
Indice alfabetico dei temi
A – B – C – D – E – F – G/H – I – L – M – N – O – P – R – S – T – U – V
[NOTA BENE: i corsivi di frasi o interventi, in rosso sono frasi riportate dal libro «Si può vivere così?», quelli in viola sono invece interventi, domande e citazioni di questo libro]
Lettera «O»
- Obbedienza/obbedire
- Obiezione
- Offerta/offrire
- Ogettività/soggettività
- Omnis creatura bona
- Opinione
- Ora
- Ordine
- Ordini religiosi
- Origine
- Ospitalità
- Ottimismo
- Ottocento
- Ovvio
Obbedienza/obbedire
(cfr. anche: rimanere, seguire, sequela)
73 – Il superfluo ingombra la purità dell’ordine, ed è per questo che nella storia del cristianesimo chi dedica la sua vita a Dio nel convento o nel monastero fa professione di rinuncia al superfluo, per cui l’obbedienza basta, è più sicura; e la povertà non solo è utile, ma è necessaria, per spazzar via il superfluo.
212ss – Quando è ragionevole obbedire?
È giusto obbedire quando uno capisce che, obbedendo, corrisponde di più alla sua natura, gli fa capire di più chi è e gli fa realizzare di più quello che desidera.
Ma questo è in tutte le scelte, non appena nell’obbedienza.
Bisogna tenere presente cosa vuol dire obbedire; allora potrai rispondere alla domanda: «Quando è ragionevole obbedire?».
213 – Cosa vuol dire obbedire? Che il criterio dell’azione che tu compi non è quel che pensi tu, non è quel che senti tu, ma quel che dice un altro.
Non confondiamo la razionalità dell’obbedienza con la razionalità dell’agire.
L’agire dell’uomo non è obbedienza sempre.
Ma se l’uomo agisce obbedendo, anche questo agire deve essere razionale.
L’uomo deve agire per ragione, altrimenti non è uomo.
Nell’attività dell’uomo c’è una attività che si chiama obbedienza; perché deve essere razionale? Perché è un agire dell’uomo.
Cosa vuol dire obbedienza? Vuol dire che nel mio agire non quel che penso io, non quel che sento io, non la conseguenza di una mia riflessione o di una mia analisi, ma quel che dice un altro io seguo, io adotto come criterio.
Quando un gesto è obbedienza? Quando il criterio con cui agisco me lo dice un altro. Definita così, l’obbedienza sembrerebbe un rinnegamento di se stessi.
214 – Un bambino cresce attraverso l’obbedienza.
In montagna, se una scalata è nuova, si va bene se si obbedisce alla guida.
Per imparare a guidare un velivolo un pilota giovincello deve obbedire a un pilota vecchio che gli sta dietro.
E il primo obbedisce; se non obbedisse, non imparerebbe a guidare l’aeroplano.
Io voglio farvi capire che l’obbedienza è un fenomeno comune alla vita di tutti.
Per imparare occorre obbedire, altrimenti uno resta chiuso in quello che sa già.
Eppure, nella pratica, di fronte all’obbedienza noi non ci comportiamo come se obbedire fosse una cosa giusta, ma ci ribelliamo a prescindere da una discussione circa le ragioni.
215 – Invece l’obbedienza è una cosa naturale, è un modo naturale di comportamento.
215 – Perché questo fenomeno? Perché svolgere il proprio cammino di fronte a tutte le circostanze può significare trovarsi di fronte a circostanze difficili in cui uno non sa cosa fare; allora si rivolge a uno che ha già fatto il cammino.
Vivere l’obbedienza sinteticamente viene significato dal verbo seguire, immaginativamente è seguire.
Il vero problema è quando è giusto seguire?
216 – Dico che è giusto seguire quando è ragionevole, quando ci sono «ragioni» per seguire.
Perché? Perché siamo uomini e non bestie! Siamo uomini, e se obbedire – cioè seguire – deve essere un comportamento di me uomo, deve essere ragionevole, perché la ragionevolezza è la caratteristica dell’agire umano.
Ci sarebbe un aggettivo da aggiungere alla parola «ragioni»: «adeguate».
217 – Come si fa a capire quando si hanno ragioni adeguate per seguire?
La ragione adeguata per seguire una persona è che – per quanto io possa conoscerne o avendone sperimentato già la compagnia o per quanto già qualcosa ne sappia – di quella persona mi posso fidare.
218 – Per obbedire, perciò, bisogna innanzitutto rendersi conto del perché mi posso fidare di quella persona.
Intervento: «Ma che differenza c’è dalla fede, allora?»
La fede è un giudizio: «Di questa persona mi posso fidare».
L’obbedienza è una conseguenza etica, una conseguenza pratica, una conseguenza di mossa, una conseguenza attiva: «Siccome mi posso fidare, la seguo».
Per questo dell’obbedienza si parla nella parte sulla fede.
L’obbedienza non è la fede! È la conseguenza etica, morale, cioè di comportamento, che nasce dalla fede.
La fede è un giudizio.
219 – Quando io ho ragione adeguata per fidarmi di una persona così da seguirla, da obbedirle?
La parola «obbedienza» indica una azione, io obbedisco in una azione; seguire vuol dire obbedire in tante azioni, in un seguito di azioni.
Quando io obbedisco con ragione adeguata a una persona (stiamo parlando dell’ambito di cose che ci interessano: della vita, della vita come cammino)?
220 – Primo, è razionale seguire un altro, obbedire a un altro, quando mi comunica e mi rivela una concezione della vita e del suo destino che poggia tutta quanta sulle esigenze originali del cuore, che sono comuni a tutti gli uomini, quando fonda una concezione della vita che poggia sulle esigenze comuni del cuore umano.
221 – Secondo, l’altro mi dice queste cose non per una politica, o per un suo tornaconto, ma per una gratuità.
La gratuità è l’amore al destino dell’altro e basta; l’unico motivo per cui me lo dice è l’attaccamento al mio destino, alla letizia della mia vita e alla felicità da raggiungere.
Terzo, ti aiuta a superare ciò che è contrario a queste esigenze; ti aiuta al sacrificio, cioè a quell’aspetto di coscienza per cui, aderendo alle esigenze del cuore, ti sembra di dover rimetterci qualcosa, ti sembra di dover perdere qualche cosa.
224 – Intervento: «Io fuori di qui non ho mai incontrato nessuno che abbia le tre caratteristiche dell’uomo a cui – hai detto – è ragionevole obbedire. Allora pensavo: però nella vita mi è chiesto di obbedire ad altri, per esempio, debbo obbedire alla mia preside. Allora non è ragionevole obbedire a lei?».
Può darsi! Comunque, ultimamente, è ragionevole se ci sono queste tre condizioni: corrispondenza alle esigenze del cuore; gratuità di offerta e di proposta; prontezza a condividere il dolore, la fatica, il sacrificio che ciò che ti chiedo implica.
Potrebbe non essere ragionevole obbedire alla tua preside, ma potrebbe essere ragionevole per te obbedire alle circostanze che la tua preside incarna.
Io non sono d’accordo che soltanto in campo soprannaturale, soltanto con Gesù entrano nel mondo questa intelligenza, questa disponibilità e questa generosità.
Ma è con Gesù che tutto questo si chiarisce.
230 – Sei migliore in quanto la tua risposta è determinata dalla ricerca di Gesù, dall’amore a Gesù e, quindi dallo «smacco» dell’obbedienza a chi guida.
L’ultima parola prima della gloria è la parola obbedienza.
Infatti l’obbedienza si riferisce alla croce; la gloria, invece, nasce dal giorno festivo della Pasqua.
231 – Intervento: «Mi puoi spiegare questa frase: “A ogni conoscenza consegue una affettività”»?
Questo è molto legato al tema di oggi, ma nasce in un altro contesto che non è quello dell’obbedienza.
Però, se si parla di conoscenza c’entra con tutto, anche l’obbedienza: per obbedire, ad uno, devi conoscerlo.
237 – Questo attaccamento affettivo, che quei dodici hanno avuto verso di Lui, questo aderire a Lui nonostante non capissero, è l’inizio del concetto di obbedienza.
Che quei dodici siano rimasti lì nonostante tutti gli altri se ne fossero andati, perché non si capiva quel che diceva, è l’inizio dell’obbedienza; l’inizio del concetto di obbedienza, il quale nasce dalla ragione.
241ss – «Con che parola si può definire l’atteggiamento che Cristo ebbe verso il Padre? È quella che san Paolo dice qualche riga dopo: “Fatto obbediente fino alla morte”» Simone e gli altri si sono fatti obbedienti a Cristo anche di fronte all’incomprensibile» [Si può vivere così? p. 119].
L’obbedienza di quell’uomo era alla sorgente di tutte le cose, al Padre.
Così che, in genere, a chi si obbedisce ci si rapporta come a un padre, a qualcosa che partecipa della paternità, ciò da cui il nostro essere deriva.
Ma allora l’obbedienza degli apostoli a Lui, il seguirlo, costituiva realmente qualcosa di religioso: il valore dell’adesione della loro testa, della loro affettività a Lui era un valore misterioso.
242 – «Dice san Paolo nella lettera ai Filippesi, capitolo secondo, che è importante e ho già citato: “Per questo Dio lo ha glorificato”». Lui ha seguito il Padre, allora il Padre lo ha glorificato, lo ha esaltato. «Tu hai obbedito, e io adempio ciò per cui il tuo cuore è stato fatto, il tuo cuore è stato fatto per essere il salvatore dell’universo, del mondo» [Si può vivere così? p.120[.
L’obbedienza – cioè la coerenza con l’adesione favorevole alla persona che si è giudicata evidentemente diversa dagli altri, eccezionale nel suo modo di dire e di fare – dà gloria alla vita, immette nella vita delle categorie che altrimenti non ci sarebbero: per esempio la gioia; o la categoria della gloria che dovremo scoprire alla fine dell’anno: il nostro scopo non è Gesù Cristo, il nostro scopo è lo scopo di Gesù Cristo, lo scopo che aveva Gesù Cristo, la gloria del Padre (che si affermava in tutti gli uomini che riconoscevano Lui).
«Proprio perché Cristo è stato obbediente fino alla morte, Dio lo ha esaltato e gli ha dato un nome più grande degli altri. È questa l’esaltazione anche della nostra vita, se obbedisce, diventa più grande di quanto sarebbe mai stata, cioè si realizza»[Si può vivere così? p. 121].
243 – Obbedire è fare una azione definita non da un tuo giudizio o da una tua decisione, ma definita dalla volontà di un altro.
Quando questa obbedienza è giusta? Quando non è alienazione, ma una affermazione più potente di te stesso?
Quando ciò che scegli di obbedire è riconosciuto corrispondente alle esigenze del tuo cuore, corrispondente al tuo destino.
«L’obbedienza per noi, cioè il seguire il disegno di un Altro, il fare la sua volontà, è ragionevole in un solo caso: deve essere consapevole che in essa sta la riuscita della vita» [Si può vivere così? p.121].
245ss –
La vera obbedienza è una amicizia.
La virtù, cioè il comportamento giusto, l’adesione permanente, la fedeltà propria dell’obbedienza, altro non è che la virtù dell’amicizia.
Ma l’amicizia cosa è se non volere bene all’altro per il suo destino, volere il destino dell’altro?
Obbedire, seguire chi vuole il tuo destino, identifica il seguire, l’obbedire, con l’amicizia; chiarisce come obbedire e seguire sono la vera amicizia.
L’obbedienza è la virtù di questo volere il bene dell’altro.
Quanto più segui chi ti vuole bene, tanto più sei te stesso: non «ti vendi», ma «ti ritrovi».
Il soggetto dell‘obbedienza è l’io di fronte al destino; l’atto obbediente rende l’io più io.
246 – Intervento: «L’obbedienza e la sequela sono la legge naturale con cui io divento me stessa, e questa è una cosa che mi dà conforto; quando sto con voi, infatti, non mi perdo. Però, nel presente, è come se io non mi giocassi, e così rimango sempre triste».
Come per il bambino: non sono i comandi della mamma, ma la mamma è presenza per il bambino! E il bambino segue la mamma, aderendo a quel che dice, cento volte disobbedendo e due volte al giorno obbedendo, ma è attaccato alla mamma.
363 – Non si può essere contenti, contenti e sicuri, di qualcosa che si inventa, di qualcosa di cui abbiamo un pezzo di coscienza che ci dice: «Lo stai inventando tu».
La gioia del futuro non può essere poggiata sulla nostra fantasia.
Sarebbe storditezza una letizia e una gioia che nascano da noi, da qualcosa in quanto è mio o da qualcosa che formulo io con la mia fantasia; e questa è una linea obbligatoria di atteggiamento, perché come natura siamo creati, perciò dobbiamo obbedire.
È obbedendo che uno diventa grande, esplicita se stesso.
583 – Nella Chiesa, ognuno è responsabile di fronte a Dio, ma è legato a tutti insieme e il corpo misterioso di Cristo, la comunione fa la liberazione.
Così in questa formula abbiamo superato il ’68, e nessun altro l’ha vinto!
Nessun altro, eccetto che i soldi degli inglesi, degli Stati Uniti e delle logge massoniche.
Per questo seguire vuol dire obbedire, implica l’obbedienza alle modalità caratteristiche di un movimento.
obbedienza di Cristo
241ss – «Con che parola si può definire l’atteggiamento che Cristo ebbe verso il Padre? È quella che san Paolo dice qualche riga dopo: “Fatto obbediente fino alla morte”» Simone e gli altri si sono fatti obbedienti a Cristo anche di fronte all’incomprensibile» [Si può vivere così? p. 119].
L’obbedienza di quell’uomo era alla sorgente di tutte le cose, al Padre.
obbedienza e affezione/ragione
237 – Il sì di Pietro a Gesù, […] è un atteggiamento affettivo che vince.
Questo attaccamento affettivo, che quei dodici hanno avuto verso di Lui, questo aderire a Lui, questo aderire a Lui nonostante non capissero, è l’inizio del concetto di obbedienza […] il quale nasce dalla ragione.
obbedienza e amicizia
245 – La vera obbedienza è una amicizia.
La virtù, cioè il comportamento giusto, l’adesione permanente, la fedeltà propria dell’obbedienza, altro non è che la virtù dell’amicizia.
Ma l’amicizia cosa è se non volere bene all’altro per il suo destino, volere il destino dell’altro?
Obbedire, seguire chi vuole il tuo destino, identifica il seguire, l’obbedire, con l’amicizia; chiarisce come obbedire e seguire sono la vera amicizia.
L’obbedienza è la virtù di questo volere il bene dell’altro.
Quanto più segui chi ti vuole bene, tanto più sei te stesso: non «ti vendi», ma «ti ritrovi».
Il soggetto dell‘obbedienza è l’io di fronte al destino; l’atto obbediente rende l’io più io.
obbedienza e fede/libertà
216ss – Prima di seguire, cosa occorre perché sia giusto seguire, doveroso seguire?
Intervento: «La fede»
Questa risposta è molto più giusta di quanto tanti non riescano a capire, tanto è vero che abbiamo parlato di obbedienza nella parte dedicata alla fede.
Dico che è giusto seguire quando è ragionevole, quando ci sono delle «ragioni» oer seguire.
Ci sarebbe un aggettivo da aggiungere alla parola «ragioni»: «adeguate».
217 – Come si fa a capire quando si hanno ragioni adeguate a seguire?
La ragione adeguata per seguire una persona è che – per quanto io possa conoscerne o avendone sperimentato già la compagnia o per quanto già qualcosa ne sappia – di quella persona mi posso fidare.
218 – Per obbedire, perciò, bisogna innanzitutto rendersi conto del perché mi posso fidare di quella persona.
La fede è un giudizio: «Di questa persona mi posso fidare».
L’obbedienza è una conseguenza etica, una conseguenza pratica, una conseguenza di mossa, una conseguenza attiva: «Siccome mi posso fidare lo seguo».
Per questo dell’obbedienza di parla nella parte sulla fede.
L’obbedienza non è la fede! È la conseguenza etica, morale, cioè di comportamento, che nasce dalla fede.
La fede è un giudizio.
220 – Quando uno deve credere in un altro? Quando quest’altro sa quel che dice e non vuole ingannare.
Questa è una applicazione della fede, in termini di vita pratica, di comportamento.
L’obbedienza è un problema morale.
Non confondiamo i problemi della fede con i problemi della morale che consegue alla fede, che si chiama obbedienza.
È razionale seguire un altro, obbedire a un altro quando mi comunica e mi rivela una concezione della vita e del suo destino che poggia tutta quanta sulle esigenze originali del cuore, che sono comuni a tutti gli uomini, quando fonda una concezione della vita che poggia sulle esigenze comuni del cuore umano.
262 – La volta ventura faremo la lezione sulla speranza.
Prima parte: fede, certezza di una presenza; conseguenza, la libertà che può andar dietro oppure no; e, terzo, l’obbedienza, che dice come andare dietro.
La presenza certa fonda una certezza per il futuro; questa si chiama speranza.
obbedienza e povertà/verginità
71 – C’è uno strapparsi da sé che si chiama obbedienza, e c’è una figura dello strapparsi da sé per andare a che si chiama povertà.
Il sacrificio dello strappo per andare più avanti, per possedere di più, si chiama obbedienza; e l’allenamento a questo strappo si chiama povertà.
343/344 – Obbedienza, povertà e verginità: sono le tre virtù, cioè i tre modi con cui la fede, la speranza e la carità – che costituiscono la vita dell’uomo nuovo – si traducono in gesti, in progetti, in riprese, in pianto e gioia.
obbedienza e seguire
219 – La parola «obbedire» indica una azione, io obbedisco in una azione; seguire vuol dire obbedire in tante azione, in un seguito di azioni.
238 – Una obbedienza – cioè un attaccamento favorevole, una preferenza riconosciuta-, in quanto detta una continuità alla vita, si impone come continuità della vita, si chiama «seguire».
Il verbo completo della parola «obbedire» è la parola «seguire»
esito della obbedienza
242 – L’obbedienza – cioè la coerenza con l’adesione favorevole alla persona che si è giudicata diversa dagli altri, eccezionale nel suo modo di dire e di fare – dà gloria alla vita, immette nella vita della categorie che altrimenti non ci sarebbero: per esempio, la gioia; o la categoria della gloria[…]: il nostro scopo non è Gesù Cristo, il nostro scopo è lo scopo di Gesù Cristo, lo scopo che aveva Gesù Cristo, la gloria del Padre.
«Proprio perché Cristo è stato obbediente fino alla morte, Dio lo ha esaltato e gli ha dato un nome più grande degli altri. È questa l’esaltazione anche nella nostra vita. La nostra vita, se obbedisce, diventa più grande di quanto mai sarebbe stata, cioè si realizza» [Si può vivere così? p.121].
245 – Perché obbedisci? Perché quello ti rivela il tuo destino e parla secondo le esigenze del tuo cuore; le supera – il destino le supera -, però le supera realizzandole.
Lo segui perché corrisponde al tuo destino.
Quanto più segui chi ti vuole bene, tanto più sei te stesso: non «ti vendi», ma «ti ritrovi».
Il soggetto dell’obbedienza è l’io di fronte al destino; l’atto obbediente rende l’io più io.
ragionevolezza dell’obbedienza
243ss – «L’obbedienza per noi, cioè il seguire il disegno di un Altro, il fare la sua volontà, è ragionevole in un solo caso: deve essere consapevole che in essa sta la riuscita della vita» [Si può vivere così? p. 121].
245 – Lo segui perché corrisponde al tuo cuore
Quanto più segui chi vuole il tuo bene, tanto più sei te stesso: non «ti vendi», ma «ti ritrovi».
Il soggetto dell’obbedienza è l’io di fronte al destino; l’atto obbediente rende l’io più io.
obbedire vs tormentarsi
540 – Perché tormentarsi quando è così semplice obbedire? La vocazione è obbedire.
Offerta/offrire
188 – Dire: «Gesù, ti offro la giornata», «Lo faccio per Gesù Cristo», «Accetto questa difficoltà per Te, Signore», dire frasi di questo genere, almeno talvolta, è sufficientemente facile, quanto rimane teorico: conforta un pò l’animo percosso, ma rimane parola teorica.
Quel «Gesù Cristo, ti offro la giornata» non ha volto.
Pensate, invece, a quando Pietro è diventato vecchio e il pensiero di Gesù per lui certamente è diventato abituale; ma sempre, dentro quel ricordo, quella memoria, certamente dominava l’immagine della prima volta che l’aveva visto…
321 – Partecipare alla croce di Cristo e offrire tutto a Cristo perché gli uomini siano salvi è la cosa più bella e più grande del mondo, e non può lasciarti triste.
offerta della propria vita
319/320 – Intervento: «Ultimamente mi è capitato che comincio a voler bene alla gente […]. A me interessa sapere se tutta questa gente si salva e come posso io essere testimonianza per loro. […] Però il fatto che immediatamente non si accorgano, a me lascia tristezza».
320 – La vocazione ha chiamato la tua vita a partecipare alla croce e alla risurrezione di Cristo.
Perché una vive la verginità? Perché offre la sua vita a Cristo per la salvezza del mondo.
Comunque, questa tristezza è il segno chiaro e commovente che l’esser nati per la felicità non è un fenomeno che riguarda la singola persona: per sua natura implica la persona di tutti e il destino di tutti.
Perciò offrire la propria vita per tutti, come Cristo, è la cosa più coerente e consona alla nostra natura che ci sia.
Ma se tu questa tristezza la offri, unendo la tua vita alla vita di Cristo – tutti i sacrifici che devi fare, il lavoro, le cose che non vanno: accetti tutto come accettava Cristo -, questa tristezza sta paradossalmente insieme a una leggerezza o a una tenerezza, a una gioia; perché in fondo, è una sicurezza: la sicurezza che il mistero di Dio, facendo giustizia di tutto, realizzandosi, salverà tutto.
487 – «Il frutto principale di questa cambiamento di mentalità[…], il vertice di questo cambiamento di mentalità è l’offerta della propria vita: se l’amore ne è la legge, il vertice è l’offerta della vita» [Si può vivere così? p.294].
Oggettività/soggettività
200 – Il genio di Dio è l’oggettività, la presunzione del genio umano è la soggettività.
Vale a dire: l’oggettività è il reale, la soggettività è l’immaginare.
Omnis creatura bona
204/205 – «Ma la cosa più bella è il concetto di strappo e di mortificazione. Strappandoti a quello che ti emoziona di più per amore di ciò che ti corrisponde di più, che è più giusto, la mortificazione per affermare la legge morale (cioè il rapporto con il destino invece che ciò che ti attira l’istinto), questa mortificazione non elimina niente: omnis creatura bona (ogni cosa è bene)» [Si può vivere così? p. 82].
Siccome omnis creatura bona, ogni cosa è bella e buona, arrivato a questa cosa qui io mi sento attirato da essa e allora m i fermo a guardarla: se ci sto un pò, dimentico il resto.
Proprio perché le creature sono tutte buone e giuste, io mi attacco a ognuna a cui arrivo; ma se consento a questo di dominare la mia vita, la mia vita diventa senza scopo: lo scopo viene supplito dalla reattività o dall’istintività, che non è razionale.
Mentre lo scopo è razionale.
Se lo scopo è fissato in base all’ordine del tutto o – come si dice – alla volontà di Dio, o a Cristo, perché Cristo è il nome della totalità della realtà, allora tutto rimane calmo e tutto si compie nella calma.
294 – San Paolo dice la frase più rivoluzionaria di tutta la letteratura universale: omnis creatura bona, ogni creatura è bene.
Non esiste ideologia di qualsiasi tipo che possa ripetere questa frase; è solo la compagnia che nasce da Cristo che può dir questo: «Ogni cosa è bene», anche la morte.
Per questo – conclude Paolo – omnia cooperantur in bonum: tutte le cose cooperano alla positività della tua vita, al bene, cooperano a creare il passo felice.
Opinione
317 – «E loro sono così bambini vicino a Gesù che lasciano cadere, non stanno attaccati alla pretesa che Lui risponda alle loro questioni così come le immaginano, ma gli stanno attaccati più profondamente di quanto fossero attaccati alle loro opinioni, con una semplicità più grande. Perché l’essere attaccati alla propria opinione esige la perdita della semplicità, l’introduzione di una presunzione e il prevalere della propria immaginazione sull’attesa. È esattamente il grande pericolo che tutti noi corriamo: il prevalere delle nostre immagini sull’attesa che Dio ci ha destato nel cuore e che Cristo ci ha rinnovata, anzi ci ha precisata» [Si può vivere così? p. 184].
Ora
362/363 – Si può affrontare il futuro solo attraverso la tranquillità del presente. È nel presente che si affronta il futuro.
Dici «Oggi», dici ora «Quest’ora», perché domani mattina il mondo potrebbe distruggersi. Da che cosa saresti giudicato? Ognuno sarebbe giudicato da come ha vissuto oggi.
Il passato, poi, è chiaramente redimibile nella chiarezza dell’oggi.
La parola più amica dell’eterno è la parola ora, non il futuro, ma ora.
È così bello ora.
È così bello quello che sei ora ai miei occhi, molto più che ai tuoi, senza nessun paragone, perché il miei occhi vedono quello che non vedi di te.
363 – Adorate il presente, perché il contenuto del presente si chiama lavoro: il contenuto del presente è il significato ultimo in quanto cerca – nella nostra mente, nel nostro cuore e nelle nostre mani – di dar forma a una azione presente.
Ordine
65ss – (Un atleta che non rispetta una l’ordine della gara) È squalificato, perché? Perché non ha seguito l’ordine.
Che parola strana, l’ordine.
È una parola strana la parola ordine. Perché è strana? Perché viene da un cervello estraneo al tuo: è un altro che l’ha pensato.
L’ordine è una condizione per affermare la meta, il realizzarsi compiuto della personalità umana, che è il dinamismo più qualificato, complesso e dignitoso dell’universo.
66 – Il valore di una personalità umana è stabilito in uno scopo che l’uomo raggiunge in un certo modo,un certo modo che chiamiamo – per intenderci – ordine.
Come questa idea dell’ordine, in cento anni di vita che ho vissuto, mi viene chiara adesso: l’ordine è stabilito da chi organizza la corsa, da chi crea la vita.
Ed è comunicata e svelata, questa vita, nel suo ordine, perciò questo ordine è rivelato, svelato a chi è scelto a chi è scelto per gridare agli uomini la volontà di Dio.
L’ordine del radunarci è la cosa più importante dopo l’ordine di radunarci.
67 – C’è l’ordine del radunarci: cosa facciamo? C’è l’ordine di radunarvi: il raduno è concepito come un certo ordine di cose con cui voi dovete impegnarvi.
Così, se noi ci raduniamo, ci deve anche essere detto come radunarci.
L’ordine del radunarci ci è dettato, ma deve essere da noi accolto, raccolto.
E così si snoda un cammino secondo un ordine che, a chi tocca, spetta anche di definire.
La libertà di esprime come impegno con ciò che è proposto.
Se tu decidi di non impegnarti con quello che noi proponiamo, è meglio che vai altrove, almeno non sarai incoerente.
Ordini religiosi
582 – I cosiddetti ordini religiosi sono una legge obiettiva, fisica dello sviluppo della Chiesa.
Cioè, nello sviluppo di tutto il corpo, sono alcuni punti che sprizzano una vitalità e una coscienza chiara di quel che Cristo ha portato circa Dio, così che la gente che li vede, che li incontra, se li prende sul serio, se li segue, capisce molto di più: diventa più facile aderire, diventa più facile tutto.
Ognuno di questi movimenti si sviluppa secondo le regole della sua anima originale: ha una certa concezione dell’intelligenza, della ragione, dell’affezione, dell’azione, dell’io.
Per esempio, sottolinea di più l’io come inevitabile bisogno di compagnia – come facciamo noi-; non l’io sottolineato come singolo, responsabile – come fanno quelli dell’Opus Dei o i Gesuiti-.
Però tutti gli ordini sottolineano una cosa o l’altra che è importante per tutti.
Noi non neghiamo che la responsabilità è dell’io, ma sottolineiamo il fatto che l’io, per sviluppare la sua responsabilità, è facilitato dalla compagnia.
Origine
382 – L’origine di ogni cosa è misteriosa.
Un fiore guardato scoprendo l’attrattiva sterminata, infinita della radice che lo fa consistere,nella prospettiva cioè del Mistero che in esso si esprime: questo è un possesso del fiore senza nessun paragone più grande.
Questa seconda modalità fa essere l’uomo contento e carico di lode per ciò che esiste, lo fa essere religioso, lo fa essere poeta, almeno poeta.
origine vs Padre
473 – «Nessuno dice a Dio: “Padre“, come noi» dice san Paolo nella lettera ai Galati.
Nessuno dei trecento ricercatori di Dio radunatisi a Milano, nessuno poteva dire «Padre». Nessuno, non veniva in mente a nessuno.
Se qualcuno l’avesse avuto in mente e l’avesse detto, non era il Padre, era l’origine (l’origine è un concetto più «razionale» che la parola Padre).
Ospitalità
529 – Spero, ragazzi che sappiate chiedere Cristo in modo tale che non sia inospitale il vostro cuore, perché Lui bussa, è sempre presente, bussa.
Solo se il cuore è inospitale, solo se non Lo chiede, non può entrare.
La prova che si è inospitali verso Cristo è che si è inospitali verso gli uomini, la prova che si è ospitali verso Cristo è che si è ospitali verso gli uomini: si sopporta come non si sarebbe potuto essere capace di sopportare.
Ottocento
88 – Di fronte al Mistero, la ragione non può dire: «se ci do dentro io lo conosco».
Questo «darci dentro» sembrò agli uomini del 1700 lì sulla porta: basta aprire la porta e ci siamo.
A quelli del 1800 sembrò più vicino ancora.
Alla fine del 1800 han detto: «Ci manca soltanto saper affrontare scientificamente la psicologia e la sociologia e poi abbiamo conosciuto tutto».
Invece, nossignore! La ragione, davanti al Mistero, rimane limitata.
166 – (L’opinione comune delle cattedre universitarie, riviste e giornali) è il fatto che Cristo non avrebbe documenti storici adeguati che ne dimostrino addirittura l’esistenza.
È questa la grande menzogna con cui il secolo della ragione, anzi, della ragione applicata – perché il secolo dei lumi, dell’innamoramento dell’uomo per la sua ragione astrattamente concepita è il Settecento; mentre l‘Ottocento è il secolo della ragione applicata, quella che dovrebbe risolvere le questioni – ha preteso negare l’avvenimento cristiano.
313 – Noi non crediamo – se non per una emergenza rara, di circostanze rare -, noi non crediamo che il disegno del mondo è di Dio, è volontà di Dio.
Non crediamo in Dio, non crediamo esistenzialmente in Dio: Dio è un fattore della meccanica universale come per il razionalismo dell’Ottocento.
E invece Dio è alla radice di ogni pianta, di ogni erba, di ogni fiore, di ogni uomo e di ogni sasso.
Ovvio
413 – Sono due vibrazioni dell’animo diverse: una è semplicità e l’altra è forza.
«Mio canto e mia forza, sei Tu»: il canto è la bellezza; la forza, invece, è un attacco, un contrattacco.
Dalla seconda ti viene la soldezza e la letizia, l’ovvietà del tuo futuro (è «ovvio»: ti viene incontro.
Indice alfabetico dei temi
A – B – C – D – E – F – G/H – I – L – M – N – O – P – R – S – T – U – V
I Temi di alcuni libri di don Giussani
- TEMI – Il senso religioso
- TEMI – All’origine della pretesa cristiana
- TEMI – Perché la Chiesa
- TEMI – Il rischio educativo
- TEMI – Generare tracce nella storia del mondo
- TEMI di Si può vivere così?
- TEMI di Si può (veramente) vivere così?
Temi degli ESERCIZI – Collana “Cristianesimo alla prova”
- TEMI – Un strana compagnia (82-83-84)
- TEMI – La convenienza umana della fede (85-86-87)
- TEMI – La verità nasce dalla carne (88-89-90)
- TEMI – Un avvenimento nella vita dell’uomo (91-92-93)
- TEMI – Attraverso la compagnia dei credenti (94-95-96)
- TEMI – Dare la vita per l’opera di un Altro (97-98-99)
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