge un’immagine globale dei rapporti con se stesso, con le persone e con le cose.

Cultura nuova

(149) – L’amicizia degli uomini chiamati da Gesù nel Battesimo è l’inizio delle comunità di cui parla McIntyre, l’inizio di una cultura nuova, di un sentimento diverso della società e dello Stato, del mondo.

(171ss) – La cultura nuova indica il «per chi» delle genesi nuova.

Il «per chi» è completamente cambiato: non è più per se stessi, ma per Colui che è morto e risuscitato per noi.

(172) Il «per chi» indica la genesi della cultura nuova.

La nuova cultura è una diversa coscienza di sé e del cammino comune e implica anche una nuova morale, di cui abbiamo parlato, aiutata da una nuova correzione, da un modo nuovo di condividere la tensione ideale e di perdonare la debolezza di fronte all’ideale.

Questa metanoia implica l’esperienza della gratuità come suprema imitazione di Cristo e della misericordia come il comportamento del Mistero di fronte al peccato dell’uomo.

(173) Le caratteristiche della cultura nuova, generata di chi appartiene a questa comunione nella storia, si riflettono in modo singolare nella Lettera ai cristiani di Occidente, del più grande teologo boemo, Josef Zverina (nel testo originale la lettera integrale a pag. 174).

(176) – La cultura nuova è una visione del mondo – dall’io all’Eterno – che parte da un incontro fatto, da un avvenimento cui si partecipa, dall’imbattersi in una Presenza, non da libri che si leggono o da idee che si sentono.

Quando tale Presenza gioca in tutti i rapporti della vita, quando essi sono salvati, coordinati, valutati, usati alla luce di quella Presenza, si ha una cultura nuova.

Questa nasce dunque dalla posizione che uno assumo verso tale Presenza eccezionale e decisiva per la vita.

(178) – Il male è assumere gli schemi di un altro che è estraneo alla nostra nuova cultura.

È una cultura diversa, che poggia su principi nuovi e sviluppa applicazioni diverse; perciò bisogna stare attenti a non assumere gli schemi del mondo.    

(186) – Da questa concezione di cultura e di ecumenismo nasce la necessità di una educazione totalmente diversa.

CUORE

(21) – Nulla è più naturale della soddisfazione compiuta del desiderio ultimo e profondo del cuore, della risposta alle esigenze che stanno alla radice del nostro essere, per le quali di fatto viviamo e ci muoviamo.

Il nostro cuore ha un bisogno ultimo, imperioso, profondo, di compimento, di verità, di bellezza, di bontà, di amore, di certezza finale, di felicità.

Imbattersi in qualcosa di assolutamente e profondamente naturale, cioè corrispondente alle esigenze del cuore chela natura ci dà, è perciò una cosa assolutamente eccezionale.

Ciò che solitamente capita non è mai veramente eccezionale, perché non riesce a rispondere adeguatamente alle esigenze del cuore.

Quell’Uomo per Giovanni e Andrea corrispondeva in modo inimmaginabile alle esigenze irresistibili e innegabili del cuore.

(30) – «Avvenimento» è, però, la parola più difficilmente capita ed accettata dalla mentalità moderna e perciò da ciascuno di noi.

Di tutto il linguaggio cristiano niente è percepito con più resistenza, salvo da chi è puro di cuore e bambino nell’animo, della parola «avvenimento».

(41) – Sperimentare una reale corrispondenza al cuore nostro è una cosa assolutamente eccezionale: l’«eccezionale» connota, anzi, proprio l’esperienza di una tale corrispondenza.

Poiché il cuore nostro è fatto per questa corrispondenza, essa dovrebbe essere normale nella vita; e invece non capita mai, cioè costituisce una esperienza eccezionale.

(182) – Nasce così un approccio critico alla realtà, secondo quanto esprime san Paolo: «vagliate ogni cosa, trattenente il valore» (1 Ts 5,21), il bello, il vero, quello che corrisponde al criterio originale del vostro cuore.

Cuore ferito

(31) – C’è però una ferita del cuore per cui nell’uomo qualcosa si distorce ed egli non riesce con le sole forze a permanere nel vero, ma fisa l’attenzione e il desiderio in cose particolari e limitate.

Il disegno originario, ciò per cui l’uomo è creato, è stato alterato dall’uso arbitrario della libertà; gli uomini tendono così verso un particolare che, sganciato dal tutto, viene identificato con lo scopo della vita.

ABCDEFGILM/NO PRSTUV


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