Cerca un tema di «Una strana compagnia» cliccando sulla sua iniziale
A – C – D – F – G – I – L – M – O – P – R– S – T –U – V
Lettera «O»
Obbedienza
47-55 – Lettera: «[…] Infine, stiamo imparando l’obbedienza. Non tutti tra noi vengono dalla stessa esperienza nello stesso ambito del movimento. Mi accorgo che talvolta le parole che si dicono non hanno per tutti lo stesso peso (oserei dire lo stesso significato). […] L’unica vera condizione per superare la diversità di accenti è non pretendere che la propria esperienza diventi automaticamente quella dell’altro. Ma il rispettare ognuno la libertà del compagno di strada è obbedire al movimento, cioè obbedire alla strada comune, perché il movimento è quella occasione che, in tempi e modi diversi, ci ha raggiunti tutti.
Perché è facile obbedire quando il movimento chiede cose eccezionali; è facile, in fondo anche rinunciare a quei quattro soldi che la nostra meschinità toglie con soddisfatto compiacimento al gruzzolo del superfluo; ma seguire il movimento nella concretezza del quotidiano, senza ruoli o maschere in cui identificarsi, questo suona come uno scandalo per la nostra intelligenza.
Credo che la cosa più dura da accettare sia l’essere liberi: in fondo le cipolle d’Egitto sono più immediatamente concrete e più immediatamente consonanti alla nostra meschinità.»
48 – L’accenno all’obbedienza segna uno dei punti capitali per la adesione alla nostra compagnia.
Per un cambiamento del cuore è l’obbedienza, l’obbedienza al flusso comune, guidato.
49 – Dico che l’ultimo accenno all’obbedienza, così ben equilibrato e connesso con la parola libertà, con la profondità della coscienza e con la eminenza di senso di responsabilità, come tutta la lettera documenta, è un insegnamento preciso, è un richiamo preciso da cui non si può tornare indietro, per avere il cuore di cui ho parlato stamattina, per camminare verso quella povertà e quella certezza. Altrimenti avrete sempre l’intrico delle vostre interpretazioni, la boscaglia dei vostri pensieri e delle vostre reazioni.
50 – (a seguito di un intervento) doveva dire più chiaramente ancora: «Avevo un po’ di timore e paura perché la santità non è nel fatto che l’uomo dà tutto, cioè che ha in mano lui quello che deve fare, ma nel fatto che il Signore rende tutto», vale a dire che si deve seguire, perché è chiaro che il seguire, l’obbedienza, è la modalità con cui il Signore prende tutto, mentre tu puoi dare tutto, dando quel che vuoi!
54 – Per facilitare questa fedeltà al fatto del signore e del suo Corpo nel mondo, del Suo avvenimento nel mondo, la Fraternità si costituisce anche come sorgente di riferimento.
Da qui il valore dell’obbedienza.
84 – È la sfida tra la scelta di una propria interpretazione, ultimamente di un proprio sentire, da una parte, e, dall’altra, l’obbedienza al segno, che è il miracolo più grande, perché è realmente strapparsi l’animo.
Dall’altra parte è dunque questa obbedienza al segno, che ha una voce e che ha una espressione tipica: l’obbedienza al segno ha come voce o come espressione sua tipica il grido a Cristo, la preghiera.
107 – La Fraternità darà questo aiuto se noi vi parteciperemo con obbedienza. Parte essenziale di questa obbedienza è la preghiera.
Uno mi ha scritto un biglietto, citando Il padrone del mondo di Benson: «I cristiani ebbero la forza di agire, ma non ebbero la forza di avere pazienza». Secondo me è un rilievo molto importante, perché non si diventa adulti se non con questa seconda forza.
135 – È chiaro che è attraverso l’obbedienza giorno per giorno, è attraverso l’obbedienza a Lui nella nostra vita, che Lo comunichiamo; ma è soprattutto attraverso una coscienza diversa di se stessi, che viene quando uno capisce che appartiene a un Altro.
284 – E anche qui diciamo: «sono del movimento», «Sono della Fraternità», ma con delle clausole che stabiliamo noi. Allora non è più una obbedienza, una obbedienza che ci alimenta, non è più un imparare ad aderire che rende il cuore portatore di qualcosa che non sapevamo e che da soli non ci saremmo mai dati.
291 – Dico che l’obbedienza al richiamo religioso è la prima condizione perché la nostra sia una compagnia vera, per lo scopo che ha da vivere. Perché è attraverso una compagnia umana che Egli è qui, che la Sua carne è qui, che il Suo sacrificio continua, chela potenza con cui sta salvando il mondo opera.
Opera
21-23 – C’è una lontananza da Cristo, salvo in determinati momenti. voglio dire: c’è una lontananza da Cristo salvo quando vi mettete a pregare; c’è una lontananza da Cristo, salvo quando vi mettete, poniamo, a compiere delle opere in Suo nome, in nome della Chiesa, in nome del movimento.
È come se Cristo fosse lontano dal cuore.
23 – C’è un impaccio che è lontananza Sua, che è come una non presenza Sua, un essere non determinante il cuore.
Non manca nelle azioni: in tante azioni può essere determinante, ma nel cuore? Nel cuore no!
25-26 – Dirò che […] il diventare grandi è molto, molto difficile che abbia ad evitare la «demoralizzazione».
Non dico delle opere: sto parlando del cuore, non delle opere.
Certo, vedremo che anche le opere poi ne subiscono le conseguenze: non possono diventare opere che sfidano realmente il tempo, non possono avere una vigorosa tenacia di fronte al tempo, quella vigorosa tenacia con cui la liturgia definisce Dio, con cui perciò la liturgia definisce vera durata, la vera consistenza delle cose.
Non nelle opere, ma come nel cuore, ultimamente, vi è una demoralizzazione.
26 – Insisto che, come discorsi e anche come opere – non con menzogna, ma anche veritieramente – questa tensione risorge, ma non è ultimamente nel cuore.
Ecco, voglio dire che c’è una demoralizzazione in noi, una demoralizzazione che caratterizza il diventare grandi.
32-38 – Noi abbiamo bisogno di questa povertà del cuore o di questa novità del cuore più di qualsiasi altra cosa. La lontananza di cui ho parlato prima, infatti, non è solo da Cristo, ma anche dalla moglie, al fondo, perché la lontananza di cui ho parlato prima, infatti, non è solo da Cristo, ma anche dalla moglie, al fondo, perché la lontananza da Cristo, è l’impaccio, eccetto che nelle opere, con qualsiasi uomo e anche con se stessi.
34 – Nel deserto del mondo si apre una strada, si apre cioè la possibilità di «opere», ma innanzitutto di una opera.
«Opere» sono l'espressione dell'umano; «opera» è un umano nuovo, una compagnia umana nuova.
38 – Che Cristo diventi presenza al nostro cuore, alla radice di tutto ciò che esprime la nostra persona e il nostro essere: io credo che il cambiamento a cui dobbiamo aspirare sia questo.
È un cambiamento non delle cose che facciamo, non delle cose che non dobbiamo fare, ma del cuore.
La nostra compagnia sarà solo questo.
46 – (Lettera di due giovani sposi con una bambina con una gravissima malattia): «Credo che la prima opera sia quella di costruire se stessi nella fede. La prima pietra di questo edificio è la presenza, lo starci. come Cristo ci sta con noi, così noi stiamo con Lui.
A volte in qualcuno di noi riaffiora la tentazione infantile del fare, di domandare cose da fare per essere in qualche modo certificato e gratificato.
76 – C’è una domanda che io vi invito a porre alla radice di tutte le opere che avete, che sostenete: se l’origine della vostra dedizione a quest’opera è un entusiasmo per Cristo, è una certezza della fede.
Credo che la passione per costruire – una passione per costruire che non decada – possa attizzarsi solo dallo stupore di Cristo, dalla fede: è per questo che la costruttività, questo buttarsi nella costruzione, non ci rende possessivi, non ci rende gretti, non ci rende accaniti nella nostra idea, non ci rende più egoisti, insomma, non ci rende come tutti gli altri.
100-103 – Quello che vogliamo, l’opera che dobbiamo realizzare – l’opera è parte della Fraternità, come avete visto nella lettera che vi ho mandato – è il movimento.
L’opera che vogliamo realizzare è che questa esperienza di fede e di umanità si diffonda il più possibile, si approfondisca e si diffonda il più possibile.
La Fraternità permette, primo, di vivere l’esperienza secondo la libertà del proprio temperamento e della propria storia, secondo, di creare opere.
101 – Nessuno ti può impedire di fare una cooperativa o una sezione del Touring club o di farti prendere una iniziativa di carità verso i vecchi della tua zona, per esempio.
103 – (Da una lettera) «Dire, infatti, che le Fraternità sono a servizio di CL locale, da noi significa dire che i membri della Fraternità sono tenuti a lavorare nelle opere che già ci sono». Per nulla affatto! Le Fraternità sono a servizio del movimento; ma, come essere a servizio del movimento dove la Fraternità è, passa attraverso la libertà di quelli che vivono la Fraternità.
172 – Comunque, per quanto riguarda il problema del movimento, se la Fraternità è lo strumento, è la compagnia, è la regola per andare più a fondo dell’esperienza del movimento, la Fraternità viene prima della vita come opere del movimento.
176 – Perciò, loro, della loro Fraternità, come moltissimi di voi fanno, come decine e decini di gruppi fanno, si impegnano anche a creare delle opere, cioè strutture in cui rendere più presente il quel soffio e quella ispirazione, quei criteri cristiani che deduciamo, attingiamo dalla nostra esperienza vissuta.
263 – «Chi fa opere di misericordia, le compia con gioia», non con quel risentimento che chi fa il bene normalmente ha verso chi serve, verso coloro a cui dà: dopo il primo momento di entusiasmo di «Auff!», e continua la sua opera di misericordia con un risentimento.
276 – Se il nostro rapporto con Cristo, vale a dire il nostro atteggiamento verso il destino, se il valore della vita lo concepiamo come risultato di nostre azioni, di nostre opere, di un nostro progetto, allora tutto è vano, tutto è precario e vano, non solo come tempo, ma anche come tempo, vale a dire svanisce come una nube del mattino o come rugiada all”alba, perché innanzitutto dà al nostro destino, all’amore a Cristo, al servire Cristo, la misura del nostro cervello, la misura di quello di cui abbiamo voglia noi, la misura nostra.
278 – Tutto quello che di vero fiorirà nella nostra vita, tutta l’opera con cui la giustizia del nostro cuore e la fede del nostro animo si paleserà al mondo dando frutti di umanità più buona anche agli altri, tutto questo è costruito da Dio.
La vera opera della nostra vita, la vera efficacia della nostra vita, non corrisponde mai al progetto e al programma che ne abbiamo fatto. Chi, fatto un programma e un progetto, testardamente, cocciutamente porta avanti la sua dedizione a quello, mangia se stesso, distrugge se stesso.
302 – L‘opera in funzione della quale si fanno tutte le altre opere – piccole o grandi che siano, di qualunque genere o natura -, l’opera per cui si costruisce qualunque cosa si costruisca, è il movimento, è questo spazio totale della nostra compagnia, così che, al limite, sempre di più, istintivamente, chi avrà l’idea di creare un’opera domanderà prima di tutto a se stesso se questo è un bene per il movimento, e poi magari amichevolmente si confronterà anche con chi dirige la Fraternità.
Cerca un tema di «Una strana compagnia» cliccando sulla sua iniziale
A – C – D – F – G – I – L – M – O – P – R– S – T –U – V
I Temi di alcuni libri di don Giussani
- TEMI – Il senso religioso
- TEMI – All’origine della pretesa cristiana
- TEMI – Perché la Chiesa
- TEMI – Il rischio educativo
- TEMI – Generare tracce nella storia del mondo
- TEMI di Si può vivere così?
- TEMI di Si può (veramente) vivere così?
Temi degli ESERCIZI – Collana “Cristianesimo alla prova”
- TEMI – Un strana compagnia (82-83-84)
- TEMI – La convenienza umana della fede (85-86-87)
- TEMI – La verità nasce dalla carne (88-89-90)
- TEMI – Un avvenimento nella vita dell’uomo (91-92-93)
- TEMI – Attraverso la compagnia dei credenti (94-95-96)
- TEMI – Dare la vita per l’opera di un Altro (97-98-99)
Iscrivendoti riceverei gratis ogni nuova pubblicazione
