Temi di «Una strana compagnia» (82-86-84) – 2a parte

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ACDF GI LMOPRSTUV

Lettera «I»


Ideale

86 – Ogni volta che prendiamo coscienza di ciò che Lui è, di questa Presenza che accade continuamente oramai, siamo investiti da una purità, perché la purità è lì nella fede.

Ma questa non è la descrizione dell’ideale del movimento?

87-88 – «Ciò che dovunque, altrove, è una frustrazione, / qui non è che una lunga e dolce obbedienza; / ciò che dovunque, altrove, è una costrizione di regola, / qui non è che un punto di partenza e movimento di abbandono; /[…] ciò che dovunque, altrove è una lunga usura e logoramento, / qui non è che sostegno e occasione di crescita; / ciò che dovunque, altrove, è confusione, / qui non è altro che l’apparire all’orizzonte della bella avventura»

Ch. Péguy, «Preghiera di residenza»

Questo brano deve descrivere il clima da creare nei nostri gruppi di Fraternità.

Nessuno giudichi sé, né tantomeno gli altri, ma ognuno rialzi il suo sguardo, la sua faccia, alla presenza di Cristo, come bambini che guardano la loro madre.

Nessuno giudichi se stesso o gli altri, ma è giusto che l’immagine ideale ferva nel cuore e risospinga la nostra barca sull’onda ogni mattina.

Così questo brano di Péguy realmente deve stabilire, indicare un traguardo di amicizia ideale, di convivenza ideale.

Tutto lo sforzo di attività associativa, operativa, caritativa, culturale, sociale, politica ha certamente avuto come scopo quello di mobilitare noi stessi e le cose secondo le idealità, secondo gli spunti di valore che Cristo ci ha resi noti.

167-168 – C’è un grande principio per imparare ad applicare una legge, una legge morale, un ideale, l’ideala dell’amore all’altro: per imparare a vivere questo ideale non si può saltare la necessità di quello che il Vangelo chiama prossimità. La prossimità è ciò che Dio ti mette vicino.

168 – Se Dio ti mette uno vicino, devo considerare lui: questa è la regola della prossimità. Soltanto che , chi ci è vicino, è anche più difficile che ci sia guardato con questo occhio, anche operativamente. Perché? O perché si sono fattori di attrattiva umana tali che soverchiano il richiamo all’ideale (l’affettività o l’interesse, per esempio), oppure, vivendo vicino, ci sono tali e tanti esempi dei limiti dell’altro che diventa veramente difficile sopportarlo.

284 – Non diciamo: «Eccomi!» di fronte a quel richiamo all’ideale che il movimento sempre fa, e che è autorizzato a fare addirittura – e questa è una grazia dell’altro mondo – dalla Chiesa di Dio.

Infinito/infinito

187 – Vivere un limite è una tomba, un limite è una tomba, è una prigione, a meno che tu viva il limite sfondandolo: ma quello che sfonda il limite non è l’eliminazione del limite, è il rapporto con l’infinito che il limite ha.

197 – Qualsiasi punto dell’universo è apertura all‘infinito, è partenza per l’infinito, è rapporto con l’infinito; non esiste punto più bello o punto meno bello, un punto più grande o un punto meno grande: esiste il rapporto con l’infinito o no, esiste la verità di me stesso o no; e se non esiste la verità di me stesso, io sono soffocato dal cinismo, nella superficialità soddisfatta o nella disperazione della noia.

209 – Che dalle spine e dall’aridità della vita di ogni giorno, in quest’ora e in quell’altra ora, in questo rapporto e in quell’altro rapporto, si sprigioni questo respiro che è il rapporto con Te, o Dio, il rapporto con l’Infinito – che non resta astratto, ma che diventa concreto e si pigia dentro il segno del mondo-; che la passione per il mondo, la responsabilità verso il mondo, scoppi e incendi la banalità delle nostre giornate, questo è il miracolo – il miracolo!-.

249 – Chi è fondato sull’amor proprio l’ultimo pensiero che ha è l’amore a se stesso, è lontanissimo da quell’io timido e povero e bellissimo che gli crea Dio, quell’io povero e bellissimo che nell’oceano della vita umana, della natura, si esprime con quelle domande che indicano il rapporto con l‘infinito, cioè il cuore: qual è il senso della vita, qual è la felicità, la giustizia, l’amore, la verità?

Queste domande, che sono poi quelle del senso religioso, sono l’espressione dell’io come dono, cioè sono l’espressione dell’io come rapporto con l‘infinito: è l’infinito che mi fa, e per questo la mia vera espressione, cioè il cuore della mia vita, sono queste domande, sono queste esigenze infinite.

257-258 – Quando mente lo sguardo che dai a tua moglie e a tuo figlio? Quando non la guardi o non la guardi secondo quello che veramente è, secondo la sua dignità e il suo valore, che è il rapporto con Cristo-, quando non guardi il cuore, quando guardando la faccia e la persona, non arrivi al cuore.

Perché è il cuore di quella donna o di quell’uomo il valore, è il suo rapporto con l’infinito quel cuore dove nascono le grandi esigenze del proprio destino.

258 – […] guarda l’altro per quello che veramente è: un essere fatto per l’infinito, un essere che è rapporto con l’infinito, che l’infinito ha chiamato a sé, a cui Cristo ha detto «amico», come a me, come a me!

Io

87 – C’è un punto in cui debbo dire «io» di fronte a mio destino che è Cristo. Ed è lì, solo a quel punto, che veramente di riscopre di essere fratelli. È la coscienza della Sua presenza che mi rende improvvisamente e veritieramente presenti anche coloro che Egli mi ha fatto incontrare sul cammino.

127-128 – Noi siamo di un Altro.

128 – […] io appartengo a un Altro, sono “di” un Altro, tanto che “sono fatto di” questo Altro, io respiro e vivo “per” questo Altro, “di” questo Altro, io provengo continuamente, ogni istante, in questo momento, da questo Altro e andrò a finire nelle mani di questo Altro. Io sono Te, o meglio, Tu sei me! Io sono “di” un Altro. Questa è la verità della vita, la verità della persona.

161 – Non concepisco, non dico più neanche «io» come lo dicono gli altri, come ho cercato di accennare stamattina, perché quando dico «io» implico la presenza di un Altro, di cui sono.

199 – Ma quanti fra noi non si sarebbero mai sognati, anni fa, di esser qui a sentire queste cose! «Mi plasmi e mi fai crescere al contrario di come io mi immagino il mio proprio “io” e tutti gli uomini, e tuttavia fai questo in conformità a ciò che io sono»; agisci contro quello che io mi immagino di me, e tuttavia fai tutto questo in conformità a ciò che io sono.

227 - «Ogni giorno vive il cielo nei miei occhi, ma non è quasi mai Dio. / Ogni giorno io sono io, ma quanti pochi giorni io sono io. / Ogni giorno tu mi parli, ma come odo di rado la tua voce». (J.T. Jiménez - «56. Tutti i giorni, il cielo»

248 – Questo è il valore della mia vita: che sono fatto di Te, da Te. Io sono amabile per qualcosa che non è mio, per quello che in me non è mio, cioè io sono amabile proprio come «io», come creatura.

Allora la prima conseguenza dell’affezione a Cristo è la scoperta dell’amore, della tenerezza verso se stessi; lo stupore, l’ammirazione, la venerazione, il rispetto, l’amore a sé, a sé! Perché quando uno dice «l’amore a se stesso», dice l’amore a un Altro che lo sta facendo, l’amore al dono di un Altro: io sono grazia!

252 – Allora capisco che la legge della vita è l ‘amare, perché «il mio io sei Tu» è proprio la formula dell’amore.

La prima conseguenza dell’affezione a Cristo è il ritorno a noi stessi, l’amore e la stima, la venerazione e la tenerezza verso di sé, verso questo qualcosa che non è mio, ma da cui parte tutto, perché è me stesso: qualcosa che non faccio io, ma che fai Tu.


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Temi degli ESERCIZI – Collana “Cristianesimo alla prova”


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