Temi di “Generare tracce nella storia del mondo”


Libro “Generare tracce nella storia del mondo” di don Luigi Giussani

ABCDEFGILM/NO PRSTUV

Lettera «E»



ECCEZIONALITA’

(19ss) – Quell’uomo avrà dunque affermato, tra le altre cose, di essere lui il Messia, Colui che doveva venire.

Ma era stato così ovvio nella eccezionalità dell’affermazione che essi l’hanno con sé come se fosse una cosa semplice, come se fosse una cosa facile da capire.

(20) Perché era facile riconoscerlo? Per una eccezionalità senza paragone.

Avevamo davanti agli occhi una eccezionalità senza paragone: erano entrati in contatto con un uomo eccezionale, assolutamente non comune, irriducibile ad ogni analisi.

(21) che cosa vuol dire «eccezionale»? quando qualcosa si può definire «eccezionale»?

Quando corrisponde adeguatamente alle attese originali del cuore.

L’eccezionale è, paradossalmente, l’apparire di ciò che è più «naturale» per noi.

Questa corrispondenza che dovrebbe essere la normalità suprema, per noi diventa l’eccezionalità suprema.

Imbattersi in qualcosa di assolutamente e profondamente naturale, cioè corrispondente alle attese del cuore che la natura ci dà, è perciò una cosa assolutamente eccezionale.

Vi è una strana contraddizione: ciò che solitamente capita non è mai veramente eccezionale, perché non riesce a rispondere adeguatamente alle esigenze del cuore.

È l’eccezionalità con cui appare la figura di Cristo ciò che allora rende facile il riconoscerlo.

Quell’uomo per Giovanni e Andrea corrisponde in modo inimmaginabile alle esigenze irresistibili ed innegabili del cuore.

(22) Imparare dalla sua eccezionalità era una simpatia ultima realizzata.

(38s) – (Giovanni e Andrea) non avevano mai fatto un incontro di quel genere, non si sarebbero mai immaginati uno sguardo, un abbraccio e un ascolto così umani, che portavano con sé qualcosa di strano, di totalmente gratuito, di eccezionale, al di là di ogni loro capacità di previsione.

(39) Chi si imbatteva in Lui non se ne sarebbe mai andato via – e questo è proprio il segno della sperimentata corrispondenza -. L’incontro è l’imbattersi in una simile, eccezionale presenza.

(41) – Sperimentare una reale corrispondenza al cuore è una cosa assolutamente eccezionale: l’«eccezionale» connota, anzi, proprio l’esperienza di una tale corrispondenza.

Quando capita, ciò costituisce un’esperienza eccezionale.

ECUMENISMO

(167) – Missione ed ecumenismo. La cultura nuova.

Vivere per l’opera di un altro indica la genesi di una cultura nuova: non vivere più per sé stessi, ma per Colui che è morto e risorto per noi.

(181) – Il termine cristiano che bene esprime l’originalità e lo sviluppo nella totalità dei suoi fattori è «ecumenismo», assunto nella sua originaria derivazione etimologica da oikumene.

L’ecumenismo parte dall’avvenimento di Cristo, che è l’avvenimento della verità di tutto ciò che è, di tutto il tempo e lo spazio, della storia.

È l’avvenimento della verità nel mondo.

L’ecumenismo non è una tolleranza generica che può lasciare ancora estraneo l’altro, ma è un amore alla verità che è presente, fosse anche per un frammento, in chiunque.

EDUCARE

(53s)Un avvenimento presente si può spiegare solo in forza di un avvenimento del passato: è un percorso educativo.

(54) Fa capire che quello che sperimentiamo adesso nell’esperienza cristiana ha un valore soprattutto educativo, chiarificatore: fa capire che quello che sperimentiamo adesso nell’esperienza cristiana è ciò che hanno vissuto i monaci del Medio Evo, e prima ancora Giovanni e Andrea.

Qui si innesta tutto il lavoro educativo che occorre sviluppare soprattutto nei confronti dei giovani, perché a partire dal fascino dell’incontro ci si renda conto di tutto quello che è in esso implicato.

(186ss)Educare significa aiutare l’animo dell’uomo a entrare nella totalità della realtà.

(187) Educare è aiutare a capire i fattori della realtà nel loro moltiplicarsi fecondo fino a una totalità che resta sempre il vero orizzonte della propria azione.

(188) Educare significa mantenere viva questa ricerca di «altro».

L’orizzonte per cui l’uomo si muove, qualsiasi cosa faccia, è infatti l’infinito.

Educare alla libertà

(189ss) – Non si può educare se non rivolgendosi alla libertà, impegnandola alla responsabilità e all’azione.

La libertà definisce l’io: è già tutta presente quando l’uomo dice «io», è già tutta presente quando l’uomo dice «io», è tutta in questo dire io.

Ma la libertà è anche ciò a cui si deve educare.

Normalmente si pensa – amaramente e tristemente – alla libertà come assenza di legami.

(190) Libertà è dunque fare ciò che pare e piace? No! la libertà non è questo.

Sperimentalmente, anche psicologicamente, l’uomo si sente libero, veramente libero, non quando fa quello che gli pare e piace, ma, più acutamente, quando è soddisfatto, quando una cosa lo soddisfa, lo compie.

La libertà non è ciò che giustifica l’agire dell’uomo entro i limiti con i quali misura la realtà.

La libertà non è l’esercizio di una misura che restringe il reale tra quattro mura, siano esse piccole come quelle di una stanza o grandi come quelle dell’universo; perché l’universo è sempre una stanza, allargata indefinitamente ma sempre una stanza, «terrena stanza» come la definiva Leopardi.

(191) La libertà non è l’attività che l’uomo svolge prendendo se stesso come misura di tutte le cose, come spazio in cui essere padrone, ma è adesione a una realtà che non ha mai finito di essere inquisita.

La libertà è quel livello della natura in cui la natura diventa capace di rapporto con l’infinito, dice «Tu» a questa ineffabile, incomprensibile, inimmaginabile presenza senza la quale non è concepibile nulla, perché nulla si fa da sé:

La libertà vera è dunque la capacità che l’uomo ha di aderire all’essere: non solo di decidere, ma di approvare l’essere e aderirvi.

(192) Questa libertà tesa, ad abbracciare sempre più la realtà, diventa fattore di ricerca nel momento in cui si blocca la conoscenza delle cose e quindi l’impostazione della propria opera entro l’angustia di una propria misura del mondo, quando cioè l’azione avviene senza il senso di quell’«oltre» che sta dentro e dietro tutto ciò che l’uomo brandisce.

La libertà infatti ci rende più attenti a ogni richiamo e a ogni correzione, nel senso etimologico sottolineato (reggersi insieme).

Ma la libertà oltre che fattore di ripresa continua, è anche impeto creatore.

Quest’istinto creatore è ciò che qualifica la libertà in un modo ancor più positivo e sperimentalmente affascinante: una società è fatta dall’imporsi di questa creatività di cui la libertà dell’uomo è capace. Possiamo ora segnalare i fattori nei quali si verificano una educazione attuata dell’adulto e una libertà dell’uomo conclamata con serietà, una educazione e una libertà concepite secondo il loro significato profondo e originale.

Educare alla vita sociale

(193ss)L’educazione alla libertà compiuta giunge fino a esprimersi come educazione alla vita sociale. Nell’approssimazione del rischio di ogni momento contingente.

Una educazione alla vita sociale implica 4 punti fondamentali:

  • L’educazione al lavoro e alle opere
  • La libertà di educazione
  • L’educazione alla giustizia
  • Educazione alla vita politica.

A) – Il lavoro e le opere

La compagnia cristiana ci educa a entrare nella realtà totale attraverso la manipolazione della realtà stessa, attraverso il lavoro (il lavoro della casalinga e della madre col bambino, del grande manager o di chi detiene il potere più corposo e copioso).

Nel lavoro l’uomo tende a investire di sé, del suo progetto, del suo ideale, tempo e spazio.

Per il cristianesimo, il lavoro umano è lento inizio di un dominio dell’uomo sulle cose, di un governo cui egli aspira realizzando l’immagine di Dio, il «il Signore».

La stima sincera del lavoro rende intollerabile il fatto che altri non possano lavorare, perché l’educazione alla libertà è astratta se un uomo non ha un compito da svolgere.

È impossibile che avvenga l’educazione alla libertà senza la possibilità di un lavoro. 

B) – La libertà di educazione

La libertà ha la sua espressione privilegiata nel poter giudicare.

GPII:« Fuori della libertà non può esserci cultura».

Il processo educativo è un rischio proprio in quanto si gioca tutto sulla libertà di chi educa e sulla libertà di chi viene educato.

Se questa libertà è inerente all’educazione, si comprende allora come la condizione essenziale per una dignità dello sviluppo educativo e di cultura risieda nella possibilità di valorizzare la propria posizione culturale e di comunicarla, liberamente ad altri.

Per poter educare alla libertà deve esserci la possibilità di educare liberamente.

La preoccupazione educativa è certamente il più grande segno di volontà di dono e di passione amorosa per l’uomo.

Come è desiderabile, di fronte a chi si ama, la libertà di educare, nell’educare, nell’aiutare a entrare nella realtà intera.

Ma una vera umanità non può svilupparsi in un regime di costrizione.

Fuori della libertà non ci possono essere né una vera educazione umana, né un’autentica cultura: perciò l’educazione e la cultura, che nascono libere, devono anche diffondersi in libertà.

C) – La giustizia

In una società libera una giustizia vera è fonte di pace, che è segno di una appartenenza giusta a Dio.

Ma per raggiungerla non basta la nostra giustizia.

È ovvio, infatti, che in nome di una presunta giustizia (ad esempio storica o di classe) talvolta si annienta il prossimo, lo si uccide, lo si priva della libertà, lo si spoglia di elementari diritti umani.

La civiltà c’è quando la giurisprudenza rispetta queste esigenze originali e irriducibili che non possono essere sacrificate da nessuna norma e da nessun potere.

Il perfezionarsi anche della giustizia, nasce dal rapporto con il destino fatto uomo, con un «Tu» vivente e presente nella complessità delle vicende umane.

D) – La vita politica

Intendiamo per «potere» quello che romano Guardini indica in un libro come fattore di definizione dello scopo comune e di organizzazione delle cose necessarie per il suo raggiungimento.

Se il potere mira esclusivamente all’ottenimento di una propria immagine sul reale, deve cercare di governare i desideri dell’uomo: il desiderio infatti è l’emblema della libertà.

Il potere diventa prepotenza di fronte a un’impotenza perseguita attraverso la riduzione sistematica dei desideri, delle esigenze e dei valori.

Nell’appiattimento del desiderio ha origine lo smarrimento dei giovani e il cinismo degli adulti.

E nell’astenia generale qual è l’alternativa? Un volontarismo senza respiro e senza orizzonte, senza genialità e senza spazio di libertà.

Un moralismo di appoggio allo Stato inteso come ultima fonte di consistenza per il flusso umano della storia.

Al contrario politica vera è quella che difende una novità di vita nel presente, capace di modificare anche l’assetto del potere.

La politica deve essere perciò secondo una posizione ideale, vale a dire secondo un esplicito riconoscimento del nesso originale dell’uomo con il suo destino.

Una politica che sia preoccupata non di una posizione ideale, ma di «riuscire» attraverso il potere conquistato, è una politica nemica del popolo.

Una politica preoccupata di una posizione ideale stabilisce invece un’onda educativa, realizzando un respiro maggiore di libertà per tutti, perciò una maggiore creatività e fantasia.

Bisogna che la politica sia fatta da gente che ha veramente interesse per l’uomo.

Questo è un dovere che incide sulla scelta di chi ci deve rappresentare.

EGOCENTRISMO

(172) – Chi non vive più per sé ma per il Tu di Dio risulta essere non un io egocentrico, ma un io che afferma la gratuità del Mistero creatore, che appartiene in tutto all’unità che trae origine dal Battesimo, unità di sé e unità che trae origine dal Battesimo, unità di sé e unità con gli altri.

Il rapporto «io-Tu» tra me e Cristo è un rapporto che porta in sé tutto di me, e quindi porta in me tutti quelli che partecipano a Cristo, come se fossero uno solo.

(178) – Se riflettiamo sulla nostra esperienza ci accorgiamo di come, spesso, tende a prevalere un egocentrismo, che decide da sé i fattori costitutivi dell’Avvenimento cui diciamo di appartenere e che non nasce da noi: in luogo dell’obbedienza si impone l’affermazione di ciò che pensiamo noi.

ELEZIONE

(78) – In capo a tutto sta la scelta che Cristo fa di noi: scelta, elezione.

Per la presunzione dell’uomo e per l’ideologia corrente, niente è più irrazionale e antidemocratico di questa parola: elezione, essere scelti.

Ma senza questa parola non vi sarebbe nulla.

C’era il nulla, il nulla di tutto, ma, più puntualmente, il nulla di te e di me: la parola «elezione» segna il limite, la soglia, tra il nulla e l’essere.

L’essere fiorisce, dal nulla, come scelta, come elezione: non esiste altra condizione proponibile, non esiste altra pensabile premessa.

Questa scelta e questa elezione sono la pura libertà del Mistero di Dio in azione, la libertà assoluta del Mistero che si esprime.

Il Mistero di Dio, che si esprime come libertà nella scelta o nella elezione, vibra, può e deve vibrare, con timore e tremore, con umiltà assoluta, dentro la preferenza umana, perché la preferenza umana è l’ombra della scelta della libertà di Dio.

Ma la scelta della libertà di Dio, che elegge Uno, nascosto come un piccolo fiore invisibile nel seno della Madonna, è per tutto il mondo.

È mirabile questo paradosso supremo della preferenza che sceglie ed elegge per abbracciare il mondo, per trascinare con sé il mondo.

La scelta e l’elezione, nel realizzarsi della preferenza, coincidono con un amore che si fissa su ogni realtà vivente, su ogni uomo vivente, su ogni carne.

«A lui ha dato il potere su ogni carne»: all’uomo che sceglie ed elegge, Cristo partecipa il potere su ogni carne.

(115) – La forma concreta della elezione è il tempio nel tempo.

L’io nuovo nasce dal gesto di elezione di Cristo che lo inserisce nella compagnia umana generata dal Suo Spirito, nella Chiesa.

Questa elezione assume una forma concreta storica.

(140) – La legge generativa dinamica di questo popolo è l’elezione.

Gli eletti, coloro che Cristo ha voluto chiamare, ricevono come compito la missione, affidata loro per lo svolgersi del disegno del Padre nel mondo.

L’essere mandati è inerente all’essere scelti attraverso il fatto del Battesimo.

ESCATOLOGISMO

(179) – Oggi, in particolare, si pretende di identificare il tessuto del Fatto cristiano non tanto con l’Avvenimento di una Presenza, ma con qualcosa che si affermerà soltanto alla fine dei tempi: è l’escatologismo.

Potremmo definirlo come una esaltazione maniacale della venuta finale di Cristo, per cui Egli non c’entra più con l’hic et nunc.

L’escatologismo distrae quindi dalla responsabilità storica. Perciò l’escatologismo non può che identificarsi con il puro fideismo.

ESIGENZA

(21) – Nulla è più naturale della soddisfazione compiuta del desiderio ultimo e profondo del cuore, della risposta alle esigenze del cuore che stanno alla radice del nostro essere.

Imbatterci in una risposta a queste esigenze dovrebbe essere la cosa più ovvia e normale.

(Invece) Imbattersi in qualcosa di assolutamente e profondamente naturale, cioè corrispondente alle esigenze del cuore che la natura ci dà, è una cosa assolutamente eccezionale.

Vi è una strana contraddizione: ciò che solitamente capita non è mai veramente eccezionale, perché non riesce a rispondere adeguatamente alle esigenze.

Quell’uomo per Giovanni e Andrea corrispondeva in modo inimmaginabile alle esigenze irresistibili e innegabili del cuore.

(32s) – Rifiutando pregiudizialmente di considerare il metodo scelto da Dio per rispondere alla esigenza di significato totale dell’uomo – un Fatto nel tempo e nello spazio – la mentalità moderna confonde «senso religioso» e «fede».

In ogni «io» umano che osserva se stesso in azione nel suo vivo e attivo presente, il senso religioso identifica il carattere ultimo dell’esperienza esistenziale, il livello cioè di quegli inestirpabili desideri, di quelle irriducibili esigenze che ogni uomo sorprende come costitutive del proprio essere.

(33) […] in ogni azione l’uomo è provocato da un bisogno.

Essendo esso dettato da un aspetto delle esigenze del cuore, la sua risposta vera ed esauriente è incommensurabile.

Ogni «religiosità» nasce dalla esigenza di un significato totale, manifestandosi come intuizione vissuta del Mistero, in quanto incommensurabile risposta a tale esigenza.

(60s)L’esigenza di unità sta alla radice di tutta l’espressione della vita dell’io, appartiene alla definizione dell’io.

(193) – È soprattutto nell’affrontare le circostanze quotidiane implicate nel suo lavoro che l’uomo approfondisce la dinamica originale che, dall’impatto continuo con la realtà, fa emergere le esigenze costitutive del suo io (l’esigenza di bene, di verità, di bellezza).

ESPERIENZA

(32)L’esperienza vissuta tutti i giorni è che gli uomini tendono a identificare la totalità della vita con qualcosa di parziale e limitato.

E uscire da questa parzialità non è nelle nostre mani. Nessuno di noi riesce da solo a riportarsi a uno sguardo vero sul reale.

In ogni «io» umano che osserva se stesso in azione nel suo vivo e attivo presente, il senso religioso identifica il carattere ultimo dell’esperienza esistenziale, il livello cioè di quegli inestirpabili desideri, di quelle irriducibili esigenze che ogni uomo sorprende come costitutive del proprio essere.

(178) – Se riflettiamo sulla nostra esperienza ci accorgiamo di come, spesso, tende a prevalere un egocentrismo, che decide da sé i fattori costitutivi dell’Avvenimento cui diciamo di appartenere e che non nasce da noi: in luogo dell’obbedienza si impone l’affermazione di ciò che pensiamo noi.

ETICA NUOVA

(vedi anche moralità nuova)

(98) – Sintomo ultimo della moralità nuova come tensione è assenza di scandalo: un cristiano che vive la compagnia non si scandalizza di nulla, ha il dolore del male, ma non scandalo.

Come questa moralità nuova è entrata nel mondo? Come si è manifestata?

Il capitolo 21° del Vangelo di Giovanni è la documentazione affascinante del sorgere storico dell’etica nuova (“il mi ami tu” “si lo sai che io Ti amo”).

(101) Questo «sì» è la scaturigine della moralità, il primo fiato di moralità sul deserto arido dell’istinto e della pura reazione.

EUCARESTIA

(Vedi anche Sacramento)

(81) – il gesto che rende possibile il cammino della nuova creatura, rifatta dalla potenza di Dio e capace perciò di cose nuove, è l’eucarestia, viatico, cibo del cammino, alimento vero della persona, della sua speranza.

Continuamente, in questo gesto, cristo, donandosi, perfeziona l’uomo in se stesso.

Dentro il segno della materia, realmente avviene che il segno indica: Cristo diventa unità con me.

In un segno realmente si comunica alla nostra vita un rapporto ontologico, inimmaginalmente profondo.

EVENTO

(Vedi anche avvenimento)

(28) – (Boezio) il caso può essere definito come «evento imprevedibile».

Evento significa «venire da» (e-venio), avvenimento «venire a» (ad-venio).

EVIDENZA

(93) – Non c’è evidenza più grande, non esiste niente di più evidente, per un uomo che usi la ragione, del fatto che in questo istante, in questo momento, io non mi faccio da me: io sono tu che mi fai, io sono un altro che mi fa.

Il Mistero di Dio che mi genera è sceso così vicino a me da svelare la sua identità con la mia fattura, con il mio essere, con la mia consistenza.

(191) – Non c’è nessuna evidenza più imponente di questa: in questo istante, la cosa più evidente per me, secondo la mia maturità, più evidente ancora del fatto che io ci sia, che io esista, è che non mi faccio da me.


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