Libro “Generare tracce nella storia del mondo” di don Luigi Giussani
A – B – C – D – E –F – G – I – L – M/N – O – P – R – S –T – U – V
Lettera «I»
Links ai singoli temi
- ideale
- imitazione
- immedesimazione
- Incarnazione
- incontro
- inquietudine
- intelligenza
- interpretazione
- io
- istante
- istinto
- istituzione
IDEALE
(138s) – La vita di un popolo è determinata da un ideale comune, da un valore per cui vale la pena esistere, faticare, soffrire e, se necessario, anche morire; da un comune ideale per cui valga la pena tutto.
La vita di un popolo è determinata dalla identificazione degli strumenti e dei metodi adeguati a raggiungere l’ideale riconosciuto, affrontando i bisogni e le sfide che emergono via via nelle circostanze storiche.
Essa è determinata dalla fedeltà vicendevole in cui uno aiuta l’altro nel cammino verso la realizzazione di quell’ideale.
Dal riconoscimento dell’ideale nasce una operatività potente che tende a strumentarsi nel migliore di modi possibili.
(139) Se il «noi» del popolo entra nella definizione dell’«io», l’io tocca la sua maturità grande, come riconoscimento del suo destino personale e come totalità della propria affettività, identificandosi con la vita e l’ideale del popolo.
Ciò emerge con chiarezza quando il popolo raggiunge una certa sicurezza e dignità, e matura e si afferma il fattore ideale (una civiltà tramonta quando non sa più gestire l’ideale che l’ha generata).
(147) – I cristiani sono uomini che, riconoscendosi in compagnia, in amicizia, vivono una lotta nel tendere tutto di sé verso lo scopo della vita come ideale comune del popolo.
Per essi, in tempi in cui, come dice Elliot, «gli uomini hanno dimenticato tutti gli dei salvo l’Usura, la Lussuria e il Potere», questi dei valgono meno della tensione per l’ideale.
I cristiani vivono perciò senza scandalo per i propri errori, per il tradimento – dolorosissimo inconveniente dell’incoerenza – dentro una continua ripresa dell’orizzonte ideale.
(170) – L’ideale da seguire è la semplicità con cui san Pietro – pur sorpreso – rispose a Cristo: «Sì, tu lo sai che io ti amo».
Al di fuori di questo «sì» incomincia il gioco delle proprie pretese e illusioni.
(172) – La nuova cultura è una diversa coscienza di sé e del cammino comune e implica anche una nuova morale, di cui abbiamo parlato, aiutata da una nuova correzione, da un nuovo modo di condividere la tensione ideale e di perdonare la debolezza di fronte all’ideale.
(204s) – già abbiamo notato che un popolo si forma attraverso un’avvenimento particolare, accaduto nel tempo, ed è unito da un ideale che esso persegue (più o meno riconosciuto e intuito). Altrimenti non si ha un popolo si ha un gregge.
Una politica che sia preoccupata non di una posizione ideale, ma di «riuscire» attraverso il potere conquistato, è una politica nemica del popolo.
Una politica preoccupata di una posizione ideale stabilisce invece un’onda educativa, realizzando un respiro maggiore di libertà per tutti, perciò una maggiore creatività e fantasia.
IMITAZIONE
(97) – La nostra imitazione di Lui è nello spazio della misericordia.
(108) – Prego il Signore, prego lo Spirito che mi cambi, che mi faccia imitatore di Cristo, che la mia presenza diventi di più quella di Cristo.
(172) – La metanoia, implica l’esperienza della gratuità come suprema imitazione di Cristo e della misericordia come il comportamento del Mistero di fronte al peccato dell’uomo.
IMMEDESIMAZIONE
(134) – C’è una immedesimazione personale, una versione personale che ognuno dà del carisma cui è stato chiamato e cui appartiene.
Inevitabilmente, infatti, quanto più uno diventa responsabile tanto più il carisma passa attraverso il suo temperamento, attraverso quella vocazione irriducibile a qualsiasi altra che è la sua persona.
Immedesimazione a Cristo
(81) – Pensiamo al significato del verbo «immedesimarsi» quando si tratta di una persona che ama un’altra persona.
«Chiunque è battezzato è immedesimato con Cristo, tanto che non esiste più né giudeo né greco, né schiavo né libero, né uomo né donna, ma tutti siete uno, eis, una persona sola in Cristo Gesù» (Gal 3,27-28).
Questo è il culmine a cui Cristo è giunto come Signore della storia.
(145) – Il popolo di Dio che nasce è uno.
«Tutti voi che siete stati battezzati ci siete immedesimati in Cristo…siete una persona sola in Cristo Gesù».
Il «sì» di Simone a Cristo comporta un inizio di mondo nuovo che si documenta visibilmente nell’unità di coloro che Lo riconoscono: si documenta fenomenicamente come una unità, la quale ha una profondità ontologica originale: è un organismo nel senso reale del termine, è il Corpo misterioso di Cristo.
INCARNAZIONE
(30) – Il mistero dell’Incarnazione è un avvenimento che, sebbene no previsto, imprevedibile, inimmaginabile dall’uomo, si rivela supremamente «conveniente», corrispondente cioè alle esigenze più proprie della sua natura.
INCONTRO
(vedi anche storicità dell’incontro)
(36ss) – L’avvenimento cristiano ha la forma di un incontro.
Un incontro umano nella realtà banale di tutti i giorni.
Un incontro umano per cui colui che si chiama Gesù, quell’uomo nato a Betlemme, in un preciso momento del tempo, si rivela significativo per la vita.
L’avvenimento cristiano ha la forma di un incontro: è qualcosa che penetra i nostri occhi, che tocca il nostro cuore, che si può afferrare con le nostre braccia.
Per Andrea e Giovanni, come per ognuno di noi e per ogni uomo che ne sente parlare, è un incontro.
Un incontro come quello di un uomo che andando per strada con il suo bambino per mano s’imbatte nell’amico che cammina dall’altra parte.
Si tratta di un incontro neanche un millimetro meno concreto di questo.
(37) L’avvenimento cristiano ha la forma dell’incontro con una realtà fisica, corporale, fatta di tempo e di spazio, in cui è presente Dio fatto uomo e che di Lui è segno.
È l’incontro con una realtà presente, vivente, integralmente umana, il cui significato esauriente è quello di essere segno visibile della presenza di Cristo, di Dio fatto-uomo.
Perciò l’incontro è l’imbattersi in una realtà sacra, è il palesarsi dell’avvenimento del Mistero presente dentro la precarietà di una fattispecie umana.
Questo incontro è ciò che polarizza continuamente il nostro vivere, dà significato e sintesi alla nostra esistenza.
Ciò che caratterizza il fenomeno dell’incontro è una differenza qualitativa, una percettibile differenza di vita.
L’incontro è cioè l’imbattersi in una diversità che attrae in quanto corrisponde al cuore, passa perciò attraverso il paragone e il giudizio della ragione, e suscita la libertà nella sua affettività.
L’incontro stabilisce l’urto con una diversità, coincide con l’esperienza di una differenza che colpisce. Una differenza da che? Dalla mentalità comune.
(49s) – Giovanni e Andrea sono tornati a casa quella sera e hanno detto: «Abbiamo trovato il Messia».
Avevano fatto un incontro – era un avvenimento che stava accadendo nel presente – che aveva la pretesa di essere il significato esauriente della loro vita.
(50) Ma ciò che quell’incontro significava, il contenuto di quell’incontro, dove affondava le sue radici?
Quell’avvenimento portava a compimento in modo imprevedibile una storia passata.
In essa era iniziata la proclamazione di tale pretesa e nel suo contesto si rendeva possibile spiegare il contenuto dell’incontro che in quel momento si stava compiendo.
Era un incontro che dava pienezza a un inizio precedente.
(52s) – La fede è coscienza di una presenza che è incominciata nel passato: per questo l’incontro attiva la memoria.
(53) L’incontro acquista il diritto di chiamarsi «avvenimento» secondo la pienezza del termine.
L’incontro si caratterizza come impatto con qualcosa di eccezionale, capace di «metamorfizzare» la vita, cambiandone la forma, lo schema, così da creare un mondo nuovo.
Nell’incontro inizia la fede perché esso porta, veicola con sé, rende presente qualcosa di eccezionale, di non previsto, di non prevedibile, che investe radicalmente la vita, così da cambiarne il principio di conoscenza, il principio affettivo e la capacità costruttiva, chiamandola a collaborare creativamente al disegno, altrimenti ineffabile di Dio.
La parola «memoria» risolutivamente illuminante proprio perché indica che l’incontro fatto oggi trova in un passato la sua radice.
L’incontro presente fa scoprire l’avvenimento originale che, a sua volta, fonda, decide della verità dell’incontro presente, lo spiega.
La parola memoria, perciò, descrive la storia tra l’avvenimento nella sua origine e l’incontro che rende l’avvenimento originale presenza inevitabile, indistruttibile, innegabile: tutta la ricchezza dell’inizio è dentro il presente ed è nel presente che l’uomo scopre la divinità dell’origine.
La memoria è la storia tra l’origine e l’ora.
(79) – L’incontro di Cristo con la nostra vita, per cui Egli ha iniziato a diventare evento reale per noi, l’impatto di Cristo con la nostra vita, a partire da cui Egli si è mosso verso di noi e ha stabilito, come vir pugnator, una lotta per l’«invasione» della nostra esistenza, si chiama Battesimo.
(110) – La permanenza di questa Presenza è grazia, puro avvenimento, a cui non resistiamo nell’aderire qui ed ora.
Lo riconosciamo e vi aderiamo.
È grazia come lo è l’incontro, lo stupore, la sua continuità, l’impeto di adesione: e tale grazia diventa nostra perché l’accettiamo.
(115s) – Cristo prende l’uomo nel Battesimo, lo fa crescere, diventare grande, e in un incontro gli fa sperimentare la vicinanza di una realtà umana diversa, corrispondente, persuasiva, educativa, creativa, che in qualche modo lo colpisce.
(116) L’incontro poteva essere con centomila altri temperamenti o altri fascini umani: ma egli ha avuto questo.
Ha incontrato una determinata compagnia e ha percepito il soffio nuovo di una promessa di vita, ha presentito una Presenza corrispondente all’attesa originale del cuore.
(176) – [ … ] l’incontro ha un valore genetico, in quanto rappresenta la nascita di un soggetto nuovo, che sorge in un luogo determinato e in un momento della storia, e lì viene alimentato e si incrementa come personalità nuova, una concezione unica e irriducibile a qualsiasi altra, una conoscenza diversa.
Incontro e fede
(84) – «Questa è la vittoria che vince il mondo: la fede» (Gv 5,4); e la fede è il riconoscimento e memoria di quell’evento reale e determinante la vita.
Ora la differenza tra l’essere chiamati nel gesto oggettivo del Battesimo e il capire, non nel senso del comprendere, ma nel percepire il Mistero che vibra nel momento e nel gesto, è data da un «incontro».
È attraverso un incontro che ciò che ciò a cui siamo stati chiamati, ciò che abbiamo forse guardato con rispetto, tanto timoroso quanto confuso, incomincia a diventar chiaro, come l’alba che tinge in modo diverso l’estremo lembo del cielo.
Incontro sorgente di memoria
(51) – L’incontro che accade ora è sorgente di memoria perché è l’imbattersi in una presenza che inizia nel passato.
Attraverso Giovanni Policarpo ha fatto l’incontro con Cristo: l’incontro con Cristo aveva per lui il volto, le caratteristiche e la fattispecie di Giovanni, dei cristiani di Smirne e del capo della loro comunità.
Per questo l’incontro è sorgente di memoria.
Era un fatto del presente che investiva Policarpo in quel momento: «Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre!» (Eb 13,8); ma era un fatto presente incominciato anni prima.
L’incontro fatto oggi è vero perché Egli, Gesù Cristo, nato da Maria Vergine, è morto e risorto, è asceso al cielo e investe la realtà con il suo spirito.
Quest’incontro vale per un Fatto accaduto duemila anni fa.
La fede è coscienza di una presenza che è incominciata nel passato: per questo l’incontro attiva la memoria.
(84) – L’incontro incomincia a gettare una luce aurorale, un albore di luce, su qualcosa che è accaduto prima.
In questo senso l’incontro è sorgente di memoria, desta una memoria che pacifica l’animo, come una fame che ha il suo cibo e una sete che ha la sua bevanda, e fa diventare tutto il corpo e tutta la personalità combattiva.
Storicità dell’incontro
(15) – Il cristianesimo è l’annuncio che Dio è diventato un uomo, nato da donna, in un determinato luogo e in un determinato tempo.
È un fatto accaduto nella storia, è l’irrompere nel tempo e nello spazio di una Presenza umana eccezionale.
(39) – L’incontro è un fatto storico totalizzante.
La parola incontro porta con sé la categoria della storicità: proprio tale categoria sostiene e dà consistenza alla parola incontro.
L’incontro è cioè un fatto storico, accade in un preciso istante della vita, si riconduce sempre a un momento puntuale della nostra esistenza.
L’incontro, che segna l’inizio di un cammino, è un momento fatto di spazio e di tempo, avviene in un’«ora» precisa, che si può segnare sull’orologio.
E la vita è data per approfondire quel momento.
(145) – L’avvenimento di Cristo si mantiene nella storia, è presente in ogni «presente», documentandosi fenomenicamente come una unità di uomini che sono insieme perché c’è Lui, perché hanno riconosciuto di essere stati scelti da Lui.
La ragione per cui l’unità del Popolo non è omologante, ma ricca di sfumature, è che ogni realtà che lo compone nasce da una storia in cui un «incontro» ha messo insieme le persone e ha segnato la via.
A partire dall’incontro fatto si rende sempre più comprensibile, più facile a capirsi e a seguirsi, più amabile e più fecondo, il cammino verso la purità.
INQUIETUDINE
(181) – L’inquietudine si rivela nello smarrimento della mentalità moderna, incapace di superare la divisione e le contraddizioni, che sono l’esito inevitabile di una concezione culturale in cui il punto di partenza è sempre l’enfatizzazione di un particolare, esaltato idolatricamente a totalità.
Da qui scaturiscono inevitabilmente anche menzogna e violenza.
INTELLIGENZA
(45) – La fede rappresenta il compimento della ragione umana.
Essa è intelligenza della realtà nel suo orizzonte ultimo, il riconoscimento di ciò in cui tutto consiste.
L’intelligenza naturale non riesce a toccare questo orizzonte ultimo.
È soltanto per qualcosa che è accaduto, per l’avvenimento di Dio fatto uomo, per il suo dono, che la nostra intelligenza rinnovata può riconoscerlo e toccarlo.
La fede coglie così un culmine oltre la ragione.
Intelligenza nuova
(90) – Diventare una «creatura nuova» significa avere una coscienza nuova, una capacitò di sguardo e di intelligenza del reale che gli altri non riescono ad avere.
La «creatura nuova» identifica una mente nuova, una capacità di conoscere il reale diversa da quella degli altri.
(93s) – Vivendo nella carne, partecipo ad un Avvenimento che mi rende capace di una intelligenza nuova, più profonda e più vera, delle mie circostanze.
(94) «Pur vivendo nella carne, vivo nella fede del figlio di Dio»: questa è la definizione del cambiamento profondo dell’intelligenza e dell’espressione dell’uomo.
Mi inoltro alla radice del volto delle cose e giungo fino al punto in cui la cosa è un Altro che la fa, è il Tu che la fa, Cristo.
Il divino coincide così con la consistenza ultima del reale, dell’uomo.
INTERPRETAZIONE
(73) – Cristo sarebbe irrimediabilmente lontano e perciò vittima della nostra interpretazione, se non fosse presente nella Chiesa.
(135s) – Il paragone con il carisma, così come ci è stato dato, tende a correggere la singolarità della versione, della traduzione.
La linea dei riferimenti indicati è la cosa più viva del presente, perché un testo solo può anche essere interpretato male; difficile interpretarlo male, ma può accadere.
(136) Se dare la vita per l’opera di un Altro non indica un riferimento preciso, svanisce la storicità, si deprime la sua concretezza: non si dà la vita per l’opera di un Altro, ma per la propria interpretazione, per i propri gusti, per il proprio tornaconto o per il proprio punto di vista.
IO
(138s) – Il «noi» entra nella definizione dell’«io»: è il popolo che definisce il destino, la capacità operativa e la genialità affettiva, quindi feconda e creativa, dell’io.
(139) Se il «noi» del popolo entra nella definizione dell’«io», l’io tocca la sua maturità più grande, come riconoscimento del proprio destino personale e come totalità della propria affettività, identificandosi con la vita e l’ideale del popolo.
Per questo senza amicizia, cioè senza affermazione gratuita e reciproca del comune destino, non c’è popolo.
(189) – Non si può educare se non rivolgendosi alla libertà, impegnandola alla responsabilità e all’azione.
La libertà definisce l’io: è già tutta presente quando l’uomo dice «io», è tutta in questo «io».
Ma la libertà è anche ciò a cui si deve educare.
(195) – I bisogni quotidiani ci sollecitano ai passi verso il destino: così il bisogno della cosa particolare è la modalità con cui l’infinito ci tocca, ci fa reagire.
Questa reazione – se nasce da un «io» impegnato e non teso al comodo – porta ad affrontare naturalmente il bisogno con una certa sistematicità.
Essenza dell’io
(61) – L’esigenza di compagnia è ineludibile, perché appartiene all’essenza stessa dell’io.
La compagnia appartiene all’essenza di ciò che è, al Mistero di cui tutte le cose sono fatte.
Come si può dire «tu» – e perciò dire «io» -, come si può diventare una cosa sola con gli altri?
È per grazia di un Avvenimento.
Io nuovo
(168) – Se parliamo di origine nuova è perché essa non è l’origine creaturale, ma l’origine dell’io nuovo nel Battesimo che lo rende partecipe della persona e della missione di Cristo.
Io/tu
(93s) – Non c’è nessuna evidenza più grande, non esiste nulla di più evidente, per un uomo che usi la ragione, del fatto che in questo istante, in questo momento, io non mi faccio da me: io sono Tu che mi fai, io sono un altro che mi fa.
(94) Per questo, la persona che ho davanti, chiunque essa sia, è e segna la strada seguendo la quale io arrivo a Cristo, al tu di cui ogni cosa è fatta, e perciò di essa ho stima, rispetto, l’adoro, posso adorarne il volto.
Mi inoltro alla radice del volto delle cose e giungo al punto in cui la cosa è un Altro che la fa, è il Tu che la fa, Cristo.
Il divino così coincide con la consistenza ultima del reale, dell’uomo.
(169ss) – La missione nasce dallo struggimento che genera in noi il pensiero dell’amore che Cristo ha avuto per noi.
Lo struggimento segnala il cambiamento radicale del contenuto di autocoscienza.
È il passaggio ad un altro contenuto di autocoscienza, in cui invece dell’io, c’è un Tu: normalmente il principio dell’azione è l’io, mentre qui principio dell’azione diventa il Tu.
(170) Si potrebbe anche dire che lo struggimento di cui parla Paolo è il dramma di una dimenticanza di sé, di un «annullamento» di sé per una metanoia reale che giunge a porre come contenuto dell’autocoscienza, invece dell’io, il Tu.
In san Paolo è la coscienza di una obbedienza, come metodo, la sorgente dell’azione: invece dell’io, il soggetto creatore dell’azione diventa un Tu, l’io si sacrifica per un Tu: «Vivo, non io, ma è Cristo che vive in me» (Gal 2,20).
(171) L’uomo non vive più per se stesso, ma per un Tu.
Un uomo nuovo: «il mio io sei Tu», io sono un Altro presente.
ISTANTE
(31) – Quale intensità è promessa alla vita di chi coglie, istante per istante, il rapporto di tutto con l’origine!
Ogni istante ha un rapporto definitivo con il Mistero, e perciò non si perde nulla: esistiamo per questo, ed è questa la nostra felicità.
(73) – Se Egli è creatore, lo è infatti in ogni istante, in ogni istante mi costruisce, in ogni istante sono fatto di Lui.
(208) – Tutto il bene, anche di una mossa furtiva destata nell’oscurità quasi inconsapevole del rischiare umano nella storia, non sarà cancellato da Dio che, in quanto Essere, non può contraddire se stesso annichilendo un solo istante di bene.
ISTINTO
(190) – Sant’Agostino dice che l’uomo sempre segue l’attrattiva vincente, l’attrattiva più forte.
Ma per la mentalità dominante, seguire questa attrattiva significa di solito seguire l’istinto.
Normalmente infatti l’istinto è più forte, la reazione è più forte, sempre favorita dalla scelta che l’intelligenza compie in funzione del proprio comodo o del proprio interesse.
ISTITUZIONE
(130s) – Nella Chiesa, nata dallo Spirito di Cristo morto e risorto, ontologicamente tutto è carisma.
Il primo carisma è l’Istituzione perché essa è lo strumento della presenza dello Spirito di Cristo che agisce e si comunica nel Magistero e nei Sacramenti.
(131) La questione del rapporto tra carisma e istituzione appare decisiva: essa evidenzia che i due termini non sono estrinseci l’uno all’altro.
Ogni carisma rigenera la Chiesa dovunque, rigenera l’istituzione dovunque, obbedendo ultimamente a ciò che è garanzia del carisma particolare stesso: grazia, Sacramento, Magistero.
Se il carisma particolare è il terminale attraverso cui viene veicolato lo Spirito di Cristo e diventa possibile oggi il riconoscimento del Suo Avvenimento, il carisma dell’istituzione è tale perché è l’ambito di vita di questo terminale.
Negare la novità del carisma particolare significa soffocare la vitalità dell’istituzione.
GPII: «Nella Chiesa, tanto l’aspetto istituzionale, quanto quello carismatico [ … ] sono coessenziali e concorrono alla vita, al rinnovamento, alla santificazione, sia pure in modo diverso e tale che vi sia uno scambio, una comunione reciproci».
A – B – C – D – E –F – G – I – L – M/N – O – P – R – S –T – U – V
