
Indice alfabetico dei temi
A – B – C – D – E – F – G/H – I – L – M – N – O – P – R – S – T – U – V
[NOTA BENE: i corsivi di frasi o interventi, in rosso sono frasi riportate dal libro «Si può vivere così?», quelli in viola sono invece interventi, domande e citazioni di questo libro]
Lettera «I»
Indice linkato
- Idea
- Ideale
- Idolatria/idolo
- Immaginare/immaginazione/immagine
- Immedesimarsi/immedesimazione
- Imparare
- Imporre
- Incertezza
- Incoerenza
- Incontro
- Indagine
- Indifferenza
- Infantilismo
- Ingiustizia
- Inizio
- Innamoramento
- Innominato
- Intelligenza
- Interesse
- Interpretazione
- Inverare
- Investigazione
- Io
- Ipocrisia
- Ipotesi positiva
- Ipotetico
- Ira
- Irragionevolezza/irragionevole/irrazionale
- Istante
- Istintività/istinto
Idea
85 – La sveglia era fatta da 353 fattori, ma quei 353 fattori non è più capace di metterli insieme.
Perché? Perché gli manca l’idea della sveglia. Era un piccolo bambino e non un orologiaio svizzero.
Perciò non poteva metterli insieme: contati tutti i fattori della sveglia mancava una cosa.
Così, se la ragione conoscesse tutti i fattori del mondo o tutti i fattori di cui una cosa è fatta, mancherebbe ancora un fattore, che è fuori del numero, è fuori dei pezzi, e genera la forma unitaria di cui tutti i pezzi sono in funzione, parte.
Perciò la ragione non è capace di fare la sveglia; quando li ha tutti lì, anche se li contasse capirebbe che manca un fattore: la capacità di farla, cioè l’idea della sveglia.
Questa è fuori.
Non è di porcellana o di ottone, o di zinco, o di rame o di ferro o di un’altra cosa! L’idea è un’altra cosa, è fatta di altro: di spirito.
In tale modo la ragione implica l’affermazione dell’esistenza del mistero, intendendo per mistero un fattore presente in ogni esperienza che non appartiene ai fattori sperimentabili, calcolabili dall’esperienza stessa.
L’idea della sveglia è oltre il livello dei pezzi.
Non è un altro pezzetto: è un’altra cosa.
Ideale
265 – C’è una presenza, la vita dell’uomo ha una presenza, ha dentro di sé un presenza: la presenza delle persone e delle cose.
Queste presenze esercitano una attrattiva, per cui l’animo dell’uomo parte coi desideri che costituiscono la molla di ogni suo dinamismo.
Le attrattive di questa presenza suscitano gli ideali della vita: la bellezza, la verità, la creatività, il lavoro (la creatività è il lavoro).
266 – Tutto l’attaccarsi che l’uomo fa a questi ideali – si attacca l’uomo a questi ideali – e, perciò, la stima che porta ai suoi desideri, lo accecano sulla provvisorietà di essi: l’uomo non vede che tutti questi sono segni, dei segni lungo la strada.
Tutti gli ideali destati lungo il cammino sono in funzione di Lui, l’Ideale; i desideri dell’uomo sono veri ed efficaci solo se vissuti in funzione del desiderio di Lui.
Le esperienze dell’amore, della ricerca del vero, della fecondità, della costruttitivtà sono moduli per addentrarsi nell’esperienze del Suo mistero: questo è l’ideale della vita dell’uomo dopo che Egli è venuto per rimanere fino al giorno della Sua gloria.
Ma vivere questa attesa è la speranza di ogni speranza.
300 – «Si chiama ideale l’oggetto della certezza che le esigenze del cuore hanno di essere esaudite. Le esigenze del cuore poggiano la loro certezza nella domanda che fanno alla grande Presenza» [Si può vivere così? p.162].
308 – La tensione all’ideale ti cambia, cioè ti fa diventare più te stessa: più te stessa nel rapporto con te, con gli altri, con gli amici e con i nemici.
Non essere più capace di odiare è essere più te stessa, perché odiare ti disperde, ti lascia l’amaro e basta.
391 – La ragionevolezza è solo questo: il particolare in funzione del tutto.
Ma guardate che tutto ciò che c’è, il gusto di ciò che c’è, di qualsiasi cosa, il gusto del lavoro – se per lavoro si intende plasmare i rapporti secondo l’ideale, l’ideale essendo riflesso nella totalità, e l’universalità essendo l’ideale del particolare – non è possibile se non cerchiamo di affrontare la vita così: altrimenti non esiste né letizia né gioia.
491 – (Gratry) dice: «Ogni ideale è Dio»[Philosophie du Credo].
Tutti questi ideali, da una coscienza umana non fuorviata, non preconcetta, sono unificati nella prospettiva dell’ideale umano terminale, finale, dove tutti questi aspetti ideali sono valorizzati.
Per questo l’uomo di coscienza è sempre fattore costruttivo e ricostruttivo: «Ricostruirete città distrutte»[Is 61,4] dice il profeta Isaia.
ideale e ideali
266 – Tutto l’attaccarsi che l’uomo fa a questi ideali – si attacca l’uomo a questi ideali – e, perciò, la stima che porta ai suoi desideri, lo accecano sulla provvisorietà di essi: l’uomo non vede che tutti questi sono segni, dei segni lungo la strada.
Tutti gli ideali destati lungo il cammino sono in funzione di Lui, l’Ideale; i desideri dell’uomo sono veri ed efficaci solo se vissuti in funzione del desiderio di Lui.
Le esperienze dell’amore, della ricerca del vero, della fecondità, della costruttitivtà sono moduli per addentrarsi nell’esperienze del Suo mistero: questo è l’ideale della vita dell’uomo dopo che Egli è venuto per rimanere fino al giorno della Sua gloria.
Ma vivere questa attesa è la speranza di ogni speranza.
491 – (Gratry) dice: «Ogni ideale è Dio» [Philosophie du Credo].
Tutti questi ideali, da una coscienza umana non fuorviata, non preconcetta, sono unificati nella prospettiva dell’ideale umano terminale, finale, dove tutti questi aspetti ideali sono valorizzati.
Per questo l’uomo di coscienza è sempre fattore costruttivo e ricostruttivo: «Ricostruirete città distrutte» dice il profeta Isaia.
Idolatria/idolo
500/501 – Ora, tributare fede e speranza a qualcosa che non mantiene la sua promessa è proprio dell’adorazione degli idoli, come dice la scrittura nei salmi: «L’idolo ha occhi e non vede, ha orecchie e non ode, ha bocca e non parla» [Sal 115, 5-6; 135, 16-17)].
Ecco cosa è il sacrificio: il non cedere all’idolo.
La fonte della menzogna si chiama idolo, ed è la proiezione che Satana fa, su un determinato oggetto di rapporto, del suo odio all’uomo e a Dio.
Il sacrificio è lo strumento contro l’idolatria: non ci è comandato di non amare, ma ci è detto come amare.
Non cedere all’idolo; è una lotta contro l’idolatria, perciò implica tutto: intelligenza, cuore e operatività.
C’è una seconda nota perché sia completa questa osservazione capitale sulla natura del sacrificio: il rapporto che ho non è vero se non vuole ciò che la natura dell’oggetto esige come suo orizzonte pacifico.
Immaginare/immaginazione/immagine
139 – L’immaginazione con cui tu cerchi di vederlo, immaginazione che in me, giovane liceale, traeva il suo spunto da tutte le immagini che andavo a vedere, da tutte le raccolte della faccia di Gesù che facevo, da tutti gli atlanti di arte che andavo a vedere….
Ne risultava una immagine che non era la sintesi o il prodotto delle riproduzioni che andavo ad elencare, ad ammucchiare: era il prodotto di una mia immaginazione, che aveva tutte quelle riproduzioni come punto di appoggio, ed era astratto nel senso che il meglio di tutte quelle riproduzioni artistiche, quelle che mi commuovevano di più, dava spunto alla originalità della mia fantasia, perché essa creasse una figura che raccogliesse tutto il meglio.
Invece non raccoglieva niente del meglio, raccoglieva semplicemente quello che io sentivo, che è impagabile e ineffabile: impagabile perché nessuno te lo può suggerire e ineffabile perché non si può dire.
442/443 – Dio, come mistero, lo pensan tutti, immaginandoselo in modo diverso; qui no! Possiamo solo dividerci nell’immaginare che sagoma avesse, che faccia avesse.
Io, quando ero in liceo, raccoglievo tutti i dipinti e immagini.
443 – Però, ad un certo punto, si forma come una immagine standard per sé, standard fra tutte quelle che conosci, e lì esprimono i sentimenti che si hanno verso di Lui.
479 – Devi immaginarti che uno entri in te fino in fondo alla tua faccia; in fondo alla tua faccia sta un Altro, che è la tua felicità.
immaginare e immedesimazione
156ss – Intervento: «Vorrei riuscire a capire meglio che cosa è l’immaginazione e cos‘è l’immedesizione, e che rapporto c’è tra queste due cose.»
157 – L’immaginazione sta alla immedesimazione come uno strumento sta a un frutto determinato come uno strumento sta ad un’opera fatta.
Immedesimazione è molto più potente che familiare, perché l’immedesimazione tocca l’essere dell’altro.
L’immedesimazione ti fa accarezzare, prendere sotto braccio o abbracciare l’essere dell’altro.
Immaginazione ed emotività data dalla familiarità sono semplicemente degli aspetti in funzione di una unità d’approccio, di una unità di percezione, di un apprendere, di un afferrare, che non è possesso, altrimenti il possesso creerebbe subito confusione, che ti farebbe perdere l’oggetto invece che averlo.
158 – Immedesimazione vuol dire diventare il medesimo come esperienza di essere, di autocoscienza, come sentimento di sé, come gusto di sé, come conoscenza delle possibilità di sé, come coscienza del destino.
Immedesimarsi vuol dire percepire l’essere dell’altro, percepirlo nella sua espressività, percepirlo nella sua potenza creativa, percepirlo nel suo destino, come si percepisce se stessi: il medesimo; io sono te medesimo, io sono tu, tu sei io.
Per immedesimarsi occorre amare: io sono tu, tu sei io.
immaginare vs attesa
317 – «Essere attaccati alla propria opinione esige la perdita della semplicità, l’introduzione di una presunzione e il prevalere della propria immaginazione sull’attesa. È esattamente il grande pericolo che tutti noi corriamo: il prevalere delle nostre immagini sull’attesa che Dio ci ha destato nel cuore e che Cristo ci ha rinnovata, anzi ci ha precisata.» [Si può vivere così? p.317].
Intervento: «Ma se non è secondo le nostre immagini l’esaudimento, come lo riconosceremo?»
Se non è secondo le nostre immagini, lo riconosceremo perché ci cambierà il cuore e, perciò, ci cambierà la fantasia e l’immagine stessa: non si desidera più quello che si desiderava prima, cioè si desidera quello che si desiderava prima, ma in un altro modo, più grande: il centuplo quaggiù (più grande).
Immedesimarsi
(Cfr. anche: assimilarsi)
156ss – «Studiare a memoria vuol dire immedesimarsi, rendere parte di sé, parte del proprio sangue, una esperienza grande e grandemente umana ed espressa con una bellezza a noi ignota; vuol dire parteciparvi»[Si può vivere così? p. 51].
Intervento: «Vorrei riuscire a capire meglio cosa è l’immedesimazione e cosa è l’immaginazione, e che rapporto c’è fra le due cose.»
157 – L’immaginazione sta alla immedesimazione come uno strumento sta a un frutto determinato, come uno strumento sta ad un’opera fatta.
La parola immedesimazione dovete almeno presentire quanto sia una cosa diversa.
Almeno presentirlo, perché è una di quelle parole che indicano una realtà che ti si rende nota quanto più la vivi.
Ho usato la parola familiare per indicare quasi un sinonimo di quel che vuol dire immedesimazione.
Ma immedesimazione è molto più potente che familiare, perché l’immedesimazione tocca l’essere dell’altro.
Come a una persona familiare tu metti la mano sulla spalla oppure l’accarezzi, l’immedesimazione ti fa accarezzare, prendere sotto braccio o abbracciare l’essere infinito.
158 – Immedesimazione vuol dire diventare il medesimo come esperienza di essere, come autocoscienza, come sentimento di sé, come gusto di sé, come conoscenza delle possibilità di sé, come coscienza del destino, soprattutto.
Questo riassume tutte le parole che abbiamo dette: come coscienza del destino.
L’altro mi è noto come io sono noto a me stesso, lo sento come me stesso: «Ti conosco».
Immedesimarsi vuol dire percepire l’essere dell’altro, percepirlo nella sua espressività, percepirlo nella sua potenza creativa, percepirlo nel suo destino, come si percepisce se stessi: il medesimo; io sono te medesimo, io sono tu, tu sei io.
159 – Per immedesimarsi occorre amare: io sono tu, tu sei io.
238 – «Seguire Cristo vuol dire avere gli stessi sentimenti di Cristo, gli stessi sentimenti che Cristo ebbe presso il Padre; seguire Cristo vuol dire assimilare, assumere lo stesso atteggiamento che Cristo ebbe verso il Padre» [Si può vivere così? p.118].
507 – Cosa vuol dire essere Memores? Coloro che guardano la realtà immedesimandosi con Cristo.
Immedesimiamoci con Gesù e guardiamo tutte le cose come le guardava Lui.
Allora sentiremo in noi nascere una contentezza; cominceremo a comprendere la giustizia, anche di quello che agli uomini solitamente appare come inganno o menzogna.
519 – Intervento: «Mi può spiegare cosa significa: “Vivere con Lui si può dire in un altro modo: vivere come lui?»
Il Padre […] ti chiede la fecondità della verginità o ti chiede la fecondità della famiglia normale.
Un uomo non può essere rispettoso della sua donna, se, avendola sposata, non pensa: «Cristo come la tratterebbe?».
E provate a pensare che razza di ritorni deve avere questo!
Tra lui e lei, se non si richiamano alla presenza di Cristo, si tratteranno male, cioè saranno sempre più l’uno fuori dall’altro, fuori.
520 – Vivere con Cristo è vivere tutto, tutto ciò che si incontra, come lo vivrebbe Lui.
Cristo, come guardava un piccolo fiore del campo, spontaneo, pensava al Padre: nesso con l’infinito.
Non c’è niente di piccolo, di disprezzabile, di inutile: anche il più piccolo sasso è nesso con l’infinito.
La densità dell’istante, che cosa vuol dire? Il rapporto dell’attimo con l’infinito.
Imparare
214 – Per imparare a guidare un velivolo un pilota giovincello deve obbedire al pilota vecchio che gli sta dietro. [….] se non obbedisse non imparerebbe a guidare l’aeroplano.
Per imparare occorre obbedire, altrimenti uno resta chiuso in quel che sa già.
imparare a memoria
156 – «Studiare a memoria vuol dire immedesimarsi rendere parte di sé, parte del proprio sangue, una esperienza grande e grandemente umana ed espressa con una bellezza a noi ignota; vuol dire parteciparvi» [Si può vivere così? p.51].
Imporre
309 – Se vuoi bene a una persona, vorresti imporle il messaggio che ci persuade.
Come i genitori con i bambini: vorrebbero imporre a loro quello che sembra giusto; non debbono imporglielo, però devono imporglielo, che è il proporglielo:
il vero imporre è il proporre indefettibile.
Incertezza
309 – «…Fra la certezza della fede e il seme che essa è di una certezza futura c’è un periodo che può sembrare incertezza. In che senso incertezza? Nel senso che ancora non è delineata la figura di questo futuro. [….] È un interrogativo, di dubbiosità o incertezza nella figura della cosa; non riusciamo ad immaginarci bene, a ri-immaginarci la figura della cosa, resta come uno spazio di tremore.
Non può essere che la difficoltà a immaginarci, a delinearci come possa essere questo futuro diventi ragione per dubitare del futuro» [Si può vivere così? p. 166/167].
Incoerenza
62 – Per sé non sono chiamato a una coerenza.
Ha detto: «Senza di me non potete fare nulla» [Gv 15,5].
E questo consola, spiega il perché della nostra incoerenza.
Allora possiamo essere incoerenti e ce ne freghiamo le mani? No, nossignore! Chiediamo a Lui la capacità, l’immaginatività, la generosità per essere coerenti.
Incontro
13/14 – «Ad ognuno di voi è capitato qualche cosa: un incontro. La parola incontro è quella che descrive più genericamente ed è, quindi, più utilizzabile per tutti i casi, perché anche quello del mio maestro Fossataro di quinta elementare è stato un incontro: ero stato con lui tutto l’anno, verso la fine dell’anno c’è stato quell’incontro» [Si può vivere così?]
È stato un incontro: è stato un rapporto strano, non previsto, eccezionale.
«Per ognuno di noi c’è stato un incontro, un qualche cosa per cui voi avete detto: “Incomincio”» [Si può vivere così?].
27 – È stato un inizio: ciò per cui avete incominciato questa strada è un inizio prima dell’inizio, è un incontro in cui l’inizio della strada si palesava.
108 – « a) Un incontro. Andrete a leggervi la pagina in cui questo problema – chi è questo uomo? Dice di essere il Messia: è vero o no? Dice di essere il salvatore del mondo, dice di essere Dio: è vero o no? – andrete a rivedere la prima pagina in cui questo problema si è posto» [Si può vivere così? p. 37].
Intervento: «Ma perché con l’incontro che descriviamo partiamo sempre da Giovanni e Andrea?»
Per Andrea e Giovanni l’avvenimento è stato quando, andando a casa sua, hanno cominciato a sentirlo parlare in un certo modo….Erano colpiti, oppressi ed esaltati, da quello che diceva. Più lo sentivano, più erano ammaliati. Era un avvenimento (che aveva la forma di un incontro).
116 – La fede nasce da un caso, un avvenimento che ha la forma di un incontro.
Se tu non incontri una persona di cui senti giusto fidarti, non nasce la fede. Basta l’incontro? No, non basta l’incontro per dire: «Mi fido».
Occorre che, incontrata quella persona, io capisca se ho ragioni sufficienti per fidarmi.
Normalmente, per avere ragioni sufficienti, occorrerà una certa convivenza, occorrerà del tempo.
125 – «Perché possa essere una risposta al nostro cuore, allo scopo per cui viviamo e giudichiamo tutto, al criterio con cui viviamo tutto e giudichiamo tutto, un uomo, un incontro deve essere eccezionale. Capite che in questo senso eccezionale equivale a divino: divino, perché la risposta al cuore è Dio. Qualcosa di veramente eccezionale è qualcosa di divino: c’è dentro qualcosa di divino» [Si può vivere così? p. 42].
caratteristica dell’incontro
13 – C’è stato qualchecosa per cui sei qui.
Che caratteristiche deve avere questo «qualchecosa?» perché tu possa prendere l’iniziativa di esser qui? Dev’essere qualcosa di diverso e di meglio.
Indagine
319 – «Quanto più uno vive questa indagine della presenza di Cristo, della presenza della verità e dell’Amore infinito spinti a conoscere ed ad amare le cose e le persone, quanto più uno vive questa indagine, tanto più sente gli altri, piccoli, poveretti…la verità è che sono tutti smarriti» [Si può vivere così? p. 198].
indagine scientifica
177 – (A proposito del lavoro di Carron e i suoi amici sulla storicità del Vangelo)
(Carron e i suoi amici) sono rimasti qui una settimana perché devono preparare una tournée negli Stati Uniti, in sette o otto Università degli Stati Uniti, dove sono stati chiamati a rendere conto delle indagini, dal loro punto di vista e del loro metodo.
Secondo me è un fatto di importanza capitale: è la prima volta nella storia che sette o otto Università degli Stati Uniti fanno una iniziativa per far dire non un predica cattolica, ma per dimostrare come si sostenga il punto di vista scientifico cattolicamente accettabile.
Perché è la scienza, l’indagine scientifica, che ne va di mezzo, come per il problema fede-ragione c’è di mezzo l’amore della verità.
Indifferenza
347 – Una libertà dalle cose: non libertà nel senso di indifferenza, è il contrario della indifferenza. È un appassionato aderire alla cosa, ma che non ti definisce: sei tu che la definisci, sei tu che agiti questa affezione; da te nasce, non «sei bloccato» da essa, come normalmente accade.
355 – Intervento: «In che senso il distacco nell’istante non diventa disinteresse alla cosa?»
Il distacco non solo non è indifferenza alla cosa, ma è l’unico modo per valorizzare la cosa.
Infantilismo
427 – Il valore di ciò che sta accadendo in voi – il valore, cioè il rapporto con l’eterno, il merito per l’eterno, la grandezza dell’animo con cui entrerete nell’eterno, la grandezza della vita eterna – sta nella memoria vissuta, sta nella fedeltà alla memoria.
Dov’è la difficoltà? Questa difficoltà, innanzitutto, misura la povertà, la piccolezza e anche l’infantilità del modo con cui si vive; infantilità, infantilismo è agire senza coscienza dello scopo, o agire con un tipo di reazione non degno dell’uomo.
Ingiustizia
322 – La cosa insopportabile, Mariella, non è tanto che ci sia della gente che soffre, la cosa più ingiusta, che non si può tollerare, è che non sia riconosciuto Dio se diventa uomo: «Venne tra i suoi e i suoi non l’hanno accolto» (Gv 1,11).
Questo è l’ingiusto! E questo è l’amore eccezionale che è stato dato a noi
Inizio
15 – «Non siete d’accordo che non c’è nessuno di voi che sia qui per il quale non ci sia stato qualcosa per cui ha detto: «Incomincio»? Qualcosa…. perciò, pur non sapendo la strada, pur non conoscendo la cosa, l’avete incominciata. Anche perché dovete ammettere che questa è una norma generale: prima di conoscere, per conoscere, bisogna incominciare» [Si può vivere così?].
18 – Come la vostra vita è vostra, così quello che incominciate è vostro, è per voi.
Ma come la vita, ciò di cui è fatta la vita è di un Altro, così tutta questa strada la farà un Altro, la svolgerà un Altro.
43 – «…quello che incomincia qui vi lega alla sponda ultima su cui fermerete la vostra nave quando sarà l’ora, ma vi lega anche a tutto il mondo nel quale penetrerete ogni giorno di più, perché è una caratteristica di questa strada la necessità di penetrare sempre di più il rapporto con la gente, con tutta la gente che si vede» [Si può vivere così? p. 13].
Tutto l’arco della vita: da questo momento che è un inizio,una nascita, qualcosa che si genera, e che, come tale, mostra la sua grandezza dal fatto che è destinato ad incidere sulla storia del mondo.
custodire l’inizio
22 – Il sentimento umano incomincia come sentimento della ragionevolezza: ha bisogno della ragionevolezza, ha fame e sete della ragionevolezza, perché al di sotto della ragionevolezza sta il cane.
Custodire il seme vuol dire essere premurosi e attenti nel cercare le ragioni di ogni cosa, di ogni cosa in cui ci si impegna, senza pretendere di esaurire il cammino nel primo istante: sarebbe troppo comodo e grossolanamente impossibile!
Potrebbe essere allora un modo per sfuggire alla propria responsabilità. Non si può in un istante capire tutto.
inizio e approssimazione
22 – Perciò il valore di questo capitolo introduttivo sta nell’insinuare lentamente l’approssimazione del modo con cui si incomincia.
È come un avvicinarsi, è come un andare avanti a tastoni nella nebbia, è come un sottile rischiare, sia pur provvisorio.
Questo capitolo potrebbe titolarsi: «La necessaria approssimazione nell’affrontare la strada con ragione».
Necessaria approssimazione, perché prima di fare una strada tu presènti qualche cosa che te la fa guardare, capisci che quella strada c’entra con il destino della tua vita e col destino della vita del mondo: questo lo senti e non c’è nessun altro discorso in cui lo senti, nessuno; allora ti ci metti.
Innamoramento
433/434 – Perché giungi a un certo punto in cui ti trovi ad aver fatto diventare facile la non distrazione, ovvia la memoria, famigliare il senso di appoggio a Cristo presente: la continuità dell’amore, e la tenuta dell’amore.
È esattamente la traiettoria che uno che si innamorasse – veramente però, e questo è difficile! -, avendo lì la donna, vive con quella donna: prima la memoria è a pezzetti; col tempo, quanto più uno è abituato a scrivere sugli appunti della memoria, tanto più quella memoria diventa permanente.
Innominato
89 – L’ultima posizione della ragione, l’ultimissima, si chiama, conoscitivamente, categoria della possibilità e, esistenzialmente, mendicanza. Cioè la mendicanza implica la categoria della possibilità.
Giunta a questa esasperazione finale – che è esasperazione per chi pensa veramente -, da sola la ragione genera un uomo disperato.
L’ultima cosa che può fare oltre questa, la rottura della disperazione, è il grido dell’Innominato di Manzoni: «Quello che tu sei, chiunque tu sia, qualunque tu sia, rivelati a me».
Intelligenza
(Cfr. anche: ragione)
intelligenza e affetto
42 – Uso scorretto della ragione: quando il sentimento, l’affetto, prevale sulla intelligenza della realtà.
L’intelligenza conosce la struttura delle cose, la forma delle cose; l’affetto indica lo shock che le cose conosciute impongono a noi.
456 – Perciò ha una duplice valenza la carità: è una affezione al più profondo, è una affezione al cuore, è una affezione all’intimo del tutto; che favorisce l’intelligenza ad ammettere che c’è qualcosa d’altro, che questo cuore, questa intimità, questo più profondo c’è oltre i suoi soliti metodi.
Scrivete: «La carità è una affezione che porta l‘intelligenza ad ascoltare con serietà la vocina “Non basta“»
Allora l’intelligenza ci bada al «Non basta».
Allora l’intelligenza ci bada al «Non basta» e cerca , non riesce a trovare quel fattore.
Allora, se uno ha quella carità che è affezione, lo cerca continuamente, ma sente sempre: «Non basta».
Finché l’intelligenza dice: «Ho capito: è al di là di tutto quello che io ho sperimentato. È al di là, cioè Mistero.»
intelligenza e fede
115/116 – Intervento: «Vorrei capire meglio cosa vuol dire che la fede è un modo di conoscere più grande»
Il modo di conoscere dell’intelligenza giunge sulla soglia di un orizzonte misterioso e il suo significato noi lo conosciamo bene, perché si identifica con la natura del nostro cuore.
Arrivati al fondo dell’esperienza della vita o della conoscenza possibile a noi, è come se tutto incominciasse: di lì incomincia.
La fede ci porta più in là, varca la soglia.
Non perché noi diventiamo capaci di varcare la soglia, ma perché uno che vien dal di là della soglia, si siede con noi a mensa e ci racconta quel che c’è al di là della soglia: Dio diventa compagno dell’uomo.
Per cui, appunto, la nostra conoscenza viene potenziata, perché quel che dice Colui che viene dal di là della soglia non è qualcosa di estraneo a ciò che il cuore sente, a quel che la nostra intelligenza raggiunge e capisce anche da sola.
Non è estraneo.
Anzi! Rivela come nasce la nostra intelligenza, ne rivela la fonte: è la cosa più confacente e più aderente alla nostra intelligenza che si possa immaginare.
È una parola misteriosa, ma non estranea: uno si sente più a casa sua con quella parola misteriosa che neanche con le parole che capisce. La fede come conoscenza nuova.
Interesse
32 – C’è una sola cosa che ci interessa: quasi quasi, non ci interessa neanche la stupidità della menzogna e della bugia che portiamo nel nostro rapporto con Gesù; quasi quasi, non ci interessano neanche gli errori che facciamo; ma la ragione di quello che facciamo sì, perché l’uomo incomincia da qui: non è un uomo, non è umano fare una cosa senza ragione, senza che l’adeguata ragione sia ricercata o, già trovata, brandita e portata avanti, gridata da me.
interesse alla vita
253 – Stabilire cosa è il bene della vita e, allora, quel che sia conveniente per averlo.
Dove è la difficoltà qui? Bimba, dove è la difficoltà?
La difficoltà è che non interessa a nessuno! Per interessarsi di queste cose occorre animo, un cuore un pò diverso: occorre essere più uomini degli altri.
Occorre essere più uomini degli altri, cioè avere il gusto del pensare e del riflettere.
255 – La vocazione che scopo ha? Quello di interessarsi di tutti, specialmente di quelli che guardano la vita senza senso: che tutti sentano la vita come una cosa utile.
Interpretazione
239 – L’interpretazione nostra dei sentimenti di Cristo è altamente equivoca, tanto è vero che è il principio di Lutero.
Ciò che ha reso Lutero staccato, fuori dalla Santa Chiesa di Cristo, formalmente, è stato il suggerimento di sostituire alla lettura del santo evangelo e della Bibbia, la sua interpretazione alla interpretazione di chi? Della Chiesa ufficiale, cioè del Papa.
Inverare
559 – Inverare vuol dire guardare la cosa non così come ti sollecita nell’apparenza immediata, ma, trattenendoti dal scivolarci dentro come sei attratto, scoprire quale verità ci sta dentro quella faccia, che non è lui (come diceva Leopardi).
Andare a leggere Aspasia: quello che quell’uomo cerca nella faccia della donna non è la sua faccia, è ciò da cui quella faccia si genera e a cui l’individuo che la vede è attratto, ultimamente: il destino dell’individuo.
Investigazione
225ss – C’è un difetto, chiamiamolo demoniaco, perché è proprio un difetto che copre una menzogna: una forma che appare domanda e che domanda non è.
226 – Non domanda fu l’assemblea […]; non domanda ma investigazione.
Se volete una parola, la meno insultante di tutte: le vostre sono state investigazioni più o meno serie, scandagli…la parola investigazione è proprio giusta.
La parola investigazione è la premessa alla parola persecuzione, come hanno dimostrato i magistrati di questa Italia distrutta.
227 – La domanda è fatta con umiltà.
L’umiltà tende le corde dell’animo, della ragione e dell’affezione, così che, appena c’è un accenno di ragione, voi la percepite, siete proprizi, siete desiderosi di poterla accettare, comprendere, vi si fa più ampio il respiro.
Dovete prepararvi all’assemblea.
Chi non si prepara, non è degno di partecipare all’assemblea; non capirà, capirà un centesimo di quello che potrebbe capire: senza affezione non si può comprendere.
Prepararsi all’assemblea vuol dire pregare, quindi chiedere a Dio che si riveli, che venga, che risponda, che corrisponda, che io sia capace di stare lì irrigidito.
228 – Perciò non venite alle assemblee da investigatori.
Si chiama «scetticità» questa estrema figura dell’investigatore che sei tu, del piccolo, «cimice» investigatore dell’infinito Iddio.
Invece il piccolo cuore del più piccolo bambino riceve la luce dell’eternità nella sua semplicità.
Io
28 – Fare questa strada (la verginità) significa rimetterci la vita, giocarci la vita: è il senso della vita che si raggiunge, è il destino della vita che si attua, ciò che il cuore aspetta.
Il cuore aspetta solo questo: l’uomo è quel livello della natura in cui la natura aspetta questo; perciò è quel livello della natura che si chiama io.
Mai il vostro io è stato così io: finora mai, in nessuno di noi.
Mai avete detto io con tanta verità come lo potete dire oggi, per il gesto di iniziare che avete compiuto, per questa ora di inizio, per questo primo passo sulla strada.
Sei tu: qui sei tu, è tuo il passo; inopinatamente, non avevi pensato a questo, non potevi neanche immaginartelo.
Invece, che il tuo amico abbia fatto questa strada – guarda se non è un amico! – finalmente ti ha reso te, e dici io come non l’hai mai detto fino ad ora, mai!
477/478 – «Redimere vuol dire far essere, cioè salvare; salvare vuol dire in latino conservare. Conservarlo per che cosa? Perché si compia, perché sia completamentese stesso e perciò perché sia eterno: senza la parola eterno un io non diventa più se stesso e tantomeno si compie» [Si può vivere così? p. 291].
Senza la dimensione dell’eterno un io non diventa più io: resta sempre o bambino o scemo, manca di qualcosa di essenziale a se stesso.
517 – L’io dell’uomo cosa è? Taglia via una fetta, taglia via un’altra fetta, tagliate a fette il Carlo, giungete all’ultimo nucleo: l’anima dove è? C’è una parola più chiara di anima: io.
Provate a dire «io»! Ma l’io di quell’uomo che era il pellegrino russo, che viveva la sua vita camminando di monastero in monastero – era la sua forma di povertà; viveva di elemosina per rendere gloria a Dio.
582 – Ognuno di questi movimenti (i vari ordini religiosi) si svilupopa secondo le regole della sua anima originale: ha una certa concezione dell’intelligenza, della ragione, dell’affezione, dell’azione, dell’io.
Per esempio, sottolinea di più l’io come inevitabile bisogno di compagnia – come facciamo noi -; non l’io sottolineato come singolo, responsabile – come fanno quelli dell’Opus Dei o i Gesuiti -.
Però tutti gli ordini sottolineano una cosa o l’altra che è importante per tutti.
Noi non neghiamo che la responsabilità è dell’io, ma sottolineiamo il fatto che l’io, per sviluppare la sua responsabilità, è facilitato dalla compagnia.
io e capacità di fidarsi
116 – Occorre che, incontrata quella persona, io capisca se ho ragioni sufficienti per fidarmi.
Normalmente, per avere queste ragioni sufficienti, occorrerà una certa convivenza, occorrerà del tempo.
io e comunione
257/258 – È nella realtà soprannaturale, è nella realtà umana investita da Cristo, che si è reso presente Cristo, dove è presente Cristo, che l’avvenimento dell’io supera la sua solitudine in tutti i sensi, come scopo stesso del vivere, dell’esistenza dell’io, e quindi della vita dell’io, della storia dell’io, del destino dell’io.
258 – Tutto è comunione, tutto è partecipazione, tutto è comunicazione, la parola più comprensibile è: tutto è partecipazione.
Così che le gemme riescono a dare frutti per cui sono germogliate.
Invece, naturalmente parlando, questa fertilità è bloccata, bloccata come ampiezza, è come interessante in certi momenti o certi punti della personalità, non tutta, non è una risposta dell’io: non «io» sono in compagnia, ma questo «pezzo di me» è in compagnia.
Solo dove c’è Cristo questo «pezzo di me» nella compagnia diventa «io» sono in compagnia.
Anzi, con Cristo l’io diventa compagnia fin dal suo punto originale, fin dalla sua nascita battesimale.
Naturalmente parlando, la compagnia è una esigenza che s’affaccia ma sempre incompiuta; incompiuta perché si arresta a un particolare, a un altro particolare, e non è l’io in compagnia, mai; mai, neanche tra l’uomo e la donna!
È solo là dove diventa presente Dio fatto uomo, dove diventa avvenimento la presenza di Cristo, che questa compiutezza di risposta all’esigenza comunitaria diventa comunione, cioè dimensione dell’io, parte integrante della definizione dell’io: non è io se non in comunione, e perciò non c’è comunione se non è impegnata la totalità dell’io.
Mentre nella compagnia naturale non è necessario che sia impegnato tutto l’io: è impegnato per il motivo per cui vi aderisce, che è sempre parziale e puntuale.
Questo è terribile, oltre che interessante; oltre che sorprendente, incute anche paura: fa prendere coscienza che o tutto l’io è impegnato in questa dimensione, oppure l’io è dall’origine soffocato, sempre più soffocato.
io e Mistero
474 – Che nesso c’è tra il Mistero e me? Io sono fatto da Lui.
Il nesso originale tra il Mistero e me è che il Mistero mi fa, è quella sorgente da cui proviene la mia acqua.
C’è un nesso che non puoi sfuggire: ti ha fatto, anzi ti fa.
io in compagnia
258 -È nella realtà soprannaturale, è nella realtà umana investita da Cristo, che si è reso presente Cristo, dove è presente Cristo, che l’avvenimento dell’io supera la sua solitudine in tutti i sensi, come scopo stesso del vivere, dell’esistenza dell’io, e quindi della vita dell’io, della storia dell’io, del destino dell’io.
258 – Tutto è comunione, tutto è partecipazione, tutto è comunicazione, la parola più comprensibile è: tutto è partecipazione.
Così che le gemme riescono a dare frutti per cui sono germogliate.
Invece, naturalmente parlando, questa fertilità è bloccata, bloccata come ampiezza, è come interessante in certi momenti o certi punti della personalità, non tutta, non è una risposta dell’io: non «io» sono in compagnia, ma questo «pezzo di me» è in compagnia.
Solo dove c’è Cristo questo «pezzo di me» nella compagnia diventa «io» sono in compagnia.
Anzi, con Cristo l’io diventa compagnia fin dal suo punto originale, fin dalla sua nascita battesimale.
Naturalmente parlando, la compagnia è una esigenza che s’affaccia ma sempre incompiuta; incompiuta perché si arresta a un particolare, a un altro particolare, e non è l’io in compagnia, mai; mai, neanche tra l’uomo e la donna!
È solo là dove diventa presente Dio fatto uomo, dove diventa avvenimento la presenza di Cristo, che questa compiutezza di risposta all’esigenza comunitaria diventa comunione, cioè dimensione dell’io, parte integrante della definizione dell’io: non è io se non in comunione, e perciò non c’è comunione se non è impegnata la totalità dell’io.
Mentre nella compagnia naturale non è necessario che sia impegnato tutto l’io: è impegnato per il motivo per cui vi aderisce, che è sempre parziale e puntuale.
Questo è terribile oltre che interessante; oltre che sorprendente, incute anche paura: fa prendere coscienza che o tutto l’io è impegnato in questa dimensione, oppure l’io è dall’origine soffocato, sempre più soffocato.
Ipocrisia
160 – Se tu guardi quello che parla, come lo dice, questo ti persuade.
Vedi: se è vero lo vedi, con gli occhi.
Questo è il metodo che occorre scegliere e a cui aderire.
C’è un accento particolare per cui quel risvolto dell’ipocrisia balza all’occhio, ferisce il nostro occhio, quando tu guardi una cosa che non è sincera, anche se colma di parole alate o di gesti infocati.
Ipotesi positiva
(Cfr. anche: positività)
394 –
Il sì detto prima di capire vuol dire disponibilità.
La povertà è disponibilità.
È la disponibilità alla semplicità del cuore, questa è una ultima forma di povertà della conoscenza.
La legge generale, secondo la quale non si può capire se non si parte da una ipotesi positiva, qui diventa omaggio al Mistero, alla misteriosa bontà del Creatore: Egli è padre anche se fa morire, Egli è padre anche se castiga.
Egli è Padre anche se fa venire i terremoti.
Non è una cosa da poco: questa povertà è l’aspetto supremo della povertà.
Ipotetico
18 – «In questo senso il gesto che compite non ha un valore ipotetico, cioè “vediamo se…”, ma è profondamente ragionevole perché quello che capite che ci deve essere dentro qui è qualcosa che corrisponde profondamente all’esistenza del vostro cuore, alla sete e alla fame del vostro cuore, al destino della vita» [Si può vivere così?].
Dunque non è ipotetico – come se prevalesse la curiosità; la prima volta può essere curiosità, ma la seconda no: non vieni più -, non è ipotetico, ma ragionevole; in qualche modo ti provoca (nel senso che ti dà un suggerimento), in qualche modo ti obbliga, ti obbliga!.
Ira
525 – Quando ero piccolo avevo come unico evidente paragone l’ira.
Perché mi trovavo ad arrabbiarmi, e mentre mi arrabbiavo dicevo dentro di me: «Ma non hai vergogna? Fai vergogna! Le gente ti compatisce»
E in questo si arrestava la mia rabbia: distruggevo, non correggevo, non sorreggevo niente insieme.
Irragionevolezza/irragionevole/irrazionale
175 – (Intervento di Garcia sul substrato aramaico dei Vangeli scritti in greco) Prima di fare un esempio vorrei dire un’altra cosa che ho scoperto facendo gli studi: quando uno parte da un preconcetto, alla fine la sua ragione diventa irragionevole, arriva a fare affermazioni che sono veramente stupide, ma sono anche contro l’evidenza.
236 – È la tragedia in cui sono travolti tutti i bambini che vanno alla prima Comunione, e poi alla Confermazione, e poi magari vanno all’oratorio.
Quando incominciano a sentire il professore in classe, o certi compagni, o leggono certi tipi di giornali, sono travolti.
Ma sono irrazionali: quello che li aveva legati a ciò cui eran legati – la mamma, l’oratorio, il prete – non è apparso in contraddizione col cuore; è apparsa cosa dura da sostenere il pensare diverso dagli altri, allora sono andati con gli altri.
Istante
110 – Ogni istante porta una novità che non c’era prima, tanto è vero che si chiama avvenimento.
155/156 – Ma allora uno che è chiamato a incontrare, a scoprire, a guardare, ad accorgersi, a seguire, ad entusiasmarsi ogni giorno di più della presenza di Cristo, questo è un uomo che gusta la carne, è un uomo che gusta il tempo e lo spazio, è un uomo che gusta l’effimero.
E nell’istante c’è la dimensione dell’effimero, e non perde neanche un capello del capo dell’altro.
Questo è un uomo che ha familiarità con il vero, familiare al vero, che dà del «tu» alla verità, e quindi alla bellezza, e quindi dà del «tu» alla gioia.
365 – Bàrricati contro il tempo: non lo fermi un istante, non lo puoi fermare neanche un istante.
Eppure è questa cosa fuggevole tra tutte, è il tempo che porta, nella sua fuggevolezza stessa, il significato finale.
Ti porta verso il significato finale se ti porta verso il significato in ognuno dei suoi istanti veloci.
In ognuno dei suoi istanti stai, se non dormendo, almeno fantasticanto, reagendo – sei tanco, giocoso, ti senti legato, ti senti libero -; ma non dai nessun significato al tempo che corre veloce se pretendi di mutuarlo da qualcosa che hai tu, perché quello che hai tu fugge come fugge il tempo – non è il significato che, dominando il tempo, vien portato dal tempo -, è travolto e trascinato dal tempo.
Anche la più bella faccia, se è commisurata al tempo che la veicola, senza aspettare che abbia settant’anni, ti trema; due istanti dopo – possono essere due giorni, due settimane o due mesi – non è più quella e, soprattutto, non ti offre più il significato come ti sembrava di darlo la prima volta, il primo istante.
densità dell’istante
322 – Il rapporto con il Mistero rende misterioso tutto quello che facciamo: la «densità dell’istante», l’eternità di ogni istante, la grandezza di ogni istante.
È questo che dobbiamo cercare di vivere diventandone coscienti: investire tutto quello che facciamo nell’offerta a Cristo.
[…] La cosa più ingiusta, che non si può tollerare, è che non sia riconosciuto Dio che diventa uomo.
520 – Vivere con Cristo è vivere tutto, tutto ciò che si incontra, come lo vivrebbe Lui.
Cristo, come guardava un piccolo fiore del campo, spontaneo, pensava al Padre: nesso con l’infinito.
Non c’è niente di piccolo, di disprezzabile, di inutile: anche il più piccolo passo è nesso con l’infinito.
La densità dell’istante che cosa vuol dire? Il rapporto dell’attimo con l’infinito.
Se l’istante è rapporto con l’infinito, se ho presente che è rapporto con l’infinito, non lo butto via, non posso più buttarlo via, lo curo; il meno che si possa dire è che lo ammiro.
valore dell’istante
517 – Quella ragazza nel suo ufficio, se OFFRE a Dio l‘istante in cui è, a chi lo offre? All’infinito!
Ha un valore infinito.
È il rapporto tra l’infinito e il mondo che conta, non il rapporto fra te che fai l’erbivendolo e il mondo, fra te che fai il professore di chimica e il mondo.
Non è questo che influisce sul mondo, è il tuo rapporto con Dio.
Quel che fa come professore di chimica è rapporto con Dio; se non vivi questo, non vale niente.
Istintività/istinto
(Cfr. anche: reazione)
204/205 – Proprio perché le creature sono tutte buone e giuste, io mio attacco a ognuna cui arrivo: ma se consento a questo di dominare la mia vita, la mia vita diventa senza scopo: lo scopo viene supplito dalla reattività o dall’istintività, che non è razionale.
205 – Mentre lo scopo è razionale – riguarda la mobilitazione del mio rapporto con la totalità del creato -, l‘istinto o la reazione sono prodotti immediati che durano quel che durano, come la miccia di una bomba.
Se lo scopo è fissato in base all’ordine del tutto, alla volontà di Dio, o a Cristo, perché Cristo è il nome della totalità della realtà, allora tutto rimane calmo e tutto si compie nella calma, non c’è nessuna deflagrazione.
232 – La libertà è come un coltello che sta lì ed entra tentando di tagliare il nesso tra l’impatto della conoscenza, e l’affectus che produce.
Fa sentire così astratta la cosa, poiché rimane solo la conoscenza (idea astratta) e arresta all’istintività l’atto, se rimane solo l’affectus.
E né l’una cosa né l’altra sono giuste.
Invece non si può tagliare in due il fenomeno della conoscenza: la conoscenza è registrazione di una cosa in quanto c’è secondo uno shock, un affectus che ti produce: in base a questo c’è poi il gioco della libertà.
Indice alfabetico dei temi
A – B – C – D – E – F – G/H – I – L – M – N – O – P – R – S – T – U – V
I Temi di alcuni libri di don Giussani
- TEMI – Il senso religioso
- TEMI – All’origine della pretesa cristiana
- TEMI – Perché la Chiesa
- TEMI – Il rischio educativo
- TEMI – Generare tracce nella storia del mondo
- TEMI di Si può vivere così?
- TEMI di Si può (veramente) vivere così?
Temi degli ESERCIZI – Collana “Cristianesimo alla prova”
- TEMI – Un strana compagnia (82-83-84)
- TEMI – La convenienza umana della fede (85-86-87)
- TEMI – La verità nasce dalla carne (88-89-90)
- TEMI – Un avvenimento nella vita dell’uomo (91-92-93)
- TEMI – Attraverso la compagnia dei credenti (94-95-96)
- TEMI – Dare la vita per l’opera di un Altro (97-98-99)
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