Si può (veramente?!) vivere così? (8)

edizione di riferimento

ABCDEFG/HILMNOPRSTUV

[NOTA BENE: i corsivi di frasi o interventi, in rosso sono frasi riportate dal libro «Si può vivere così?», quelli in viola sono invece interventi, domande e citazioni di questo libro]

Indice linkato:


273/274 – L’ultimo numero di «Tracce» ha come «Parola tra noi» Dio: il tempo e il tempio, Che è tutto sulla gloria di Dio.

274 – Parla di Dio, il cui rapporto col mondo segue uno strano metodo: Dio si mette in rapporto col mondo fissando un luogo, entra in rapporto con un luogo che si chiama tempio: questo tempio a un certo punto si è cambiato in una casa, la casa di Nazareth, per un uomo che vi stava dentro, Gesù.

Quello è il punto in cui il Mistero entra nel mondo: quel luogo, quella casa.

418 – Il figliol prodigo ha avuto la fiducia del padre, da qui è sorta la festa, e la festa travolge tutto.

Così il rapporto personale tra padre e figlio diventa tempio, cioè luogo dove tutto è festa.

E nel tempio converge tutto il tempo; in quel tempio, pensando a duemila anni prima, è come se fosse adesso.


74 -Per introdurci a un lavoro che durerà tutta la vita dobbiamo renderci conto dei fattori fondamentali, delle premesse inevitabili, che permettono questo lavoro; e quanto più andrà avanti, tanto più di apparirà sugggestivo, persuasivo, ci aizzerà alla battaglia, che il tempo della storia è, per la gloria di Cristo.

108 – È solo il tempo che passa che rende esperienza – perché è Dio diventato uomo, perciò è Dio che si obbliga a diventare esperienza carnale nell’uomo -: verrà il tempo in cui, sorprendendoti a guardare una donna che ti commuove, capirai che diversità c’è tra lo sguardo di allora e lo sguardo di adesso, e avrai pietà per l’infantilismo di adesso, o dovrai avere misericordia per l’egoismo di adesso.

110 Ogni istante porta una novità che non c’era prima, tanto è vero che si chiama avvenimento.

L’avvenimento è il fatto che porta la novità nel discorso del mondo, nella fila delle cose, nella storia.

116 – Occorre che, incontrata quella persona, io capisca se ho ragioni sufficienti per fidarmi.

Normalmente, per avere queste ragioni sufficienti, occorrerà una certa convivenza, occorrerà del tempo.

163 – Non domandiamoci se siamo pochi o tanti. Il vero problema è che siamo.

Siamo. fossimo solo tu e io, non cambieremmo.

Anche perchè al di fuori di questo c’è qualcosa che passa davanti e se ne va, «e se ne porta il tempo ogni umano accidente. Or dov’è […] il grande impero di quella Roma, e l’armi, e il fragorio che n’andò per terra e l’oceano? Tutto è pace e silenzio» [Leopardi, La sera del dì di festa]

181 – Quando si tratta di Gesù o del cristianesimo, del fatto cristiano, c’è una tradizione lunghissima, che è cominciata proprio all’inizio: è un fattore importante da tener presente per la spiegazione; una spiegazione non può prescindere da questo.

229 – Il luogo e il tempo sono costitutivi del rapporto tra l’uomo e Dio così come Dio l’ha concepito.

271 – Se tu facessi analisi di quel che desideri e lo scrivessi su un fogli di quaderno fino al punto in cui non ti viene più in mente niente, proprio niente, il tuo cuore non sarebbe la somma di quei desideri segnati: è infinitamente debordante.

E il tempo rivela questo.

278 – La gloria di Cristo è il riconoscimento che tutto consiste in Lui.

Non lo sapevi? Te lo dico io adesso; non l’altro ieri: adesso.

E sono perfettamente consapevole delle parole che uso.

Col tempo, se tu rimani, capisci.

Tutti coloro che nei quarant’anni di storia ho visto andarsene dal nostro movimento, per una obiezione che avevano -un obiezione anche giustissima -, non han capito più nulla; chi è rimasto capisce, così che non dice più quello che diceva dieci anni prima.

312ss – Intervento: «Rispetto al fatto che noi siamo senza storia, vorrei capire se è solamente una questione di tempo, speso però in questi rapporti, o se c’è proprio un tarlo, se quello che manca è una umanità».

«Il tempo senza senso non è tempo, e un momento di tempo, del tempo diede il significato» dice Eliot [Cori da «La Rocca» ].

Storia c’è quando un momento di tempo veicola, porta con sé, rende presente a tutto, il significato del tempo di tutto.

Se questo momento di tempo manca, non avete più una storia, ma avete semplicemente un orologio che misura le ore: così misurate un tempo, una quantità cronologica, non un cammino umano, perché il senso è stabilito dal tempo vissuto come cammino umano, cioè come cammino della ragione verso il presentito senso ultimo e come cammino della affezione e come risultato della costruzione.

Il tempo è necessario per la maturità di una descrizione o per la maturità di un fatto in azione.

313 – Ti può mancare questo, ma se la causa è che occorra ancora del tempo, la pazienza che devi avere è come educatrice.

Se ti manca del tempo, la questione è abbastanza tranquilla, è normale: abbi pazienza.

341ss – Se siete d’accordo su quel che ho detto, siete d’accordo che il tempo c’entra nel capire le cose, siete d’accordo che occorre del tempo per capire le cose.

342 – (Quando muore un papà, una mamma…) Man mano che il tempo passa, innanzitutto si piange di sé e non più del papà, più di sé che del papà.

E, con l’andar del tempo, quella figura, quel ricordo si stempera: è come se rimanessero dapprima i contorni, poi anche quelli svaniscono.

Uno non lo ricorda più, tanto è fragile l’uomo di fronte all’essere: perché il padre è un punto dell’essere importantissimo, è il segno immediato del Mistero che ci ha fatti, il segno immediato di Dio, qualunque uomo sia stato.

Questa è la forza per cui, invece, un altro ha scoperto il proprio padre man mano che il tempo passava dopo la sua morte; e adesso l’ha piantato dentro di sé, e rinascono in lui ricordi che non aveva mai avuti, particolari che non aveva mai sottolineati.

Il tempo che passa inoltra nel mistero dell’eternità della persona che è scomparsa, se essa è presa sul serio.

343 – Una delle parole che solo nel tempo, se riconosciute e considerate, cioè stimate, amate, solo nel tempo ascquistano una imponenza, una forza, una grandezza….una di queste parole che maturano e impongono la loro grandezza di implicazioni e di evidenti derivazioni, che spostano sempre oltre il limite della loro applicabilità, della loro capacità di spiegare, è la parola povertà.

344 -La parola povertà per capirla in modo tale da amarla, occorre una certa diuturnità, occorre un certo tempo.

348 – Allora Cristo mi esaltava, ma questa parola -figli del Padre – sono dovuto diventare vecchio per impararla.

Però se non l’avessi ripetuta continuamente anche senza sentirla bene, adesso non la capirei.

Ogni cosa a suo tempo.

365 – Un sentimento è vero quando risponde a tutte le domande del tempo, il tempo che non si ferma un istante…

Bàrricati contro il tempo: non lo fermi un istante, non lo puoi fermare neanche un istante.

Eppure è questa cosa fuggevole fra tutte, è il tempo che porta, nella sua fuggevolezza stessa, il significato finale.

403 – Tu devi essere fedele al prima, fedele all’accaduto, fedele all’avvenimento, il cui frutto principale, è un giudizio di certezza.

E non importa se l’animo sia aspro ancora come certe spiagge di pietra: tutto si scioglierà, a suo tempo.

Ma quale tempo? Quello di Dio.

È l’unico che gioca tutto il suo rapporto su una promessa che ti fa e sull’adempimento di essa nel tempo.

Se tu fissi – «dopo tre anni almeno» -, sei fuori combattimento, perché non puoi fissare la misura del tuo rapporto con l’Eterno.

421/422 – «Ciò che possiede il nostro tempo è morto per noi, si presenta ai nostri occhi e al nostro cuore come il luogo dove è amato il nostro destino, dove è amata la nostra felicità, tanto che Colui che possiede il tempo muore per il nostro tempo. Ma io non voglio sottolineare questo aspetto per la Settimana Santa, voglio sottolineare che il Signore, Colui cui appartiene il tempo, è buono. Tanto è vero, che prima ancora che muoia per noi, e quindi risorga per noi, aggiunge tempo al tempo, prolunga il nostro tempo: «Iddio ha pazienza perché voi vi correggiate», dice san Pietro ai primi cristiani» [Si può vivere così? p.246].

422 – Intervento: «Cosa vuol dire: “aggiunge tempo al tempo“?»

Non entra impazientemente a dire: «Faccio io, faccio io: muoio e risorgo».

Aggiunge tempo a tempo. Perciò, perciò Colui cui appartiene il tempo è buono; non buono verso il tempo, buono verso di noi; tanto è vero che, pur sapendo quanto sei fragile ed equivoco nell’uso del tempo, ti lascia il tempo, allunga il filo, aggiunge tempo a tempo, finché a un certo punto, a un certo tempo dice: «Guarda, ti ho lasciato tanto tempo, te ne lasciassi il doppio, il triplo, il quadruplo, faresti peggio. Guarda… – e muore per noi, muore per te – ma risorgo per te».

436/437 – Intervento: «Come mi accorgo che se il mio a Cristo non è un astratto o formale?»

Se questo sì è continuato nel tempo, partecipato nel tempo, questa percezione della sua sincerità che subito hai, diventa confermata dalla evidenza del tempo.

437 – Il tempo è di grande aiuto per la conferma della scelta della libertà: col tempo si vede meglio.

529 – Non pretenderete che queste cose si capiscano subito!

Subito non c’è più niente da dire.

È nel tempo che questo avviene, e il terreno duro o vulvanico diventa terra arabile che dà cento per uno.

544 – La meraviglia è il vero frutto di quell’iniziale capire che rivela tutta l’originalità e l’impossibilità di capire al momento, e la necessità che per capire totalmente occorre una storia.

E qui entra la grande parola tempo. Il tempo. Basta il tempo? No, basta la pazienza.

568/569 – Davanti alle circostanze inevitabili l’uomo diventa semplice, è sicuro di quel che vuole Dio; di fronte alle condizioni inevitabili bisogna che le faccia, e questa è sicuramente la volontà di Dio.

569 – Nella vocazione per la verginità, questo nuovo modo di amare, l’eterno modo di amare, il partecipare all’amore che il Mistero divino ha per l’uomo, stabilisce un complesso di condizioni inevitabili e la necessità di un tempo per Cristo.

570 – Sembrerebbe una condanna se questa esperienza, spesso fatta a denti stretti, non portasse in sé – nel tempo – un incredibile paradosso, sperimentabile quanto la fatica: il paradosso del gusto, sperimentabile quanto la fatica: il paradosso del gusto, della fecondità che è Cristo, o meglio, che Cristo è la verità.

È un paragone su un altro piano, ma è proprio nel fenomeno affettivo che questa precisione trova la sua applicazione più esatta.


229 – Voi non avete un punto di riferimento fisico unitario, un punto di vista unitario, geografico, di luogo, di tempi stabiliti, in cui le cose si svolgono in un certo modo, in cui si imparano certi canti, in cui si fanno certi silenzi, in cui si va a nanna stanchi in un certo modo.

491/492 – L’unità, appena si muove, produce il suono delizioso che si chiama amore, che non ha nulla da cedere al tempo e allo spazio, che il tempo non dissocia e che lo spazio non dissolve.

492 – Ma perché tutto ciò diventi vostro, cioè esperienza vostra, deve essere per lungo tempo e continuamente voluto; non «voluto», desiderato; non «desiderato», ma mendicato.

558 – Dici: «Questa gente è per il mio destino», ti nasce nel tempo, non dico subito – subito poi scompare! – ma nel tempo rimane e a un certo punto cresce, cresce il sentimento.

Quel sentimento cresce ed è veramente il centuplo di prima.

E, infatti, ti rende libero, non ti fa avere paura dell’obiezione dello spazio e del tempo – un’altra obiezione terribile -.

Il centuplo è lo stesso sentimento, ma come voluto da Dio, come sua spia, come suo sintomo, come suo segno.

577ss – Il Mistero, per farsi conoscere, non parla all’orecchio di uno che dorme, non parla alla mente di uno che riflette, entra dentro nella storia come un fatto.

È un fatto, o meglio ancora, con una parola più appropriata: avvenimento.

Il primo avvenimento è la Madonna.

L’avvenimento avviene in un luogo, in un posto, in un determinato tempo.

Il posto, il luogo, è stata la Madonna, il corpo della Madonna, il seno della Madonna, in un momento storico che è stato anche documentato all’anagrafe di Betlemme, duemila anni fa.

578 – Quel luogo, che è stato originalmente il seno della Madonna, è diventato più vasto, dove c’entravano anche gli zii e i parenti: era la casa di San Giuseppe.

La casa. La casa di san Giuseppe con quelle mura, era come il mistero del seno della Madonna dilatato.

Questa convivenza si è dilatata fino alla casa di mia mamma, la quale l’ha detto a me.

579 -E l’affare continua, e continuerà fino alla fine del mondo.

Siano in dodici, diano in dodici miliardi fino alla fine del mondo, i cristiani: è lo stesso.

Non c’entra il numero, la quantità, l’esito: è la vittoria sul tempo e sullo spazio.

580 – Il metodo di Dio implica un avvenimento che permane come realtà di avvenimento in tutti i giorni della storia: «Io sarò con voi , tutti i giorni, fino alla fine del mondo» [Mt 28,20].

Un avvenimento continuato, che continua, sorto in un tempo e in uno spazio e che si comunica a tempi e spazi nuovi.

Come? Come Dio vuole!

587 – Il tempo senza senso non è tempo. Senza senso il tempo non è più tempo.

E quel momento di tempo – tempio – del tempo diede senso.

È un momento di tempo che dà senso a tutto il tempo.

È il senso del libretto Il tempo e il tempio ed è quello che esplicitamente ha detto il Papa incominciando il suo discorso dicendo: «Voi giovani avete bisogno di una dimora», cioè di una casa: luogo e tempo precisi.


46 – Il primo vecchio che ha tenerezza verso ciò che viene, ciò che sta per venire, che ha tenerezza verso ciò che sta per venire come una madre ha tenerezza per suo figlio, sei tu.


506/507 – Intervento. «[…] È come se, andando avanti, guardando i miei cari e c’è quel “dolore bestiale” perché, comunque, sai che li perdi questi volti. È come un’ombra che più vado avanti, più penso alle persone e più viene fuori».

Evidentemente la nostra amica sta tentando di descrivere in breve quello che si chiama tentazione.

L’aspetto materiale delle cose, l’aspetto temporale delle cose offusca la visione del pensiero, la purità dello sguardo dello spirito, la gratuità dell’amore.

Ed è l’apparente ineluttabilità di quessto che a Pavese faceva usare la parola «bestiale» a proposito del sacrificio.

E poi, se la tentazione è guardata secondo la coscienza che Cristo aveva dell’umano; […] se tu guardi con gli occhi di Cristo – pensa a come Cristo guardava sua madre, mentre saliva la croce (ricorda i tre misteri di Péguy di cui metà sono sulla Madonna, e tentano di descrivere la coscienza che Cristo aveva del male che faceva a sua madre – Lui a sua madre! – per obbedire al Padre), se tu guardi le cose con gli occhi di Cristo, l’equivoco svanisce e resta il brivido che viene quando hai superato un pericolo.

Quando hai superato un pericolo, ti viene un brivido, è il brivido che viene all’uomo quando ha superato una tentazione.


185 – La parola è l’indice di una esperienza, cioè del modo con cui la realtà, o la realtà in un suo aspetto, vi si palesa, e ti convince.

È il contrario di teorico; è tutto teorico quello che non è esperienza.

Tutta la filosofia moderna non nasce dall’esperienza, ma è l’applicazione di un a-priori, cioè di un preconcetto.


473 – Moralità è affrontare la realtà secondo la dinamica cui ti sollecita il gesto che ti crea e che si vede a occhio nudo nei bambini: lì non c’è opposizione, non c’è tergiversazione.


113 – Il testimone è come mia madre o come il tuo compagno di scuola o il tuo ex-moroso, ma è più che loro, è qualcosa di più, e lo dice lui stesso che è qualcosa di più: «Chi vede me vede il Padre». «Ma chi sei tu?» «Io sono il Figlio di Dio

Se il testimone è uno che viene da oltre l’orizzonte del mare, ti può dire quello che sta accadendo, quel che è accaduto, quello che c’è, ciò che esiste, ciò che sta al di là dell’orizzonte.

In quel momento la ragione è come portata sopra se stessa a capire qualcosa che è sopra il suo oggetto normale, che è al di là della sua immaginazione, che non potrebbe lontanamente pensare.

È la ragione che conosce; una ragione, però, come sublimata, come resa più grande, resa sopra se stessa da una Presenza eccezionale.

Il testimone eccezionale rende la ragione capace di conoscere cose che abitano le regioni dell’essere a cui la ragione non sarebbe mai arrivata.

Così la ragione, camminando nel mondo, cammina alla luce di cose che sono sopra il mondo, al di là dell’orizzonte.

114 – E adesso capisce; capisce cosa vuol dire che la faccia di una persona ha un dentro, che la bellezza, per esempio, non è bidimensionale, ma è tridimensionale: uno ha un fattore verticale, ha un fattore orizzontale e ha un fattore che va dentro.

E il profondo la ragione non lo vede, ma se le è testimoniato, se le è fatto vedere, dopo non ne può più fare a meno.

120 – La convivenza è un fattore ultimamente tanto più necessario – perché sia ragionevole il nostro assenso, il nostro affidamento al testimone – quanto più il testimone dice una cosa grossa.

Quanto più è grave la testimonianza, quanto più è grosso quel che dice il testimone, tanto più occorre convivenza con lui per credergli.

Perché? Perché è solo la convivenza che ti forma un giudizio fatto di ragioni adeguate per fidarti di lui.


98 – Se la fede è un metodo di conoscenza della ragione attraverso un testimone, il problema è che questo testimone sia credibile, cioè che questo testimone parli con verità per me sicura: non dica balle!

È un metodo di conoscenza dell’uomo, della natura umana.

C’entra con il cristianesimo questa idea di conoscenza indiretta? Sì, perché il cristianesimo parla del mistero di Dio.

99 – (Parla del mistero di Dio) Attraverso un testimone; li sa in modo indiretto, attraverso un testimone che si chiama Gesù, Gesù di Nazareth.

Ci si può fidare di Gesù? È fidabile? Perché il problema è questo: se è fidabile o no, se può contarci delle storielle oppure ci conta il vero.

Il cristianesimo è la conoscenza attraverso un testimone umano, di una cosa che umanamente non si può sapere: la natura di Dio e la vita di Dio, la natura del Mistero e la vita del Mistero.

103 – «Da un punto di vista razionale è chiaro che uno, se raggiunge la certezza che una persona sa quello che dice e non lo vuole ingannare, allora logicamente deve fidarsi, perché se non si fida va contro se stesso, va contro il giudizio formulato che quella persona sa quel che dice e non vuole ingannare. La fiducia è un problema di coerenza, di coerenza con una evidenza della ragione, una evidenza raggiunta direttamente o attraverso un testimone, subito o in seguito a una convivenza» [Si può vivere così? p. 36].

Perciò il giudizio circa la credibilità del testimone è un giudizio che do con la mia ragione.


143 – L’avvenimento supremo nella storia dell’uomo è l’avvenimento della verginità, perché è la dimostrazione più potente che Cristo è Dio, è la testimonianza più potente che Cristo è Dio.

Tutto il resto senza questa testimonianza, sarebbe niente: «Senza di me non potete fare niente»[Gv 15, 5].

276 – La gloria di Dio è l’istante in cui un uomo capisce che tutto è fatto di Cristo; lo grida: si chiama testimonianza.

È il compito per cui uno è chiamato alla verginità, per cui tutti sono chiamati alla verginità, in modo vario.

278 – La gloria di Cristo urge il limite del mio riconoscimento, esige che si spalanchi, che si comunichi agli altri; in quanto si comunica agli altri, il mio riconoscimento di Cristo si chiama testimonianza.

La testimonianza è lo strumento per l’accrescersi della gloria di Cristo, è lo strumento di cui Cristo si serve per comunicarsi agli altri.

Così il suo riconoscimento si dilata.

279 – La gloria di Cristo si espande oltre i confini della nostra coscienza, e noi siamo chiamati ad essere testimoni, strumenti di questa comunicazione che ha vicende strane, agli altri: si moltiplica improvvisamente o si restringe – come ai nostri tempi -, fino a dare l’impressione che si sia persa.

(I teologi e gli insegnanti nei seminari) non hanno mai fatto la loro esperienza di testimonianza; dai loro preconcetti teologici e filosofici proiettano sulla testimonianza cristiana le idee che vogliono.

Chi ha vissuto la testimonianza sa molto bene quanto la razionalità, la gratuità, la condivisione del bisogno e del dolore siano implicati nella missione.

516 – Per far vedere la bellezza del mondo sceglie le stelle – sceglie le stelle, non i sassi che ci sono nel bosco -, e così qui: sceglie le stelle per far vedere questa cosa.

Le stelle sareste voi!

«b) Per rendergli testimonianza. Per che cosa vi ha chiamati? Per rieccheggiare la sua testimonianza nel mondo, per renderlo presente nel mondo» [Si può vivere così? p. 350]

519 – «c) Vivendo con Lui. Come si rende testimonianza a Lui? Vivendo con Lui. […] Vivere con Lui si può dire in un altro modo: vivere come Lui» [Si può vivere così? p.350].


540 – Perché tormentarsi quando è così facile obbedire? La vocazione è un obbedire.


479 – Staccarsi da te significa staccarsi dal naso, dagli occhi, dai capelli, dal particolare: è il particolare che tradisce la totalità.

515 – La verginità […] è l’estrema razionalità in atto.

La verginità è guardare ogni realtà – dalla testa del Mario alla chioma bianca del Monte Bianco – senza rompere il nesso che questa realtà ha con la totalità del significato, col cosmo, che vuol dire l’ordine della totalità del significato.

Non rompere il nesso tra un particolare, il bicchiere in cui bevo, e la totalità del significato: infatti, ha senso anche bere un goccio d’acqua, ha senso per il mondo: su ogni atto grava il peso dell’eterno.


181 – Quando si tratti di Gesù o del cristianesimo, del fatto cristiano, c’è una tradizione lunghissima, che è cominciata proprio all’inizio: è un fattore importante da tenere presente per la spiegazione; una spiegazione non può prescindere da questo.

494 – Se i canti si riesumano, si ha tutto il sapore dell’antico, del tradizionale che, per sua natura, essendo più sperimentato, è più profondo di ciò che è inventato ora.


206 – Il dramma è il rapporto io-tu, tanto è vero che abbiamo sempre distinto il dramma dalla tragedia: la tragedia distrugge, termina distruggendo; il dramma termina costruendo una dimora.


341 – Una parola è bella se è vera.

Se una parola ripetuta ti stufa, è perché non l’hai né conosciuta né amata anche la prima volta.

Per la trascuratezza con cui hai trattato quella cosa che hai trovato – che in sé era bella e suggestiva -, adesso la trovi bella e suggestiva, ma senza tutta la misura grande dentro di sé che avrebbe avuto con un tuo ritorno ad essa, con una ripetizione continua, una memoria della cosa.


256 – «L’io dell’uomo è destinato ad essere insieme a tutto ciò che c’è, al mistero dell’Essere. Perché? Perché è stato fatto ad immagine di Dio e Dio è una comunione: la comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito, il mistero della Trinità; è nel mistero della Trinità la radice del fatto che l’io non è solo. Un io solitario è un io perduto. Così l’io che non è solitario viene creato in una compagnia, da una compagnia che è amicizia e l’amicizia è creata da una obbedienza. La parola obbedienza non è niente altro che la virtù dell’amicizia» [Si può vivere così? p. 128].

366 – Anche per la Trinità c’è il concetto di relazione (relazione è rapporto): relazione è la parola che si usa quando si tratta del Mistero.

541 – Il vero grande errore è non sottomettere la ragione all’esperienza: è il prevaricare della dialettica, la caparbietà della domanda, la preferenza – che pure è la parola più grande e importante che spiega la Trinità; che deriva immediatamente dal mistero della Trinità – data a un interrogativo non del tutto vero, in quanto non voluto o non veramente interrogativo, perché in ultima analisi ha un contenuto di pretesa su cui non si vuol cedere: «So già», «In fondo io devo saper già».


269 – Di fronte al Mistero c’è una sola cosa che l’uomo che viene dal niente, nudo come uscì dal ventre di sua madre, può fare: domandare, pregare, domandare, domandare di entrar sempre più nel Mistero, di affondare sempre più nel Mistero.

Se covi questo desiderio, il clima della tua vita diventa tutto diverso, e tu lo capisci soprattutto quando sbagli.

È triste, triste perché è contro – non perché è contro il vero, contro la legge -, perché è contro di te, contro di te, Signore.

E questo ti rimane come un tristezza che è il sottofondo della faccia di san Pietro, specialmente dopo gli ultimi tradimenti.

319ss Intervento: «Ultimamente mi è capitato di accorgermi che comincio a voler bene alla gente […]. A me interessa sapere se tutta questa gente si salva e come io posso essere testimonianza per loro. […] Però il fatto che immediatamente non si accorgano, a me lascia tristezza».

Dice il Vangelo che ben due volte Gesù ha pianto, anzi, una volta usa il verbo edàkrusen, singhiozza.

Quindi questa tristezza è normale per Gesù; infatti nel vangelo non è mai detto che abbia riso.

Un uomo che sa di essere nato per morire per la salvezza del mondo, anche se non sa come, potrebbe non tenere questa tristezza come sottofondo dell’anima?Quel che hai detto è bello Mariella: vivila questa tristezza, alimentala, prega Gesù che tutta la tua vita sia presa per rispondere al motivo di questa tristezza.

320 – La vocazione ha chiamato la tua vita a partecipare alla croce e alla resurrezione di Cristo.

Perché uno vive la verginità? Perché offre la sua vita a Cristo per la salvezza del mondo.

Questa tristezza è il segno chiaro e commovente del fatto che l’essere nati per la felicità non è un fenomeno che riguardi la singola persona: per sua natura implica la persona di tutti e il destino di tutti.

Perciò offre la propria vita per tutti, come Cristo, è la cosa più coerente e consona alla nostra natura che ci sia.

Ma se tu questa tristezza la offri, unendo la tua vita alla vita di Cristo, questa tristezza sta paradossalmente insieme a una leggerezza o a una tenerezza, a una gioia; perché in fondo, è una sicurezza: la sicurezza che il mistero di Dio, facendo giustizia di tutto, realizzandosi, salverà tutto.

321 – Partecipare alla croce di Cristo e offrire tutto a Cristo perché gli uomini siano salvi è la cosa più bella e più grande del mondo, e non può lasciarti triste.

Se ti lasciasse triste, non ti avrebbe persuaso; invece ti lascia triste e nello stesso tempo pieno di gioia.

Gesù prima di morire, disse nell’ultima cena: «Vi ho detto tutte le cose che vi ho dette, affinché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena»[Gv 15, 11].

«La mia gioia» ha parlato di gioia e sapeva che sarebbe morto, sarebbe stato ucciso in quei giorni.

Non è mai vera tristezza se non paga il pedaggio al destino finale, che è di gioia.

Sei triste in modo giusto se nello stesso tempo, sei nella gioia (chissà come si fanno a spiegare queste cose, però si possono sperimentare).

Che tu Mariella, senta questa tristezza, è secondo la fisionomia e il temperamento che ho visto in te la prima volta che ti ho incontrata.

Ma io credo che tu devi accentuare anche la gioia, perché tutto alla fine è bene, sì o no?

Se Dio è venuto a convogliare tutto al bene, non può essere la tristezza a definire il valore della vita: è una condizione della vita, non la definizione.

La definizione della vita è destino di felicità eterna, è la gloria di Cristo.

Perciò sii triste, perché è giusto, però la gioia è più forte della tristezza, la vittoria di Cristo: «Questa è la vittoria che vince il mondo: la fede» (1 Gv 5,4).

Questa tristezza conferma che tu senti quasi per forza che l’uomo è fatto per la felicità.

Se l’uomo è fatto per la felicità, Dio gliela darà: si chiama speranza.

322 – La cosa insopportabile, Mariella, non è tanto che ci sia della gente che soffre, la cosa più ingiusta, che non si può tollerare, è che non si sia riconosciuto Dio se diventa uomo.

323 – C’è un’unica cosa che ci rende veramente tristi: è che Dio possa diventare uomo e non essere riconosciuto da coloro cui bussa alla porta.


409/500 – Non riesci mai ad affermare l’oggetto dell’amore – la presenza è l’oggetto stesso dell’amore – compiutamente, adeguatamente: perciò non può essere tristezza il rapporto umano.

È in tale tristezza di fronte alla presenza incompiuta che si sprigiona la domanda, l’ultima della Bibbia: «Vieni, Signore Gesù», vieni Tu, perché Tu sei morto in croce, solo Tu puoi rendere felice – puoi essere il destino compiuto -, puoi rendere felice la persona che amo; e così rendere felice me, ma come conseguenza!»


320 – La vocazione ha chiamato la tua vita a partecipare alla croce e alla resurrezione di Cristo.

Perché uno vive la verginità? Perché offre la sua vita a Cristo per la salvezza del mondo.

Questa tristezza è il segno chiaro e commovente del fatto che l’essere nati per la felicità non è un fenomeno che riguardi la singola persona: per sua natura implica la persona di tutti e il destino di tutti.

Perciò offre la propria vita per tutti, come Cristo, è la cosa più coerente e consona alla nostra natura che ci sia.

Ma se tu questa tristezza la offri, unendo la tua vita alla vita di Cristo, questa tristezza sta paradossalmente insieme a una leggerezza o a una tenerezza, a una gioia; perché in fondo, è una sicurezza: la sicurezza che il mistero di Dio, facendo giustizia di tutto, realizzandosi, salverà tutto.

321 – Partecipare alla croce di Cristo e offrire tutto a Cristo perché gli uomini siano salvi è la cosa più bella e più grande del mondo, e non può lasciarti triste.

Se ti lasciasse triste, non ti avrebbe persuaso; invece ti lascia triste e nello stesso tempo pieno di gioia.

Gesù prima di morire, disse nell’ultima cena: «Vi ho detto tutte le cose che vi ho dette, affinché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena»[Gv 15,11].

«La mia gioia» ha parlato di gioia e sapeva che sarebbe morto, sarebbe stato ucciso in quei giorni.

Non è mai vera tristezza se non paga il pedaggio al destino finale, che è di gioia.

Sei triste in modo giusto se nello stesso tempo, sei nella gioia (chissà come si fanno a spiegare queste cose, però si possono sperimentare).

Che tu Mariella, senta questa tristezza, è secondo la fisionomia e il temperamento che ho visto in te la prima volta che ti ho incontrata.

Ma io credo che tu devi accentuare anche la gioia, perché tutto alla fine è bene, sì o no?

Se Dio è venuto a convogliare tutto al bene, non può essere la tristezza a definire il valore della vita: è una condizione della vita, non la definizione.

La definizione della vita è destino di felicità eterna, è la gloria di Cristo.

Perciò sii triste, perché è giusto, però la gioia è più forte della tristezza, la vittoria di Cristo: «Questa è la vittoria che vince il mondo: la fede» (! Gv 5,4).

Questa tristezza conferma che tu senti quasi per forza che l’uomo è fatto per la felicità.

Se l’uomo è fatto per la felicità, Dio gliela darà: si chiama speranza.


499/500 – Il sacrificio afferma come il sentimento più forte, più grave e più grande della vita la tristezza,perché la presenza che io voglio affermare non mi riesce di affermarla.

Non riesci mai ad affermare l’oggetto dell’amore – la presenza è l’oggetto stesso dell’amore – compiutamente, adeguatamente: perciò non può essere tristezza il rapporto umano.

500 – È in tale tristezza di fronte alla presenza incompiuta che si sprigiona la domanda, l’ultima della Bibbia: «Vieni, Signore Gesù», vieni Tu, perché Tu sei morto in croce, solo Tu puoi rendere felice – puoi essere il destino compiuto -, puoi rendere felice la persona che amo; e così rendere felice me, ma come conseguenza!

500 – La vita è triste, ma è meglio che sia triste, perché se non fosse triste sarebbe disperata.

Che vuol dire: la vita è piena di sacrificio, ma è meglio che sia piena di sacrificio, perché altrimenti non sarebbe vera.


90 – La ragione dice: «Mistero, Chiunque tu sia, qualunque cosa tu sia, rivelati a me!».

È analogo, è una cosa analoga a quella di quando era bambino.

Un bambino senza accorgersi dice: «Tu, papà», chiede, senza accorgersi di chiedere, qualche cosa che neanche il papà può sapere; ma chiede al papà.

Quando uno chiede, dà del tu, in quanto suppone nell’oggetto della sua richiesta, nel termine della sua richiesta nell’altro, suppone nell’altro la possibilità di qualcosa che lo soddisfi totalmente, che getti il ponte, che conchiuda l’avventura.

La ragione, quando prega, può dire io perché è di fronte a un tu.

Prima non c’è niente a cui la ragione dice «tu».

97 – Uno non saprebbe mai individuare o supporre certe cose in una certa persona, uomo in una certa donna.

Ma quando si è veramente incontrato con il «tu» di questa donna, allora questa gli ha dato un contraccolpo di rispetto tremante e un dilatarsi, uno sfociare di abbandono e di sicurezza che prima non aveva neppur sognato.

Un volta incontrato il tu, riconosciuto il tu, il tu resta principio di conoscenza e perciò principio di una ragione usata in un modo che prima non si era potuto fare: prima non si sarebbe stati capaci di usare la ragione così.

156 – Nell’istante c’è la dimensione dell’eterno, e non perde neanche un capello del capo dell’altro.

Questo uomo che ha familiarità col vero, familiare al vero, che dà del «tu» alla verità, e quindi alla bellezza, e quindi dà del «tu» alla gioia.

301 – Tutto il fascino dell’esperienza cristiana sta qui: la scoperta che nella mia vita c’è un Tu – non tu, ma Lui -, ci sei Tu.

Su di Te io fondo la mia certezza, la mia speranza è in Te.

La dinamica è uguale: nella speranza e nell’amore: è il Tu che domina la vita, come nella fede.

350 – L’uomo […] è quel livello della natura in cui la natura prende coscienza di sé e dice io.

La natura fin qui dice io; e tra i due io scatta il tu, che è il primo grande miracolo.

La cosa più grande per la nostra conoscenza di partecipazione all’essere, della propria partecipazione al Dio, è dire tu.

Dire tu a te; non solo dire tu a Gesù, ma dire tu a te.

370 – Affermare l’altro come significato di sé, cioè come appartenenza al significato di sé: tu appartieni alla definizione di me stesso; il tu appartiene alla definizione di me.

Per questo è amore.

Affermare l’altro come significato di sé stessi: affermare l’altro come essere e affermare l’altro come parte del significato di sé, come appartenente alla definizione di me stesso («Tu sei me», la formula shakespeariana dell’amore che Romeo diceva a Giuletta: «Io sono tu. Tu sei io»).

442 – Il cristianesimo non sono cose da fare, delle leggi da rispettare, ma una presenza da pensare, una presenza con cui parlare, una presenza da implorare: un Presenza.

È un Tu che domina, non delle cose.

Gli apostoli sono stati colpiti e attratti da un tu presente, da un tu che mangiava e beveva con loro, da un tu che faceva così con i capelli perché c’era il vento, da un tu che hanno messo in croce.

È questo tu il senso della storia.

450 – Chi sa dire cosa è il tu che diciamo a Gesù, che diciamo al Mistero – Tu, tu o Padre» -, chi sa dire cosa è questo tu? Ma se non dicessimo tu, non parleremmo giustamente e bene né a Dio né a Cristo; non lo tratteremmo bene, perché non useremmo la parola migliore che abbiamo per indicarlo.

466 – «Amare Cristo e in Lui, cioè secondo il suo modo, i fratelli; dedizione di sé (dono di sé) e commozione per gli altri, per l’altro. Insomma, è l’io che afferma il tu, è l’io che si esaurisce nell’affermare il tu, è l’io che muore per il tu. Il dramma è risolto» [Si può vivere così? p. 284].

514 – Il mistero del sacrificio è condizione del rapporto con la presenza di questo destino, con la presenza di Gesù – non puoi pensare «Gesù», non puoi dir «Tu» a Gesù, non puoi dire, dunque, Gesù è presente, se non con un sacrificio che si applica a tutti i rapporti, a qualsiasi livello.


275 – «Tutto consiste in Lui» [Cfr. Col 1,7].

Questo è lo scopo del mondo: che si riveli che cosa è il mondo.

Allora noi comprendiamo che viviamo con vergogna una immensa menzogna: l’apparenza diventa una immensa menzogna se non è segno di Lui.

Perciò l’uomo saggio cammina verso il suo destino imparando a scoprire tutto e a vivere tutto come segno, come segno di Lui.

276 – La gloria di Cristo è l’istante in cui un uomo capisce che tutto è fatto di Cristo; si chiama testimonianza.

È il compito per cui uno è chiamato alla verginità, per cui tutti sono chiamati alla verginità in modo vario, ela fine della storia sarà quando tutto l’universo umano riconoscerà questo.

La gloria di Cristo è il riconoscimento di ciòche Cristo è per tutta la realtà: tutto in tutto, secondo la formula di san paolo: «Cristo tutto in tutti» [Col 3,11].


ABCDEFG/HILMNOPRSTUV




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