Libro “Generare tracce nella storia del mondo” di don Luigi Giussani
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Lettera «G»
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GIOIA
(124) – Nella casa, nella famiglia, tra quegli amici, si incontra continuamente l’Avvenimento di quella Presenza che, se è riconosciuta, cambia lo sguardo di sé e di tutte le cose.
Il rapporto con tutte le cose diventa occasione di bene nel presente che trascorre, capace continuamente di recuperare, di provocare letizia, di essere fonte di gioia, di sicurezza e di amore, il cui culmine è il perdono.
(154) – Non esiste niente, al di fuori della passione per la gloria umana di Cristo, che possa con un minimo di stabilità e di equilibrio dare gioia al cuore; e questa gioia diventa la testimonianza della sua gloria: «Popolo di Sion, ecco il Signore viene a salvare tutte le genti; il Signore manifesterà la sua gloria a avrete gioia nel cuore».
Quando Gesù disse: «Tutte queste cose vi ho dette affinché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena».
Paolo sottolinea che la «gioia piena» non coincide con il realizzarsi di un progetto di egemonia nel mondo, secondo analisi o valori determinati dall’uomo.
(205) – «Nella semplicità del mio cuore lieto ti ho offerto tutto e così ho visto il tuo popolo con grande gioia offrirti doni».
È l’eco dell’ultima raccomandazione di Gesù: «Vi ho detto tutte queste cose affinché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena».
E Cristo parlava di questa gioia poche ore prima di essere assassinato.
L’avvenimento di Cristo c’entra con l’adesso, tanto che cambia efficacemente, più efficacemente di tutte le risorse sociale che si possano immaginare, perché la parola «gioia», o «letizia», non può essere lo scopo assicurato da alcuna risorsa sociale pur nuovamente concepita.
GIUDICARE/GIUDIZIO
(45) – La fede è il «riconoscimento» che Dio è diventato fattore dell’esperienza presente.
In quanto «riconoscimento», è un atto della ragione, un giudizio, non un sentimento o uno stato d’animo.
(107) – L’amore è un giudizio commosso per una Presenza connessa con il destino.
L’amore è un giudizio commosso per una Presenza connessa con il destino, che io scopro, intravedo, pre-sento connessa con il mio destino.
(113) – (Mi ami tu?) Lo stupore iniziale era un giudizio che diventava immediatamente un attaccamento: era un giudizio ch’era come una colla, un giudizio che incollava Pietro e i discepoli a Lui.
(114) – Non era un attaccamento sentimentale, un fenomeno emozionale; era un fenomeno di ragione, una manifestazione di quella ragione che ti «attacca» alla persona che hai davanti in quanto è un giudizio di stima: guardandola, nasce una meraviglia di stima che ti fa attaccare ad essa.
GIUSTIZIA
(198ss) – In una società libera una giustizia vera è fonte di una pace, che è il segno di una appartenenza giusta a Dio.
Ma per raggiungerla non basta la nostra giustizia.
GPII: «Questa specie di abuso dell’idea della giustizia e la pratica alterazione di essa attestano quanto l’azione umana possa allontanarsi dalla giustizia stessa, pur se venga intrapresa nel suo nome.
Non invano Cristo contestava ai suoi ascoltatori, fedeli alla dottrina dell’antico Testamento, l’atteggiamento che si manifestava nelle parole “Occhio per occhio, dente per dente”: questa era la forma di alterazione della giustizia in quel tempo; e le forme di oggi continuano a modellarsi su di essa.
È ovvio, infatti che in nome di una presunta giustizia (ad esempio storica o di classe) talvolta si annienta il prossimo, lo si uccide, lo si priva della libertà, lo si spoglia di elementari diritti umani.
(199) Perché ci sia la pace nella vita sociale occorre una giustizia che sia attivata seriamente e lealmente, rispettando innanzitutto quei diritti del singolo, della persona, che hanno caratterizzato la storia della giurisprudenza nella civiltà.
Non si può affermare una giustizia calpestando i valori di cui è tessuta naturalmente la vita di un popolo, distruggendo il benessere e la possibilità di uno sguardo al futuro, facendo smarrire i cuori più attenti.
“Summum ius, summa iniuria”: questa affermazione contesta da una parte la pretesa astratta e quindi violenta di una misura assoluta di giustizia, svincolata dalla considerazione della totalità dei fattori che costituiscono il bene della persona e il bene comune, e indica d’altra parte la necessità di un riferimento che non si esaurisca all’interno dell’umana misura, ma attinga alla forza di Cristo, che è risposta vera e immagine ideale dell’esigenza umana di giustizia.
(200) Ciò è reso clamorosamente evidente dalla realistica constatazione, continuamente suggerita dall’esistenza, che per una vera giustizia non basta la buona volontà dell’uomo, la sua coerenza.
La perfezione, infatti, non è l’esito di una coerenza.
Il perfezionarsi, anche per la giustizia, nasce dal rapporto con il destino fatto uomo, con un «Tu» vivente e presente nella complessità delle vicende umane.
(207) – (Il giorno di Cristo, il giorno della misericordia) L’ultimo passo possibile alla ragione di identifica piuttosto con la parola «giustizia».
GLORIA UMANA DI CRISTO
(150s) – La gloria di Gesù come scopo del mistero del Padre, del disegno del padre, come scopo di tutto ciò che è, appartiene a questo mondo, al tempo e allo spazio, vale a dire alla storia.
La gloria umana di Cristo è l’attuarsi di quello che Egli è nel disegno del Padre entro i termini del tempo e dello spazio, l’attuarsi del potere che ha avuto dal Padre, al quale diceva: «Tu mi hai dato nelle mani ogni carne» (Gv 17,2).
Se io mi ritrovo sproporzionato, sono sicuro che è questa sproporzione che Cristo farà vedere la sua gloria.
(151) È attraverso il compiersi lieto della mia presenza nel mondo che avviene il realizzarsi della mia collaborazione alla Sua gloria.
«Se tu non offri questa ora di studio a Gesù, la gloria di Gesù diminuisce nel mondo», dicevano una volta i padri spirituali ai giovani.
La gloria di Gesù nella storia è minore se io non offro il mio tempo: la gloria di Gesù è un fatto in questo mondo, non dell’altro mondo.
(152ss) – Noi lottiamo per la gloria di Cristo nel tempo, nella storia. Siamo anche noi mandati per questa battaglia.
La nostra passione è la gloria umana di Cristo, non semplicemente «Cristo», che può risultare solo un nome, anzi, che può venire sfuocato secondo la nostra immagine, cioè, in ultima analisi, ridotto.
Un uomo di duemila anni fa non può essere presente qui: se è presente qui è Dio.
(153) Questa è la glorificazione di Cristo.
Questa è la gloria umana di Cristo: il rendersi tangibile, sperimentabile, del Suo essere qui e ora il significato esauriente di tutto.
(154) Non esiste niente, al di fuori della passione per la gloria di Cristo, che possa con un minimo di stabilità e di equilibrio dare gioia al cuore.
GRATUITA’
(119) – Proprio Colui che dà alla nostra natura la costitutiva urgenza di una reciprocità di stima e di gratuità, proprio Lui ha creato la figura sperimentale, che rimarrà per tutta la storia, un luogo dove questa urgenza di carità diventa stabile ed essenziale: la famiglia.
(121) – I due (marito e moglie alla nascita di un figlio) si guardano in modo diverso.
La prima condizione del loro nuovo guardarsi è la permanenza, il legame essenziale, da cui si estrae il profumo dell’appartenenza.
È a questo punto che incomincia il meglio: la gratuità.
In questa gratuità l’amore è quasi costretto a pigiarsi dentro la strettoia per cui esso sfocerà nella carità.
La coscienza di partecipare alla costruzione del Regno di Dio infonde un’onda nuova nel cuore, per cui il sentimento amoroso – attraverso una strettoia tremenda che si chiama croce – diventa autentica carità, raggiunge la verginità, la gratuità, cioè la carità come partecipazione alla verginità, essendo la verginità la totalità della vita vissuta nel riconoscimento che Cristo è tutto in tutti.
(172) – La metanoia implica l’esperienza della gratuità come suprema imitazione di Cristo e della misericordia come il comportamento del Mistero di fronte al peccato dell’uomo.
Chi non vive più per sé ma per il Tu di Dio, risulta infatti essere non un io egocentrico, ma un io che afferma la gratuità del Mistero creatore, che appartiene in tutto all’unità che trae origine dal Battesimo, unità di sé e unità con gli altri.
(205) – La caratteristica del popolo nuovo nato dall’Avvenimento di Cristo e, nell’affrontare le circostanze quotidiane, nei tentativi, nei rischi e nei sacrifici che ciò comporta, una gratuità che cerca di imitare la sovrabbondanza e la grazia con cui Cristo è venuto e rimasto tra noi.
Una gratuità che è fonte di letizia, dentro ai sacrifici, alle contraddizioni e al dolore.
(211) – La vita di dio è amore, caritas, gratuità assoluta, amore senza tornaconto, umanamente «senza motivi».
GRAZIA
(43s) – Il riconoscimento della presenza di Cristo avviene perché Cristo «vince» l’individuo.
Perché avvenga la fede nell’uomo e nel mondo, deve cioè accadere prima qualcosa che è grazia, pura grazia: l’avvenimento di Cristo, dell’incontro con Cristo, in cui si fa esperienza di una eccezionalità che non può accadere da sola.
La fede è parte dell’avvenimento cristiano perché è parte della grazia che l’avvenimento rappresenta, di ciò che esso è.
La fede appartiene all’avvenimento perché, in quanto riconoscimento amoroso della presenza di qualcosa di eccezionale, è un dono, è una grazia.
(110) – La permanenza di questa Presenza è grazia, puro avvenimento, a cui non resistiamo nell’aderire qui e ora.
Lo riconosciamo e vi aderiamo.
È grazia, come lo è l’incontro, lo stupore, la sua continuità, l’impeto di adesione: e tale grazia diventa nostra perché l’accettiamo.
Accettare questa novità assoluta, che riaccade mille volte al giorno, è l’aspetto supremo della libertà.
Come per Giovanni e Andrea, per Simone, per Zaccheo, l’inizio del nostro cambiamento è una grazia, un dono.
(131) – Ogni carisma rigenera la Chiesa dovunque, rigenera l’istituzione dovunque, obbedendo ultimamente a ciò che è garanzia del carisma particolare stesso: Grazia, Sacramento, Magistero.
GUARDARE
(114) – Non era un attaccamento sentimentale, un fenomeno emozionale; era un fenomeno di ragione, una manifestazione di quella ragione che ti «attacca» alla persona che hai davanti in quanto è un giudizio di stima: guardandola, nasce una meraviglia di stima che ti fa attaccare ad essa…
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