Libro “Generare tracce nella storia del mondo” di don Luigi Giussani
A – B – C – D – E –F – G – I – L – M/N – O – P – R – S –T – U – V
Lettera «D»
Links ai singoli temi
- dato
- decisione
- desiderio
- destino
- dimenticanza
- dimora
- discepolanza
- disponibilità
- distrazione
- diversità
- dogma
- dolore
- domanda/domandare
- dono
- dramma/drammatico
DATO
(vedi anche dono)
(29s) – Intravedere nel rapporto con ogni cosa qualcosa d’altro significa che il rapporto stesso è un avvenimento; e se l’uomo non guarda il mondo come «dato», come avvenimento, a partire cioè dal gesto contemporaneo di Dio che glielo dà, esso perde tutta quanta la sua forza di attrattiva, di sorpresa e di suggestione morale, vale a dire di suggerimento d’adesione a un ordine e a un destino delle cose.
(30) Avvenimento indica dunque il contingente, l’apparente, lo sperimentabile in quanto apparente, come nato dal Mistero, come un dato, non nel senso scientifico, ma nel senso profondo e originale della parola: dato. Ciò che è dato.
(47) – “Accettando che tutto è grazia, Ti chiedo la grazia”: così si salva totalmente sia il fatto che tutto è grazia, sia il fatto che la grazia di Cristo dipende nella sua efficacia anche dalla mia libertà.
Tutto parte dal riconoscimento di un dono già dato.
DECISIONE
(112s) – Il paradiso implica la decisione tua, implica la responsabilità: perché il Paradiso è per l’uomo e l’uomo è libero.
La responsabilità si esprime come decisione della libertà di fronte alla Presenza riconosciuta come totalmente corrispondente al proprio destino.
Ma troppe volte è sbagliato il nostro modo di concepire la decisione della libertà, come essa fosse un atto determinato ultimamente da me: io deciso di dirti di sì, io decido di dire “sia fatta la tua volontà”.
No è un’altra cosa.
La decisione non può essere presa in senso volontaristico (come sinonimo di forza di volontà).
(114) Il “sì” di Simone non è stato l’esito di una forza di volontà, non è stato l’esito di una “decisione” dell’uomo Simone: era l’emergere, il venire a galla, di tutto un filo di tenerezza e di adesione che si spiegava per la stima che aveva di Lui (perciò era un atto di ragione) per cui non poteva che dire “sì”.
Non era una decisione come noi normalmente la concepiamo, cioè come una modalità con cui la libertà si attui.
(115) La natura della decisione non è un atto energico di volontà,
La decisione nasce come l’instaurarsi di una simpatia.
DESIDERIO
(47) – L’opera dell’uomo è la domanda: il pianto della dimenticanza, cioè dell’attesa, o il gusto del desiderio.
(201s) – Se il potere mira esclusivamente all’ottenimento di una propria immagine sul reale, deve cercare di governare i desideri dell’uomo: il desiderio, infatti, è l’emblema della libertà, perché esprime l’apertura originale dell’uomo all’orizzonte della totalità.
Così i mass media, veicolo principale della cultura secolarizzata, diventano strumenti per l’induzione accanita di determinati desideri e per l’obliterazione o l’estromissione di altri: i desideri dell’uomo, e quindi i valori, subiscono un’essenziale e sistematica riduzione.
Il potere diventa prepotenza di fronte a un’impotenza perseguita attraverso la riduzione sistematica dei desideri, delle esigenze e dei valori.
(202) Nell’appiattimento del desiderio ha origine lo smarrimento dei giovani e il cinismo degli adulti.
(214) – Attraverso lo stupore della sua misericordia Egli ci fa venire il desiderio di essere come Lui.
È ili desiderio che definisce l’animo dell’uomo nuovo.
Non si è veramente umani, se non si desidera di essere misericordiosi come il Padre che sta nei cieli.
La questione è se realmente si desidera.
Allora il miracolo della misericordia è il desiderio di cambiare.
E questo implica l’accettarsi, perché altrimenti non sarebbe desiderio di cambiamento, ma pretesa e presunzione e non diventerebbe domanda ad un altro, non sarebbe affidarsi ad un Altro.
Tale desiderio definisce il presente, l’istante dell’uomo peccatore.
Il miracolo è accettarsi a affidarsi a un Altro presente per essere cambiati, stando di fronte a Lui, mendicando.
Appiattimento del desiderio
(202) – Nell’appiattimento del desiderio ha origine lo smarrimento dei giovani e il cinismo degli adulti.
E nella astenia generale qual è l’alternativa?
Un volontarismo senza respiro e senza orizzonte, senza genialità e senza spazio di libertà.
Un moralismo di appoggio allo Stato inteso come ultima fonte di consistenza per il flusso umano nella storia.
DESTINO
(65) – La partenza e l’esito di tutto, ha una legge generativa che è anche quella del suo sviluppo. Il regno di Cristo è come un grande organismo, la cui legge creativa e di crescita, fino al raggiungimento del suo destino, de suo fine ultimo, che è la gloria totale di Cristo, è la legge della scelta o della elezione.
(80) – Questo inizio datato nel tempo (il Battesimo) potrebbe anche venire sepolto sotto una spessa coltre di terra o in una tomba di dimenticanza e ignoranza, ma esso si àncora, e deve necessariamente tornare, ogni sviluppo del suo cammino al Destino.
(107) – L’amore è un giudizio commosso per una Presenza connessa con il destino.
Approssimarsi del Destino
(118) – Il tempio è il luogo dove l’uomo incontra, udendone la voce e il messaggio, la compagnia del suo Signore, è il luogo dove il Signore indica la strada, il pezzo di strada che a Lui interessa segnalare e dove tutto (la compagnia tra gli uomini e le cose) richiama l’approssimarsi del destino.
Un Altro ci ha fatto incontrare ciò che è decisivo per introdurci nel rapporto certo e definitivo col nostro Destino.
DIMENTICANZA
(80) – Questo inizio datato nel tempo (il Battesimo) potrebbe anche venire sepolto sotto una spessa coltre di terra o in una tomba di dimenticanza e ignoranza, ma esso si àncora, e deve necessariamente tornare, ogni sviluppo del suo cammino al destino.
(104) – La misericordia è la posizione del Mistero verso qualsiasi debolezza, errore e dimenticanza dell’uomo: Dio, di fronte a qualsiasi delitto dell’uomo, lo ama.
(162) – L’ultimo capillare di questo odio a Cristo è il nostro io, dimentico e indifferente.
Il terminale più interessante, più decisivo, è in me, in noi, nella nostra mente e nel nostro cuore.
Il rifiuto comincia lì, la dimenticanza è generata e coltivata lì, l’assenza e l’inospitalità si induriscono lì: in noi, in me.
Dimenticanza di sé
(170) – Si potrebbe anche dire che lo struggimento di cui parla Paolo è il dramma di una “dimenticanza” di sé, di un “annullamento” di sé per una metanoia reale che giunge a porre come contenuto dell’autocoscienza, invece dell’io, il Tu.
DIMORA
(vedi anche casa)
(118s) – Le circostanze implicano un luogo in cui Dio chiede all’uomo che tutto sia incentrato e si operi come segno del rapporto Suo con l’uomo e dell’uomo con Lui, e sia totalmente funzione della volontà di Dio nella storia.
Questo luogo si chiama biblicamente “dimora”, “casa”, “tempio”.
Il tempio è il luogo dove l’uomo incontra, udendone la voce e il messaggio, la compagnia del suo Signore, è il luogo dove il Signore indica la strada, il pezzo di strada che a Lui interessa e dove tutto (la compagnia tra gli uomini e le cose) richiama l’approssimarsi del Destino.
Questa compagnia fissataci dallo Spirito di Cristo ha una struttura, una ossatura, un parametro costitutivo preciso.
Tale parametro fondamentale, per il costituirsi della struttura di questa compagnia, è la “casa” o la “dimora”.
Una dimora è come il coagularsi della compagnia, della comunità, della carità, in una dimensione reale, quotidiana, di spazio.
(119) La grande dimora della Chiesa si incarna, si realizza in termini capillari (come le vene che terminano in sottilissimi capillari) per cui essa diventa presente in ogni luogo, prescelto dal disegno di Dio.
La grande dimora della Chiesa si realizza infatti dentro le case, le dimore, che indicano il condensarsi, il coagularsi della sua vita in una dimensione quotidiana di spazio e di tempo.
(125) – La dimora (famiglia, monastero, casa) indica la realtà in cui si vive, nei rapporti quotidiani, con pazienza, con comprensione, dove tutto è per noi, dove tutto ci accoglie, dove tutto ci sospinge alla speranza, dove tutto lenisce le ferite, dove tutto di noi, tutto quello che siamo, viene accolto.
Come diceva san Gregorio di Nissa: «Il vincolo della nostra unità è un’autentica gloria».
DISCEPOLANZA
(88) – Peguy: «Non che non si debba avere un maestro, ma uno deve discendere dall’altro per le vie naturali della filiazione, non per le vie scolastiche della discepolanza».
Questo è dunque il dinamismo implicato dall’appartenenza, questo è il bisogno di una compagnia vera, perché essa sia sorgente di missione in tutto il mondo: non discepolanza, non ripetitività, ma figliolanza.
DISPONIBILITA’
(120) – Un uomo e una donna non possono fondare un rapporto stabile ed essere una compagnia al Destino l’uno dell’altro, se non in quanto sono disponibili a collaborare al disegno che Dio ha sul mondo, vale a dire alla creazione, alla generazione di un popolo che percorra tutta la strada della storia per sfociare nel mare della gloria definitiva di Cristo l’ultimo giorno.
(219) – (Il cristiano) per vivere l’amore, non occorre che faccia somme, addizioni di virtù e di perfezioni; deve, nonostante quel che è, accettare il disegno di un altro, deve essere disponibile al volere di Dio.
DISTRAZIONE
(157) – Se Cristo è un avvenimento presente, Lo incontriamo tutti i giorni; eppure non ce ne accorgiamo, perché siamo distratti.
DIVERSITA’/DIFFERENZA
(vedi anche eccezionalità)
(37s) – L’urto con una diversità irriducibile.
Ciò che caratterizza il fenomeno dell’incontro è una differenza qualitativa, una percepibile differenza di vita.
L’incontro è cioè l’imbattersi in una diversità che attrae in quanto corrispondente al cuore., passa cioè attraverso il paragone e il giudizio della ragione, e suscita la libertà nella sua affettività.
(38) L’incontro stabilisce l’urto con una diversità, coincide con l’esperienza di una differenza che colpisce.
Ma differenza da che? Dalla mentalità comune, dal modo solito di concepire ciò che si desidera, dal modo «normale» di entrare in rapporto con la realtà in tutti i suoi dettagli.
La persona in cui ci imbattiamo diventa «incontro» se la troviamo impegnata in modo «diverso» – con una diversità che attrae – con le cose di tutti, se cioè parlando, mangiando, bevendo, essa rende percepibile e offre alla nostra esistenza una differenza qualitativa, così che andiamo via percossi dal fatto che il mangiare e il bere abbiano un significato assoluto e che una parola detta per scherzo abbia un valore eterno.
(142) – Il «sì» di Pietro è l’inizio di un rapporto nuovo della singola persona con tutta la realtà.
[ … ] diventa diverso il modo di andare al lavoro, di affrontare la pesantezza di una incongruenza, di un dubbio che viene, di un interrogativo che grava sul cuore; diventa diverso l’atteggiamento davanti alla morte e davanti a una vita che nasce.
Alla radice della diversità di questi atteggiamenti sta il trionfo della pietà che Cristo ebbe per l’uomo.
DOGMA
(129s) – Il carisma introduce alla totalità del dogma.
Se il carisma è la modalità con cui lo Spirito di Cristo ci fa percepire la sua Presenza eccezionale, ci dà il potere di aderirvi con semplicità e amorosità, è vivendo il carisma che si illumina il contenuto oggettivo del dogma.
Non si imparano i dogmi, e soprattutto essi non incidono esistenzialmente nella vita, solo se li si studia astrattamente.
I dogmi si imparano e si vivono nell’incontro e della sequela della vita della Chiesa, secondo l’accento persuasivo ed esistenzialmente affascinante del carisma.
Il carisma è dunque la modalità con cui lo Spirito facilita e rende più consapevole e più fruttuosa la percezione del dogma, la percezione del contenuto totale dell’Avvenimento.
DOLORE
(98) – Sintomo ultimo della moralità come tensione è l’assenza di scandalo: un cristiano che vive la compagnia non si scandalizza di nulla, ha dolore del male, non scandalo.
(209) – Nel famoso quadro di Rembrandt il figliol prodigo è lo specchio del Padre.
Il volto del Padre è pieno di dolore per l’errore del figlio, per la sua negazione, pieno di dolore che rifluisce tutto in perdono.
Nel quadro di Rembrandt, il Padre è in posizione speculare rispetto al figlio: in lui si riverbera il dolore del figlio, e perciò la disperazione salvata, la distruzione impedita, la felicità che sta per riaccendersi, nell’istante in cui sta per riaccendersi, dove trionfa la bontà.
(213s) – Dio ci supera da ogni parte perché, proprio attraverso lo stupore che ci invade di fronte alla Sua misericordia, ci fa venire in primo luogo, un dolore di noi stessi mai sperimentato prima, ma non esasperato, né egoista, come quando sentiamo la nostra dignità ferita e proviamo ribrezzo di noi stessi.
In forza della rivelazione della Sua misericordia – per cui sembra avallare tutti i comportamenti umani, mentre non è così – Dio ci fa pieni di dolore per il male che prima nemmeno riconoscevamo.
È il dolore per i propri peccati che si impone, come inizio storico dell’amore che attende una riscossa.
(214) L’uomo si accetta e si affida, si abbandona, per essere cambiato, a un Altro.
Questo è il dolore.
L’uomo è lieto perché Dio vive: il suo dolore è carico di letizia, ma è sempre dolore, un dolore di sé.
E tuttavia è un dolore che ride, come quello dei bambini che sono caduti e hanno la faccia piena di lacrime e di pianto per il dolore che sentono, ma sorridono alla madre o al padre presente.
DOMANDA/DOMANDARE
(47ss) – La domanda, dunque, sorge di fronte ad una Presenza, altrimenti non è una domanda ragionevole
Ora, il riconoscimento di tale Presenza non presuppone un cammino compiuto: la domanda dà inizio ad un cammino, ad un itinerario di domande rivolte a un Tu presente.
(48) Come avvenne a Pietro, quando di fronte alla domanda di Gesù: «Voi chi dire che io sia?» rispose con impeto: «Tu sei Cristo, il Figlio del dio vivente».
La risposta dell’uomo alla richiesta di Cristo è domanda di poter rispondere alla Sua richiesta, poiché niente riesce ad avvenire se non per grazia.
(155) – Chi è più fedele tra di noi sa bene che questo è il nostro desiderio, il nostro programma quotidiano, e la domanda quotidianamente espressa a Dio, specialmente nell’Angelus; uno sforzo quotidiano – ascesi – ripreso nella consapevolezza dei limiti propri e di una fatica è parte della tua croce, o Cristo: «la mia fatica è parte della Tua croce, o Cristo».
Quale nobiltà più grande potevamo ereditare, quale grazia più grande!
(215) – La domanda è tutta l’espressione dell’uomo ora, nell’istante.
Allora non si ha più paura di niente, non si ha persino più paura di sé.
DONO
(44s) – La fede appartiene all’avvenimento perché, in quanto riconoscimento amoroso di una presenza eccezionale, è un dono, è una grazia.
(45) È grazia riconoscere Cristo e questo riconoscimento è dono di sé a Lui nella semplicità originale.
(47) – Tutto parte dal riconoscimento di un dono già dato.
(127) – È il dono dello Spirito Santo che fissa e determina per ciascuno di noi nella Chiesa la concretezza di una dimora, di una compagnia umana per rendere più persuasivo il cammino al Destino.
Questo dono della carità di Dio rende possibile la fede, la coscienza della presenza di ciò che è iniziato come Fatto nella storia duemila anni fa.
DRAMMA/DRAMMATICO
(156) – La vita come ascesi, come dramma, come lotta per il bene, è introdotta nel mondo solo da Cristo.
(169s) – L’Apostolo (Paolo) definisce la missione, nei suoi termini sostanziali, come lo struggimento che nasce dalla memoria dell’amore di Cristo.
(170) Si potrebbe anche dire che lo struggimento di cui parla Paolo è il dramma di una «dimenticanza» di sé, di un «annullamento» di sé per una metanoia reale che giunge a porre come contenuto dell’autocoscienza, invece dell’io, il Tu.
L’obbedienza esistenzializza il summum ius: il culmine del diritto di Dio sulla nostra vita.
Ed essa è la virtù anche dell’amicizia con l’Essere, il vertice della comunione con il Mistero.
Non c’è parola più drammatica di questa: essa indica l’aspetto più drammatico della questione morale, come radice della alternativa fra una visione del mondo e un’altra, fra una percezione della coscienza dell’uomo in cui la realtà ultimamente è il Signore e quella in cui il signore della realtà è ciò che pensa o sente l’uomo.
È la vita del cristiano in quanto dimostra questa obbedienza che «testimonia» il Signore.
A – B – C – D – E –F – G – I – L – M/N – O – P – R – S –T – U – V
